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Sentenza

Recesso dal contratto di sub trasporto. Risarcimento del danno....
Recesso dal contratto di sub trasporto. Risarcimento del danno.
Corte di Cassazione Sez. Terza Civ. - Sent. del 02.03.2012, n. 3245

Presidente Segreto - Relatore Giacalone

In fatto e in diritto

1 S.P. , titolare di ditta di autotrasporti, impugna per cassazione, sulla base di due motivi, la sentenza della Corte di Appello di Trento, Sezione di Bolzano, depositata il 25 gennaio 2010 e notificata il successivo 2 febbraio, che ha confermato quella di primo grado, la quale aveva rigettato la domanda di risarcimento del danno per immotivato recesso dal contratto di sub trasporto dal predetto proposta nei confronti della controparte la S.r.l. Con. Fid., con cui aveva concluso il predetto contratto per la consegna di merci e materiale di posta celere (appaltato con Poste Italiane). Secondo la Corte territoriale, la società convenuta aveva provato lo scioglimento del rapporto per mutuo dissenso, che ben poteva essere anche verbale, operando il principio della libertà della forma, nonostante fosse prevista convenzionalmente la forma scritta per il recesso ed il contratto fosse stato concluso per iscritto.
2.1. Il primo motivo denunzia violazione dell'art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. per avere la Corte territoriale illegittimamente ed erroneamente escluso la necessità della forma scritta anche la manifestazione ad opera delle parti del loro mutuo dissenso in ordine alla prosecuzione del contratto di sub trasporto e relativo vizio motivazionale, essendosi la Corte limitata a fare proprie le motivazioni del Tribunale sul punto, omettendo ogni considerazione sulle precise considerazioni di diritto poste dalla odierna ricorrente.
2.1.1. Il motivo è infondato. La Corte territoriale ha correttamente premesso che, per la conclusione del contratto in lite, non era necessaria l'adozione della forma scritta ad substantiam, dovendosi ribadire che, in materia di contratto di trasporto di cose per conto terzi, pur dopo l'intervenuta abrogazione della norma interpretativa contenuta nell'art. 3 del d.l. 3 luglio 2001, n. 256 (convertito in legge 20 agosto 2001, n. 334) ad opera dell'art. 3 della legge� n. 32/2005, , deve ritenersi esclusa la nullità dei contratti di trasporto conclusi in forma orale, in quanto la nullità - prevista dall'art. 26 della legge n. 298 del 1974 per il caso di contratto concluso con un autotrasportatore non iscritto all'albo e privo della prevista autorizzazione, e non più, a seguito della pronuncia della Corte costituzionale n. 7 del 2005, in caso di mancata annotazione sulla copia del contratto stesso dei dati relativi all'iscrizione all'albo e dell'autorizzazione al trasporto di cose per conto terzi, possedute dal vettore - interviene soltanto qualora le parti, per la stipula del suddetto contratto, abbiano scelto la forma scritta (Cass. civ., Sez. lavoro, 19/12/2005 n. 27926; 2/09/2004 n. 17778). Sulla base di tale premessa, ha correttamente desunto la piena operatività nella specie del principio di libertà della forma, dovendosi ribadire che, data la sostanziale diversità tra il recesso e la risoluzione consensuale del contratto, la prescrizione dell'uso della forma scritta, pattuita per l'esercizio del recesso dal rapporto di agenzia, non è estensibile - in mancanza di un'espressa previsione contrattuale - all'ipotesi di risoluzione per mutuo consenso, che può quindi desumersi anche implicitamente dal comportamento delle parti che concordemente cessino di dare ulteriore corso alle prestazioni reciproche (Cass. n. 15959 del 16/08/2004).
2.1.2. Invero, atteso il principio della libertà della forma, il contratto risolutorio non deve necessariamente risultare da un accordo esplicito dei contraenti diretto a sciogliere il contratto, ma può risultare anche dalla volontà di non dare ulteriore corso ad esso, liberandosi dalle rispettive obbligazioni, emergente da fatti univoci posti in essere successivamente alla sua stipula e contrastanti con la volontà di mantenerlo in vita (Cass. 24.3.2001, n. 4307; Cass. 15.6.2001, n. 8106). È, al contrario, necessaria la forma scritta ad substantiam, ove essa sia richiesta per il contratto da risolvere (Cass. 27.11.2006 n. 25126; 14.10.2002, n. 14524; Cass. 19.10.1998, n. 10328); in tale caso si deve ritenere soddisfatto il requisito formale solo in presenza di un documento che contenga in modo diretto la dichiarazione della volontà negoziale e sia redatto al fine specifico di manifestarla (Cass. 15.6.1993, n. 6656). La forma scritta può anche essere convenzionalmente stabilita dalle parti; in questo caso è, tuttavia indispensabile che il patto che la stabilisce si riferisca in modo specifico allo scioglimento del contratto. Pertanto, la scelta di una forma, che non sia imposta dalla legge o da una previa pattuizione delle parti per la stipula del contratto, non vale per gli accordi risolutori, per i quali riprende vigore il principio della libertà della forma (Cass. 6.04.2009 n. 8234; 7.3.1992, n. 2772). Lo stesso dicasi per l'ipotesi in cui l'accordo fra i contraenti si limiti a prevedere che ogni modifica contrattuale debba avvenire per iscritto, essendo necessario che le parti convengano espressamente che il mutuo dissenso è valido solo se risulta da atto scritto (Cass. 24.6.1997, n. 5639).
2.2. Il secondo motivo lamenta vizio motivazionale sugli elementi probatori emersi in corso della causa circa l'esistenza del mutuo dissenso delle parti.
2.2.1. La censura è infondata. Infatti, la risoluzione per mutuo consenso di un contratto, atteso il principio della libertà di forme, non deve necessariamente risultare da un accordo esplicito dei contraenti diretto a sciogliere il contratto, ma può risultare anche da un comportamento tacito concludente, a meno che per il contratto da risolvere non sia richiesta la forma scritta ad substantiam. L'apprezzamento del giudice di merito circa l'idoneità dei comportamenti delle parti ad integrare detta manifestazione tacita della volontà di sciogliere il contratto, subendo gli effetti relativi, è sindacabile in sede di legittimità solo nei limiti di cui all'art. 360 n. 5 cod. proc. civ. (Cass. n. 15264 del 04/07/2006). Nella specie, la corte di merito ha ritenuto che le parti hanno concluso il contratto risolutorio per facta concludentia, in quanto i fatti ed i comportamenti delle stesse erano dotati di significato univoco in tale senso. L'affermazione è il risultato di un apprezzamento di fatto congruamente e correttamente motivato, al quale è stato inammissibilmente contrapposto, anche in questa sede, un diverso apprezzamento.
2.3. Il terzo motivo denunzia violazione dell'art. 360 n. 5 perché la Corte territoriale, rigettati i primi due motivi di appello, riflettenti le censure trattate anche nei corrispondenti motivi di ricorso per cassazione, aveva erroneamente ritenuto di non esprimersi sulla quantificazione dei danni richiesti dal P.
2.3.1 Il motivo non coglie nel segno. Esso non può considerarsi riferibile alla sentenza impugnata, in quanto la stessa non si è pronunziata sul punto, non essendo necessario decidere sul quantum, una volta che era stata correttamente escluso l'an. Come noto, l'art. 366 n. 4 cod. proc. civ. prescrive al ricorrente per cassazione di esporre motivi specifici, completi e riferibili alla decisione impugnata, affinché il ricorso consenta l'immediata individuazione delle questioni da risolvere (Cass. n. 5333/2003; 6703796; 5133/94). E la proposizione, con il ricorso per cassazione, di censure prive di specifica attinenza al decisum della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall'art. 366 numero 4 cod. proc. civ., con conseguente inammissibilità del motivo di ricorso, rilevabile anche d'ufficio (Cass. n. 7375/2010; 21490 e 7264/2005; 12380 e 3612/2004; 1592/2003; 7041/2001; 9995/1998; 10695/1995). 4. Ne deriva il rigetto del ricorso. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 2.700, di cui Euro 2.500 per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge.

Depositata in Cancelleria il 020.03.2012
Avv. Antonino Sugamele

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