Cass. civ. Sez. lavoro, Ord., (ud. 28/10/2021) 27-04-2022, n. 13178
Cass. civ. Sez. lavoro, Ord., (ud. 28/10/2021) 27-04-2022, n. 13178
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRONZINI Giuseppe - Presidente -
Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo - rel. Consigliere -
Dott. MAROTTA Caterina - Consigliere -
Dott. TRICOMI Irene - Consigliere -
Dott. SPENA Francesca - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 19941-2016 proposto da:
M.S., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA SANTI APOSTOLI 66, presso lo studio dell'avvocato SALVATORE DETTORI, rappresentato e difeso dagli avvocati ALESSANDRO ORLANDO, DIEGO DE CAROLIS;
- ricorrente -
contro
COMUNE DI TORRICELLA PELIGNA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, LARGO TRIONFALE 7, presso lo studio dell'avvocato RAFFAELLA ANTRILLI, rappresentato e difeso dall'avvocato CLAUDIO NARDONE;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 637/2016 della CORTE D'APPELLO di L'AQUILA, depositata il 22/06/2016 R.G.N. 371/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 28/10/2021 dal Consigliere Dott. PAOLO NEGRI DELLA TORRE.
Svolgimento del processo
Che:
1. Con sentenza n. 637/2016, pubblicata il 22 giugno 2016, la Corte di appello di L'Aquila, in accoglimento del gravame del Comune di Torricella Peligna, ha respinto la domanda del Segretario comunale Dott. M.S. volta ad ottenere il rimborso delle spese legali sostenute nel processo (poi definito con sentenza di assoluzione per insussistenza del fatto) che lo aveva visto imputato dei reati di cui agli artt. 479 e 476 c.p. per avere, nell'esercizio delle sue funzioni, attestato falsamente l'orario di deposito di una lista elettorale in occasione delle elezioni comunali del maggio 2007.
1.1. La Corte ha osservato che le condizioni per il rimborso erano quelle delineate dal D.P.R. 13 maggio 1987, n. 268 e che esse non ricorrevano nel caso di specie: la norma, infatti, escludeva la possibilità di rimborso delle spese legali a procedimento concluso; poneva la necessità di una valutazione ex ante da parte dell'Amministrazione, come era dimostrato anche dalla previsione che il legale, cui conferire l'incarico di assistenza e difesa, fosse di comune gradimento; richiedeva che non vi fosse una situazione di conflitto di interessi tra il dipendente e l'Amministrazione, situazione che non poteva essere esclusa per il solo fatto che quest'ultima non si fosse costituita parte civile e non avesse attivato un procedimento disciplinare; ha ritenuto irrilevante che il Comune avesse avuto una conoscenza sostanziale del procedimento penale, per essere stato il Dott. M. denunciato dalla persona che ne sarebbe divenuta sindaco, poichè l'Ente, come tale, ne aveva avuto notizia soltanto con la notifica, quale parte offesa, del decreto di citazione a giudizio e quindi in epoca successiva alla nomina dei due difensori di fiducia da parte dell'indagato.
1.2. La Corte ha conseguentemente ritenuto assorbito l'appello incidentale, con il quale il Dott. M. aveva chiesto il rimborso dell'intera somma corrisposta ai propri legali e che il giudice di primo grado aveva ridotto della metà.
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il M. con tre motivi, cui ha resistito l'Ente con controricorso.
3. Entrambe le parti hanno depositato memoria; con la propria, il Comune ha nominato altresì un nuovo difensore in sostituzione del precedente.
Motivi della decisione
che:
4. Con il primo motivo il ricorrente, deducendo violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 268 del 1987, art. 67 e del D.L. n. 67 del 1997, art. 18 convertito nella L. n. 135 del 1997, nonchè illogicità e/o manifesta contraddittorietà della motivazione, censura la sentenza impugnata per avere applicato il D.P.R. citato, art. 67 sebbene tale disposizione riguardasse il solo personale dipendente degli enti locali e, di conseguenza, non potesse riferirsi anche ai segretari comunali, stante la diversità di status e di disciplina cui tali funzionari sono sottoposti; ed inoltre per avere erroneamente ritenuto inammissibile un rimborso ex post e sussistente il conflitto di interessi, in relazione al quale la Corte non aveva considerato la natura della incolpazione, la circostanza che l'Amministrazione non si era costituita parte civile e non aveva instaurato alcun procedimento disciplinare, l'esito del processo e la insussistenza di un danno erariale per il Comune.
5. Con il secondo il ricorrente deduce nuovamente la violazione e falsa applicazione del D.L. n. 67 del 1997, art. 18 oltre alla illogicità e manifesta contraddittorietà della motivazione della sentenza, assumendo doversi applicare nella specie tale norma (e non il D.P.R. n. 268 del 1987, art. 67), sul rilievo che il rapporto di lavoro del segretario comunale intercorre con lo Stato per il tramite del Ministero dell'Interno, e, in sostanza, riproponendo e sviluppando la prima delle censure già svolte nell'esposizione del primo motivo.
6. Con il terzo (pp. 13-16 del ricorso) il Dott. M. ribadisce le altre critiche già espresse con il primo motivo ed inoltre censura quella parte della sentenza in cui la Corte territoriale ha affermato la necessità istituzionale, per il Comune, di avere una notizia formale (e non puramente di fatto) del procedimento penale; si duole poi della erroneità della sentenza di primo grado e, denunciando la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., della condanna alle spese di entrambi i gradi di merito contenuta nella sentenza impugnata.
Ritenuto che:
7. I motivi di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente per connessione, sono infondati.
8. La questione relativa alla disciplina applicabile non risulta sollevata nei gradi di merito e, d'altra parte, lo stesso ricorrente ha agito nei confronti del solo Comune di Torricella Peligna, rilevando (esattamente) come il rimborso delle spese al segretario comunale spetti all'ente che ne utilizza le prestazioni.
9. Al riguardo si deve osservare che il segretario comunale, a prescindere dal particolare regime normativo ed economico-retributivo, è un dipendente a tutti gli effetti - sia pure in via temporanea in relazione alla durata dell'incarico - dell'ente locale, nel cui interesse egli presta la propria attività e al quale è legato da un rapporto di natura funzionale (in tal senso già la giurisprudenza amministrativa: Consiglio di Stato, sentenza 24 dicembre 2009, n. 8750); ne consegue che il rimborso di spese connesse ad un giudizio di responsabilità (civile o penale) nei confronti del segretario non può che far carico all'ente locale, perchè tale giudizio ha per oggetto condotte che trovano la loro causa nell'espletamento di attività di servizio e/o nell'adempimento di compiti d'ufficio e cioè in fatti o atti esclusivamente compiuti nell'interesse dell'ente e al fine di realizzarne le finalità.
10. Quanto alle ulteriori censure, è da rilevare che la sentenza di appello si è uniformata ai consolidati principi formatisi in materia nella giurisprudenza di legittimità.
10.1. In particolare, si richiamano:
- Cass. n. 17874/2018, con la quale è stato affermato che "In materia di spese legali sostenute dal dipendente di un ente pubblico territoriale per la propria difesa in un processo penale, il diritto al rimborso delle stesse, a norma del D.P.R. n. 268 del 1987, art. 67, comma 1, presuppone che non vi sia un conflitto d'interessi, e quindi che la condotta addebitata non sia stata il frutto di iniziative autonome, contrarie ai doveri funzionali o in contrasto con la volontà del datore di lavoro, secondo una valutazione ex ante che prescinde dall'esito del giudizio penale e dalla formula di eventuale assoluzione";
- Cass. n. 18256/2018, la quale ha ribadito che "In tema di rimborso delle spese legali, ai sensi dell'art. 28 del c.c.n.l. Enti Locali del 14.9.2000, l'ente assume in carico ogni onere di difesa dei dipendenti, facendoli assistere da un legale di comune gradimento, nei procedimenti di responsabilità civile o penale connessi all'espletamento del servizio ed all'adempimento dei compiti di ufficio, anche a tutela dei propri interessi, sicchè presupposto di operatività di detta garanzia è l'insussistenza, da valutarsi ex ante, di un genetico ed originario conflitto di interessi, che permane anche in caso di successiva assoluzione del dipendente";
- Cass. n. 20561/2018: "In materia di pubblico impiego, il contributo da parte della P.A. alle spese per la difesa del proprio dipendente, imputato in un procedimento penale, presuppone l'esistenza di uno specifico interesse, ravvisabile ove l'attività sia imputabile alla P.A. - e, dunque, si ponga in diretta connessione con il fine pubblico - e sussista un nesso di strumentalità tra l'adempimento del dovere ed il compimento dell'atto, atteso che il diritto al rimborso costituisce manifestazione di un principio generale di difesa volto, da un lato, a tutelare l'interesse personale del dipendente coinvolto nel giudizio nonchè l'immagine della P.A. per cui lo stesso abbia agito, e, dall'altro, a riferire al titolare dell'interesse sostanziale le conseguenze dell'operato di chi agisce per suo conto";
- Cass. n. 2366/2016: "In materia di pubblico impiego, il contributo, da parte della P.A., alle spese per la difesa del proprio dipendente, che sia imputato in un procedimento penale, presuppone l'esistenza di uno specifico interesse proprio dell'amministrazione, che sussiste ove l'attività sia imputabile alla P.A. e, dunque, si ponga in diretta connessione con il fine pubblico, dovendosi ritenere che il diritto al rimborso costituisca espressione di un principio generale di difesa volto, da un lato, a tutelare l'interesse personale del dipendente coinvolto nel giudizio nonchè l'immagine della P.A. per cui lo stesso abbia agito, e, dall'altro, a riferire al titolare dell'interesse sostanziale le conseguenze dell'operato di chi agisce per suo conto. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di appello, di diniego del rimborso delle spese legali in favore di un dipendente dell'Agenzia delle Entrate, accusato dei reati di truffa e falso materiale ed ideologico, ritenendo irrilevanti sia la carenza di procedimento disciplinare sia la mancata costituzione di parte civile del datore di lavoro nel processo penale, conclusosi con pronuncia di assoluzione)".
11. La sentenza di appello deve essere condivisa anche nella valutazione di irrilevanza di una conoscenza del procedimento penale conseguita in via di fatto (per essere divenuto sindaco la persona che aveva presentato denuncia), essendo del tutto condivisibile il rilievo del giudice di appello, per il quale la posizione della P.A. e quella delle persone che ne sono parte deve essere tenuta distinta.
12. I motivi risultano poi inammissibili: a) là dove denunciano carenze motivazionali (per "illogicità e/o manifesta contraddittorietà della sentenza"), non attenendosi al paradigma normativo dell'art. 360 c.p.c., n. 5, quale risultante dalle modifiche introdotte nel 2012 e dalle precisazioni fornite dalle Sezioni Unite di questa Corte, quanto a perimetro applicativo e oneri di deduzione, con le sentenze n. 8053 e n. 8054 del 2014 e con le molte che ad esse si sono successivamente conformate; b) là dove (3 motivo) ripropongono rilievi attinenti alle questioni dell'appello incidentale, correttamente ritenuto dalla Corte assorbito nell'accoglimento del gravame principale del Comune e nel conseguente integrale rigetto della domanda.
13. Con riferimento infine alla violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., la sentenza di appello ha fatto applicazione del principio della soccombenza e, pertanto, anche per questa parte risulta esente da censure.
14. Il ricorso deve, pertanto, essere respinto.
15. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
16. Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013, sussistono le condizioni per dare atto - ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, (che ha aggiunto al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, il comma 1-quater) - della sussistenza dei presupposti processuali dell'obbligo di versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l'impugnazione integralmente rigettata, se dovuto (Sez. U n. 4315/2020).
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 5.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.
Così deciso in Roma, nell'adunanza camerale, il 28 ottobre 2021.
Depositato in Cancelleria il 27 aprile 2022