Colture in serra: l'impianto di riscaldamento danneggia le margherite. Chi risponde dei danni?
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 10 maggio - 25 novembre 2013, n. 26344
Presidente Berruti – Relatore Travaglino
Cenni sui fatti
Nel (omissis) F..D.A. , titolare di un'azienda floreale nella quale era stata installata una serra metallica dotata di sei generatori di aria calda prodotti e forniti dalla società Euroemme, convenne quest'ultima in giudizio, dinanzi al tribunale di Savona, chiedendo la risoluzione del contratto di fornitura e posa in opera - o in subordine la riduzione del prezzo -, oltre al risarcimento dei danni subiti in conseguenza dello scoppio del bruciatore di uno degli impianti, che aveva immesso nella serra gas di scarico, danneggiando le piante ivi allocate.
Espose l'attore che l'incidente era stato determinato dalla inesistenza di un dispositivo di sicurezza che, in caso di interruzione o abbassamento temporaneo dell'energia elettrica, avrebbe potuto evitare l'afflusso e l'accensione del gasolio sino al raffreddamento della camera di combustione impedendo l'immediato riavviarsi dei generatori. Nonostante la immediata denuncia presentata alla società convenuta, questa non aveva provveduto ad eliminare l'inconveniente, né a risarcire i danni, costituiti dal deprezzamento e dalla distruzione delle piante, dal costo dell'attività lavorativa supplementare occorsa per la raccolta e la commercializzazione della coltura di margherite, dall'interruzione dell'attività aziendale e infine dal discredito commerciale subito.
Il giudice di primo grado, dopo aver autorizzato la Euroemme alla chiamata in garanzia della compagnia Italia Assicurazioni s.p.a., accolse la domanda di risoluzione, condannando la convenuta a risarcire al D.A. tanto il prezzo di acquisto dei macchinari dietro restituzione degli stessi da parte dell'acquirente quanto i danni sofferti e liquidati nella misura di 21.471 Euro.
La corte di appello di Genova, investita dei gravami proposti hinc et inde dalle parti (quello principale del D.A. lamentando la insufficiente quantificazione del danno, quelli incidentali dalla compagnia assicurativi e della Euroemme contestando la stessa esistenza e la stessa configurabilità di una responsabilità risarcitoria), accolse quelli incidentali, rigettando la domanda originariamente proposta dall'appellante principale.
Per la cassazione della sentenza della corte genovese D.A.F. ha proposto ricorso illustrato da 4 motivi.
Resistono con controricorso la Munters Italy (già Euroemme) e la Fondiaria Sai (già Italia assicurazioni).
Le ragioni della decisione
Il ricorso è fondato.
Con il primo motivo, si denuncia carenza, insufficienza e contraddittorietà della motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
La censura è corredata dalla seguente indicazione del fatto controverso (formulata ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c., applicabile ratione temporis, nel vigore del D.lgs. 40/2006):
La corte di appello di Genova ha omesso di prendere in esame e valutare quanto reiteratamente confessato ex adverso circa la dinamica del sinistro, nonché le plurime univoche risultanze istruttorie, tra cui quelle della CTU G. , travisando completamente il significato della medesima CTU.
Precisa la ricorrente che, in sede di chiarimenti, il consulente aveva espressamente escluso che la deflagrazione potesse imputarsi a mancanza di manutenzione sul bruciatore a servizio del generatore, e che la dinamica dell'incidente era in realtà del tutto pacifica e oggetto di confessione ex adverso (lettere 16.12.1986 e 5.12.1986 e comparsa di costituzione in appello).
Con il secondo motivo, si denuncia, nuovamente, carenza, insufficienza e contraddittorietà della motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Lamenta la ricorrente che, contrariamente a quanto affermato dalla corte di appello, la normativa Europea (prescrittiva dell'obbligo di installazione di un dispositivo di ritardo dell'avviamento del bruciatore successivo al suo arresto per mancanza di alimentazione di energia elettrica) era in vigore fin dal 1981 (direttiva CEI 44-5 del 1985), e come tale direttamente applicabile all'ordinamento interno, come espressamente rilevato dal CTU che indicava nella norma CENELEC EN 60204/1 quella specificamente applicabile al caso di specie.
Con il terzo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione della normativa Europea CENELC EN 60204/1 (norme CEI 44-5), norme UNI-CTI 1100 punto 1.3.4 nonché dell'art. 113 c.p.c. (art. 360 n. 3 c.p.c).
La censura è corredata dal seguente quesito:
Dica la Corte se, in relazione a contratto di vendita di macchina industriale avvenuta nel luglio 1986 (quale quella per cui è causa) l'autorità giudiziaria debba, anche in ossequio all'art. 113 c.p.c, decidere seguendo le norme di diritto e in particolare la norma Europea CENELC EN 60204/1 secondo la quale il riavviamento automatico di un motore o di altri dispositivi dopo l'interruzione e il successivo ripristino dell'alimentazione deve essere impedito allorché esso può causare danno al personale o alla macchina o alla lavorazione in corso; nonché la norma UNI-CTI 1100 punto 1.3.4 per cui con riferimento ai generatori d'aria calda a scambio diretto, gli impianti e i dispositivi elettrici, sia del generatore sia dei locali relativi, devono essere eseguiti in conformità alla norme CEI.
Con il quarto motivo, si denuncia, infine, carenza, insufficienza e contraddittorietà della motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Lamenta in sintesi la ricorrente che, non potendo in alcun modo l'utilizzatore del macchinario "curare" che non si verifichino interruzioni dell'energia elettrica da parte dell'ente fornitore (come erroneamente affermato, invece, dalla corte territoriale), la mancata previsione di un qualsivoglia dispositivo idoneo ad impedire alla macchina la ripresa autonoma del funzionamento dopo una interruzione di corrente non poteva non considerarsi causa dell'evento di danno.
I motivi, da esaminarsi congiuntamente attesane la intrinseca connessione, sono fondati.
La corte territoriale, difatti, da un canto si discosta del tutto immotivatamente dalle precise, puntuali e incontestabili risultanze della CTU, dall'altro omette di valutare funditus il contenuto del materiale probatorio in atti ricorrendo ad ipotesi e illazioni di tipo meramente ed astrattamente possibilistico, dall'altro ancora si discosta dai criteri di valutazione e di analisi delle questioni in tema di nesso causale che questa corte, con giurisprudenza ormai consolidata (Cass. 21619/07; Cass. ss. uu. 577/08 tra le tante conformi) ha definitivamente ancorato al criterio della probabilità relativa avuto riguardo alle circostanze del caso concreto.
La sentenza impugnata, che ha non motivatamente riformato la corretta pronuncia del giudice di primo grado sul punto dell'an debeatur della pretesa risarcitoria, deve essere pertanto cassata in conseguenza dell'accoglimento del ricorso, con rinvio del procedimento alla Corte di appello di Genova, in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia il procedimento, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di cassazione, alla corte di appello di Genova, in diversa composizione.
26-11-2013 20:16
Richiedi una Consulenza