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Sentenza

L’esecuzione delle pronunce della Corte europea dei diritti dell’uomo nei confro...
L’esecuzione delle pronunce della Corte europea dei diritti dell’uomo nei confronti dello Stato italiano Legge 9 gennaio 2006, n. 12 RELAZIONE AL PARLAMENTO Anno 2010.
L'esecuzione delle pronunce
della Corte europea dei diritti dell'uomo
nei confronti dello Stato italiano
Legge 9 gennaio 2006, n. 12
RELAZIONE AL PARLAMENTO
Anno 2010

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Sommario
Premessa
I. Il sistema di protezione dei diritti umani dopo il trattato di Lisbona:
la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea e l'adesione
dell'Unione europea alla Convenzione europea per la salvaguardia
dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali 9
1. La Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea 9
2. L'adesione dell'Unione Europea alla CEDU 13
2.1 Profili problematici 13
3. L'entrata in vigore del protocollo n. 14, la conferenza di Interlaken
sul futuro della Corte europea ed i seguiti di Interlaken 18
II. La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo
e delle libertà fondamentali nell'applicazione della giurisprudenza
nazionale e comunitaria 27
1. La giurisprudenza nazionale 27
1.1 Il rapporto tra la Convenzione europea e la Costituzione:
la posizione della Corte Costituzionale 27
1.1.1 In particolare, la sentenza n. 311 del 2009 31
1.2 I principi della Convenzione europea nell'applicazione
della giurisprudenza di legittimità e di merito 35
1.3 Il rapporto tra le norme della Convenzione europea
e le disposizioni del Trattato dell'Unione europea, in
particolare dopo il Trattato di Lisbona, dal punto di
vista dei giudici dell'Unione europea 40
III. Analisi del contenzioso dinanzi alla Corte europea dei diritti
dell'uomo 45
1. Andamento del contenzioso europeo 45
2. La posizione italiana 46
2.1 L'andamento del contenzioso nei confronti dell'Italia 46
2.2 Analisi per tipologia di violazione 47
2.3 Le sentenze nei confronti dell'Italia 48
2.3.1 In materia di pubblicità dei processi e applicazione delle
misure di prevenzione 48
2.3.2 In materia di detenzione in regime di 41-bis della legge
n. 354 del 1975 50
2.3.3 In materia di controllo della corrispondenza 51
2.3.4 In materia di espropriazione 51
2.3.5 In materia di indennità di occupazione 53
2.3.6 In materia di ragionevole durata del processo 54
2.3.7 In materia di applicazione retroattiva di una norma tributaria
56
2.3.8 In materia di immunità parlamentare 56
2.3.9 In materia di espulsioni 57
4
2.3.10 In materia di applicazione di misure di sicurezza 59
2.3.11 In materia di garanzia del contraddittorio 60
2.3.12 In materia di famiglia 61
2.3.13 In materia di sussidi pubblici alle imprese 62
3. I temi sensibili evidenziati dalle sentenze della Corte europea 63
3.1 Eccessiva durata delle procedure giudiziarie e legge Pinto 63
3.2 Ritardi nelle decisioni in materia di applicazione del regime
speciale ex art. 41-bis Ordinamento Penitenziario 65
3.3 Espulsioni e respingimenti di stranieri 66
3.4 Equità della procedura 67
3.5 Immunità dalla giurisdizione 68
3.6 Diritto di famiglia 69
3.7 Ordinamento penitenziario 69
4. Questioni rilevanti decise nei confronti di altri Stati aderenti
alla Convenzione europea 70
4.1 Sentenze di interesse per l'Italia 70
5. Affari contenziosi pendenti 73
IV. Esecuzione degli obblighi derivanti dalle pronunce della Corte
europea 79
1. Misure di carattere generale 79
1.1 Interventi in materia di giustizia 79
1.1.1 Il cd. processo breve 82
1.2 Il riordino del processo amministrativo 82
1.3 Interventi in materia di sovraffollamento delle carceri 83
2. I regolamenti amichevoli 84
3. I risarcimenti 85
4. L'azione di rivalsa 86
V. Il controllo dell'esecuzione 91
1. Il controllo del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa 91
1.1 Piano d'azione e Action report 91
1.2 Le risoluzioni adottate nei confronti dell'Italia 92
2. Incontri e convegni 94
VI. Documenti 97
1. Elenco delle decisioni della Corte europea di irricevibilità e
radiazione dal ruolo nell'anno 2010 97
2. Risoluzione Melegari, Morselli, Falzarano e Balletta, Esposito
e Della Vecchia (versione francese) 99
3. Risoluzione Bagarella (versione francese) 102
4. Risoluzione Montani (versione francese) 105
5
5. Risoluzione sull'esecuzione delle sentenze della Corte europea
dei diritti dell'uomo concernente la durata eccessiva delle
procedure giudiziarie in Italia 108
6. Risoluzione sull'esecuzione di sentenze della Corte europea dei
diritti dell'uomo per 13 affari contro l'Italia 112
7. Risoluzione Citarella, Votto, Votto Renato, La Fazia,
Di Crosta, Massimo Maria Assunta, Cifra, D'Apolito, Puzella
Ecosentino, Moroni, Valentini, Fabiano & Furno 114
8. Risoluzione Principe e altri 117
9. Risoluzione Ben Khemais 119
10. Risoluzione Riolo 121
11. Risoluzione Guidi, De Pace e Zara 124
12. Risoluzione Sarnelli e Matteoni e altri 127
13. Risoluzione Covezzi e Morselli 131
14. Risoluzione Grasso, Casotti, Cresci, Mazzon, Gianvito,
Scorziello & Giuseppe Scarnella e altri 134
15. Risoluzione Annunziata e Salvatore Piacenti 137
16. Risoluzione Todorova 140
17. Risoluzione Grande Oriente d'Italia di Palazzo Giustiniani e
Grande Oriente d'Italia di Palazzo Giustiniani n. 2 143
18. Risoluzione Gennari, Perinati e Pierotti 146
Nel presentare la quinta edizione della relazione al Parlamento in attuazione della
legge 9 gennaio 2006, n. 12, e del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri
1° febbraio 2007, mi sia consentito tributare il dovuto riconoscimento agli sforzi
compiuti dalla Corte di Strasburgo nel complesso campo della tutela dei diritti
umani, ma anche a tutte quelle amministrazioni dello Stato, compresa la Camera
dei deputati, che hanno coltivato con attenzione e lungimiranza la giurisprudenza
che in questi anni è andata sviluppandosi, interagendo non solo con quella ordinaria,
amministrativa e contabile, ma anche costituzionale e comunitaria.
Le fondamentali sentenze della Corte Costituzionale n. 348 e n. 349 del 2007,
che avevano assegnato alla Convenzione un posto preciso nell'ambito della gerarchia
delle fonti, sono state poste davanti alla dura prova della storia ad esse successiva
ed a tendenze di opinione fortemente diverse, concernenti i limiti e le competenze
dell'ambito di tutela dei diritti umani, con il costante rischio di una disapplicazione
diffusa e incontrollata delle leggi e dei regolamenti nazionali.
D'altra parte, l'adesione dell'Unione Europea alla Convenzione per la tutela
dei diritti umani lascia intravedere interessanti e complessi scenari sui rapporti tra la
stessa giurisprudenza della Corte del Lussemburgo e quella di Strasburgo.
Non è fuor di luogo affermare che l'attuale è un momento di autentica transizione
e che la stessa funzionalità della Corte di Stasburgo è da valutare con attenzione
e profondità per aumentarne, certamente, il grande ruolo nell'affermazione e
difesa dei diritti umani, ma renderla, anche, sempre più preziosa nello svolgimento
di un compito di sussidio alle giurisdizioni domestiche. La presente relazione, a differenza
delle edizioni precedenti, contiene una specifica analisi dei momenti vissuti
dalle istituzioni giudiziarie coinvolte ed un tratteggiamento dei futuri scenari dei
rapporti tra loro.
Nel contempo, per parte sua, il Governo proseguirà l'attività normativa ed amministrativa
indispensabile per dare attuazione alle decisioni e rimedio alle carenze, a
volte strutturali, dell'ordinamento interno, dimostrando, di converso, anche col suo
importante, concreto contributo, la necessaria attenzione alla funzionalità della Corte.
Sotto il primo profilo, fra gli interventi prioritari previsti, vi è l'impegno, ampiamente
conosciuto e pertinacemente sviluppato in una serie di iniziative, diretto a
consentire la definizione dei procedimenti giudiziari in tempi sempre più brevi, sia
creando meccanismi alternativi di risoluzione delle controversie, sia ridisegnando le
regole del processo civile, a volte troppo appesantite da una mentalità e da schemi
propri di epoche lontane.
La presente relazione, redatta dal Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi,
che si rapporta sempre più e meglio con la nostra infaticabile Rappresentanza
presso il Consiglio d'Europa di Strasburgo, aspira, così, ad essere uno strumento
sempre più utile per tutti i cultori della materia della tutela dei diritti umani.
Gianni Letta
Il Sistema di protezione dei diritti umani dopo
il trattato di lisbona: la carta dei diritti
fondamentali dell'unione europea e l'adesione
dell'unione europea alla convenzione europea
per la salvaguardia dei diritti dell'uomo
e delle libert à fondamentali

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i Il sistema di protezione dei diritti umani dopo il trattato
di lisbona: la carta dei diritti fondamentali dell'unione
europea e l'adesione dell'unione europea alla convenzione
europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo
e delle libertà fondamentali
1. La Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea
Con l'entrata in vigore, per i Paesi aderenti all'Unione Europea, del Trattato
di Lisbona, il 1° dicembre 2009, si sono aperti nuovi orizzonti all'applicazione della
Convenzione europea dei diritti dell'uomo. Il Trattato prevede, infatti, anche la
futura adesione dell'Unione Europea alla Convenzione ed apre nuovi spazi al diritto
europeo dei diritti della persona umana, istituendo la “Carta dei diritti fondamentali
dell'Unione europea”. In particolare, nel Trattato sull'Unione europea (TUE), con
il Trattato di Lisbona, è stato inserito un nuovo testo dell'articolo 6, che consacra
il ruolo centrale conferito ai diritti umani dall'Unione. L'operazione comporta sia
il riconoscimento, da parte dell'Unione, della forza giuridicamente vincolante della
“Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea” (§ 1), sia l'adesione dell'Unione
alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà
fondamentali (§ 2), la quale, unitamente alle tradizioni costituzionali comuni agli
Stati membri, dovrebbe costituire una delle fonti dei principi generali di diritto
dell'Unione Europea (§ 3)1.
In forza del nuovo articolo 6 del Trattato, la “Carta dei diritti fondamentali
dell'Unione europea” diverrebbe giuridicamente vincolante, il che ne comporta
l'azionabilità ed il rispetto da parte delle istituzioni, degli organi e delle agenzie
dell'Unione, nonché degli Stati membri, in diretta connessione alle iniziative volte
a dare attuazione al diritto dell'Unione. Si ricorda che la Carta fu proclamata una
prima volta a Nizza il 7.12.2000 ma, fino al Trattato di Lisbona, è stata vincolante
unicamente sotto un profilo morale e, dunque, non prettamente giuridico. Con
la Carta, i diritti fondamentali dovrebbero diventare più visibili e più trasparenti
nell'Unione Europea; con il richiamo espresso, fatto nel Trattato alla Carta, inoltre,
dovrebbe essere assicurata la sicurezza giuridica e migliorata la protezione dei diritti.
La Carta non è una perfetta copia della Convenzione europea dei diritti
dell'uomo (CEDU). A tal proposito, qualche esempio in merito può essere chiarificatorio:
a parte, infatti, un innovativo art. 1 che stabilisce che “la dignità umana
è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata”, a proposito - per esempio - del
rispetto della privacy, la Carta non prevede solo, all'art. 7, una protezione di tipo
statico sul modello dell'art. 8 della Convenzione europea, ma inserisce, all'art. 8,
1 Articolo 6 (ex articolo 6 del TUE):
“1. L'Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali
dell'Unione europea del 7 dicembre 2000, adottata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, che ha lo
stesso valore giuridico dei trattati. Le disposizioni della Carta non estendono in alcun modo le competenze
dell'Unione definite nei trattati. I diritti, le libertà e i principi della Carta sono interpretati
in conformità delle disposizioni generali del titolo VII della Carta che disciplinano la sua interpretazione
e applicazione e tenendo in debito conto le spiegazioni cui si fa riferimento nella Carta, che
indicano le fonti di tali disposizioni.
2. L'Unione aderisce alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle
libertà fondamentali. Tale adesione non modifica le competenze dell'Unione definite nei trattati.
3. I diritti fondamentali, garantiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell'uomo e delle libertà fondamentali e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati
membri, fanno parte del diritto dell'Unione in quanto principi generali.”.
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un inedito “diritto alla protezione dei dati di carattere personale”, dunque, ben più
pregnanti controllo e protezione, di tipo dinamico, sullo svolgersi continuo dei
dati personali sensibili. L'art. 14, nel disciplinare il diritto all'istruzione, lo estende
all'accesso alla formazione professionale continua (§1) e, a proposito del diritto
dei genitori di educare i figli secondo le loro convinzioni religiose, filosofiche e
pedagogiche, parla di diritto di provvedere all'educazione e all'istruzione secondo
tali convinzioni e non anche di diritto al rispetto di esse indicato dall'art. 2 del
Protocollo addizionale della CEDU. Vi è, infine, un apposito Capo IV dedicato
alla “solidarietà”, regolante i diritti dei lavoratori e dei datori di lavoro, di cui non
vi è traccia nella CEDU.
Anche se la Carta avrà efficacia giuridica formale solo per gli atti dell'Unione,
e non anche per quelli degli Stati, è probabile che continuerà ad applicarsi,
per questi ultimi, la dottrina prevalente che ha inteso riconoscere alla Carta
valore ricognitivo-interpretativo dei diritti fondamentali tutelati a livello europeo.
E' da osservare che risultano finora frequenti applicazioni della allora
“Carta di Nizza”, ora “Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea”, nella
giurisprudenza, segnatamente straniera, specie tedesca2 e spagnola, ma anche
italiana; ne deriva dunque che la Carta, pur carente di efficacia formale, trova
applicazione concreta nella giurisprudenza nazionale grazie alla sola forza dei
diritti da essa stabiliti.
Affinché i diritti indicati dalla Carta siano rispettati, occorre naturalmente prevedere
rimedi giurisdizionali interni nell'ipotesi di asserita loro violazione. A tale
scopo, l'articolo 47 della Carta, allo stesso modo, peraltro, degli articoli 6 e 13 della
CEDU, stabilisce un diritto di ricorso generale, dunque un modello di protezione
aspecifico; non si prevede, cioè, un ricorso speciale e specifico per la violazione dei
diritti umani, sul modello del recurso de amparo spagnolo o del Bundesverfassugsbechwerde
tedesco. In ogni caso, l'art. 19 §1 TUE stabilisce l'obbligazione degli Stati
membri di prevedere vie di ricorso, necessarie per assicurare una protezione giurisdizionale
effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell'Unione.
Con il mutamento della metodologia dei “tre pilastri3”, pur prevedendosi la
conservazione di procedure particolari nel settore della politica estera e di sicurezza
(PESC) nonché in quello della difesa, la maggior parte dei settori sarà retta dal meto-
2 La Corte Costituzionale tedesca, nell'esaminare la compatibilità costituzionale di una legge
antiterrorismo che, attraverso sofisticate tecnologie, consentiva di accedere all'archivio informatico di
altrui computers, ha stabilito che tale disposizione violava il diritto dell'individuo all'integrità e confidenzialità
degli strumenti tecnologici di cui lo stesso dispone, atteso che la persona va considerata
non solo nella sua fisicità ma anche nel modo con cui si attrezza per stare al mondo e per relazionarsi
con gli altri. Anche la Corte Costituzionale italiana risulta aver più volte citato, nelle sue pronunce,
la Carta di Nizza, una volta proprio in tema di indagini invasive effettuate per mezzo di video-riprese
in un domicilio privato (sentenza n. 135/02).
3 A seguito del Trattato di Maastricht, l'Unione Europea si articolava su tre livelli:
- Primo pilastro, rappresentato dalla Comunità Europea che agisce in via esclusiva nel campo
delle politiche comuni, e cioè l'agricoltura, i trasporti, i rapporti commerciali con i paesi terzi nonché
per tutto ciò che attiene alla realizzazione del mercato interno, simboleggiato dalle quattro libertà
fondamentali - libertà di circolazione delle merci, dei servizi, delle persone e dei capitali, oltre che da
un regime inteso a garantire che la concorrenza non sia falsata in detto mercato interno.
- Secondo pilastro (titolo V del Trattato), ossia la politica estera e di sicurezza comune con l'obiettivo
di far risaltare l'identità della Comunità nel consesso internazionale.
- Terzo pilastro (titolo VI del Trattato), inerente la cooperazione nei settori della giustizia e
degli affari interni. Tale terzo pilastro mirava a garantire ai cittadini un elevato livello di sicurezza,
mediante l'elaborazione di politiche di prevenzione e di repressione della criminalità, attraverso una
più stretta cooperazione tra le autorità giudiziarie nazionali e, ove necessario, il ravvicinamento delle
normative degli Stati membri in materia penale (artt. 31 e 32, UE).
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do comunitario e non più dal metodo intergovernativo4. Ciò comporta che, mentre
con l'entrata in vigore del trattato di Amsterdam (maggio 1999), gli aspetti inerenti
la materia dei visti, dell'asilo, dell'immigrazione e le altre politiche connesse alla libera
circolazione delle persone (che rientrano nel campo della giustizia e degli affari
interni) erano già stati “comunitarizzati”, retti, cioè, dal metodo comunitario dopo
una fase transitoria di cinque anni, con il Trattato di Lisbona, la Corte di Giustizia
diverrà competente a conoscere le questioni legate al titolo IV del TUE, riguardanti
la cooperazione di polizia e di giustizia in materia penale: i giudici nazionali potranno,
dunque, adire la Corte in via pregiudiziale5 nelle materie della sicurezza, delle
politiche di prevenzione e di repressione della criminalità, della cooperazione tra le
autorità giudiziarie nazionali, ecc. (le materie del cd. spazio di libertà, sicurezza e
giustizia dell'ex III Pilastro). La politica estera e di sicurezza comune, come quella
della difesa, restano, in gran parte, sottratte alla competenza della Corte, salvo per
quanto riguarda il controllo della legittimità delle decisioni che prevedono misure
restrittive nei confronti di persone fisiche o giuridiche, adottate dal Consiglio in
base al titolo V, capo 2, del Trattato sull'Unione europea (art. 275 TFUE): come,
ad esempio, decisioni prese nell'ambito della lotta al terrorismo, quelle di sequestro
o congelamento dei beni etc..
Il Trattato di Lisbona, inoltre, estende le categorie degli atti suscettibili di essere
oggetto di ricorso: all'elenco degli atti già ricorribili, l'art. 263 § 4 aggiunge che
la Corte “esercita inoltre un controllo di legittimità sugli atti degli organi o organismi
dell'Unione destinati a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi… Qualsiasi persona
fisica o giuridica può proporre, alle condizioni previste al primo e secondo comma,
un ricorso contro gli atti adottati nei suoi confronti o che la riguardano direttamente
e individualmente e contro gli atti regolamentari che la riguardano direttamente e che
non comportano alcuna misura d'esecuzione”. Questa modificazione permette di evitare
in futuro di trovarsi in situazioni problematiche, come per esempio di fronte
4 Il metodo comunitario poggia su una logica d'integrazione ed è segnatamente marcato dai
seguenti elementi caratterizzanti:
- monopolio del diritto d'iniziativa della Commissione;
- ricorso generalizzato al voto a maggioranza qualificata in sede di Consiglio;
- ruolo attivo del Parlamento europeo (pareri, proposte di emendamento, ecc.);
- uniformità di interpretazione del diritto comunitario a cura della Corte di giustizia.
Il modo di funzionamento istituzionale del secondo e del terzo pilastro poggia invece su una
logica di cooperazione intergovernativa (metodo intergovernativo), caratterizzata dalle seguenti peculiarità:
- diritto di iniziativa della Commissione limitato a determinati aspetti specifici, ovvero condiviso
con gli Stati membri;
- ricorso generalizzato all'unanimità in sede di Consiglio;
- ruolo consultivo del Parlamento europeo;
- ruolo limitato della Corte di giustizia.
5 Il procedimento di rinvio pregiudiziale è stato giustamente definito quale fondamento del
diritto comunitario. Compito degli Stati membri è infatti di dare attuazione al Trattato istitutivo ed
al diritto comunitario derivato, cosicché può accadere, e normalmente accade, che sorgano controversie
dinanzi ai giudici nazionali circa l'applicazione, la portata e l'interpretazione delle disposizioni
comunitarie. In questi casi il Trattato affida alla Corte di Giustizia il compito di assicurare la giusta
e definitiva interpretazione alla norma comunitaria così da garantire l'uniforme interpretazione ed
applicazione del diritto comunitario in tutti gli Stati membri ed impedire che in uno Stato membro
si consolidi una giurisprudenza nazionale in contrasto con le norme comunitarie. Il procedimento di
rinvio può essere avviato solo dai giudici nazionali allorquando la questione interpretativa attinente
il diritto comunitario sorga nell'ambito di una controversia e l'interpretazione della disposizione
comunitaria sia necessaria per decidere la controversia stessa. Occorre anche aggiungere che la Corte
non interpreta il diritto nazionale né applica il diritto comunitario a fattispecie concrete ma spesso
dalle pronunce emesse emerge se la Corte ritiene o meno la norma nazionale compatibile con il diritto
comunitario.
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ad atti per i quali non è necessaria nessuna misura di esecuzione e per i quali non è
previsto un ricorso giurisdizionale interno6.
La trasformazione della Carta in uno strumento giuridico dotato di possibilità
di coercizione comporta che gli Stati membri disporranno di tre fonti normative
di protezione dei diritti fondamentali: le costituzioni nazionali, la Convenzione
e la Carta. Per quanto riguarda la Convenzione, anche precedentemente al
Trattato di Lisbona, si ricorda che ai principi dalla stessa previsti veniva data
applicazione dalla Corte di Giustizia attraverso la sua giurisprudenza pretoria:
dalla sentenza Hoechst/Commissione, del 21 settembre 1989, la Corte di Giustizia
ha fatto della Convenzione la sua sistematica e principale fonte di riferimento,
affermando che essa “riveste un significato particolare”, espressione che si ritrova
in numerose sentenze successive. Secondo alcuni, questa molteplicità di fonti e di
regimi di protezione potrebbe determinare tensioni e confusioni, compromettendo
la certezza giuridica. In realtà, la Carta non è una fonte esclusiva dei diritti fondamentali,
né un'alternativa alla Convenzione, ma un completamento di quest'ultima.
Anche prima della Carta, del resto, i rischi di divergenze giurisprudenziali
tra la Corte di Strasburgo e quella del Lussemburgo erano sempre presenti, come
testimoniato da alcuni casi emblematici7, che possono dimostrare la sussistenza di
6 Articolo 263 (ex articolo 230 del TCE)
“La Corte di giustizia dell'Unione europea esercita un controllo di legittimità sugli atti legislativi,
sugli atti del Consiglio, della Commissione e della Banca centrale europea che non siano
raccomandazioni o pareri, nonché sugli atti del Parlamento europeo e del Consiglio europeo destinati
a produrre effetti giuridici nei confronti di terzi. Esercita inoltre un controllo di legittimità
sugli atti degli organi o organismi dell'Unione destinati a produrre effetti giuridici nei confronti
di terzi.
A tal fine, la Corte è competente a pronunciarsi sui ricorsi per incompetenza, violazione delle
forme sostanziali, violazione dei trattati o di qualsiasi regola di diritto relativa alla loro applicazione,
ovvero per sviamento di potere, proposti da uno Stato membro, dal Parlamento europeo, dal Consiglio
o dalla Commissione.
La Corte è competente, alle stesse condizioni, a pronunciarsi sui ricorsi che la Corte dei conti,
la Banca centrale europea ed il Comitato delle regioni propongono per salvaguardare le proprie
prerogative.
Qualsiasi persona fisica o giuridica può proporre, alle condizioni previste al primo e secondo
comma, un ricorso contro gli atti adottati nei suoi confronti o che la riguardano direttamente e individualmente,
e contro gli atti regolamentari che la riguardano direttamente e che non comportano
alcuna misura d'esecuzione.
Gli atti che istituiscono gli organi e organismi dell'Unione possono prevedere condizioni e modalità
specifiche relative ai ricorsi proposti da persone fisiche o giuridiche contro atti di detti organi
o organismi destinati a produrre effetti giuridici nei loro confronti.
C 115/162 IT Gazzetta ufficiale dell'Unione europea 9.5.2008
I ricorsi previsti dal presente articolo devono essere proposti nel termine di due mesi a decorrere,
secondo i casi, dalla pubblicazione dell'atto, dalla sua notificazione al ricorrente ovvero, in
mancanza, dal giorno in cui il ricorrente ne ha avuto conoscenza”.
7 Nella sentenza Bosphorus c. Irlanda del 30.6.05, ad esempio, la Corte, in composizione di
Grande Camera, si era occupata del sequestro di un aeromobile, disposto dalle autorità irlandesi in
esecuzione delle sanzioni contro l'ex Yugoslavia, decise dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite
con Risoluzione del 17 aprile 1993, ed applicate dalla Comunità Europea. Tale sequestro fu portato
dai giudici irlandesi, con il meccanismo del rinvio pregiudiziale interpretativo previsto dall'art. 234
T.U.E., all'attenzione della Corte di Giustizia della CE. Con tale rinvio si richiedeva alla Corte del
Lussemburgo di pronunciarsi circa la questione se la Risoluzione si applicasse anche ad un aeromobile
di proprietà dell'ex Yugoslavia e noleggiato ad una società in cui quest'ultimo Paese non appariva
avere alcuna proprietà o controllo azionario. La Corte aveva concluso per l'applicabilità, malgrado
non si evidenziassero elementi che permettessero di dubitare della buona fede della società noleggiatrice.
A questo punto la società si era rivolta alla Corte europea dei diritti dell'uomo, asserendo
la pretesa violazione dell'art. 1 Protocollo n. 1 alla Convenzione, e cioè del diritto al rispetto della
proprietà. La Corte di Strasburgo, con la sentenza menzionata emessa dalla Grande Camera, aveva,
da un lato, affermato la sua competenza, sia ratione personae che ratione materiae, ed aveva, dall'altro
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pericoli sottesi alla coesistenza di due sistemi di protezione dei diritti umani, per
di più sovrapposti ai sistemi nazionali. Due dei presupposti, affinché si realizzi
una loro complementarietà funzionale ed una loro armoniosa coesistenza normativa,
sono costituiti dal dialogo continuo tra le corti e dal mantenimento di una
rigida coerenza giurisprudenziale.
La Carta, evocata al primo comma dell'art. 6 T.U.E., rappresenta uno strumento
normativo che già riprende i diritti previsti dalla Convenzione, ma dovrebbe
rappresentare anche la migliore espressione materiale delle tradizioni costituzionali
comuni agli Stati membri. Le altre due fonti di principi generali di diritto
debbono la loro inclusione, frutto di un lungo dibattito, come strumento per
garantire “un dinamismo” nella protezione dei diritti fondamentali e consentire,
dunque, alla Corte di Giustizia di completare il catalogo dei diritti riportabili alla
Carta, tenendo conto dell'evoluzione della società. Questi principi generali dovrebbero
collocarsi come “fonte sussidiaria e complementare” rispetto alla Carta
e non come “fonte equivalente e concorrente” (secondo l'espressione usata dal
presidente della Corte di Giustizia).
2. L'adesione dell'Unione Europea alla CEDU
2.1 Profili problematici
L'adesione dell'Unione Europea alla CEDU, prevista dal secondo comma del
citato art. 6, dovrebbe consentire, alle istituzioni comunitarie europee, di prendere
parte ad un procedimento dinanzi alla Corte europea dei diritti dell'uomo,
nel momento in cui ad essere oggetto di ricorso sia un atto comunitario. Allo
stesso modo, ogni Stato membro, coinvolto in una procedura con implicazioni
comunitarie, potrebbe invitare l'Unione ad intervenire quale terza parte ad adjuvandum:
l'adesione avrebbe, dunque, l'effetto di portare l'Unione, al pari degli
Stati membri, nell'orbita del controllo giurisdizionale esterno nella specifica tematica
del rispetto dei diritti umani. Il tema è di estrema delicatezza ed è seguito
da un'apposita Commissione. I punti di maggior rilievo riguardano l'applicabilità
lato, escluso la violazione in base alla presunzione generale secondo cui i trattati comunitari recepiscono
le norme della Convenzione dei diritti dell'uomo e gli organi comunitari operano nel rispetto
di tali norme, con la conclusione che il diritto comunitario offriva una “protezione equivalente” a
quella del sistema convenzionale.
All'attenzione della Corte di Strasburgo è stato recentemente portato anche un ricorso, il
n. 35524/06 Artemi e Gregory c. Francia ed altri 21 Paesi dell'Unione Europea, tra cui l'Italia, che
prendeva spunto da una doglianza avanzata da due ricorrenti residenti nel Regno Unito i quali
lamentavano di non potersi recare a Cipro Nord a causa di una clausola del trattato di adesione di
Cipro all'U.E., che escludeva quella zona, sotto la giurisdizione di fatto della Turchia, dalla libera
circolazione europea. Gli Stati europei risultavano implicati nel caso per aver firmato il suddetto
trattato anche se in ogni caso tali Stati, ad esclusione di Cipro, non avevano competenza territoriale,
né di fatto né di diritto, sull'isola del Mediterraneo ed essi, di conseguenza, non avevano neppure
il potere di dare esecuzione al trattato. Il caso è stato poi radiato dalla Corte con decisione del 30
settembre 2010 ma solo perché i ricorrenti non avevano inteso coltivarlo.
Ancora: con sentenza del 21 gennaio 2011 emessa nel caso M.S.S. contro Belgio e Grecia, la
Corte Europea ha stabilito che il Belgio, trincerandosi dietro l'obbligo di rispettare il Regolamento
(CE) n. 343/2003 del Consiglio, del 18 febbraio 2003, sui criteri ed i meccanismi di determinazione
dello Stato membro competente per l'esame di una domanda d'asilo presentata in uno degli Stati
membri da un cittadino di un paese terzo, e così decidendo di consegnare un cittadino afgano entrato
in Europa dalla Grecia a questo ultimo paese, ha violato, tra gli altri, l'articolo 3 della Convenzione,
che vieta i trattamenti disumani e degradanti, attese le gravi violazioni relative al trattamento dei
richiedenti asilo compiute nel paese ellenico.
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dell'istituto processuale del litisconsorzio ed i rapporti con il Consiglio d'Europa.
In un documento sottoscritto nel gennaio 2011 dai Presidenti delle Corti del Lussemburgo
e di Strasburgo il previo coinvolgimento della Corte di Giustizia non
è condizionato alla circostanza che l'UE abbia lo status di litisconsorte passivo.
Sembrerebbe che, solo collegando il coinvolgimento della Corte di Giustizia al
meccanismo del co-respondent, sarebbe possibile un'accettazione a livello politico
del previo coivolgimento della Corte a livello generale.
L'altra questione di rilievo riguarda la partecipazione dell'Unione e degli
Stati membri al Comitato dei Ministri, il quale è competente a pronunciarsi
sull'adempimento delle parti contraenti ad eventuali decisioni della Corte di
Strasburgo. I rappresentanti dell'Unione e dei suoi 27 Stati membri potrebbero
votare in modo compatto nel Comitato (composto da 47 parti contraenti)
impedendo di fatto e sempre un voto negativo nei confronti dell'Unione. In
effetti, nel sistema dei trattati non vi è alcuna disposizione che imporrebbe agli
Stati membri l'obbligo di votare in modo omogeneo o secondo direttive predeterminate
a Bruxelles.
Dipenderà, dunque, dall'esito dei negoziati (che sono iniziati proprio nel
2010 e sono attualmente in corso) la scelta se l'Unione potrà stare in giudizio anche
da sola o se invece sarà prevista la partecipazione congiunta di Unione e Stato
membro (scelta quest'ultima più consona ogni qual volta sia difficile scindere preventivamente
eventuali responsabilità dell'una o degli altri). Non sembra invece
che l'Unione possa dirigere un ricorso contro uno Stato per violazione di uno o
più principi convenzionali, né che, viceversa, uno Stato possa agire contro l'Unione
dinanzi alla Corte europea, come previsto dall'art. 33 della Convenzione europea
in tema di ricorsi interstatali: tale eventualità costituirebbe una violazione,
nel primo caso, dell'art. 258 TFEU, nel secondo, degli artt. 263 o 265 TFEU8.
Inoltre l'Unione, al pari degli Stati membri, potrà disporre di un giudice, in seno
8 Article 258 (ex-article 226 TCE)
“Si la Commission estime qu'un État membre a manqué à une des obligations qui lui incombent
en vertu des traités, elle émet un avis motivé à ce sujet, après avoir mis cet État en mesure
de présenter ses observations.
Si l'État en cause ne se conforme pas à cet avis dans le délai déterminé par la Commission,
celle-ci peut saisir la Cour de justice de l'Union européenne.
C 115/160 FR Journal officiel de l'Union européenne 9.5.2008
- Article 263 (ex-article 230 TCE)
La Cour de justice de l'Union européenne contrôle la légalité des actes législatifs, des actes du
Conseil, de la Commission et de la Banque centrale européenne, autres que les recommandations
et les avis, et des actes du Parlement européen et du Conseil européen destinés à produire des effets
juridiques à l'égard des tiers. Elle contrôle aussi la légalité des actes des organes ou organismes de
l'Union destinés à produire des effets juridiques à l'égard des tiers.
À cet effet, la Cour est compétente pour se prononcer sur les recours pour incompétence,
violation des formes substantielles, violation des traités ou de toute règle de droit relative à leur
application, ou détournement de pouvoir, formés par un État membre, le Parlement européen, le
Conseil ou la Commission.
La Cour est compétente, dans les mêmes conditions, pour se prononcer sur les recours formés
par la Cour des comptes, par la Banque centrale européenne et par le Comité des régions qui tendent
à la sauvegarde des prérogatives de ceux-ci.
Toute personne physique ou morale peut former, dans les conditions prévues aux premier et
deuxième alinéas, un recours contre les actes dont elle est le destinataire ou qui la concernent directement
et individuellement, ainsi que contre les actes réglementaires qui la concernent directement
et qui ne comportent pas de mesures d'exécution.
Les actes créant les organes et organismes de l'Union peuvent prévoir des conditions et modalités
particulières concernant les recours formés par des personnes physiques ou morales contre des
actes de ces organes ou organismes destinés à produire des effets juridiques à leur égard.
C 115/162 FR Journal officiel de l'Union européenne 9.5.2008
15
alla Corte, che la rappresenti. L'adesione, in ogni caso, non modificherebbe la ripartizione
delle competenze tra l'Unione e gli Stati membri: l'art. 6 TUE precisa,
infatti, che tale adesione non accresce le competenze dell'Unione.
Gli scenari dell'adesione dell'Unione Europea alla Convenzione sono ancora
in progress. La Commissione europea ha adottato, a marzo 2010, un progetto di
raccomandazione nell'ambito della procedura che culminerà con una decisione del
Consiglio sull'apertura del suddetto negoziato di adesione. Nella raccomandazione
sono delineati i cinque principi da seguire per l'adesione:
1. neutralità verso i poteri dell'Unione: l'adesione non dovrà comportare per
le istituzioni e gli organi dell'Unione ulteriori poteri. Il Trattato impone alle istituzioni
di osservare le condizioni di adesione prescritte dal Protocollo n. 8, il quale
prevede, fra l'altro, che l'accordo di adesione, da un lato, debba “garantire che
siano preservate le caratteristiche specifiche dell'Unione e del diritto dell'Unione”
(art. 1) e, dall'altro, che esso non può incidere “sulle competenze dell'Unione né
sulle attribuzioni delle sue istituzioni” (art. 2)9. Ne deriva, in sostanza, un principio
di preservazione della specificità dell'Unione e del suo ordinamento, il che a
sua volta comporta che la competenza della CEDU non potrà riguardare i Trattati
dell'Unione ma solo il diritto comunitario derivato, rappresentato da quegli atti
Les recours prévus au présent article doivent être formés dans un délai de deux mois à compter,
suivant le cas, de la publication de l'acte, de sa notification au requérant ou, à défaut, du jour où
celui-ci en a eu connaissance.
- Article 265 (ex-article 232 TCE)
Dans le cas où, en violation des traités, le Parlement européen, le Conseil européen, le Conseil,
la Commission ou la Banque centrale européenne s'abstiennent de statuer, les États membres et les
autres institutions de l'Union peuvent saisir la Cour de justice de l'Union européenne en vue de faire
constater cette violation. Le présent article s'applique, dans les mêmes conditions, aux organes et
organismes de l'Union qui s'abstiennent de statuer.
Ce recours n'est recevable que si l'institution, l'organe ou l'organisme en cause a été préalablement
invité à agir. Si, à l'expiration d'un délai de deux mois à compter de cette invitation, l'institution,
l'organe ou l'organisme n'a pas pris position, le recours peut être formé dans un nouveau délai
de deux mois.
Toute personne physique ou morale peut saisir la Cour dans les conditions fixées aux alinéas
précédents pour faire grief à l'une des institutions, ou à l'un des organes ou organismes de l'Union
d'avoir manqué de lui adresser un acte autre qu'une recommandation ou un avis”.
9 PROTOCOL N.8 RELATING TO ARTICLE 6 (6) OF THE TREATY ON EUROPEAN
UNION ON THE ACCESSION OF THE UNION TO THE EUROPEAN CONVENTION
ON THE PROTECTION OF HUMAN RIGHTS AND FUNDAMENTAL FREEDOMS THE
HIGH CONTRACTING PARTIES, HAVE AGREED UPON the following provisions, which
shall be annexed to the Treaty on European Union and to the Treaty on the Functioning of the European
Union:
Article 1: The agreement relating to the accession of the Union to the European Convention
on the Protection of Human Rights and Fundamental Freedoms (hereinafter referred to as the “European
Convention”) provided for in Article 6(2) of the Treaty on European Union shall make provision
for preserving the specific characteristics of the Union and Union law, in particular with regard
to: (a) the specific arrangements for the Union's possible participation in the control bodies of the
European Convention; (b) the mechanisms necessary to ensure that proceedings by non-Member
States and individual applications are correctly addressed to Member States and/or the Union as
appropriate.
Article 2: The agreement referred to in Article 1 shall ensure that accession of the Union shall
not affect the competences of the Union or the powers of its institutions. It shall ensure that nothing
therein affects the situation of Member States in relation to the European Convention, in particular
in relation to the Protocols thereto, measures taken by Member States derogating from the European
Convention in accordance with Article 15 thereof and reservations to the European Convention
made by Member States in accordance with Article 57 thereof.
Article 3: Nothing in the agreement referred to in Article 1 shall affect Article 344 of the Treaty
on the Functioning of the European Union.
16
posti in essere dagli organi comunitari (Consiglio Europeo, Parlamento Europeo,
Commissione), attraverso specifici procedimenti deliberativi, nonché le decisioni
della Corte di Giustizia;
2. neutralità verso gli obblighi degli Stati membri: l'adesione non dovrà accrescere
tali obblighi come già risultano dalla sottoscrizione della Convenzione europea
e dei suoi Protocolli. In altri termini, tutti gli Stati membri hanno sottoscritto la
Convenzione e due dei protocolli aggiuntivi (n. 1 e n. 6), mentre non tutti hanno
sottoscritto gli altri protocolli (nn. 4, 6, 7, 12, 13): l'adesione dell'Unione non
comporterà per questi ultimi la conseguenza di essere legati a tali ultimi protocolli
non sottoscritti, né peraltro significherà rinuncia implicita alle riserve formulate né
alla possibilità di avvalersi del potere di deroga in caso d'urgenza previsto dall'art. 15
della Convenzione;
3. interpretazione autonoma del diritto dell'Unione: gli organi del Consiglio
d'Europa, innanzitutto la Corte europea ed il Comitato dei Ministri, non dovranno,
neppure implicitamente od incidentalmente, interpretare il diritto dell'Unione e, in
particolare, le regole riguardanti i poteri delle istituzioni ed organi nonché i contenuti
degli obblighi degli Stati membri, discendenti dal diritto dell'Unione: è il principio
della primazia della Corte di Giustizia quale unico interprete del diritto dell'Unione;
4. pari opportunità per l'UE di partecipare, nella stessa misura degli Stati
membri, alla Corte ed agli altri organismi del Consiglio d'Europa (in particolare,
Assemblea Parlamentare e Comitato dei Ministri): rappresentanza per l'Unione,
dunque, negli organi e nelle attività del C.d. E. al pari degli Stati;
5. mantenimento del sistema della Corte di Strasburgo: tale sistema, sotto il
profilo sostanziale e procedurale, non dovrà subire modifiche, rispetto alla situazione
attuale, a causa dell'adesione.
Malgrado non siano mancati coloro che hanno evocato i rischi di un'adesione
incondizionata, la Commissione ha, fin dall'inizio, scelto di minimizzare i rischi
prospettati, sostenendo, fra l'altro, che il controllo esterno della CEDU sull'Unione,
in materia di rispetto dei diritti fondamentali, costituisce un obiettivo politico
ed altamente simbolico che l'Unione deve assolutamente perseguire. L'analisi della
giurisprudenza delle due Corti evidenzia un diverso approccio a problematiche analoghe,
nonché il ricorso, talvolta, a parametri normativi differenti. Tale situazione
potrebbe generare contrasti di giurisprudenza tra le due Corti, e, quindi, creare
condizioni favorevoli per alimentare ricorsi a Strasburgo contro decisioni ed orientamenti
relativi a questioni comunitarie, anche rilevanti.
Il problema principale dell'adesione dell'Unione alla Convenzione è, dunque,
la difficoltà di conciliare il controllo della Corte di Strasburgo con il ruolo fondamentale
che i Trattati attribuiscono alla Corte del Lussemburgo.
Un'adesione incondizionata potrebbe anche portare ad uno scenario del genere:
A) premesso che l'ordinamento comunitario prevede la non retroattività delle
sentenze della Corte di Giustizia che abbiano concluso per l'incompatibilità di
norme statali con obblighi comunitari, qualora l'effetto retroattivo sia destinato a
produrre gravi conseguenze economiche e sociali per le imprese interessate (sentenza
Defrenne) o per gli interessi economico-finanziari degli Stati membri (sentenza
Stradasfalti), compresi quelli fiscali, per la Corte di Strasburgo, viceversa, la considerazione
degli interessi finanziari di un governo non riveste alcuna importanza, in
quanto non costituisce mai ragione sufficiente per privare gli individui della protezione
che offre la Convenzione. Se, tuttavia, il controllo della Corte non potrà
che concernere gli atti secondari dell'Unione, e non anche invece i trattati e la loro
interpretazione, la giurisprudenza della Corte del Lussemburgo sull'irretroattività
delle loro sentenze potrebbe uscire dalla competenza dei giudici di Strasburgo;
17
B) nell'Unione vi sono diritti soggettivi non sempre garantiti da efficaci strumenti
di tutela giurisdizionale, il che potrebbe ingenerare una violazione dell'art.
6 della CEDU (diritto ad un ricorso giurisdizionale per far valere un diritto previsto
dall'ordinamento interno). Si pensi, a titolo esemplificativo, alla giurisprudenza
comunitaria che pone limiti all'esercizio di alcuni diritti individuali in materia di
politica commerciale: in particolare, i diritti degli importatori di merci, derivanti
dall'adesione all'Organizzazione mondiale del Commercio, sono privi di protezione
giurisdizionale in ambito UE, in quanto una consolidata giurisprudenza della Corte
di Giustizia priva gli operatori commerciali del diritto di agire in giudizio, a causa
dell'assenza di una norma esplicita dell'Unione di adattamento agli obblighi internazionali,
assunti dall'Unione stessa per effetto dell'adesione all'Organizzazione
Mondiale del Commercio;
C) in alcuni ambiti, inoltre, le garanzie procedurali non sembrano all'altezza degli
standard previsti dall'art. 6 della Convenzione: la politica sulla concorrenza seguita
dalla Commissione, ad esempio, ha suscitato le perplessità delle grandi imprese, per
cui non è da escludere che, in futuro, le stesse possano impugnare dinanzi alla Corte
europea la normativa UE, in materia di intese, posizioni dominanti e fusioni, a loro
parere giudicata incompatibile con le necessarie garanzie procedurali (tali problemi
sono stati evocati nel caso Cooperatieve Producentenorganisatie Van De Nederlandse c.
Olanda terminato con decisione della Corte europea del 20 gennaio 2009 di irricevibilità
per manifesta infondatezza). Anche la perdurante crisi del Tribunale di primo
grado e la lunghezza del relativo processo sono tali da prospettare qualche rischio in
relazione al principio della durata ragionevole del processo ai sensi dell'art. 6 CEDU;
D) è dubbio che possa valere anche per l'Unione il principio di sussidiarietà
(art. 35 §1 CEDU: obbligo del previo esaurimento delle vie di ricorso interne),
previsto per tutti gli Stati aderenti. Una risposta negativa significherebbe impedire
alla Corte di Giustizia del Lussemburgo di svolgere il suo ruolo di garante dell'uniformità
e omogeneità dell'interpretazione ed applicazione del diritto dell'Unione10;
E) sono dubbie le conseguenze dell'adesione dell'Unione per ciò che riguarda
gli atti PESC/PESD (politica estera e di sicurezza nonché di difesa) non rientranti
nella competenza della Corte di Giustizia del Lussemburgo. Specialmente alla
luce della recente sentenza della Corte di Strasburgo nel caso Medvedyev c. Francia
(Grande Camera, 29 marzo 2010)11, si pensi, per esempio, alle eventuali implica-
10 Articolo 19 TUE:
“1. La Corte di Giustizia dell'Unione europea comprende la Corte di Giustizia, il tribunale e i
tribunali specializzati. Assicura il rispetto del diritto nell'interpretazione e nell'applicazione dei trattati”.
11 Si riporta di seguito il resoconto dei fatti principali tratto dal comunicato stampa sulla
sentenza emesso dalla Corte:
Les neuf requérants sont : Oleksandr Medvedyev et Borys Bilenikin, ressortissants ukrainiens ; Nicolae
Balaban, Puiu Dodica, Nicu Stelian Manolache et Viorel Petcu, ressortissants roumains ; Georgios
Boreas, ressortissant grec ; et Sergio Cabrera Leon et Guillermo Luis Eduar Sage Martinez, ressortissants
chiliens. Ils faisaient partie de l'équipage d'un cargo dénommé le Winner. Immatriculé au Cambodge, le
Winner fit l'objet en juin 2002 d'une demande d'interception de la part de la France, ce navire étant
soupçonné de transporter des quantités importantes de drogue vouées à être distribuées sur les côtes européennes.
Par une note verbale du 7 juin 2002, le Cambodge donna son accord à l'intervention des autorités
françaises. Sur ordre du préfet maritime et à la demande du procureur de la République de Brest, un
remorqueur fut dépêché de Brest pour prendre en charge le navire et le dérouter vers ce port français. Suite
à l'interception du Winner par la Marine française au large des îles du Cap Vert, l'équipage fut consigné
dans les cabines du cargo et maintenu sous la garde des militaires français. A leur arrivée à Brest le 26
juin 2002, soit treize jours plus tard, les requérants furent placés en garde à vue, avant d'être présentés le
jour même à des juges d'instruction. Les 28 et 29 juin, ils furent mis en examen et placés sous mandant de
dépôt. A l'issue de la procédure pénale diligentée contre eux, trois des requérants furent déclarés coupables
de tentative d'importation non autorisée de stupéfiants commise en bande organisée et condamnés à des
peines allant de trois à vingt ans d'emprisonnement. Six furent acquittés.
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zioni discendenti dalla cd. ”operazione Atalanta”, la prima operazione navale nella
storia dell'Unione Europea, diretta a sgominare il brigantaggio marittimo al largo
delle coste somale e nel Golfo di Aden.
All'esito dei negoziati, l'accordo di adesione dovrà essere concluso all'unanimità
dal Consiglio Europeo, approvato dal Parlamento Europeo e successivamente da
tutti i Parlamenti nazionali secondo le rispettive procedure. In esito, resta da acquisire
il parere della Corte di Giustizia sulla compatibilità del progetto con i trattati e,
in caso di risposta negativa, l'accordo non potrebbe, in ogni caso, entrare in vigore.
3. L'entrata in vigore del Protocollo n. 14, la Conferenza di Interlaken
sul futuro della Corte europea ed i seguiti di Interlaken.
Nel 2010, unitamente alle prime applicazioni del Protocollo n. 14, hanno
avuto luogo significative iniziative politiche dirette alla riforma della Corte europea,
segnatamente dirette a precisare il ruolo che essa dovrebbe ricoprire nel prossimo
futuro.
Il 17 e 18 febbraio 2010, nel semestre di presidenza svizzera del Comitato dei
Ministri del Consiglio d'Europa, si è tenuta ad Interlaken una conferenza politica
sul futuro della Corte europea dei diritti dell'uomo, alla quale hanno preso parte i
governi europei rappresentati ad un elevato livello politico.
Le origini della conferenza partono dalla constatazione che la Corte europea non
riesce più a svolgere il ruolo che intesero assegnarle gli ideatori e primi sottoscrittori
della Convenzione di salvaguardia dei diritti umani. L'arretrato attuale della Corte
è di circa 139.000 ricorsi ed il numero aumenta ogni mese di ulteriori 1.500 ricorsi
circa. I ricorsi, in maggioranza, sono archiviati al primo esame, in quanto manifestamente
irricevibili per ragioni procedurali od in quanto manifestamente infondati
nel 93% circa del totale. Tale tasso di irricevibilità manifesta è rimasto, più o meno,
invariato negli anni. Ciò che è invece cambiato considerevolmente è il numero dei
ricorsi pervenuti alla Corte: per avere un'idea del cambiamento, basti pensare che nel
1998 (anno di entrata in vigore del Protocollo n. 11 che, abolendo la Commissione,
giurisdizionalizzò il sistema) vennero introdotti circa 6.000 ricorsi, mentre nel 2008
i ricorsi presentati furono quasi 50.000. In dieci anni, dunque, il numero di ricorsi
introdotti annualmente è aumentato di circa 10 volte. L'effetto è stato attribuito in
gran parte all'ingresso nel Consiglio d'Europa dei paesi dell'est europeo, a partire dalla
fine degli anni '90.
Queste invece le conclusioni della Corte :
PAR CES MOTIFS, LA COUR,
1. Dit, à l'unanimité, que les requérants relevaient de la juridiction de la France au sens de l'article
1 de la Convention ;
2. Dit, à l'unanimité, que le Gouvernement est forclos à soulever une exception préliminaire d'incompatibilité
de la requête et que l'article 5 § 1 trouve à s'appliquer en l'espèce ;
3. Dit, par dix voix contre sept, qu'il y a eu violation de l'article 5 § 1 de la Convention ;
4. Dit, par neuf voix contre huit, qu'il n'y a pas eu violation de l'article 5 § 3 de la Convention ;
5. Dit, par treize voix contre quatre,
a) que l'Etat défendeur doit verser aux requérants, dans les trois mois, les sommes suivantes :
i. 5 000 EUR (cinq mille euros) à chacun des requérants, plus tout montant pouvant être dû à titre
d'impôt, pour dommage moral ;
ii. 10 000 EUR (dix mille euros) conjointement aux requérants, plus tout montant pouvant être dû
à titre d'impôt par les requérants, pour frais et dépens ;
b) qu'à compter de l'expiration dudit délai et jusqu'au versement, ces montants seront à majorer
d'un intérêt simple à un taux égal à celui de la facilité de prêt marginal de la Banque centrale européenne
applicable pendant cette période, augmenté de trois points de pourcentage ;
6. Rejette, à l'unanimité, la demande de satisfaction équitable pour le surplus.
19
Tolto il 93% dei ricorsi, immediatamente radiato dal ruolo per manifesta irricevibilità,
il restante 7% circa di ricorsi non manifestamente irricevibili, che vengono comunicati
ai governi perché si difendano in relazione alle doglianze del ricorrente, nella
maggior parte dei casi, sono ripetitivi/seriali. La crisi della Corte è, quindi, anche l'effetto
delle disfunzioni del sistema di controllo affidato al Comitato dei Ministri che, non essendo
in grado di risolvere i problemi strutturali presenti negli ordinamenti degli Stati,
sovente evidenziati dalla Corte con il meccanismo degli “arrêts pilots”12, consente il proliferare
dei ricorsi ripetitivi e, conseguentemente, l'intasamento dei ruoli della Corte.
Ecco, dunque, perché un progetto sul futuro della Corte sembra strettamente connesso
a quello sul futuro del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa.
In ragione di tale situazione di crisi, da lungo tempo ormai si susseguono gruppi
di studio e commissioni insediate con lo scopo di proporre soluzioni che rilancino
il sistema. I risultati finora ottenuti sono stati modesti: accanto a qualche aggiustamento
riguardante le procedure e l'organizzazione interna della Corte (attuati su
iniziativa della Corte stessa, con l'effetto di un leggero aumento della produzione
quantitativa), si era giunti, nel 2004, alla firma del Protocollo n. 14. Oltre disposizioni
di minore interesse13, il Protocollo n. 14 contiene tre innovazioni rilevanti
in materia di trattazione dei ricorsi da parte della Corte14 e due riguardanti invece la
fase successiva dell'esecuzione dinanzi al Comitato dei Ministri15.
Il Protocollo, seppur firmato nel 2004, è entrato in vigore solo nel giugno del
2010, in quanto soltanto nel corso di tale anno la Russia ha proceduto a ratificarlo,
poco prima della Conferenza di Interlaken. In ogni modo, poiché un certo scetticismo
ha, da sempre, circondato il Protocollo n. 14 e la sua reale utilità a risolvere i problemi
in cui si dibatte la Corte16, la Conferenza di Interlaken si è proposta un'analisi sul
futuro della Corte, prescindendo dalle eventuali implicazioni del Protocollo n. 14.
12 Gli “arrêts pilots” sono quelle sentenze dove la Corte, evidenziando un problema strutturale
nell'ordinamento dello Stato condannato, che ha dato luogo alla violazione constatata e che rischia
di produrre numerose altre violazioni analoghe, indica la misura generale da adottare (come nel caso
Broniowki c. Polonia del 22.6.04 dove si raccomanda l'adozione di una legge generale con efficacia retroattiva
per evitare il riproporsi di futuri casi analoghi dinanzi alla Corte Europea). Tale giurisprudenza
risulta formatasi all'indomani della Risoluzione n. 3 del 2004 del Comitato dei Ministri del C.d.E.,
con la quale si è invitata la Corte Europea: A) a cercare di identificare, ove possibile, nelle sentenze di
constatazione di violazioni, l'eventuale esistenza di un problema strutturale sottogiacente nonché la
radice di tale problema, in particolare allorquando lo stesso appare suscettibile di dare causa a numerosi
ricorsi futuri (ciò nell'ottica di aiutare gli Stati a trovare la soluzione più appropriata ed il Comitato
dei Ministri a sorvegliare l'esecuzione delle sentenze); B) a segnalare tutte le sentenze da cui emerge un
problema strutturale sottogiacente nonché la fonte di tale problema, non solo allo Stato condannato
ed al Comitato dei Ministri ma anche ad altri organi del C.d.E. (Assemblea parlamentare, Segretario
Generale, Commissario ai diritti umani) nonché a diffondere opportunamente tali sentenze.
13 Quali il fatto che il mandato dei giudici diventa di nove anni non rinnovabile.
14 A) I ricorsi individuali manifestamente infondati od altrimenti inammissibili sono affidati
alla decisione di un giudice unico, il quale sostituisce in questo compito l'attuale comitato di tre
giudici; B) un comitato di tre giudici si pronuncia sui ricorsi ripetitivi in luogo dell'attuale sezione
di sette giudici; C) è introdotta una nuova causa di inammissibilità del ricorso; quest'ultimo, cioè,
seppur fondato, è dichiarato irricevibile allorquando il ricorrente non abbia subito alcun pregiudizio
importante, la sua causa sia stata debitamente trattata dal tribunale nazionale e non residui alcun
problema rilevante di protezione dei diritti umani.
15 A) Il Comitato dei Ministri, a maggioranza dei due terzi, può avviare un'azione giudiziaria
dinanzi alla Corte in caso di inottemperanza agli obblighi della sentenza da parte dello Stato; B) il
Comitato dei Ministri può, a maggioranza semplice, chiedere alla Corte l'interpretazione di una
sentenza ove ciò possa servire per il suo compito di supervisione riguardante l'esecuzione della stessa.
16 Anche nel corso del vertice di Varsavia del 2005 si decise di creare una Commissione di Saggi
con l'incarico di elaborare uno studio per la riforma della Corte, con la significativa precisazione
che le conclusioni da adottare dovevano andare al di là delle innovazioni introdotte dal Protocollo
n. 14 e non ancora entrate in vigore.
20
Quanto alle prime applicazioni del Protocollo n. 14, va chiarito che il giudice
unico ed il comitato di tre giudici in esso previsti non potranno, per i prossimi
due anni, dichiarare l'inammissibilità del ricorso in base al riconoscimento del
nuovo requisito del danno lieve (art. 35 n. 3 lett. b), provocato dalla presunta
violazione, perché bisogna attendere che si formi una giurisprudenza sul punto
da parte delle sezioni. Ciò nonostante, i primi dati sul funzionamento del giudice
unico e sul comitato di tre giudici mostrano che tali due nuove figure, create proprio
dal Protocollo n. 14, stanno efficacemente contribuendo a smaltire il pesante
arretrato della Corte, anche se dati più attendibili, sui risultati dell'applicazione
del protocollo, potranno essere disponibili solo tra un paio d'anni, allorquando
cioè la nuova condizione di irricevibilità, su cui sono riposte molte aspettative di
snellimento del sistema, potrà essere applicata anche da giudice unico e comitato
di tre giudici.
La Conferenza di Interlaken si è conclusa con una dichiarazione politica approvata
per acclamazione, che è una vera e propria “road map” sul futuro della
Corte, un piano d'azione semplificato, che spetta al Comitato dei Ministri del Consiglio
d'Europa mettere in pratica, stabilendo le procedure da seguire e le strategie
concrete per raggiungere gli obiettivi prefissati. Il testo della dichiarazione appare
strutturato: a) su una parte iniziale dedicata alla solenne affermazione di una serie
di impegni da parte degli Stati; b) su una parte più estesa concernente il piano
d'azione; quest'ultimo, a sua volta, è suddiviso in vari paragrafi sul diritto di ricorso
individuale, sull'esecuzione della Convenzione a livello nazionale, sul meccanismo
di filtraggio dei ricorsi, sui ricorsi ripetitivi, sulla Corte, sull'esecuzione delle sentenze
e sulle procedure di modifica della Convenzione; c) su una parte finale dedicata
alla messa in opera del piano d'azione ed alle scadenze che ci si prefigge17.
17 High Level Conference on the Future of the European Court of Human Rights. Interlaken
Declaration 19. February 2010
The High Level Conference meeting at Interlaken on 18 and 19 February 2010 at the initiative of
the Swiss Chairmanship of the Committee of Ministers of the Council of Europe (“the Conference”):
PP 1 Expressing the strong commitment of the States Parties to the Convention for the Protection
of Human Rights and Fundamental Freedoms (“the Convention”) and the European Court of
Human Rights (“the Court”);
PP 2 Recognising the extraordinary contribution of the Court to the protection of human
rights in Europe;
PP 3 Recalling the interdependence between the supervisory mechanism of the Convention and
the other activities of the Council of Europe in the field of human rights, the rule of law and democracy;
PP 4 Welcoming the entry into force of Protocol No. 14 to the Convention on 1 June 2010;
PP 5 Noting with satisfaction the entry into force of the Treaty of Lisbon, which provides for
the accession of the European Union to the Convention;
PP 6 Stressing the subsidiary nature of the supervisory mechanism established by the Convention
and notably the fundamental role which national authorities, i.e. governments, courts and
parliaments, must play in guaranteeing and protecting human rights at the national level;
PP 7 Noting with deep concern that the number of applications brought before the Court and
the deficit between applications introduced and applications disposed of continues to grow;
PP 8 Considering that this situation causes damage to the effectiveness and credibility of the
Convention and its supervisory mechanism and represents a threat to the quality and the consistency
of the case-law and the authority of the Court;
PP 9 Convinced that over and above the improvements already carried out or envisaged additional
measures are indispensable and urgently required in order to:
i. achieve a balance between the number of judgments and decisions delivered by the Court
and the number of incoming applications;
ii. enable the Court to reduce the backlog of cases and to adjudicate new cases within a reasonable
time, particularly those concerning serious violations of human rights; 2
iii. ensure the full and rapid execution of judgments of the Court and the effectiveness of its
supervision by the Committee of Ministers;
21
PP 10 Considering that the present Declaration seeks to establish a roadmap for the reform
process towards long-term effectiveness of the Convention system;
The Conference
(1) Reaffirms the commitment of the States Parties to the Convention to the right of individual
petition;
(2) Reiterates the obligation of the States Parties to ensure that the rights and freedoms set
forth in the Convention are fully secured at the national level and calls for a strengthening of the
principle of subsidiarity;
(3) Stresses that this principle implies a shared responsibility between the States Parties and
the Court;
(4) Stresses the importance of ensuring the clarity and consistency of the Court's case-law and
calls, in particular, for a uniform and rigorous application of the criteria concerning admissibility
and the Court's jurisdiction;
(5) Invites the Court to make maximum use of the procedural tools and the resources at its disposal;
(6) Stresses the need for effective measures to reduce the number of clearly inadmissible applications,
the need for effective filtering of these applications and the need to find solutions for dealing
with repetitive applications;
(7) Stresses that full, effective and rapid execution of the final judgments of the Court is indispensable;
(8) Reaffirms the need for maintaining the independence of the judges and preserving the
impartiality and quality of the Court;
(9) Calls for enhancing the efficiency of the system to supervise the execution of the Court's
judgments;
(10) Stresses the need to simplify the procedure for amending Convention provisions of an
organisational nature;
(11) Adopts the following Action Plan as an instrument to provide political guidance for the
process towards long-term effectiveness of the Convention system.
Action Plan
A. Right of individual petition
1. The Conference reaffirms the fundamental importance of the right of individual petition as
a cornerstone of the Convention system which guarantees that alleged violations that have not been
effectively dealt with by national authorities can be brought before the Court.
2. With regard to the high number of inadmissible applications, the Conference invites the
Committee of Ministers to consider measures that would enable the Court to concentrate on its
essential role of guarantor of human rights and to adjudicate well-founded cases with the necessary
speed, in particular those alleging serious viol
Avv. Antonino Sugamele

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