Sanzioni disciplinari e Consiglio Nazionale Forense.
Corte di Cassazione Sez. Unite Civ. - Sent. del 22.05.2012, n. 8080
Presidente Vittoria - Relatore Massera
Svolgimento del processo
1 - Il Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Genova, con delibera in data 26 novembre 2009, dispose la sospensione per anni uno dall'esercizio della professione di T.D. , ritenuto responsabile di avere aggiunto alla scrittura privata, da lui redatta all'esito della transazione che aveva definito i rapporti tra proprietario (R.R. ) e conduttrice (E. S.a.s. di T.L. , padre del legale) di un immobile, unilateralmente e in assenza delle parti, un riconoscimento di debito a favore del suo assistito in realtà mai effettuato dalla controparte.
2 - Il ricorso del T. fu respinto dal Consiglio Nazionale Forense con decisione depositata il 21 aprile 2011.
In particolare, il CNF osservò: si trattava sicuramente di procedimento indiziario, ma gli elementi acquisiti, concordanti e univoci, inducevano a ritenere provato il fatto contestato nei capi d'incolpazione; per contro, la lettura alternativa proposta dal ricorrente appariva incoerente e non credibile; la sanzione inflitta risultava adeguata alla gravità del fatto.
3 - Il T. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi. Nessuno degli intimati ha espletato attività difensiva.
Il ricorrente ha presentato memoria.
Motivi della decisione
1.1.- Il primo motivo adduce violazione del principio di ordine pubblico in base al quale l'accertamento della falsità della scrittura privata (che ha dato avvio al procedimento disciplinare) non può essere accertata dagli Organi (amministrativo e giurisdizionale) di disciplina forense, essendo tale accertamento devoluto in via esclusiva alla competenza dell'A.G.O. Vizio d'incompetenza, di eccesso di potere e di illegittimità in cui è caduta la decisione nell'accertare la falsità in scrittura privata mediante presunzioni o indizi, al fine di irrogare la sanzione disciplinare della sospensione. In particolare violazione dell'art. 111 Cost. e degli artt. 221, 222, 223, 225, 226, 227 cod. proc. civ.; 485 cod. pen., 537 cod. proc. pen. in relazione all'art. 56, 2 comma, R.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578, come modificato dalla L. 27 gennaio 1934 n. 36 e all'art. 360 n. 4 cod. proc. civ..
1.2 - La censura è inammissibile poiché propone una questione del tutto nuova, che non risulta prospettata, neppure implicitamente, né davanti al COA, né avanti al C.N.F.
Infatti, come risulta dal testo della decisione impugnata, con il primo motivo del ricorso presentato al CNF il T. aveva censurato la ricostruzione in fatto operata dal COA, assumendo che le risultanze istruttorie erano state valutate in un'ottica di mera accusa, mentre con il secondo motivo aveva lamentato l'eccessività della sanzione.
Se ne ricava che il motivo in esame sottopone alle Sezioni Unite un tema non trattato dalla decisione impugnata, per cui, al fine di sfuggire alla sanzione di inammissibilità per novità della questione, il ricorrente aveva l'onere - non adempiuto - non solo di allegarne l'avvenuta deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche, nel rispetto del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo aveva fatto, al fine di consentire alla Corte, che non ha accesso diretto agli atti, di eseguire la necessaria verifica.
Tuttavia, in considerazione dell'importanza della questione, è opportuno rilevare che le Sezioni Unite hanno già avuto modo di affermare (Cass. S.U. 16 giugno 2000, n. 444) che l'organo disciplinare può autonomamente accertare la falsificazione di un documento.
Peraltro le norme del codice di rito indicate dal ricorrente disciplinano l'accertamento della falsità e della utilizzabilità di un documento prodotto da una delle parti del giudizio per dimostrare la fondatezza della domanda proposta nei confronti della controparte, ma non precludono che, in sede disciplinare, l'organo competente accerti se l'incolpato abbia o meno falsificato l'atto che ha determinato l'incolpazione.
2.1 - Il secondo motivo lamenta violazione dei principi e delle norme che governano l'uso degli indizi/presunzioni quale mezzo di prova che inferisce l'ignoto dal noto, sul presupposto di circostanze gravi, precise e concordanti. In particolare violazione degli artt. 192 cod. pen. (rectius: cod. proc. pen.) e 2727 cod. civ. in relazione all'art. 360 n. 3 cod. proc. civ.
2.2 - La censura, anche se formalmente prospettata sotto il profilo della violazione di norme di diritto, in realtà stigmatizza il contenuto decisorio della sentenza impugnata. Ne consegue che il motivo si risolve sostanzialmente nella inammissibile richiesta di una revisione da parte del giudice di legittimità degli accertamenti in punto di fatto e delle valutazioni delle risultanze processuali operati dal Consiglio Nazionale Forense. Queste Sezioni Unite hanno stabilito: “Le decisioni del Consiglio Nazionale Forense in materia disciplinare sono impugnabili dinanzi alle Sezioni Unite della Corte di cassazione, ai sensi del R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, art. 56, comma 3, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 gennaio 1934, n. 36, per incompetenza, eccesso di potere e violazione di legge, nonché, ai sensi dell'art. 111 Cost, per vizio di motivazione: tale vizio, peraltro, deve tradursi in omissioni, lacune o contraddizioni incidenti su punti decisivi, dedotti dalle parti o rilevabili d'ufficio” (Cass. S.U. 19 ottobre 2011, n. 21585; Cass. S.U. 4 febbraio 2009, n. 2637). Il CNF ha evidenziato i numerosi elementi indiziari (intrinseci al documento e comportamentali) che, con apprezzamento insindacabile poiché congruamente e razionalmente motivato, ha ritenuto gravi, precisi e concordanti nel senso della falsificazione del documento. Inoltre ha esaminato le argomentazioni difensive con le quali il T. ha offerto una ricostruzione diversa dei fatti e ne ha posto in luce contraddizioni, incoerenze e inverosimiglianze.
Le presunzioni possono anche da sole formare il convincimento del giudice del merito e rientra nei compiti di quest'ultimo il giudizio circa l'idoneità degli elementi presuntivi a consentire illazioni che ne discendano secondo il criterio dell'”id quod plerumque accidit”, essendo il relativo apprezzamento sottratto al controllo in sede di legittimità se sorretto da motivazione immune da vizi logici o giuridici e, in particolare, ispirato al principio secondo il quale i requisiti della gravità, della precisione e della concordanza, richiesti dalla legge, devono essere ricavati in relazione al complesso degli indizi, soggetti a una valutazione globale, e non con riferimento singolare a ciascuno di questi, pur senza omettere un apprezzamento così frazionato, al fine di vagliare preventivamente la rilevanza dei vari indizi e di individuare quelli ritenuti significativi e da ricomprendere nel suddetto contesto articolato e globale. La valutazione del CNF rispetta i canoni ermeneutici sopra indicati e il ricorso non offre idonee argomentazioni di segno contrario.
3 - Pertanto il ricorso va rigettato. Nulla spese.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Nulla spese.
Depositata in Cancelleria il 22.05.2012
28-05-2012 00:00
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