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Sentenza

Concorrenza sleale compiuta dal terzo: necessario dimostrare il collegamento con...
Concorrenza sleale compiuta dal terzo: necessario dimostrare il collegamento con l’imprenditore avvantaggiato
Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 18 gennaio – 23 marzo 2017, n. 7476
Presidente Ragonesi – Relatore Bisogni

Fatto e diritto

Rilevato che:
1. Con citazione 28 gennaio 2004 Vallaggia Autogru s.r.l. ha proposto nei confronti di Agostinetto s.r.l. domanda di risarcimento danni da concorrenza sleale ex art. 2598 nn. 1 e 3 c.c., a causa di una inserzione pubblicitaria, contenuta nell'edizione cartacea 2003 dell'elenco telefonico delle province di Novara e Vercelli, in cui la ditta Vallaggia era stata impropriamente denominata Vallaggia-Agostinetto. La società convenuta ha protestato la propria estraneità e chiamato in causa SEAT Pagine Gialle s.p.a. quale responsabile dell'erronea e ingannevole pubblicazione. La società chiamata in causa ha eccepito l'improponibilità della domanda di garanzia per essere intervenuto un accordo con la s.r.l. Agostinetto che prevedeva il risarcimento da parte di SEAT per ogni conseguenza derivante dalla pubblicazione. Ha contestato comunque la fondatezza della domanda risarcitoria sotto il profilo della mancanza di una prova in ordine alla sussistenza e all'ammontare del danno.
2. Il Tribunale di Novara, con sentenza dell'il aprile 2007, ha respinto la domanda ritenendo estranea la società convenuta a una qualsiasi azione lesiva nei confronti dell'attrice e rilevando la mancata prova di un nesso eziologico fra la pubblicazione e il lamentato decremento del fatturato.
3. La Corte di appello di Torino, con sentenza n. 234/2010, ha confermato la sentenza di primo grado. Nel motivare tale decisione la Corte distrettuale ha rilevato che la concorrenza sleale, al pari degli altri fatti illeciti, prevede una condotta, dolosa o colposa, un evento dannoso e il nesso di causalità ma richiede anche la cd. relazione concorrenziale fra soggetto attivo e danneggiato. Non è esclusa però la configurabilità dell'illecito concorrenziale quando l'atto lesivo venga compiuto da un soggetto interposto che pur non possedendo personalmente i requisiti soggettivi necessari agisca per conto o comunque in collegamento con un concorrente del danneggiato. Riportando questi principi alla fattispecie la Corte distrettuale ha affermato che né il contratto di commissione pubblicitaria né alcun altro elemento acquisito nel corso dell'istruttoria dimostra che la Agostinetto abbia richiesto di eseguire la commissione pubblicitaria in danno della concorrente Valloggia. E tale esecuzione errata e lesiva, per essere imputabile esclusivamente a SEAT, non può che risultare inidonea a concretizzare una condotta concorrenziale illecita a carico della società Agostinetto.
4. Ricorre per cassazione Valloggia Autogru s.r.l. affidandosi a quattro motivi di impugnazione.
5. Si difende con controricorso Agostinetto s.r.l.
6. Non svolge difese SEAT Pagine Gialle s.p.a..
Ritenuto che:
7. Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione dell'art. 2598 comma 1 n. 3 c.c., in relazione all'art. 360 n. 5 c.p.c., omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio. La ricorrente rileva che non è stata valutata l'idoneità del lamentato atto di concorrenza sleale a creare confusione tra aziende e ad agevolare storno di clientela. Secondo la ricorrente la Corte di appello ha erroneamente ritenuto il dolo o la colpa come elementi costitutivi della fattispecie legale di cui all'art. 2598 c.c. e non ha tenuto conto della giurisprudenza di legittimità (Cass. civ. 13071/2003) che afferma "il principio per cui la concorrenza sleale deve ritenersi fattispecie tipicamente riconducibile ai soggetti del mercato in concorrenza, non configurabile, quindi, qualora non sussista il cosiddetto "rapporto di concorrenzialità, non esclude la sussistenza di un atto di concorrenza sleale anche nel caso in cui un tale atto sia posto in essere da colui il quale si trovi con il soggetto avvantaggiato in una particolare relazione, in grado di far ritenere che l'attività sia stata oggettivamente svolta nell'interesse di quest'ultimo; peraltro, a detto fine è insufficiente la mera circostanza del vantaggio arrecato all'imprenditore concorrente, ma neppure occorre che sia stato stipulato con questi un pactum sceleris, essendo invece sufficiente il dato oggettivo consistente nell'esistenza di una relazione di interessi tra autore dell'atto ed imprenditore avvantaggiato, in carenza del quale l'attività del primo può integrare un illecito ex art. 2043, cod. civ., non anche un atto di concorrenza sleale.
8. Con il secondo motivo di ricorso (erroneamente numerato come terzo motivo) si deduce violazione dell'art. 2600 c.c. in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. Secondo la ricorrente era onere della società Agostinetto provare che l'errore in fase di trasmissione, ricezione ed attuazione dell'ordine di pubblicazione non fosse a essa imputabile perché a mente dell'art. 2600 c.c., comma 3, accertati gli atti di concorrenza sleale la colpa è presunta essendo l'illecito concorrenziale oggetto di criteri repressivi più rigorosi rispetto a quelli normalmente previsti per l'azione aquiliana.
9. Con il terzo motivo di ricorso (erroneamente numerato come quarto motivo) si deduce la violazione dell'art. 345 c.p.c. in relazione all'art. 360 comma 1 n.5 c.p.c.; omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione su di un fatto decisivo. La ricorrente ritiene che la Corte di appello, avendo erroneamente interpretato e applicato gli artt. 2598 e 2600 c.c., ha altresì erroneamente escluso la rilevanza delle prove testimoniali e della CTU richieste dalla odierna ricorrente per provare l'esistenza di un nesso eziologico fra la condotta concorrenziale illecita e la produzione del danno nonché per quantificare l'entità del danno.
10. Con il quarto motivo di ricorso (erroneamente indicato come quinto motivo) si deduce la violazione dell'art. 91 c.p.c. in relazione all'art. 360 comma 1, nn. 3 e 5; violazione di legge e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatto controverso e decisivo. La ricorrente ritiene che la Corte di appello, trascurando dato per cui l'illecito concorrenziale deve essere valutato secondo criteri oggettivi ha costruito un giudizio di soccombenza del tutto erroneo.
Ritenuto che:
11. I quattro motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente.
12. La Corte di appello ha correttamente ricostruito i principi basilari in tema di illecito concorrenziale e non ha affatto ritenuto necessaria la prova della colpa nella commissione della condotta anticoncorrenziale ma, trattandosi, nella specie, di condotta posta in essere esclusivamente da un terzo, ha richiamato quella stessa giurisprudenza secondo cui perché la commissione del fatto lesivo della concorrenza da parte di un terzo abbia rilievo è necessaria l'esistenza di una relazione di interessi tra l'autore dell'atto e l'imprenditore avvantaggiato. A differenza della ricorrente però la Corte di appello ha ritenuto mancante la prova di una tale relazione di interessi fra società Agostinetto e SEAT e per tale ragione ha respinto la domanda. La fondatezza nel merito di tale esclusione è una valutazione preclusa al sindacato di legittimità che può operare solo nei limiti del controllo di esaustività e logicità della motivazione che, nella specie, non risulta in discussione se si ha presente la ricostruzione dei fatti prospettata dalla ricorrente che si basa su mere presunzioni quanto meno opinabili e che non sono state ritenute dalla Corte di appello così convincenti da escludere l'ipotesi di un mero errore di fatto nella pubblicazione, addebitabile esclusivamente alla SEAT. Risultano inoltre inconferenti le censure relative alla mancata applicazione dell'art. 2600 c.c. quanto all'inversione dell'onere probatorio ivi prevista dato che l'operatività di tale norma resta esclusa nel caso di commissione della condotta anticoncorrenziale da parte del terzo e di mancata riferibilità della stessa all'imprenditore involontariamente beneficiato. La doglianza relativa alla mancata ammissione della prova testimoniale è inammissibile perché dedotta genericamente e senza alcun riferimento alle ragioni che hanno condotto la Corte di appello alla non ammissione. Ragioni che con evidenza consistono nell'aver escluso l'addebito della erronea e fuorviante pubblicazione alla società convenuta anche sotto il profilo della esistenza di una relazione di interessi con la società editrice responsabile della pubblicazione erronea. Infine la decisione sulle spese è conseguente all'esito della lite.
13. Il ricorso va pertanto respinto con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in complessivi 7.900 Euro di cui 200 Euro per spese, oltre accessori di legge e spese forfettarie.
Avv. Antonino Sugamele

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