in autostrada entra in collisione con un cane di media taglia che sbucava improvvisamente dal margine destro della carraggiata. Richiesto il risarcimento viene rigettata la domanda. Ricorso inammissibile.
Cassazione civile sez. III Data: 25/11/2013 ( ud. 25/09/2013 , dep.25/11/2013 )
Numero: 26350
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RUSSO Libertino Alberto - Presidente -
Dott. PETTI Giovanni Battista - Consigliere -
Dott. CARLEO Giovanni - Consigliere -
Dott. VIVALDI Roberta - Consigliere -
Dott. SCARANO Luigi Alessandro - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 31281-2007 proposto da:
S.P., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
CIRCONVALLAZIONE CLODIA 5, presso lo studio dell'avvocato SCIARRA
NICOLINO, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
STRADA DEI PARCHI S.P.A. (OMISSIS), in persona del Dott. G.
L., procuratore speciale e legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA C MONTEVERDI 16, presso lo
studio dell'avvocato CONSOLO GIUSEPPE, che la rappresenta e difende
giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 4279/2007 del TRIBUNALE di ROMA depositata il
19/12/2007 R.G.N. 44589/06;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
25/09/2013 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;
udito l'Avvocato NICOLINO SCIARRA;
udito l'Avvocato GIANFRANCO RUGGIERI per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
PATRONE Ignazio che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza ex art. 281 sexies c.p.c. del 1/3/2007 il G.I. del Tribunale di Roma, in riforma della pronunzia G. di P. Roma 15/11/2005, rigettava la domanda originariamente proposta dal sig. S.W. nei confronti della società Strada dei Parchi s.p.a. di risarcimento dei danni subiti all'esito di sinistro avvenuto il (OMISSIS), allorquando mentre percorreva l'autostrada (OMISSIS) entrava in collisione con un cane di media taglia che sbucava improvvisamente dal margine destro della carreggiata invadendo trasversalmente la propria corsia di percorrenza.
Avverso la suindicata pronunzia del giudice dell'appello il S. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 3 motivi.
Resiste con controricorso la società Strada dei Parchi s.p.a., che ha presentato anche memoria.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il 1 motivo il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione dell'art. 2043 c.c., dell'art. 116 c.p.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Pone al riguardo il seguente quesito: Chiediamo all'Ill.ma Corte adita, se le circostanze così come dedotte e provate in sede di merito integrino o meno gli estremi dell'insidia o trabocchetto.
Con il 2 motivo il ricorrente denunzia falsa applicazione dell'art. 2051 c.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Pone al riguardo il seguente quesito: Chiediamo all'Ill.ma Corte adita, se la fattispecie di causa rientri, oltre che nell'ambito di applicazione dell'art. 2043 c.c., anche in quello dell'art. 2051 c.c., atteso che il petitum e la causa petendi dedotti in giudizio concretano indifferentemente lo schema sia della responsabilità ex art. 2043 che di quella ex art. 2051 c.c., così come peraltro costantemente ritenuto da codesta Suprema Corte. Chiediamo inoltre al Giudicante se ritenga, nell'ipotesi di incidente stradale su autostrade, che le medesime, in ragione delle possibilità tecniche odierne (sistemi di controllo, anche satellitari, nonchè di video sorveglianza capaci di un controllo capillare su qualsiasi tratto autostradale, esercitabile in tempo reale), nonchè tenuto conto delle leggi che tali cautele impongono obbligatoriamente, siano o meno in grado di esercitare un assiduo controllo sull'intero percorso autostradale, tanto da ritenere, anche sotto tale profilo, che sorga in capo alle società autostradali la ripetuta responsabilità ex art. 2051 c.c. Infine dica la Suprema Corte se l'applicabilità dell'art. 2051 c.c. sorga anche in virtù del pagamento del pedaggio, in base al quale si istituisce un rapporto contrattuale inter partes ( giurisprudenza costante sul punto, cfr. ex plurimis, Cass. sent. n. 298/2003: La responsabilità del proprietario, o del concessionario, di autostrade nei confronti del conducente di un autoveicolo per i danni subiti nell'uso dell'autostrada ha natura contrattuale, in quanto il pagamento del pedaggio (ove previsto) determina la nascita di un rapporto contrattuale, poichè quest'ultimo configura un "prezzo pubblico", costituendo il corrispettivo versato per l'utilizzazione di un'opera già compiutamente realizzata per fini di interesse generale.
Con il 3 motivo il ricorrente denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 e 2051 c.c., artt. 112 e 115 c.p.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
Pone al riguardo il seguente quesito: Chiediamo a codesta Corte se, considerata la normativa probatoria vigente, gravasse o meno sull'odierno ricorrente l'onere di provare, in sede di giudizio di merito, esclusivamente le seguenti circostanze: a) l'incidente dedotto in citazione; b) che detto incidente era stato causato dalla improvvisa irruzione sulla carreggiata autostradale di un animale vagante (un cane per la precisione). Chiediamo altresì alla Suprema Corte se, in tale contesto, gravasse sulla convenuta società autostradale l'onere di provare le seguenti circostanze, ove avesse ritenuto di non essere responsabile per i fatti di causa: a) la perfetta funzionalità della recinzione autostradale, per diversi Km a monte e a valle del luogo in cui è avvenuto il sinistro; ed inoltre: b) la ricorrenza del caso fortuito (ovviamente solo nell'ipotesi che si fosse veramente verificato) indicando e provando, con il massimo rigore probatorio: la colpa dell'utente; oppure la colpa del terzo (ad esempio: individuazione di un'automobilista che aveva abbandonato un cane dalla propria autovettura, e ciò poco prima che transitasse l'auto del danneggiato); oppure, infine, la ricorrenza della causa di forza maggiore.
Il ricorso si appalesa per plurimi profili inammissibile.
Va anzitutto osservato che in violazione del requisito a pena di inammissibilità richiesto all'art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, esso non contiene infatti l'esposizione sommaria dei fatti di causa, che non può ritenersi osservata quando come nella specie non risulti riprodotta alcuna narrativa della vicenda processuale, nè accennato all'oggetto della pretesa, essendosi nella specie la ricorrente limitata a riprodurre, nel ricorso (parte degli) atti o documenti del giudizio di merito (nel caso, in particolare, la sentenza impugnata, l'atto di appello, la comparsa di risposta in grado di appello), rimettendo all'iniziativa del giudice l'individuazione della materia del contendere, in contrasto con lo scopo della disposizione, volta ad agevolare la comprensione dell'oggetto della pretesa e del tenore della sentenza impugnata, in immediato coordinamento con i motivi di censura (v. Cass., Sez. Un., 17/7/2009, n. 16628), essendo viceversa necessario che vengano riportati nel ricorso gli specifici punti di interesse nel giudizio di legittimità, con eliminazione del "troppo e del vano", non potendo gravarsi questa Corte del compito, che non le appartiene, di ricercare negli atti del giudizio di merito ciò che possa servire al fine di utilizzarlo per pervenire alla decisione da adottare (v. Cass., 16/2/2012, n. 2223; Cass., 22/10/2010, n. 21779; Cass., 23/6/2010, n. 15180; Cass., 18/9/2009, n. 20093; Cass., Sez. Un., 17/7/2009, n. 16628).
Il ricorrente è pertanto al riguardo tenuto non già ad un'attività materiale meramente compilativa, alternando pagine con richiami ad atti processuali del giudizio di merito alla relativa allegazione o trascrizione, bensì a rappresentare e interpretare i fatti giuridici in ordine ai quale richiede l'intervento della Corte Suprema, trovando a tale stregua ragione il tenore dell'art. 366 c.p.c. là dove impone di redigere il ricorso per cassazione esponendo sommariamente i fatti di causa, sintetizzando cioè i medesimi con selezione dei profili di fatto e di diritto della vicenda sub iudice, nonchè indicazione delle ragioni di critica nell'ambito della tipologia dei vizi elencata dall'art. 360 c.p.c., in un'ottica di economia processuale che evidenzi i profili rilevanti ai fini della formulazione dei motivi di ricorso, che altrimenti finiscono per risolversi in censure astratte e prive di supporto storico (v. Cass., 23/6/2010, n. 15180).
Va per altro verso sottolineato che i motivi recano quesiti di diritto formulati in termini invero difformi dallo schema al riguardo delineato da questa Corte, non contemplando la riassuntiva ma puntuale indicazione degli aspetti di fatto rilevanti, del modo in cui i giudici del merito li hanno rispettivamente decisi, delle diverse regole di diritto la cui applicazione avrebbe condotto a diversa decisione, a tale stregua appalesandosi astratti e generici, privi di riferibilità al caso concreto in esame e di decisività, tali cioè da non consentire, in base alla loro sola lettura (v.
Cass., Sez. Un., 27/3/2009, n. 7433; Sez. Un., 14/2/2008, n. 3519;
Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., 7/4/2009, n. 8463), di individuare la soluzione adottata dalla sentenza impugnata e di precisare i termini della contestazione (cfr. Cass., Sez. Un., 19/5/2008, n. 12645; Cass., Sez. Un., 12/5/2008, n. 11650; Cass., Sez. Un., 28/9/2007, n. 20360), nonchè di poter circoscrivere la pronunzia nei limiti del relativo accoglimento o rigetto (cfr., Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258), senza richiedere, per ottenere risposta, una scomposizione in più parti prive di connessione tra loro (cfr. Cass., 23/6/2008, n. 17064), risolvendosi in buona sostanza in una richiesta a questa Corte di vaglio della fondatezza della propria tesi difensiva.
La norma di cui all'art. 366 bis c.p.c. è d'altro canto insuscettibile di essere interpretata nel senso che il quesito di diritto possa, e a fortiori debba, desumersi implicitamente dalla formulazione del motivo, giacchè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell'abrogazione tacita della norma in questione (v.
Cass. Sez. Un., 5/2/2008, n. 2658; Cass., Sez. Un., 26/03/2007, n. 7258).
Nè può d'altro canto sottacersi che giusta principio consolidato in giurisprudenza di legittimità la violazione dell'art. 116 c.p.c. è apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti del vizio di motivazione di cui all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, - e non anche come nella specie in termini di violazione di legge -, dovendo emergere direttamente dalla lettura della sentenza, non già dal riesame degli atti di causa, inammissibile in sede di legittimità.
I motivi si palesano pertanto privi dei requisiti a pena di inammissibilità richiesti dai sopra richiamati articoli, nella specie applicantisi nel testo modificato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, essendo stata l'impugnata sentenza pubblicata successivamente alla data (2 marzo 2006) di entrata in vigore del medesimo.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
PQM
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre ad accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 25 settembre 2013.
Depositato in Cancelleria il 25 novembre 2013
24-12-2013 01:23
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