Se l'assegno è cointestato la banca paga male se liquida solo uno dei cointestatari e ne risponde verso l'altro.Corte di Cassazione Sez. Sesta Civ. - Ord. del 07.07.2011, n. 15069
La banca paga un assegno cointestato a uno solo dei contestatari - Risarcisce i danni all'altro
Corte di Cassazione Sez. Sesta Civ. - Ord. del 07.07.2011, n. 15069
Il relatore designato a norma dell'art. 377 c.p.c. ha depositato una relazione del seguente tenore:
“1. Con sentenza depositata il 16 luglio 2009 la Corte d'appello di Roma, riformando una precedente decisione del tribunale della stessa città, ha rigettato la domanda con la quale la sig.ra A. S. aveva chiesto la condanna in proprio favore della Banca (…) T (già Banca …) al risarcimento del danno per avere accreditato al solo sig. A. M., marito dell'attrice, l'importo di €. 47.912.500, portato da un assegno circolare non trasferibile, cointestato ad entrambi i coniugi, emesso per consentire loro la fruizione di un mutuo.
La decisione si è essenzialmente basata sul rilievo che, pur sussistendo la responsabilità della banca per l'irregolare pagamento dell'assegno, difettava la prova del danno lamentato dall'attrice, la quale non aveva dimostrato che il marito non avesse riversato a beneficio della famiglia l'importo del mutuo riscosso mediante l'incasso del suddetto assegno e di aver dovuto perciò sopportare col proprio patrimonio l'onere della restituzione di detto mutuo. La sig.ra S. ha impugnato tale sentenza per cassazione.
La (…) ha resistito con controricorso.
Il sig. M., nei cui confronti la banca convenuta aveva proposto domanda subordinata di manleva e che era rimasto contumace nel giudizio di merito, non ha svolto difese neppure in questa sede.
2. Il ricorso è suscettibile di essere trattato in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375, 376 e 380-bis c.p.c., potendosene ipotizzare la manifesta fondatezza. L'unico motivo di doglianza formulato dalla ricorrente contiene argomenti non tutti pertinenti e decisivi al fine dell'accoglimento del ricorso, che non per questo sembra tuttavia potersi dire inammissibile - come eccepito da parte controricorente - essendo comunque possibile enucleare al suo interno una censura ben precisa, specificamente riferita ad un principio di diritto sotteso alla decisione impugnata, da questa direttamente ricavabile e criticato dalla ricorrente; censura in ordine alla quale non è perciò neppure postulabile un difetto di autosufficienza.
La censura cui s'è fatto cenno si riassume nell' affermazione secondo la quale, nel rigettare la domanda dell'attrice per non avere essa dimostrato che la somma portata dall'assegno ed incassata da un soggetto non da solo legittimato, la Corte territoriale ha violato i principi in tema di
ripartizione dell‘onere della prova. Più in particolare, posto che il secondo comma dell'art. 1188 c.c. consente la liberazione del debitore che paghi a soggetto non legittimato solo a condizione che il creditore (salvo eventuale sua ratifica) abbia comunque profittato di tale pagamento, la ricorrente osserva che la prova di tale approfittamento ad opera del creditore è però sempre a carico del debitore cui sia imputabile di aver pagato male, mentre nel caso in esame la corte territoriale ha erroneamente onerato lei di una siffatta prova rigettando la sua domanda perché non era dimostrato che la somma incassata dal marito non fosse stata da quest'ultimo adoperata anche a beneficio della moglie.
La doglianza potrebbe risultare fondata.
Se si muove dall'accertamento che l'assegno bancario è stato pagato male, almeno in parte, e che ciò ha consentito ad uno solo degli aventi diritto di riscuotere la somma destinata anche all'altro, nessun ulteriore onere di prova sembra possa essere addossato al beneficiario (o giratario) pretermesso, il cui danno consiste nel fatto stesso di essersi visto privato della parte di incasso di sua spettanza. E' ben possibile che colui il quale ha riscosso l'intera somma abbia poi disposto anche a favore dell'altro intestatario del titolo, in tal modo neutralizzando gli effetti dell‘irregolare pagamento; ma di questa ulteriore evenienza è chi la deduce a dover dare la prova, nulla consentendo invece di addossarne l'onere, in negativo, a chi agisce per il risarcimento del danno derivato dall'essersi visto privato del diritto di beneficiare direttamente, pro quota, dell'incasso in conformità alla regola di circolazione del titolo. Ed è proprio questo, evidentemente, il principio ispiratore sotteso alla giurisprudenza citata nel ricorso in tema di onere della prova delle circostanze liberatorie ipotizzate dal secondo comma del citato art. 1188.
Ove tali rilievi siano condivisi, il ricorso dovrebbe essere accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa ad altro giudice.”
La corte condivide tali considerazioni, che non appaiono idoneamente scalfite dai rilievi formulati nella memoria successivamente depositata dalla controricorrente, la quale insiste nel sostenere l'inammissibilità o, comunque, l'infondatezza del ricorso. In realtà, nessun rilevante argomento nuovo è dedotto in tale memoria quanto all'assenta inammissibilità del ricorso, onde non resta a questo riguardo che richiamare le osservazioni espresse nella riportata relazione. L'infondatezza del medesimo ricorso è ancora sostenuta, invece, con l'argomento che sarebbe mancata la prova del danno subito dalla sig.ra S. sulla quale soltanto gravava l'onere di fornire siffatta prova. Ma tale rilievo non tiene conto del fatto che nei termini dell'accertamento svolto in sede di merito e come già sottolineato nella relazione sopra riportata, in una fattispecie come quella in esame il danno s'identifica con il fatto stesso che alla ricorrente è stata sottratta la disponibilità, pro quota, dell'importo di denaro recato dall'assegno circolare non trasferibile ci cui anche lei era beneficiaria. Ragion per cui nessun altro onere di prova gravava al riguardo sulla predetta sig.ra S. e toccherebbe alla controparte dimostrare che, per fatti sopravvenuti (quale l'utilizzo della somma indebitamente incassata solo dal marito a beneficio della famiglia) quel danno è successivamente stato eliso.
Ne consegue l'accoglimento del ricorso, con cassazione dell'impugnata sentenza e rinvio della causa alla Corte d'appello di Roma (in diversa composizione), cui si demanda di provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La corte accoglie il ricorso, cassa l'impugnata sentenza e rinvia la causa alla Corte d'appello di Roma, in diversa composizione, cui si demanda di provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità
Depositata in Cancelleria il 07.07.2011
14-07-2011 00:00
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