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Sentenza

Fallimento.Autorizzazione al curatore di affitto dell'azienda ....
Fallimento.Autorizzazione al curatore di affitto dell'azienda .
CORTE DI CASSAZIONE - Sentenza 18 gennaio 2013, n. 1240



Svolgimento del processo

Con decreto dell'8 novembre 2005, il Tribunale di Latina dichiarava inammissibile il ricorso proposto dalla H. s.r.l. e rigettava quello proposto dalla fallita H. s.p.a., rispettivamente avverso: 1) il provvedimento in data 28 luglio 2005 con cui il giudice delegato aveva negato alla prima una proroga dell'affitto dell'azienda della fallita dopo la comunicazione, da parte del curatore, della disdetta alla scadenza contrattuale (4.8.2005); 2) il decreto con cui il giudice delegato aveva dichiarato l'inammissibilità del reclamo ex art. 36 L. fall., proposto dalla fallita avverso la conclusione, da parte del curatore, di un nuovo contratto di affitto dell'azienda con la N.R.T. s.p.a., a decorrere dal momento della restituzione dell'azienda da parte della prima affittuaria. In ordine al secondo ricorso, l'unico che interessa in questa sede, il Tribunale osservava che il reclamo ex art. 36 L. fall., non è ammissibile avverso gli atti del curatore che siano stati autorizzati dal giudice delegato, dovendosi in tal caso impugnare il provvedimento di autorizzazione nei termini e nei modi dell'art. 26 L. fall., e non è ammissibile neppure avverso gli atti della curatela che costituiscano esercizio della sua legittimazione esterna ed abbiano dato luogo a rapporti contrattuali con terzi.

In ogni caso, secondo il Tribunale, il reclamo era infondato anche nel merito poiché:

 - la revoca del curatore che aveva stipulato il contratto era fondata su motivi estranei alla procedura concorsuale;

-gli addebiti mossi dalla fallita al cessato curatore erano del tutto generici;

 - il Ministero della salute non aveva affatto affermato, nella nota prodotta dalla reclamante, l'impossibilità per la nuova conduttrice di ottenere le autorizzazioni necessarie per proseguire la produzione di macchine elettromedicali, ma si era limitato a dare atto di quanto affermato dal difensore della fallita in una nota indirizzata allo stesso Ministero;

- la mancata richiesta del parere della fallita e del comitato dei creditori corrispondeva ad una prassi frequente del Tribunale e comunque non era causa di un vizio del negozio;

- lo stesso doveva dirsi per il mancato espletamento di una gara tra i soggetti che avevano manifestato interesse alla locazione;

 - la fallita non era legittimata a proporre, con il reclamo ex art. 36 L. fall., le censure che la H. s.r.l. non aveva tempestivamente proposto con il reclamo ex art. 26 L. fall.

La H. s.p.a. propone ricorso per cassazione, deducendo quattro motivi. Il fallimento e la s.p.a. Italiana Assicurazioni, componente del comitato dei creditori, resistono con controricorso, illustrato dal primo anche con memoria. La N.R.T. s.p.a., nuova affittuaria dell'azienda, la H. s.r.l. e due componenti del comitato dei creditori, ovvero A.A.M. e B.T. s.p.a., non hanno svolto attività difensiva.

 

Motivi della decisione

 

1. Con il primo motivo di ricorso la fallita s.p.a. H. deduce la violazione degli artt. 26, 36, 42 e 118 L. fall, nonché degli artt. 2, 3, 24 e 111 Cost., lamentando che il Tribunale aveva dichiarato l'inammissibilità del reclamo senza considerare che: - il fallito mantiene la titolarità dei suoi beni e può assumere le iniziative giustificate dall'inerzia o dallo sviamento dell'ufficio da parte del curatore, i cui poteri di amministrazione e disposizione non sono esercitabili ad libitum; - che il decreto di autorizzazione del giudice delegato era stato emesso «in totale riservatezza, privando il fallito di ogni opportunità dì avere conoscenza del decreto stesso»; - che l'art. 36 L. fall, non distingue tra atti interni ed atti esterni.

Con il secondo motivo la fallita società deduce la violazione degli artt. 31 e 35 L. fall., lamentando che erroneamente il Tribunale aveva escluso il rilievo della mancata richiesta del parere del comitato dei creditori, la cui acquisizione è, invece, obbligatoria.

Con il terzo motivo la fallita, senza formulare censure, si limita a dedurre la ricorribilità per cassazione del provvedimento impugnato, in quanto caratterizzato dai requisiti della decisorietà e definitività.

Con il quarto motivo la fallita deduce la violazione degli artt. 1418, 1346 e 1429 c.c.; dell'art. 23 del d. lgs. n. 46/1997; dell'art. 36 L. fall., nonché il vizio di motivazione ex artt. 132 e 134 c.p.c. e 118 d.a.c.p.c. poiché, in relazione alla tipologia di beni prodotti dall'azienda, e cioè apparecchiature elettromedicali, il Tribunale non aveva considerato, omettendo qualsiasi motivazione, che la nuova affittuaria era priva delle molteplici certificazioni ed autorizzazioni necessarie ed incidenti sulla capacità di gestire l'azienda, con conseguente nullità del contratto sia per impossibilità dell'oggetto, perché l'affittuaria non poteva eseguire la prestazione per la quale si era impegnata, sia per la violazione delle norme imperative dalle quali discendeva una incapacità giuridica speciale dell'affittuaria. In ogni caso il contratto doveva ritenersi annullabile per l'errore essenziale caduto sulla qualità dell'altro contraente.

2. Il ricorso è inammissibile nei confronti dei componenti del comitato dei creditori e nei confronti della N.R.T. s.p.a. perché tali soggetti sono rimasti estranei al giudizio di merito. Il ricorso è inammissibile anche nei confronti della H. s.r.l., che è priva di legitimatio ad processum; infatti, il reclamo ex art. 26 L. fall., dalla stessa proposto, benché sia stato trattato dal Tribunale congiuntamente e sia stato deciso con un unico decreto, era del tutto autonomo rispetto al reclamo proposto dalla odierna ricorrente, come risulta dalla narrativa e dal fatto che il collegamento tra la mancata proroga dell'affitto di azienda alla H. s.r.l. e la conclusione dì un nuovo contratto di affitto (con decorrenza a far tempo dalla restituzione dell'azienda da parte della stessa H. s.r.l.) era solo in punto di fatto, senza una dipendenza logico giuridica tra le relative controversie. Inoltre, nella specie non è stata neppure dedotta una adesione della H. s.r.l. al reclamo della H. s.p.a., con la conseguente esclusione, anche sotto tale profilo, di un litisconsorzio processuale.

3. Il ricorso, riconducibile alla previsione dell'art. 111 Cost., è altresì inammissibile nei confronti della curatela fallimentare, in quanto proposto avverso un decreto emesso dal tribunale a seguito di reclamo contro un atto del giudice delegato di esercizio delle funzioni dì direzione connesse alla amministrazione e gestione dei beni acquisiti al fallimento; per tale ragione il decreto del Tribunale, in quanto non diretto a risolvere controversie su diritti e relativo, invece, alle funzioni di controllo sull'esercizio di poteri gestori e sulle eventuali misure integrative adottate dal giudice delegato, non ha carattere decisorio e definitivo e non è, pertanto, suscettibile di impugnazione con ricorso straordinario (con specifico riferimento agli atti che concedono, negano o revocano l'autorizzazione all'affitto, v. Cass. 24 novembre 1999, 13123; Cass. 14 gennaio 1999, n. 332; Cass. 11 agosto 1994, n. 7351; Cass. 5 giugno 1991, n. 6369; Cass. 16 febbraio 1988, n. 1665; Cass. 28 aprile 1983, n. 2909. Con riferimento, in genere, agli atti che sono espressione dei poteri ordinatori del tribunale e del giudice delegato v. e plurimis Cass. 6 maggio 1992, n. 5355; Cass. 19 gennaio 2001, n. 805; Cass. 21 giugno 2002, n. 9064; Cass. 11 febbraio 2003, n. 1983; Cass. 12 aprile 2005, n. 7532) .

Neppure si può ritenere, come assume il ricorrente, che escludendo la ricorribilità del provvedimento verrebbe compromesso il diritto del fallito di valutare e far valutare dal giudice la liceità, la legittimità e l'opportunità degli atti di amministrazione nel caso in cui il curatore eserciti il relativo potere con sviamento dai doveri del suo ufficio e tale sviamento non sia riconosciuto né dal giudice delegato né dal tribunale. La legge fallimentare appresta, a tutela dell'interesse del fallito ad una amministrazione avveduta del suo patrimonio, gli strumenti dei reclami previsti dagli artt. 36 e 26 L. fall. Le decisioni del tribunale su tali reclami afferiscono, d'altro canto, esclusivamente alla individuazione delle modalità ritenute più opportune per l'amministrazione del patrimonio del fallito, della quale quest'ultimo è stato spogliato con la dichiarazione di fallimento; i relativi provvedimenti non assumono, pertanto, carattere decisorio, non essendo previsto un diritto del fallito di determinare le decisioni gestionali degli organi della procedura, e neppure definitivo, non essendo precluso un mutamento delle scelte di gestione. Al fallito spossessato compete soltanto la facoltà di ottenere, attraverso eventuali reclami, un riesame in sede di merito delle scelte gestionali nonché la facoltà di formulare, in sede di rendiconto, osservazioni e contestazioni che aprono una fase contenziosa ordinaria, ove all'udienza fissata per la discussione non sia raggiunto un accordo (art. 116 L. fall.). Il fallito spossessato, che assume di essere danneggiato dalla gestione del curatore, ha, pertanto, il diritto di vedere reintegrato il suo patrimonio (fermo restando lo spossessamento, ove il fallimento non sia stato chiuso), ma può farlo valere solo in sede di rendiconto del curatore (Cass. 6 agosto 2010, n. 18436; Cass. 25 febbraio 2005, n. 4086; Cass. 28 marzo 2000, n. 3696) ovvero, dopo la chiusura del fallimento, anche con la proposizione dell'azione di responsabilità ex art. 38 L. fall. (Cass. 4 ottobre 1996, n. 8716).

Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Dichiara inammissibile il ricorso; condanna la ricorrente H. s.p.a. al rimborso delle spese del giudizio ... liquidate, in favore di ciascuno dei controricorrenti, in € 2.700,00=, di cui 200,00 per esborsi, oltre IVA e CP.
Avv. Antonino Sugamele

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