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Sentenza

La GESIP non è imprenditore commerciale pertanto il Tribunale di Palermo esclude...
La GESIP non è imprenditore commerciale pertanto il Tribunale di Palermo esclude che la stessa possa rientrare tra i soggetti fallibili al sensi dell'art. 1, co. 1, 1.f.
Tribunale di Palermo, 8/1/2013 n. 99
	
	
	


TRIBUNALE DI PALERMO

SEZIONE IV CIVILE E FALLIMENTARE

Il Tribunale di Palermo, Sezione IV Civile e Fallimentare, composto dai sig.ri magistrati;

dott. Antonio NOVARA      Presidente

dott. Giacomo Maria NONNO         Giudice relatore

dott Gabriella GIAMMONA            Giudice

riunito in Camera di consiglio ha pronunciato il seguente

 

DECRETO

nel procedimento iscritto al n. 531 RG.A.C.C dell'anno 2012, per la dichiarazione dello stato di insolvenza ovvero per la dichiarazione di Fallimento, nei confronti di

GE.S.I.P Palermo s.pa. in liquidazione, in persona del liquidatore Giovanni la Bianca - nato a Palermo il 20/05/1967 e ivi residente, via Nunzio Morello n. 72 con sede legale in Palermo, via Maggiore Pietro Tosel1in. 36/M, società avente codice fiscale n. 05035640829 e iscritta nel Registro delle imprese con il R.EA. n. PA-231402.

 

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con ricorso del 20/12/2012, la GESIP, Palermo, s.p.a. in liquidazione (d'ora in avanti solo GESIP) ha chiesto la dichiarazione del proprio fallimento, deducendo la qualità di imprenditore commerciale fallibile, nonchè la sussistenza degli ulteriori requisiti, soggettivi ed oggettivi, dl cui agli artt. 1 e 5 l.f.

In particolare, il liquidatore ha rappresentato che la società, le cui azioni sono state integralmente sottoscritte e liberato dal Comune di Palermo fin dal 16/02/2007, per come si evince dalla allegata visura camerale, ha operato per conto di quest'ultimo nell'ambito dei servizi pubblici locali, distinti in due tipologie: servizi pubblici strumentali e servizi pubblici locali economici a rilevanza economica. A seguito dell'accertamento della causa di scioglimento di cui all'art. 2484, co. 4, c.c., la società è stata posta in liquidazione. Inoltre, lo stato di crisi cui versa attualmente la GESIP (crisi determinata essenzialmente dal mancato adeguamento, da parte, del Comune di Palermo, delle tariffe corrisposte a fronte del servizi effettivamente erogati, con conseguente fisiologico squilibrio della gestione caratteristica), ha indotto, da ultimo, il socio unico ad autorizzare la presentazione di istanza di fallimento in proprio (cfr. verbale assemblea dei soci del 27/11/2012), avendo assunto i connotati di un vero e proprio stato di insolvenza.

Con decreto del 21/1212012, il Tribunale ha rilevato, da un lato, l'insufficienza della documentazione prodotta da parte ricorrente ai sensi dell'art. 14 1.f. e, dall'altro, ha evidenziato la pregiudizialità della valutazione in ordine alla sussistenza del requisiti di cui all'art. 2, co. 1, d.lgs. n. 270/1999 per l'ammissione della società alla procedura di amministrazione straordinaria; conseguentemente, ha disposto la convocazione della società ricorrente e del Ministro per lo sviluppo economico per l'udienza del 04/01/2013.

All'udienza fissata, il liquidatore della GESIP ha insistito in ricorso, dichiarando nel contempo di ritenere maggiormente auspicabile la dichiarazione dello Stato di insolvenza al fini dell'ammissione della società ricorrente alla procedura concorsuale dell'amministrazione straordinaria, ricorrendone requisiti di legge; il Ministro, invece, non comparso, ma ha fatto pervenire il  proprio parere ai sensi dell'art. 7, co. 1, d.lgs. n. 270/1999.

Come evidenziato già nel decreto del 21/12/2012 e sottolineato anche dal parere del Ministro per lo sviluppo economico, costituisce questione preliminare quella della qualificazione della società ricorrente quale imprenditore commerciale ai sensi dell'art. 1, co. 1, 1.f.. Se, infatti, la GESIP non è imprenditore commerciale, non vi è possibilità non solo di dichiararne il fallimento, ma nemmeno di dichiararne lo stato di insolvenza ai fini della ammissione della società all'amministrazione straordinaria, giusta il richiamo compiuto dall'art. 2 d.lgs. n. 27011999 alle disposizioni sul fallimento.

In proposito, non è sufficiente, ai fini di ritenere la GESIP imprenditore commerciale, la mera costituzione della ricorrente in società per azioni. Invero, tale modello organizzativo è stato da ultimo utilizzato di frequente, sia dal legislatore che dagli enti locali, per dar vita ad enti che svolgono attività dl natura pubblicistica, e non privata e, dunque che operano a tutti gli effetti quali organismi strumentali dell'ente pubblico.

Del resto, è stata la stessa Suprema Corte ad avere, da ultimo, sottolineato tale circostanza, ritenendo che la costituzione di un ente in società per azioni non è di per sé, sufficiente ad escludere la natura di istituzione pubblica, dovendo procedersi ad una valutazione in concreto, caso per caso, sicché la natura d'istituzione pubblica è configurabile allorchè la detta società, le cui azioni siano possedute prevalentemente, se non esclusivamente, da un ente pubblico, costituisca lo strumento per la gestione di un servizio pubblico e, quindi, faccia parte di una nozione allargata di pubblica Amministrazione (Casa. S.U. u. 9096/2005).

Ponendosi in quest'ottica, numerosi giudici di merito hanno addirittura escluso la fallibilità della società c.d. in mano pubblica qualificando la stessa come ente sostanzialmente pubblico (cfr. Trib. Catania, 20 luglio 2010; Trib. Messina, 29 aprile 2010; Trib. Termini Imerese, 3 agosto 2009; Trib. Patti, 6 marzo 2009; Trib. Santa Maria Capua Vetere 9 gennaio 2009).

Secondo l'orientamento giurisprudenziale sopra riferito, l'esenzione dal fallimento (e, quindi, anche dall'amministrazione straordinaria) di tali società si fonda sull'espressa esclusione di cui all'art. 1, co. 1, l.f., per il quale «sono soggetti alle disposizioni sul fallimento (..) gli imprenditori che esercitano una attività commerciale, esclusi gli enti pubblici». La società in mano pubblica, la quale costituisce strumento per la gestione di un servizio pubblico, viene cioè ricondotta ad ente pubblico in senso sostanziale, attraverso la privazione della sua natura formale di ente privato, soggetto alle disposizioni di cui agli artt. 2449 s. c.c...

Sennonchè, tale operazione - discutibile in quanto va tenuto presente che, per poter imprimere ad una società la qualificazione pubblicistica, è necessaria l'espressa previsione legislativa in tal senso, non risultando abrogate l'art. 4 1. n. 70/1975 (cfr. C. Stato, Sez. VI, 21 febbraio 2006, n. 705; Trib. Palermo, 11 febbraio 2010) - non è affatto necessaria al fine di escludere o ritenere la fallibilità di un ente quale GESIP, potendo il problema essere affrontato sotto il profilo della qualificazione o meno della stessa quale imprenditore commerciale e, dunque, risiede essenzialmente nell'identificazione delle condizioni necessarie per ritenere che la società in mano pubblica svolga un'attività commerciale, rilevando a questo fine l'oggetto e la modalità con cui la stessa è espletata.

In proposito, non può avere rilievo la natura del servizio che la GESIP, secondo quanto evidenziato dallo statuto, deve erogare, servizi innegabilmente pubblici o, comunque, di interesse generale. Invero, da un lato, la scelta del legislatore (ex art. 22, co. 3, lett. e), 1. n. 142/1990) di permettere l'esercizio di determinate attività con una società avente personalità giuridica privata implica una valutazione che rende legittimo il conseguimento dell'interesse pubblico mediante le strumento privatistico, ma comporta anche l'assunzione del rischio della sua cessazione a seguito del fallimento della società stessa; dall'altro, la recente modifica della disciplina dell'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato di insolvenza, introducendo una particolare forma di ammissione a detta procedura da parte delle società operanti nei servizi pubblici essenziali (cfr. art. 27, co. 1, lett b-bis), d.lgs. n. 270/1999; art, 2, co. 2, d.l. n. 347/2003, n. 347, cony. l. n. 39/2004), dimostra che, per espressa opzione del legislatore, non sussiste alcuna incompatibilità tra svolgimento di tali servizi ed assoggettabilità alle procedure concorsuali.

L'indagine da compiere deve, invece, condurre a verificare o escludere che l'attività sia esercitata dalla società in mano pubblica in difetto delle manifestazioni tipiche del potere d'imperio (ad es. la facoltà di imposizione di tasse o tariffe); e verificare, soprattutto, se la società operi all'interno di un mercato concorrenziale, incompatibile con la situazione di esclusiva o di monopolio, svolgendo attività economica diretta al pubblico degli utenti e dei consumatori.

Orbene, in tale prospettiva già la Suprema Corte a Sezioni Unite, facendo rientrare la GESIP, sia pure ai limitati fini dell'applicazione della disciplina del codice degli appalti pubblici (d.lgs. n. 163/2006) tra gli organismi di diritto pubblico di rilievo comunitario (che, com'è noto ricomprendono sia enti propriamente pubblici, che enti privati aventi particolari caratteristiche), ha escluso che la società ricorrente abbia ad oggetto lo svolgimento di attività di natura industriale o commerciale (Cass. S.U. n. 10068/2011).       I

Invero, partendo dal presupposto che tre sono i requisiti, che devono sussistere cumulativamente, perchè si possa parlare di organismo di diritto pubblico - a) l'ente deve essere diretto a soddisfare esigenze di interesse generale, prive di carattere industriale o commerciale; b) lo stesso deve essere dotato di personalità giuridica; e) la sua attività deve essere finanziata in via esclusiva o prevalente dallo Stato o da altro ente o organismo di diritto pubblico oppure (alternativamente) la sua gestione deve essere sottoposta al controllo dl questi ultimi- oppure (alternativamente) il suo organo amministrativo, di direzione o di vigilanza deve essere costituito da membri nominati per più della metà dallo Stato, o da altro ente o organismo pubblico - la Corte di cassazione ha escluso che gli interessi che la GESIP è diretta a soddisfare hanno natura industriale o commerciale. Ciò sul presupposto che la società «non opera in ambiente concorrenziale essendo il solo soggetto di cui il Comune di Palermo si avvale per la prestazione dei servizi» previsti dallo statuto. Ne consegue che «le ragioni che hanno presieduto alla creazione della Ge.sip s.p.a. e le condizioni in cui quest'ultima esercita la sua attività, portano a concludere che essa a stata istituita per soddisfare esigenze di carattere generale aventi carattere non industriale o commerciale».

Le considerazioni delle Sezioni Unite non sono state smentite dall'istruttoria espletata nel corso del presente procedimento, laddove gravava sulla GSIP, the ha chiesto la dichiarazione del proprio fallimento, l'onere di provare la propria qualità di imprenditore commerciale.

Invero, dalla documentazione acquisita agli atti non solo si evince che alla società ricorrente «è fatto divieto di svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, né in affidamento diretto né con gara, ad eccezione di quei servizi che costituiscono una estensione dei servizi istituzionali e ove sia presente un interesse del Comune di Palermo», come indicato al punto 3.3 dello statuto (con ciò confermandosi la circostanza che l'attività svolta dalla GESIP non è istituzionalmente diretta al pubblico degli utenti e dei consumatori, ma è svolta nei confronti dell'unico cliente Comune di Palermo, che le affida la gestione di servizi pubblici in house), ma non emerge nemmeno che una vera e propria attività imprenditoriale sia stata svolta di fatto, attualmente o nel passato, nei confronti di terzi, con la partecipazione a gare d'appalto o con l'acquisizione di commesse da parte di soggetti diversi dall'ente che la partecipa o ad esso connessi.

La mancanza della natura di imprenditore commerciale della GESIP esclude che la stessa possa rientrare tra i soggetti fallibili al sensi dell'art. 1, co. 1, 1.f. e, dunque, anche tra i soggetti sottoponibili ad amministrazione straordinaria ai sensi dell'art. 2 d.lgs. n. 270/1999. Conseguentemente la domanda proposta da parte ricorrente va senz'altro rigettata.

 

P.Q.M.

Visti gli artt. 1 l.f. e 2 d.lgs. n. 270/1999,

rigetta il ricorso;

manda alla Cancelleria per l'immediata comunicazione alle parti.

 

Palermo lì 08/01/2013

 

Il Giudice relatore

(dott. Giacomo Maria Nonno)

 

Il Presidente

(dott. Antonio Novara)

 

Depositata il

8 gennaio 2012
Avv. Antonino Sugamele

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