Per rimuovere le vetrate dalla facciata comune l'amministratore condominiale non necessita di autorizzazione dell'assemblea.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 3 ottobre - 29 novembre 2013, n. 26849
Presidente Triola – Relatore Carrato
Svolgimento del processo
Con atto di citazione, notificato il 10 maggio 1990, la sig.ra B.P. riassumeva, dinanzi al Tribunale di Milano, il giudizio pretorile n. 18140/88 r.g., già promosso dal Condominio di (omissis) , con ricorso per denuncia di nuova opera e danno temuto ex art. 688 c.p.c. e 1171 c.c., notificato il 26-27 ottobre 1988, con il quale era stata chiesta, al Pretore di Milano, la sospensione dei lavori di ristrutturazione dei locali, nonché della costruzione delle opere in corso nell'immobile sito al piano terreno dello stabile condominiale di proprietà della Sig.ra B.P. e del coniuge P.D. , condotto in locazione ad uso commerciale dalla Società La Foppa S.r.l.. Si costituiva il convenuto Condominio chiedendo al Tribunale la condanna dell'attrice al ripristino della situazione ex ante, avendo essa proseguito ed ultimato le opere, senza depositare la prescritta cauzione.
Con atto di citazione notificato il 26 settembre 1990, il Condominio di (omissis) , conveniva, dinanzi al medesimo Tribunale, entrambi i coniugi comproprietari e la conduttrice La Foppa S.r.l., quale esecutrice materiale delle opere, perché fossero condannati, previa declaratoria di illegittimità e/o abusività di tutte le opere realizzate, alla totale demolizione e rimozione delle opere costruite e al contestuale ripristino integrale, oltre che al ristoro dei danni patiti.
Si costituivano tutti i convenuti; in particolare, La Foppa S.r.l. eccepiva la carenza di legittimazione attiva sostanziale e processuale in capo all'Amministratore del Condominio. Con ordinanza del 16 febbraio 1994, la causa in questione veniva riunita, per connessione, alla prima rubricata al n. 8580/90 r.g..
Con atto di citazione notificato il 24 febbraio 1992, La Foppa S.r.l. e la sig.ra B.P. convenivano, sempre dinanzi al medesimo Tribunale, il Condominio citato, in riassunzione di due distinti procedimenti cautelari promossi con ricorsi ex art. 700 c.p.c., rispettivamente del 5 dicembre 1990 e del 16 gennaio 1991, con i quali gli stessi, avevano chiesto, al Pretore di Milano, di ordinare al Condominio di consentire l'installazione, negli appositi spazi condominiali, di un nuovo e più potente contatore dell'energia elettrice ed il collegamento con apposito cavo del manufatto all'impianto elettrico comune. Si costituiva il Condominio, contestando nel merito le domande formulate nei suoi confronti ed eccependo, in via pregiudiziale, l'illegittimità del ricorso ex art. 700 c.p.c. per la carenza del presupposto della sussistenza di un pregiudizio grave ed irreparabile. Anche tale giudizio era riunito alle cause sopra citate.
Riassunto il giudizio, ed instaurato il contraddittorio nei confronti anche di tutti i coeredi del de cuius, l'adito Tribunale, con sentenza n. 12872/2003, dichiarava cessata la materia del contendere in ordine ai lavori di demolizione dei muri portanti eseguiti da La Foppa S.r.l. all'interno del Bar ...; rigettava la domanda del Condominio relativa alle modifiche apportate ai serramenti delle vetrine del locale sito al piano terreno; accertava che il vano cantinato sottostante al bar era stato pacificamente posseduto per il periodo utile all'usucapione da parte dei proprietari del negozio, rigettando la domanda del Condominio di rimozione delle opere e dei servizi igienici ivi installati; dichiarava l'illegittimità delle opere realizzate nel vano cantinato ove era stata installata una cella frigorifera dalla predetta Società, con la contestuale rimozione delle stesse, perché realizzate senza il consenso preventivo dell'assemblea condominiale, essendo tale spazio di comune proprietà; condannava i proprietari e La Foppa S.r.l. al risarcimento dei danni in favore del Condominio; confermava il provvedimento pretorile che autorizzava l'installazione di un contatore di maggior potenza e del relativo cavo d'alimentazione per l'adeguamento dell'impianto elettrico del bar; dichiarava, infine, interamente compensate, fra le parti, le spese di lite.
Con atto di citazione notificato il 5 novembre 2004, i sigg.ri B.P. , in proprio ed in qualità di erede del sig. P.D. , P.L. e P.M. , in qualità di eredi del sig. P.D. , nonché La Foppa S.r.l., proponevano appello avverso la citata sentenza.
Nella costituzione del Condominio, il quale formulava appello incidentale, la Corte d'Appello di Milano, con sentenza n. 2031 del 2006, respingeva, per quanto di ragione, l'appello incidentale ed accoglieva parzialmente l'appello principale, dichiarando, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, la carenza di legittimazione attiva dell'amministratore condominiale e del Condominio di (omissis) , in ordine alle (ritenute) domande di carattere reale, ripristinatorio e risarcitorio, da esso proposte nel giudizio di primo grado rubricato al n. 15273/90 r.g., dichiarando assorbite e caducate, in via consequenziale, le pronunce del Tribunale afferenti l'acquisto per usucapione di un vano cantina (contenente servizi igienici), l'illegittimità delle opere riguardanti un altro vano cantina (contenente una cella frigorifera), la rimozione degli impianti ivi installati e la condanna al risarcimento dei danni da liquidarsi in separato giudizio (ferme restando le sole pronunce con cui era stata dichiarata cessata la materia del contendere in ordine ai lavori di demolizione dei muri portanti con effetto nei procedimenti nn. 8580/90 e 15273/90 r.g. ed era stato confermato il provvedimento pretorile che aveva consentito l'installazione di un contatore di maggiore potenza e del cavo di alimentazione ad esso relativo nel procedimento n. 4026/92 r.g.); dichiarava, infine, compensate fra le parti le spese di lite di entrambi i gradi del giudizio. Avverso tale sentenza i sigg.ri B.P. , in proprio ed in qualità di erede del sig. P.D. , P.L. e P.M. , in qualità di eredi del sig. P.D. , nonché La Foppa S.r.l., hanno proposto ricorso per cassazione, articolato in sei motivi.
Il Condominio di (omissis) , ha resistito con controricorso, formulando, al contempo, ricorso incidentale basato su tre motivi. Il difensore dei ricorrenti principali ha, altresì, depositato memoria difensiva ex art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo i ricorrenti principali hanno censurato la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 1130-1131-1136-1139-2909 c.c, 100-323-324-333-343-345-324 c.p.c, nonché l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., formulando, ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c, il seguente quesito di diritto (ratione temporis applicabile alla fattispecie in esame, risultando la sentenza impugnata, pubblicata il 2 agosto 2006): "dica codesta Ecc.ma Corte, letti i motivi di ricorso, esaminati gli atti ed i documenti ivi richiamati e ritualmente sottoposti al vaglio della Corte medesima, se, nella specie, in considerazione dell'accoglimento dell'eccezione formulata dai convenuti in primo grado in ordine alla carenza di legittimazione processuale e sostanziale ad agire in capo all'Amministratore del Condominio attore e, quindi, del Condominio medesimo, ad agire in giudizio, e da essi appellanti principali tempestivamente riproposta in grado d'appello, anche con riferimento all'appello incidentale proposto avverso i capi b), c), d), e), di cui alla pag. 27 della comparsa di costituzione e risposta, depositata il 21 dicembre 2004, per come reiterato in sede di conclusioni definitive, si sia formato il giudicato interno su tutti i capi della sentenza non impugnati dagli appellanti principali e, quindi, anche su quello afferente l'accertamento dell'intervenuta usucapione per come provveduto dal primo Giudice, cosi come su quelli afferenti la richiesta di ripristino dei muri interni e delle vetrine".
2. Con il secondo motivo i ricorrenti principali hanno dedotto la violazione e falsa applicazione degli artt. 2909 c.c., 99-324-100-102-112-132 c.p.c., nonché l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, il tutto in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., formulando il seguente quesito di diritto: "Dica codesta Ecc.ma Corte, letti i motivi di ricorso, esaminati gli atti ed i documenti ivi richiamati e ritualmente sottoposti al vaglio della Corte medesima, se la omessa, ovvero negativamente implicitamente assorbita pronuncia sull'eccezione di inammissibilità dell'appello incidentale, quanto al capo di condanna proposto solo nei confronti de La Foppa S.r.l., Sig. P.D. e Sig.ra B.P. con riferimento all'impugnazione incidentale relativa ai capi della sentenza di primo grado nel giudizio rg. 15273/1990 e quanto al capo di condanna proposto solo nei confronti della Sig.ra B.P. con riferimento all'impugnazione incidentale relativa ai capi della sentenza di primo grado nel giudizio rg. 8580/1990, sia da cassare e se la conseguenza correlativa, in accoglimento di detta eccezione, sia il passaggio in giudicato interno di tutti i capi della sentenza di primo grado autonomamente gravati con appello incidentale; ovvero se comunque in sede di giudizio di legittimità, codesta Corte Suprema sia delegata a dichiarare il detto passaggio in cosa giudicata".
3. Con il terzo motivo i ricorrenti principali hanno prospettato la violazione e falsa applicazione degli artt. artt. 1130-1131-1136-2909 c.c, 323-333-343-345-324-336, co. 1, c.p.c, nonché l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., formulando il seguente quesito di diritto: "Dica codesta Ecc.ma Corte, letti i motivi di ricorso, esaminati gli atti ed i documenti ivi richiamati e ritualmente sottoposti al vaglio della Corte medesima, se debba negarsi l'influenza ex art. 336, co.1, c.p.c. della riforma della sentenza in appello in punto carenza di legittimazione attiva dell'Amministratore, dichiarata sin dalla proposizione delle domande in primo grado, ad incidere sulla riforma del capo della sentenza che ha accolto le domande dei convenuti proposte in primo grado e segnatamente l'accertamento della intervenuta usucapione. Ciò anche in considerazione dell'inammissibilità dell'appello in accoglimento di quanto dedotto nel primo e secondo mezzo di gravame".
4. Con il quarto motivo i ricorrenti principali hanno dedotto la violazione e falsa applicazione degli artt. 2909 c.c., 99-100-112-333-343-324 c.p.c., nonché l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., formulando il seguente quesito di diritto: "Dica codesta Ecc.ma Corte, letti i motivi di ricorso, esaminati gli atti ed i documenti ivi richiamati e ritualmente sottoposti al vaglio della Corte medesima, se la pronuncia contenuta nella parte motiva della sentenza a valenza accoglitiva delle domande e motivi che la Corte territoriale dichiara poi inammissibili e quindi irrecivibili non sia censurabile sotto il profilo dell'error in procedendo ed in iudicando e quindi da annullare, non essendo possibile una motivazione di merito in ordine a domande dichiarate inammissibili per carenza di legittimazione propositiva".
5. Con il quinto motivo i ricorrenti principali hanno denunciato la violazione e falsa applicazione degli artt. 2909 c.c, 99-100-112-333-343-324 c.p.c., nonché l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., formulando il seguente quesito di diritto: "Dica codesta Ecc.ma Corte, letti i motivi di ricorso, esaminati gli atti ed i documenti ivi richiamati e ritualmente sottoposti al vaglio della Corte medesima, se per come proposta in primo grado ed in sede di appello incidentale, sia ammissibile da parte della Corte territoriale, pur avendo previamente dichiarato inammissibile la domanda, la qualificazione della domanda stessa proposta dal Condominio attore in modo del tutto diverso, quale actio negatoria servitutis, ovvero con ciò facendo la Corte sia incappata in vizio di competizione".
6. Con il sesto ed ultimo motivo i ricorrenti principali hanno dedotto la violazione e falsa applicazione degli artt. 2909 c.c., 91-336, co. 1, c.p.c., nonché l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., formulando il seguente quesito di diritto: "Dica codesta Ecc.ma Corte, letti i motivi di ricorso, esaminati gli atti ed i documenti ivi richiamati e ritualmente sottoposti al vaglio della Corte medesima, se il principio della soccombenza processuale debba valutarsi con riferimento primario alla reiezione della domanda attrice a seguito di pronuncia d'inammissibilità propositiva, come nella specie dichiarata dal Giudice dell'appello con riferimento alla domanda in primo grado proposta, circostanza che ha comportato l'obbligo in capo ai convenuti di resistere giudizialmente ab origine, a prescindere dalle domande proposte in sede costitutiva, ove, come nella specie, proposte a fini impeditivi dell'accoglimento delle domande attrici. Dica ancora codesta Corte Suprema se la soccombenza non debba valutarsi con riferimento alle singole posizioni delle parti convenute per come dedotte le rispettive difese, dei convenuti,, quindi, se la posizione de La Foppa S.r.l. non sia, nella specie, totalmente vittoriosa in entrambi i gradi del giudizio, quindi quanto meno, liquidare le spese ex art. 91 c.p.c., integralmente a favore di questa ricorrente convenuta in primo grado".
7. Con il primo motivo il Condominio ricorrente incidentale ha prospettato la violazione e falsa applicazione degli artt. 1130-1131-1136-1137-1362 e segg. c.c., 77-100-112 c.p.c. nonché l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, il tutto in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., ponendo il seguente quesito di diritto: "Dica codesta Suprema Corte se nella specie debba escludersi ex art. 1131 c.c., la legittimazione attiva dell'amministratore condominiale nonostante l'esistenza di una delibera assembleare di ratifica di promozione del giudizio ex art. 1131 c.c.; dica, altresì, se integra la violazione dei canoni ermeneutici codicisticamente fissati (artt. 1362 segg. c.c.) il mero riferimento del giudice di merito alla genericità del deliberato per escluderne l'efficacia; dica, inoltre, se, in applicazione dell'art. 1137 u.c. c.c., possa negarsi efficacia ad una delibera assembleare mai impugnata per violazione delle norme in tema di maggioranze qualificate ex art. 1136 c.c.".
8. Con il secondo motivo il ricorrente incidentale ha dedotto la violazione e falsa applicazione degli artt. 949-1117-1102-1120-1130 c.c, 102-112 c.p.c. nonché l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, il tutto in relazione all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., ponendo il seguente quesito di diritto: "Dica codesta Suprema Corte se, qualificando le domande azionate dal condominio con riferimento alle cantine in termini di azioni reale e quella afferente la demolizione delle vetrate quale actio negatoria servitutis, la Corte sia incorsa nel vizio di ultra o extrapetizione, tenuto conto della prospettazione offerta dal condominio per fondarvi domande svolte, così come illustrata e precisata negli atti di causa".
9. Con il terzo ed ultimo motivo il ricorrente incidentale ha prospettato la violazione e falsa applicazione degli artt. 1117-1130-1131 c.c., 100-102-336 e 354 c.p.c. nonché l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, il tutto in relazione all'art. 360, nn. 3 e 5, c.p.c., ponendo il seguente quesito di diritto: "Dica codesta Suprema Corte se possa ravvisarsi la legittimazione passiva dell'amministratore condominiale in relazione a domande proposte da un condominio o da terzi tese all'accertamento di un titolo di proprietà esclusiva, a titolo originario o derivativo, di beni normalmente condominiali ex art. 1117 c.c.; dica, altresì, se la domanda di accertamento di intervenuta usucapione di beni condominiali possa essere legittimamente proposta senza integrare il contraddittorio nei confronti di tutti i partecipanti al condominio, comproprietari pro quota".
10. Innanzitutto deve essere disposta la riunione dei ricorsi, ai sensi dell'art. 335 c.p.c., siccome proposti avverso la stessa sentenza.
11. Rileva, poi, il collegio che, in primo luogo, occorre farsi carico della eccezione - proposta nell'interesse del Condominio ricorrente incidentale - riguardante la supposta inammissibilità del ricorso principale per assunta violazione del requisito prescritto dall'art. 366, comma 1, c.p.c..
L'eccezione è destituita di fondamento perché, oltre a risultare formulata in forma del tutto generica, occorre porre in risalto come, in effetti, sia in calce al ricorso che nell'ambito dello svolgimento dei singoli motivi i ricorrenti principali avevano sufficientemente indicato i documenti sui quali il ricorso stesso era stato fondato.
12. Ciò posto, osserva il collegio che - nell'economia complessiva dei motivi proposti distintamente con i due ricorsi - si profila, all'evidenza, come pregiudiziale l'esame delle censure formulate con il ricorso incidentale poiché le stesse attengono alla questione preliminare della legittimazione dell'amministratore del Condominio ad intraprendere le azioni dedotte nei gradi di merito in correlazione con l'individuazione della natura delle stesse al fine di valutare la sussistenza della necessità o meno sul se il predetto amministratore dovesse essere preventivamente autorizzato dall'adozione di apposita delibera dell'assemblea condominiale, necessità, invero, ritenuta sussistente dalla Corte di appello di Milano con la sentenza impugnata, sul presupposto della qualificazione come reali delle azioni fatte valere dal Condominio (OMISSIS) . Le tre censure prospettate dal menzionato Condominio sono strettamente connesse - investendo tutte la predetta questione - e, quindi, possono essere esaminate congiuntamente.
In particolare, con la prima doglianza (assistita dalla rituale osservanza del requisito imposto dall'art. 366 bis c.p.c.), il ricorrente incidentale ha inteso contestare proprio la legittimità della sentenza impugnata nella parte in cui si era rilevata la carenza di legittimazione attiva del Condominio, così come rappresentato dal suo amministratore pro tempore, sul presupposto della genericità del verbale assembleare di ratifica dell'operato dell'amministratore stesso.
Con la seconda - più pregnante - censura (anch'essa ammissibilmente proposta in relazione all'assolvimento dell'onere processuale stabilito dal citato art. 366 bis c.p.c.), il ricorrente incidentale ha voluto confutare la sentenza impugnata con riferimento alla qualificazione delle azioni proposte dallo stesso Condominio, poiché esse non avrebbero potuto essere ricondotte nell'alveo delle azioni reali, risultando dirette alla conservazione dell'uso dell'immobile comune, in conformità della sua funzione e della destinazione originaria, tenendo anche conto che i condomini B. - P. non avevano posto in discussione la proprietà comune, sostenendo, di contro, di averle usucapite (formulando, a tal proposito, apposita eccezione). Di conseguenza, le domande dedotte in controversia si sarebbero dovute considerare rientranti nelle attribuzioni dell'amministratore, senza che fosse necessaria la sua preventiva e rituale investitura (e, quindi, il conferimento della relativa legittimazione) da parte dell'assemblea condominiale.
Con il terzo formulato motivo (pure ammissibile ai sensi dell'art. 366 bis c.p.c.) il ricorrente incidentale ha rimarcato ulteriormente il contenuto sostanziale della precedente censura, rappresentando - con riguardo al ritenuto effetto espansivo della statuizione concernente la declaratoria di difetto di legittimazione attiva dello stesso Condominio - che l'eccepita carenza di legittimazione avrebbe dovuto essere, invero, raccordata al tipo di azione proposta e all'accertamento della circostanza che essa si sarebbe dovuta collocare al di fuori della sfera di rappresentanza (legittima) dell'amministratore condominiale, alla stregua dei criteri interpretativi forniti sul punto dalla giurisprudenza di legittimità.
Così ricostruite le tre censure (di cui la seconda e la terza, tra loro collegate, assumono un valore preponderante in funzione della risoluzione della complessiva questione giuridica il prospettata) denunciate dal Condominio ricorrente incidentale, va rilevato che esse sono fondate per le ragioni che seguono.
Diversamente dal percorso argomentativo compiuto dalla Corte territoriale, il collegio ritiene che, nella fattispecie, non ricorressero le condizioni per qualificare come reali le domande per le quali erano state instaurate le controversie.
In effetti, le domande in questione riguardavano l'eliminazione delle "deturpanti" vetrate apposte sulla facciata condominiale, la totale demolizione dei servizi igienici e degli impianti connessi in un vano cantinato e la rimozione di una cella frigorifera in un altro ambiente.
Orbene, così circoscritto l'ambito delle esperite azioni, appare evidente - sulla scorta della consolidata giurisprudenza di questa Corte - che le azioni in discorso rivestivano un carattere di tipo meramente conservativo rispetto ai beni condominiali, ragion per cui l'amministratore del Condominio avrebbe potuto legittimamente intraprendere direttamente le suddette azioni anche in difetto di una delibera autorizzativa dell'assemblea condominiale, onde si sarebbe dovuto ritenere legittimato a tanto sin dal giudizio di primo grado (con la conseguenza che nessuna delibera dell'assemblea sarebbe stata necessaria anche in sede di giudizio di cassazione).
In particolare, con riguardo alla suddetta azione relativa alle vetrine, è stato affermato (cfr. Cass. n. 9378 del 1997; Cass. n. 24391 del 2008 e, da ultimo, Cass. n. 14626 del 2010) che, ai sensi degli artt. 1130, primo comma, n. 4), e 1131 c.c. ("ratione temporis" applicabili, nella versione antecedente alla novellazione intervenuta per effetto della legge 11 dicembre 2012, n. 220), l'amministratore del condominio è legittimato, senza necessità di una specifica deliberazione assembleare, ad instaurare un giudizio per la rimozione di aperture abusive eseguite, sulla facciata dello stabile condominiale, da taluni condomini, in quanto tale atto, essendo diretto a conservare il decoro architettonico dell'edificio contro ogni alterazione dell'estetica dello stesso, è finalizzato alla conservazione dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio. Ed era proprio questa, appunto, la finalità dell'azione esercitata dall'amministratore del Condominio "XXXXXXXX" per la rimozione delle vetrine, esulando in tale azione ogni intento rivendicativo e, comunque, escludendosi per la stessa la configurabilità di un contenuto reale, invece illegittimamente rilevato dalla Corte milanese che, erroneamente, ha incongruamente sostituito all'azione conservativa promossa dall'amministratore condominiale quella reale riconducibile ad una "negatoria servitutis". Allo stesso modo, si sarebbe dovuta riconoscere finalità conservativa alle azioni volte al recupero dei locali cantinati e allo sgombero, da un altro vano, della cella frigorifera, poiché - sempre in consonanza con la condivisibile giurisprudenza precedente di questa Corte (cfr., di recente, Cass. n. 16230 del 2011 e Cass. n. 1768 del 2012) - l'amministratore del condominio è pienamente legittimato ad agire - in via autonoma - per ottenere il rilascio di un immobile condominiale (così come la liberazione dallo stesso da eventuali beni mobili illegittimamente depositativi), attesa la natura personale dell'azione, poiché il recupero del bene (e la sua completa disponibilità materiale conseguente allo sgombero di eventuali impedimenti) deve ritenersi essenziale per l'ulteriore fruizione dello stesso bene da parte di tutti i condomini.
Chiarito questo essenziale aspetto, è necessario, altresì, evidenziare che, sulla scorta dell'esame degli atti processuali (consentito anche nella presente sede di legittimità in dipendenza della questione sul giudicato attinente alla supposta domanda di usucapione fata valere dagli attuali ricorrenti principali), è emerso che, nel giudizio di merito di primo grado, i convenuti (oggi, appunto, rivestenti la posizione di ricorrenti principali) non avevano, in effetti, formulato tempestivamente alcuna domanda riconvenzionale di usucapione, dovendo, invece, ritenersi che - nel prosieguo del giudizio - fosse stata proposta (ammissibilmente, poiché, "ratione temporis", si applicava - nella specie - il regime processuale antecedente all'entrata in vigore delle modifiche processuali introdotte della legge n. 353 del 1990, in vigore per le cause instaurate successivamente al 30 aprile 1995) una mera eccezione riconvenzionale di usucapione (o, al più, una semplice questione di accertamento incidentale non configurante una domanda ex art. 34 c.p.c). Pertanto, alla luce della natura meramente conservativa delle azioni proposte, si deve rilevare che il Condominio era pienamente legittimato, mediante la rappresentanza dell'amministratore (a prescindere dalla rituale adozione di una preventiva delibera autorizzativa dell'assemblea), a costituirsi nei gradi di merito (oltre che in sede di legittimità), con la conseguenza che la sentenza della C.A. di Milano è da qualificarsi errata, avendo, invece, ritenuto - proprio in virtù dell'erronea qualificazione delle azioni dedotte in controversia come reali - la carenza di legittimazione dell'amministratore e, quindi, del Condominio.
Di conseguenza, bisogna pervenire all'accoglimento dei tre motivi del ricorso incidentale (attinenti, infatti, al dedotto vizio di extrapetizione della sentenza impugnata e alla dichiarata illegittimità della costituzione del Condominio nei gradi di merito), da cui deriva l'assorbimento di tutti i motivi formulati con il ricorso principale, i quali hanno investito le questioni dipendenti riconducibili alla supposta mancata rilevazione della formazione del giudicato interno sulla intervenuta usucapione (pur in difetto - come sopra posto in risalto della proposizione di una domanda riconvenzionale in senso proprio sul punto) e alla (ritenuta) ingiusta regolazione delle spese all'esito del giudizio di appello. In virtù di tale pronuncia occorre disporre la cassazione della sentenza impugnata in relazione al ricorso incidentale (a cui si correla, appunto, l'assorbimento di tutte le censure prospettate con il ricorso principale), con il rinvio della causa ad altra Sezione della Corte di appello di Milano, che si conformerà ai principi di diritto precedentemente enunciati e provvedere anche sulle spese della presente fase di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie i tre motivi del ricorso incidentale e dichiara assorbiti tutti i motivi formulati con il ricorso principale. Cassa la sentenza impugnata in relazione al ricorso accolto e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, ad altra Sezione della Corte di appello di Milano.
02-12-2013 22:10
Richiedi una Consulenza