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Sentenza

Il de cuius paga un debito di uno dei figli. Detto fatto origina verso di lui un...
Il de cuius paga un debito di uno dei figli. Detto fatto origina verso di lui un credito di pari importo e la rinuncia ad agire in regresso verso lo stesso costituisce una fattispecie di donazione indiretta.
(Corte di Cassazione, sez. II Civile, ordinanza n. 23260/19; depositata il 18 settembre)
ORDINANZA sul ricorso 13122-2017 proposto da: F.S.P.M., P.G. P.M., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA SARDEGNA, 29, presso lo studio dell'avvocato CHIARA PACIFICI, che li rappresenta e difende unitamente all'avvocato GIOVANNI FRANCESCO SALVATORE CUALBU; - ricorrenti - contro P.P., FALL. T. ECO DI P. P.F. E SOCI SAS, elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE PAOLO ORLANDO, 58, presso lo studio dell'avvocato MARCO PETRUCCI, rappresentati e difesi dall'avvocato STEFANO OGGIANO; MELONI ANGELA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE PAOLO ORLANDO, 58, presso lo studio dell'avvocato MARCO PETRUCCI, rappresentata e difesa dall'avvocato GIOMMARIA UGGIAS; - controricorrentl - avverso la sentenza n. 75/2017 della CORTE D'APPELLO DI CAGLIARI sezione distaccata di SASSARI, depositata il 10/03/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29/04/2019 dal Consigliere FELICE MANNA. 
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con citazione notificata il 15.9.2000 il fallimento della T..eno s.a.s. e del suo socio accomandatario, P.F.P. Pinna, erede del padre, P., deceduto il 23.7.1997, domandava la nullità del testamento olografo di quest'ultimo, datata 10.3.1996, e la divisione ereditaria del patrimonio comune secondo le norme sulla successione legittima. E  a tal fine conveniva in giudizio, innanzi al Tribunale di Tempio Pausania, gli altri eredi, S.F., M., G.e M.P.. I quali ultimi, nel resistere in giudizio chiedevano che la divisione avvenisse previo conferimento da parte dell'attore, ai sensi dell'art. 737 c.c., della donazione indiretta di 280.000.000 di lire, effettuata dal de cuius in favore di P.F.P.  attraverso il pagamento di un debito d'importo corrispondente. Tale causa era iscritta al n. 579/00. Dichiarata la nullità del testamento con sentenza non definitiva n. 458/04, che disponeva lo scioglimento della comunione secondo le norme sulla successione legittima, M.P. introduceva innanzi allo stesso Tribunale una nuova causa, iscritta al n. 579/05, nella quale domandava che fosse accertata la validità del medesimo testamento olografo. Riuniti i due giudizi, interveniva in causa P.F.P. , che aderiva alla domanda del fallimento. Quindi, M.P. instaurava un terzo giudizio, iscritto al n. 43/10, nel quale domandava che fosse accertata l'esistenza di un testamento pubblico in data 9.5.1992, col quale P.P. lasciava tutti i beni in parti uguali ai figli, eccetto P.F. il quale aveva già avuto la somma di 260.000.000 milioni di lire a titolo di anticipo della sua quota ereditaria. Riunite, le tre cause erano decise con sentenza definitiva n. 207/11, resa nei confronti di A.M., moglie ed erede di P.F.P., deceduto nel corso del giudizio. Tale sentenza dichiarava inammissibile la produzione del testamento pubblico 9.5.1992, in quanto avvenuta oltre la maturazione del termine delle preclusioni istruttorie del procedimento n. 579/00; escludeva che il pagamento del debito di P.F.P., ad opera di P.P. fosse suscettibile di collezione; e compensava interamente le spese. Con sentenza n. 75/17 la Corte d'appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, rigettava l'appello principale proposto contro detta pronuncia da S.F. e da M., G. e M.P., ed accoglieva quello incidentale avanzato da A.M., limitatamente al regolamento delle spese di primo grado, che poneva per la metà a carico dei P.-F. . Osservava, la Corte distrettuale che sebbene l'eventuale esistenza di testamenti diversi, e con essi la richiesta di devolvere l'eredità secondo l'uno o l'altro, non implicasse la proposizione di una domanda nuova, la produzione del relativo documento doveva ritenersi soggetta alle preclusioni istruttorie, salvo la possibilità di rimessione in termini ai sensi dell'allora vigente art. 184-bis c.p.c. Ma tale richiesta non era mai stata formulata da M.P., la quale neppure aveva allegato le ragioni dell'eventuale impossibilità di produrre prima il testamento pubblico, limitandosi ad assumere, nella citazione introduttiva della causa n. 43/10, di averne scoperto l'esistenza solo dopo l'inizio delle due precedenti cause. Correttamente, pertanto, il Tribunale aveva ritenuto tardiva e non ammissibile la produzione del relativo documento nell'ambito delle tre cause riunite, in mancanza persino di un'espressa istanza di rimessione in termini. Quanto alla mancata collazione dell'importo di 280.000.000 del vecchio conio, riteneva che il relativo pagamento da parte di P.P. in favore del figlio P.F. fosse avvenuto a titolo di garanzia e non di liberalità, poiché rispondeva ad un interesse proprio anche di P.P., quale coobbligato in solido col figlio per i debiti della Tecn.eco, al fine di evitare l'incremento degli interessi moratori e l'escussione coattiva del proprio patrimonio. Per la cassazione di tale sentenza S.F. e M., G. e M.P,.propongono ricorso, affidato a tre motivi. Resistono con separati controricorsi A.M.e il Fallimento di Tecn.eco, di P.F. s.a.s. I ricorrenti hanno depositato memoria. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. - Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 587, 602 e 603 c.c. e 99, 100, 163, 184, 273 e 274 c.p.c. Sostiene parte ricorrente che, pur avendo il medesimo oggetto, ossia la divisione ereditaria, la causa n. 43/10 R.G. primo grado e quelle riunite nn. 579/00 e 642/05, hanno causae petendi diverse, queste riguardanti il testamento olografo del 10.3.1996, quella il testamento pubblico del 9.5.1992. Pertanto, la Corte di merito erroneamente avrebbe considerato quest'ultimo testamento a stregua di una mera produzione documentale, mentre in realtà esso è oggetto dell'allegazione di un fatto giuridico diverso rispetto al testamento olografo oggetto delle precedenti due cause. Pertanto, la Corte d'appello avrebbe dovuto decidere separatamente ciascuna delle cause riunite. 
2. - Il secondo mezzo denuncia la violazione o falsa applicazione degli artt. 165 e 183 c.p.c., nonché degli artt. 61, 62, 67, 106 e 108 legge n. 89 del 1913 e 89, 75, 79 e 83 R.D. n. 1326 del 1914. La scoperta del testamento pubblico del 9.5.1992 e la sua conseguente produzione all'atto della costituzione in giudizio dell'attrice, M.P., nella causa n. 43/10, è dimostrata dal certificato dell'archivio notarile (puresso depositato in giudizio), "cui è allegato il testamento pubblicato il 26 gennaio 2006; solo da quel momento ostensibile ai terzi mentre fino a quel momento ne era rigorosamente vietato l'esame da parte di chiunque" (così, testualmente, a pag. 7 del ricorso). 3. - Il terzo motivo espone la violazione o falsa applicazione degli artt. 737, 769 e 1236 c.c., perché il pagamento del debito di 280.000.000 di lire eseguito dal de cuius ad estinzione di un debito della Tecn.eco ha originato verso il figlio P.F. un credito di pari importo. Pertanto, la rinuncia ad agire in regresso verso quest'ultimo costituisce donazione indiretta, tant'è che lo stesso P.P.previde esplicitamente nel suo atto di ultima volontà che ai fini del computo delle quote ereditarie P.F: conferisse il suddetto importo. 4. - Il primo motivo è fondato. Il provvedimento di riunione per connessione, emesso ai sensi dell'art. 274 c.p.c., non intacca l'autonomia delle cause riunite nello stesso processo (cfr. Cass. nn. 18649/18 e 2133/06), ciascuna delle quali consta del proprio corredo assertivo e probatorio che la riunione non può né sopprimere né comprimere, pena la violazione del dovere di pronuncia di cui all'art. 112 c.p.c. Ad evitare eventuali abusi processuali della parte che, incorsa in decadenze, tenti di eluderne gli effetti promuovendo un altro giudizio, provvede il carattere discrezionale della riunione, nel disporre la quale il giudice deve operare un bilanciamento tra economia, celerità e correttezza dei processi. Ne deriva che una volta disposta, la riunione di cause connesse non può per virtù propria rendere tardive, e come tali inammissibili, domande, eccezioni e allegazioni probatorie che, diversamente, tali non sarebbero nel processo di provenienza. Nella specie, la Corte distrettuale ha invece assoggettato alle già maturate preclusioni del processo RG n. 579/00 la produzione del testamento posto a base della causa connessa RG n. 43/10 proposta successivamente da Maria Pinna; con l'effetto, opposto alla logica della riunione di cause connesse, di non decidere su di una domanda (quella diretta ad accertare gli effetti del testamento pubblico del 9.5.1992). 5 - È assorbito l'esame del secondo mezzo, l'interesse al quale è soddisfatto dall'accoglimento del primo motivo. 6. - Anche il terzo motivo è fondato. La donazione indiretta è caratterizzata dal perseguito fine di liberalità, e non già dal mezzo giuridico impiegato, che può essere il più vario, nei limiti consentiti dall'ordinamento (cfr. Cass. nn. 3134/12 e 5333/04), e consiste in atti o negozi la cui combinazione produce l'effetto, eccedente rispetto al mezzo, di un'attribuzione patrimoniale gratuita. In particolare, allegato il pagamento di un debito quale fattispecie di donazione indiretta, è altresì implicitamente dedotto il mancato regresso o la mancata surrogazione, senza i quali l'attribuzione patrimoniale non sarebbe configurabile. A nulla rileva l'esistenza o meno di un interesse proprio del solvens all'adempimento, sia perché il requisito di liberalità dell'atto presuppone un posterius rispetto al solo pagamento, sia in quanto il carattere indiretto della donazione postula per sua stessa definizione un collegamento funzionalmente inscindibile di atti. Nella fattispecie, di tali principi la Corte d'appello non ha fatto corretta applicazione. Essa, da un lato, si è arrestata ad un'interpretazione formalistica dell'eccezione dei coeredi di P.F. P., quasi che la donazione indiretta potesse in ipotesi perfezionarsi unico actu, dall'altro, assunto a criterio discretivo l'interesse proprio del solvens ad estinguere l'obbligazione, ha erroneamente riferito la liberalità al mezzo impiegato piuttosto che allo scopo attributivo perseguito, violando così l'art. 809, primo comma, c.c. 7. - Sulla base delle considerazioni svolte, la sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio alla Corte d'appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, in diversa composizione, che applicherà i principi di diritto sopra esposti, provvedendo altresì sulle spese di cassazione. P. Q. M. La Corte accoglie il primo ed il terzo motivo, assorbito il secondo, e cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d'appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, in diversa composizione, che provvederà altresì sulle spese di cassazione. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 29.4.2019. Il Presidente
Avv. Antonino Sugamele

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