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Sentenza

Un provider può essere destinatario di un provvedimento inibitorio se i suoi cli...
Un provider può essere destinatario di un provvedimento inibitorio se i suoi clienti violano il diritto d'autore.
Avvocato Generale, conclusioni 26 novembre 2013, causa C-314/12 (*)
«Società dell'informazione – Diritti di proprietà intellettuale – Direttiva 2001/29/CE – Articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/29/CE – Articolo 16 della Carta dei diritti fondamentali – Misure nei confronti di un sito Internet che viola massicciamente il diritto d'autore – Provvedimento inibitorio nei confronti di un fornitore di accesso a Internet, in qualità di intermediario, i cui servizi sono utilizzati da terzi per violare un diritto d'autore – Provvedimento di blocco di un sito Internet che viola il diritto d'autore»

1. La presente causa offre alla Corte l'opportunità di sviluppare ulteriormente la propria giurisprudenza in merito alla tutela del diritto d'autore in Internet. A tal riguardo, oltre al contenuto e alla procedura di adozione di un provvedimento inibitorio in forza dell'articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/29/CE, si tratta di stabilire se possa essere adottato un provvedimento inibitorio nei confronti di un servizio di accesso a Internet («Internet service provider», in prosieguo: il «fornitore di accesso» o, anche, «provider») che consente un accesso a Internet non al gestore del sito Internet che viola in misura massiccia il diritto d'autore, ma solo agli utenti che si servono di detto sito.

I – Contesto normativo
A – Diritto dell'Unione

2. Il considerando 59 della direttiva 2001/29 così dispone:
«In particolare in ambito digitale, i servizi degli intermediari possono essere sempre più utilizzati da terzi per attività illecite. In molti casi siffatti intermediari sono i più idonei a porre fine a dette attività illecite. Pertanto fatte salve le altre sanzioni e i mezzi di tutela a disposizione, i titolari dei diritti dovrebbero avere la possibilità di chiedere un provvedimento inibitorio contro un intermediario che consenta violazioni in rete da parte di un terzo contro opere o altri materiali protetti. Questa possibilità dovrebbe essere disponibile anche ove gli atti svolti dall'intermediario siano soggetti a eccezione ai sensi dell'articolo 5. Le condizioni e modalità relative a tale provvedimento ingiuntivo dovrebbero essere stabilite dal diritto nazionale degli Stati membri».
3. L'articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/29 recita come segue:
«Gli Stati membri si assicurano che i titolari dei diritti possano chiedere un provvedimento inibitorio nei confronti degli intermediari i cui servizi siano utilizzati da terzi per violare un diritto d'autore o diritti connessi».
4. L'articolo 15 della direttiva 2000/31/CE, sotto la rubrica «Assenza dell'obbligo generale di sorveglianza», dispone:
«1. Nella prestazione dei servizi di cui agli articoli 12, 13 e 14, gli Stati membri non impongono ai prestatori un obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni che trasmettono o memorizzano né un obbligo generale di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza di attività illecite.
2. Gli Stati membri possono stabilire che i prestatori di servizi della società dell'informazione siano tenuti ad informare senza indugio la pubblica autorità competente di presunte attività o informazioni illecite dei destinatari dei loro servizi o a comunicare alle autorità competenti, a loro richiesta, informazioni che consentano l'identificazione dei destinatari dei loro servizi con cui hanno accordi di memorizzazione dei dati».
5. L'articolo 3 della direttiva 2004/48 dispone quanto segue:
«1. Gli Stati membri definiscono le misure, le procedure e i mezzi di ricorso necessari ad assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale di cui alla presente direttiva. Tali misure, procedure e mezzi di ricorso sono leali ed equi, non inutilmente complessi o costosi e non comportano termini irragionevoli né ritardi ingiustificati.
2. Le misure e i mezzi di ricorso sono efficaci, proporzionati e dissuasivi e sono applicati in modo da evitare la creazione di ostacoli al commercio legittimo e da prevedere salvaguardie contro gli abusi».
B – Normativa nazionale
6. La legge austriaca relativa al diritto di autore sulle opere letterarie e artistiche e ai diritti connessi (Urheberrechtsgesetz, in prosieguo: l'«UrhG») dispone al suo articolo 81 quanto segue:
«1. Chi abbia subìto la violazione di un diritto di esclusiva discendente dalla presente legge, oppure tema di poterla subire, può esperire un'azione inibitoria. Se la violazione è stata commessa, oppure sta per essere commessa, nell'esercizio di un'attività d'impresa, il proprietario dell'impresa può essere citato in giudizio anche per l'operato dei suoi impiegati o mandatari; l'articolo 81, paragrafo 1 bis, si applica conformemente.
1 bis Se il soggetto che ha commesso o sta per commettere tale violazione fruisce a tal riguardo dei servizi di un intermediario, l'azione inibitoria di cui al paragrafo 1 può essere esercitata anche nei confronti di quest'ultimo. Qualora rispetto a detto soggetto si configurino le condizioni di esclusione della responsabilità di cui agli articoli da 13 a 17 dell'ECG egli potrà però essere citato in giudizio solo a seguito di diffida».
7. L'articolo 13 della legge sul commercio elettronico (E-Commerce-Gesetz; in prosieguo: l'«ECG») tratta dell'esclusione della responsabilità dei prestatori di servizi nell'attività di trasporto. L'articolo 13, paragrafo 1, dispone:
«Un prestatore di servizi che trasmette, su una rete di comunicazione, informazioni fornite da un destinatario del servizio o fornisce l'accesso ad una rete di comunicazione non è responsabile delle informazioni trasmesse a condizione che egli
1) non dia origine alla trasmissione;
2) non selezioni il destinatario della trasmissione; e
3) non selezioni né modifichi le informazioni trasmesse».
8. L'articolo 355, paragrafo 1, della legge sull'esecuzione (Exekutionsordnung) recita:
«L'esecuzione nei confronti di un soggetto tenuto a un obbligo di non fare o di tollerare il compimento di un atto ha luogo con l'irrogazione, dietro richiesta, da parte del giudice incaricato dell'esecuzione, al momento dell'autorizzazione all'esecuzione, di un'ammenda per ogni violazione posta in essere dopo che il titolo ha acquisito forza esecutiva. Per ogni ulteriore violazione, il giudice dell'esecuzione deve irrogare, su richiesta, un'ulteriore ammenda oppure la reclusione fino ad una durata complessiva di un anno. (…)».

II – Fatti e procedimento principale

9. Il sito Internet gestito sotto il dominio kino.to consentiva agli utenti di accedere su vasta scala a film protetti dal diritto d'autore. In tal modo i film potevano essere visti in streaming oppure scaricati. Il primo sistema implica l'effettuazione di una riproduzione transitoria sul terminale, l'ultimo una riproduzione permanente, normalmente ad uso privato.
10. Tra i film messi a disposizione del pubblico sul sito Internet c'erano opere i cui diritti sono di titolarità delle ricorrenti nel procedimento principale, la Constantin Film Verleih GmbH e la Wega Filmproduktionsgesellschaft GmbH (in prosieguo, congiuntamente: le «ricorrenti»). Le ricorrenti non avevano rilasciato alcuna autorizzazione al riguardo.
11. La UPC Telekabel Wien GmbH (in prosieguo: la «resistente») è un fornitore di accesso austriaco di grandi dimensioni, che non si trova in alcun rapporto giuridico con i gestori del sito Internet kino.to e non metteva a loro disposizione né un accesso a Internet né uno spazio per la memorizzazione. Secondo il giudice del rinvio, si può però ritenere con quasi assoluta certezza che alcuni clienti della resistente abbiano fruito dell'offerta di kino.to.
12. Le ricorrenti sollecitavano la resistente, in via stragiudiziale, a bloccare il sito Internet kino.to. Giacché quest'ultima non aveva dato seguito al sollecito, le ricorrenti chiedevano all'Handelsgericht Wien di adottare un provvedimento cautelare nei confronti della resistente, volto ad impedire a quest'ultima di fornire ai propri clienti l'accesso al sito Internet kino.to, qualora su detto sito Internet venissero messi a disposizione dei clienti, integralmente o suddivisi in parti, determinati film delle ricorrenti. La domanda principale è stata specificata in ulteriori domande, designate come «richieste alternative» che non limitano la portata della domanda principale, con esempi di misure di blocco (blocco del DNS del dominio, blocco dell'indirizzo IP del sito Internet di volta in volta attuale, ad ogni modo solo a seguito di relativa notifica da parte delle ricorrenti).
13. Le ricorrenti basavano la loro domanda sull'articolo 81, paragrafo 1 bis, dell'UrhG, argomentando che la resistente forniva contenuti messi a disposizione in modo illecito. A loro giudizio, la fornitura di un siffatto accesso dovrebbe essere vietata e misure concrete dovrebbero essere oggetto di esame solo nella procedura esecutiva. La resistente ribatte invece che essa non ha alcun rapporto con i gestori del sito Internet kino.to e che fornisce l'accesso a Internet solo ai suoi clienti, che non hanno commesso alcun atto illecito. Inoltre, un blocco generale dell'accesso ad un sito Internet non sarebbe possibile né ragionevole. Le concrete misure proposte sarebbero invece sproporzionate.
14. Con ordinanza del 13 maggio 2011, l'Handelsgericht Wien proibiva alla resistente di fornire ai suoi clienti l'accesso al sito kino.to, qualora venissero ivi messi a disposizione i film menzionati dalle ricorrenti, in particolare attraverso il blocco del DNS del dominio e il blocco degli indirizzi IP attuali e futuro di cui la resistente possa venire a conoscenza. A tal riguardo, si considerava comprovato che tali due misure potessero essere adottate con un impiego di mezzi trascurabile e, tuttavia, potessero essere molto facilmente aggirate. Ciò nonostante esse rappresentavano i metodi più efficaci per impedire l'accesso. Non sarebbe dimostrato il fatto che il sito kino.to condivida il suo indirizzo IP con server che offrano contenuti leciti. Entrambe le parti proponevano ricorso contro l'ordinanza.
15. Nel giugno del 2011, il sito Internet kino.to, a seguito di intervento delle autorità penali tedesche nei confronti dei suoi gestori, sospendeva la sua attività.
16. Con ordinanza del 27 ottobre 2011, l'Oberlandesgericht Wien, quale giudice d'appello, modificava la decisione del giudice di prime cure nel senso che vietava la fornitura dell'accesso al sito kino.to senza menzionare le concrete misure da adottare. L'articolo 81, paragrafo 1 bis, dell'UrhG trasporrebbe l'articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/29 e dovrebbe essere interpretato in modo conforme al diritto dell'Unione ai sensi del considerando 59 della direttiva 2001/29. La resistente consentirebbe ai suoi clienti l'accesso a contenuti messi a disposizione illecitamente e sarebbe pertanto un'intermediaria ai sensi della legge, a prescindere dal fatto che i suoi clienti abbiano compiuto a loro volta atti illeciti. Dovrebbe essere vietato alla resistente, in generale, di ledere la proprietà intellettuale delle ricorrenti, senza menzione di specifiche misure. Per effetto della decisione verrebbe ad essa prescritto di conseguire un risultato (segnatamente di impedire la lesione del diritto di proprietà intellettuale). La scelta del mezzo con cui raggiungere tale risultato spetterebbe alla resistente che dovrebbe porre in essere tutto quanto sia per essa possibile e ragionevole. L'eventuale mancanza di proporzionalità di una specifica misura richiesta ai fini dell'impedimento della lesione, come sostenuto dalla resistente, dovrebbe essere oggetto di esame solo nel cosiddetto procedimento esecutivo, in cui si verificherebbe se siano state adottate tutte le misure ragionevoli oppure se abbia avuto luogo una violazione dell'ordinanza.
17. La resistente si oppone a tale decisione con un ricorso per cassazione presentato all'Oberster Gerichtshof, richiedendo il rigetto di tutte le domande presentate dalle ricorrenti.

III – Domanda di pronuncia pregiudiziale e procedimento dinanzi alla Corte

18. L'Oberster Gerichtshof ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia dell'Unione europea le seguenti questioni pregiudiziali:
«1. Se l'articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/29 debba essere interpretato nel senso che un soggetto, il quale mette a disposizione del pubblico in Internet materiali protetti senza l'autorizzazione dei titolari dei diritti (articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2001/29), utilizza i servizi del fornitore di accesso a Internet dei soggetti che accedono a tali materiali.
2. In caso di risposta negativa alla prima questione: se una riproduzione effettuata per uso privato [articolo 5, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 2001/29] e una riproduzione transitoria o accessoria (articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/29) siano ammissibili soltanto qualora l'originale usato per la riproduzione sia stato riprodotto, diffuso o reso accessibile al pubblico in modo lecito.
3. In caso di risposta affermativa alla prima o alla seconda questione, e di conseguente necessità di adottare provvedimenti inibitori ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/29 nei confronti del fornitore di accesso a Internet degli utenti: se sia compatibile con il diritto dell'Unione, in particolare con la necessità di operare un bilanciamento dei diritti fondamentali delle parti coinvolte, vietare a un fornitore di accesso a Internet in modo totalmente generale (dunque senza la prescrizione di misure concrete) di consentire ai suoi clienti l'accesso a un determinato sito Internet fintanto che ivi siano, esclusivamente o prevalentemente, resi accessibili contenuti senza l'autorizzazione dei titolari dei diritti, qualora il fornitore di accesso a Internet possa evitare sanzioni per la violazione di tale divieto dimostrando di avere comunque adottato tutte le misure ragionevoli.
4. In caso di risposta negativa alla terza questione: se sia compatibile con il diritto dell'Unione, in particolare con la necessità di bilanciamento dei diritti fondamentali delle parti coinvolte, prescrivere a un fornitore di accesso a Internet determinate misure volte a rendere più difficile ai suoi clienti l'accesso a un sito Internet nel quale siano resi disponibili contenuti in modo illecito, qualora tali misure comportino un impiego di mezzi non trascurabile e, tuttavia, possano essere facilmente aggirate anche senza particolari conoscenze tecniche».
19. Le ricorrenti, la resistente, la Repubblica italiana, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica d'Austria, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, nonché la Commissione hanno presentato osservazioni scritte.
20. All'udienza del 20 giugno 2013 hanno presentato osservazioni orali le ricorrenti, la resistente, la Repubblica d'Austria e la Commissione.

IV – Valutazione giuridica
A – Considerazioni preliminari e contesto tecnico

21. Poche invenzioni hanno modificato così radicalmente le nostre abitudini e la nostra fruizione di mezzi di comunicazione come quella di Internet. La rete, che non ha ancora compiuto trent'anni nella forma a noi conosciuta, consente la comunicazione e lo scambio di dati in tutto il mondo. Le nuove forme di comunicazione sono divenute in pochissimo tempo di una tale ovvietà che il relatore speciale delle Nazioni Unite, incaricato di riferire sulla libertà di espressione, ritiene essenziale, in una società democratica, l'accesso alle informazioni fornito per il tramite di Internet.
22. Tuttavia, le nuove tecnologie implicano anche la possibilità di abuso. Ciò è particolarmente vero per la violazione del diritto d'autore in Internet. A tal proposito, è raro imbattersi in casi così gravi come quello di specie. Secondo le indicazioni delle ricorrenti, sul sito kino.to, visitato quotidianamente da oltre 4 milioni di utenti temporanei, sono state poste a disposizione per lo streaming o il download, senza l'autorizzazione dei titolari dei diritti, oltre 130 000 opere cinematografiche. I gestori del sito Internet hanno ricavato annualmente dalla loro offerta proventi pubblicitari per diversi milioni di euro prima che il sito Internet, nel giugno del 2011, potesse essere chiuso a seguito di indagini della procura generale di Dresda, a seguito di una denuncia. Nessuna delle parti coinvolte ritiene leciti i contenuti del sito Internet, anzi, i suoi gestori sono stati già perseguiti penalmente nella Repubblica federale di Germania per sfruttamento commerciale non autorizzato di opere tutelate dal diritto d'autore.
23. I titolari dei diritti si oppongono a tali siti Internet che ledono massicciamente il diritto d'autore. I loro gestori e i fornitori di accesso che forniscono loro accesso a Internet operano però di frequente al di fuori dei confini europei oppure occultano la loro identità. I titolari dei diritti tentano pertanto di realizzare il loro obiettivo richiedendo provvedimenti contro i fornitori di accesso per costringerli a bloccare l'offerta che viola i loro diritti. Il dibattito sulla legittimità di siffatti provvedimenti che dispongono il blocco nei confronti dei fornitori di accesso è molto animato in molti Stati membri.
24. A rendere complessa la discussione contribuisce il fatto che i blocchi dei siti Internet da parte dei fornitori di accesso non sono tecnicamente privi di problemi. Il giudice del rinvio menziona, a tal proposito, in particolare, la possibilità di un blocco dell'IP e di un blocco del DNS.
25. Gli indirizzi IP sono indirizzi numerici assegnati ai dispositivi in rete su Internet, al fine di consentire la loro reciproca comunicazione. Nel caso di blocco da parte di un fornitore di accesso, le richieste di accesso non vengono più inoltrate dai servizi di tale provider all'indirizzo IP bloccato. I blocchi del DNS (Domain Name System), invece, riguardano i nomi a dominio, utilizzati dagli utenti al posto dei poco pratici indirizzi IP. I server DNS, gestiti da ciascun fornitore di accesso, «traducono» i nomi a dominio in indirizzi IP. In caso di blocco del DNS viene impedita tale traduzione. Oltre ai due menzionati sistemi di blocco di un sito Internet, l'intero traffico Internet di un provider può anche essere trasferito su un server proxy e filtrato. Tutti i suddetti sistemi possono però essere aggirati. Gli utenti, secondo quanto accertato dal giudice del rinvio, possono facilmente raggiungere il sito Internet illegale anche senza particolari conoscenze tecniche. I gestori del sito Internet illegale possono renderlo disponibile anche utilizzando un diverso indirizzo.
26. Con la direttiva 2001/29, il legislatore dell'Unione europea ha introdotto disposizioni specifiche per la protezione del diritto d'autore nella società dell'informazione. Oltre ad un'armonizzazione dei diritti dell'autore come del diritto di riproduzione (articolo 2), del diritto di comunicazione di opere al pubblico, compreso il diritto di mettere a disposizione del pubblico altri materiali protetti (articolo 3), e del diritto di distribuzione (articolo 4), nonché delle eccezioni e limitazioni, la direttiva dispone altresì che gli Stati membri prevedano adeguate sanzioni e mezzi di ricorso contro le violazioni dei diritti e degli obblighi di cui alla direttiva, in particolare anche la possibilità per il titolare dei diritti di chiedere un provvedimento inibitorio nei confronti degli intermediari «i cui servizi siano utilizzati da terzi per violare un diritto d'autore o diritti connessi» (articolo 8, in particolare paragrafo 3). Anche la direttiva 2004/48 obbliga gli Stati membri a definire misure leali, eque, effettive, proporzionate e dissuasive per assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale (articolo 3), tra cui anche ingiunzioni (articolo 11).
27. Nel contempo, il legislatore ha però preso posizione anche riguardo al particolare significato dell'infrastruttura di Internet e ha introdotto, con gli articoli da 12 a 15 della direttiva 2000/31/CE, disposizioni concernenti la responsabilità dei prestatori intermediari nell'ambito del commercio elettronico le quali, a tenore del considerando 16 della direttiva 2001/29, sono fatte salve sia da quest'ultima sia dalla direttiva 2004/48, a termini del suo articolo 2, paragrafo 3, lettera a). Nonostante tali disposizioni, i fornitori di accesso devono osservare nella prassi, a seconda dello Stato membro, norme diverse nel gestire i contenuti illegali di cui abbiano conoscenza.
28. Infine, il blocco di siti Internet rappresenta una lesione di un diritto fondamentale e deve essere esaminato anche sotto tale profilo.

B – Ricevibilità

29. Prima facie si potrebbe dubitare della ricevibilità della presente domanda di pronuncia pregiudiziale. Le ricorrenti nel procedimento principale chiedono, infatti, un provvedimento cautelare con il quale sia vietato alla resistente di fornire l'accesso ad un sito Internet che non è più raggiungibile già dal giugno del 2011. Si potrebbe, in tale contesto, dubitare della sussistenza di un interesse alla tutela giurisdizionale.
30. La domanda di pronuncia pregiudiziale è tuttavia ricevibile. Va rammentato al riguardo che il giudice del rinvio può proporre, in forza dell'articolo 267 TFUE, una questione relativa all'interpretazione del diritto dell'Unione, laddove ritenga necessaria una decisione su tale aspetto ai fini dell'emanazione della sua sentenza. Secondo costante giurisprudenza della Corte, in linea di principio, incombe al giudice nazionale adito valutare, tenuto conto delle peculiarità della causa, la necessità di una pronuncia pregiudiziale e la pertinenza delle questioni sottoposte alla Corte.
31. La Corte si discosta da detto principio solo quando l'interpretazione del diritto dell'Unione risulti «in modo manifesto» priva di rilevanza per la causa pendente, le questioni sottoposte siano di natura meramente ipotetica o addirittura la controversia in oggetto sia costruita artificiosamente.
32. Secondo le indicazioni fornite dal giudice del rinvio, quest'ultimo è tenuto, tuttavia, ad emanare la propria sentenza sulla base della situazione di fatto esistente al momento della decisione di primo grado, vale a dire in relazione ad un momento in cui il sito Internet oggetto di controversia risultava ancora accessibile. Entro detti limiti sussiste un'effettiva controversia per la quale sono senza dubbio pertinenti le questioni sollevate.

C – Prima questione pregiudiziale

33. Il giudice del rinvio chiede se l'articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/29 debba essere interpretato nel senso che il fornitore di accesso del soggetto che effettua l'accesso ad un'opera che viola l'articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2001/29 possa essere considerato come intermediario i cui servizi siano «utilizzati» da chi viola il diritto d'autore.
34. In caso affermativo, infatti, può essere emesso un provvedimento inibitorio ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/29 anche nei confronti del fornitore di accesso dell'utente di Internet che effettua l'accesso e non solo di quello del sito Internet lesivo. Come motivazione della legittimità di un siffatto provvedimento, dal punto di vista teorico, vanno presi in considerazione due approcci che costituiscono lo sfondo delle prime due questioni pregiudiziali sollevate dal giudice del rinvio. In primo luogo, tale è il senso della prima questione, si potrebbe argomentare che sia legittimo un provvedimento inibitorio nei confronti del provider del soggetto che effettua l'accesso, in quanto detto provider è un intermediario i cui servizi sono utilizzati dai gestori di siti Internet illegali per violare il diritto d'autore. In secondo luogo, in tale contesto il giudice del rinvio pone la seconda questione pregiudiziale, secondo la quale un siffatto provvedimento potrebbe essere però giustificato anche dal fatto che i clienti del provider, i quali accedono al sito Internet illegale, agiscono anch'essi illecitamente e, di conseguenza, i servizi del fornitore di accesso sono utilizzati dai suoi clienti per violare il diritto d'autore, il che rende nuovamente applicabile la norma.
35. Le ricorrenti, l'Italia, i Paesi Bassi, il Regno Unito e la Commissione sostengono che un soggetto, il quale mette a disposizione del pubblico in Internet un'opera protetta senza l'autorizzazione del titolare dei diritti, utilizza i servizi del fornitore di accesso del soggetto che accede all'opera. Anche il giudice del rinvio propende per tale tesi. Solo la resistente è di diverso avviso.
36. Anch'io sono dell'opinione che il fornitore di accesso dell'utente debba essere considerato come un intermediario i cui servizi sono utilizzati da terzi per violare il diritto d'autore. Ciò risulta dal tenore letterale, dal contesto e dalla ratio della disposizione. Prima di passare ad esaminarli, è opportuno esporre la precedente giurisprudenza.
1. Precedente giurisprudenza della Corte
37. La presente causa non è la prima occasione in cui la Corte ha dovuto confrontarsi con il ruolo di un fornitore di accesso come intermediario i cui «servizi sono utilizzati da terzi per violare il diritto d'autore (...)» ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/29.
38. Nella causa LSG-Gesellschaft zur Wahrnehmung von Leistungsschutzrechten la Corte ha dichiarato che «un fornitore di accesso che si limiti a procurare agli utenti l'accesso a Internet, senza proporre altri servizi, quali, ad esempio, un servizio di posta elettronica, un FTP o un servizio di condivisione dei file, né esercitare un controllo giuridico o sostanziale sul servizio utilizzato, deve essere considerato un “intermediario” ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/29».
39. La Corte motivava tale soluzione deducendo che il provider fornisce al cliente un servizio suscettibile di essere utilizzato da terzi per violare il diritto d'autore. Ciò discenderebbe anche dal considerando 59 della direttiva 2001/29, in quanto il provider renderebbe possibile la violazione di diritti attraverso la fornitura dell'accesso a Internet. Infine, tale conclusione conseguirebbe altresì dalla finalità della direttiva, consistente, segnatamente, in una tutela giuridica effettiva del diritto d'autore. Contrariamente alla presente causa, quella aveva ad oggetto i cosiddetti «sistemi di condivisione dei file», in cui sono proprio gli utenti del fornitore di accesso ad offrire in Internet opere lesive del diritto d'autore.
40. L'interpretazione dell'articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/29 effettuata nella causa LSG-Gesellschaft zur Wahrnehmung von Leistungsschutzrechten è stata confermata dalla sentenza emanata nella causa Scarlet Extended. In quella sede, la Corte constatava inoltre che, ai sensi degli articoli 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/29 e 11, terza frase, della direttiva 2004/48, i titolari di diritti di proprietà intellettuale possono chiedere un provvedimento inibitorio nei confronti degli intermediari, come ad esempio i fornitori di accesso, che contribuisca non solo a porre fine alle violazioni già inferte, ma anche a prevenire nuove violazioni.
41. Secondo la giurisprudenza della Corte, anche i gestori di piattaforme di social network in Internet rientrano nella nozione di intermediario di cui all'articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/29.
42. Da quanto premesso si può affermare, in sintesi, che la giurisprudenza ha già chiarito che i fornitori di accesso, in linea di principio, vanno considerati come «intermediari i cui servizi siano utilizzati da terzi per violare un diritto d'autore» ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/29 e pertanto come destinatari del provvedimento menzionato nella disposizione. Resta però ancora da chiarire, come il giudice del rinvio ha illustrato in modo pertinente, se l'articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/29 preveda un provvedimento inibitorio nei confronti di un provider anche nel caso in cui quest'ultimo abbia fornito un accesso a Internet non allo stesso soggetto che viola il diritto d'autore, ma solo a coloro che accedono all'offerta che lede detti diritti, se dunque (usando le parole della disposizione) il fornitore di contenuti che violano il diritto d'autore utilizza a tal fine i servizi del provider dell'utente che effettua l'accesso a detti contenuti.
2. Interpretazione della disposizione
a) Tenore letterale
43. La resistente ritiene che un tale fornitore di accesso non sarebbe preso in considerazione quale destinatario del provvedimento prescritto dall'articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/29, in quanto esso, in mancanza di un rapporto contrattuale con il soggetto che viola il diritto d'autore, non avrebbe alcuna possibilità di intervenire su quest'ultimo e la violazione di diritti sarebbe commessa attraverso la messa a disposizione del pubblico dell'opera senza che ciò gli sia imputabile. I servizi del fornitore di accesso non sarebbero pertanto «utilizzati da terzi per violare un diritto d'autore» ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/29. Un'interpretazione così ampia dell'espressione «siano utilizzati» includerebbe, in fin dei conti, anche fornitori di elettricità, servizi di inoltro pacchi e altri.
44. Tale tesi non mi convince. Come già più volte ribadito, in forza dell'articolo 8, paragrafo 3, deve poter essere richiesto un provvedimento nei confronti di intermediari «i cui servizi siano utilizzati da terzi per violare un diritto d'autore». Pertanto, la norma non richiede esplicitamente un rapporto contrattuale tra l'intermediario e il soggetto che viola il diritto d'autore.
45. È però dubbio se i servizi del provider del soggetto che accede ad un'informazione illegale siano «utilizzati» per violare il diritto d'autore anche da chi abbia messo a disposizione del pubblico detta informazione e abbia così violato l'articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2001/29.
46. Su tale aspetto il giudice del rinvio e la resistente esprimono dubbi, in quanto la fattispecie dell'articolo 3 della direttiva 2001/29 sarebbe già realizzata allorché il gestore del sito Internet lesivo del diritto d'autore abbia messo a disposizione in Internet la pagina tramite il proprio fornitore di accesso.
47. È fuor di dubbio che un sito Internet, con la sua attivazione per il tramite del fornitore di accesso del gestore di tale sito, ai sensi dell'articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2001/29, è stato già «messo a disposizione del pubblico, in maniera tale che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento scelti individualmente». Tuttavia, tale accesso viene fornito a ciascuno in primo luogo dal proprio provider. Sebbene si possa ormai prescindere da un determinato provider senza che con ciò il sito Internet risulti non più accessibile, tuttavia i fornitori di accesso degli utenti di Internet, nel loro insieme, sono necessari affinché si possa parlare di una «messa a disposizione del pubblico» in Internet. Il giudice del rinvio osserva correttamente, a tal riguardo, che la messa a disposizione diviene praticamente rilevante solo con la possibilità di accesso da parte degli utenti di Internet.
48. Ciò significa però che, in base al tenore letterale della disposizione, anche i servizi del fornitore di accesso dell'utente di Internet sono utilizzati dall'autore della violazione per violare il diritto d'autore, a prescindere dal fatto che lo stesso autore della violazione si trovi in un rapporto contrattuale con il fornitore di accesso.
b) Contesto
49. Anche il contesto della disposizione depone a favore di tale conclusione interpretativa.
50. A tal riguardo, occorre anzitutto far riferimento al considerando 59 della direttiva 2001/29, secondo il quale «i servizi degli intermediari possono essere sempre più utilizzati da terzi per attività illecite. In molti casi siffatti intermediari sono i più idonei a porre fine a dette attività illecite. Pertanto fatte salve le altre sanzioni e i mezzi di tutela a disposizione, i titolari dei diritti dovrebbero avere la possibilità di chiedere un provvedimento inibitorio contro un intermediario che consenta violazioni in rete da parte di un terzo contro opere o altri materiali protetti».
51. Il considerando dimostra che la direttiva 2001/29 considera gli intermediari come i migliori destinatari possibili di misure volte a porre fine alle violazioni di diritto d'autore principalmente in quanto essi trasmettono i dati «in rete». Il tenore letterale dimostra che non si deve trattare, a tal riguardo, necessariamente della prima trasmissione dei dati in una rete, ma anche di una siffatta ulteriore trasmissione. Ciò emerge ancora più chiaramente nelle versioni inglese e spagnola della direttiva: «who carries a third party's infringement of a protected work (…) in a network» ovvero «que transmita por la red la infracción contra la obra (…) cometida por un tercero». In tal modo sono però inclusi del pari, come possibili destinatari del provvedimento, i fornitori di accesso degli utenti che effettuano l'accesso.
52. Le regole sulla responsabilità degli intermediari, definite nella direttiva 2000/31, non ostano, in linea di principio, all'emanazione di un provvedimento inibitorio nei confronti dei fornitori di accesso ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/29. Sebbene l'articolo 12 della direttiva 2000/31 contempli regole particolari concernenti la responsabilità degli intermediari per il semplice trasporto di informazioni, tuttavia, ai sensi del paragrafo 3 della disposizione, esse lasciano espressamente impregiudicata la possibilità che un organo giurisdizionale o un'autorità amministrativa esiga che il prestatore ponga fine ad una violazione.
53. La possibilità dell'emanazione di un provvedimento nei confronti di un fornitore di accesso è contemplata anche dalla direttiva 2004/48 che ugualmente prevede, all'articolo 11, paragrafo 3, provvedimenti ingiuntivi nei confronti di intermediari i cui servizi sono utilizzati da terzi per violare un diritto di proprietà intellettuale.
54. Anche un'interpretazione sistematica depone pertanto a favore del fatto che l'articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/29 includa i provider come possibili destinatari di un provvedimento anche nel caso in cui essi siano fornitori di accesso non dell'autore della violazione ma del soggetto che accede al sito Internet lesivo del diritto d'autore.
c) Ratio
55. Infine, anche la ratio della disposizione depone a favore di un'interpretazione dell'articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/29, nel senso che l'autore della violazione utilizza i servizi del fornitore di accesso del soggetto che effettua l'accesso.
56. Una siffatta interpretazione corrisponde all'intenzione del legislatore di assicurare un elevato livello di protezione del diritto d'autore. Secondo l'intenzione del legislatore, un sistema «efficace e rigoroso» di protezione del diritto d'autore è necessario per garantire la creazione e la produzione culturale europea.
57. La direttiva 2001/29 mira ad assicurare tale elevato livello di protezione proprio in vista delle sfide della società dell'informazione. Come discende dal considerando 59 della direttiva 2001/29, il legislatore, alla luce degli sviluppi della tecnica, considerava l'intermediario dell'informazione in molti casi come il più idoneo ad intervenire contro informazioni illegali. L'esempio di un sito Internet posto on line da un fornitore di accesso in un paese extraeuropeo chiarisce il motivo per cui l'intermediario avrebbe, secondo il legislatore, un siffatto ruolo chiave: in un caso del genere, mentre il sito Internet e i suoi gestori spesso non sono perseguibili, l'intermediario continua ad essere un adeguato soggetto di riferimento.
58. È evidente che l'intermediario che non abbia rapporti contrattuali con chi viola il diritto d'autore non può essere in alcun caso chiamato a rispondere incondizionatamente per porre fine alla violazione. Nell'ambito delle mie proposte di soluzione della terza e della quarta questione pregiudiziale farò alcune osservazioni sulle condizioni da osservare a tal riguardo.
59. Alla prima domanda pregiudiziale va dunque risposto che l'articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/29 deve essere interpretato nel senso che un soggetto, il quale mette a disposizione del pubblico in Internet materiali protetti senza l'autorizzazione dei titolari dei diritti e pertanto viola i diritti di cui all'articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2001/29, utilizza i servizi del fornitore di accesso a Internet dei soggetti che accedono a tali materiali. Dato che rispondo, quindi, in modo affermativo alla prima questione pregiudiziale, mi occuperò direttamente della terza questione pregiudiziale.

D – Terza questione pregiudiziale

60. La terza questione pregiudiziale si segnala per la sua complessità già dal modo in cui è formulata. Essa combina due aspetti. Il giudice, pertanto, chiede anzitutto se sia compatibile con il diritto dell'Unione, in particolare con i diritti fondamentali, vietare in sede giurisdizionale a un provider in modo totalmente generale, nell'ambito dell'articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/29, di consentire ai suoi clienti l'accesso a un determinato sito Internet sul quale vengano messi a disposizione esclusivamente o prevalentemente contenuti senza l'autorizzazione dei titolari dei diritti. Il giudice del rinvio designa il provvedimento giurisdizionale così formulato come un «divieto di risultato» (Erfolgsverbot), con cui si intende che il destinatario del provvedimento deve impedire un determinato evento (segnatamente l'accesso al sito Internet), senza che vengano menzionate le misure che il destinatario del provvedimento deve adottare a tal fine.
61. Tale questione si pone però, ed è il secondo elemento della questione, in una particolare veste processuale. Il fornitore di accesso può infatti evitare sanzioni per la violazione del «divieto di risultato» fornendo la prova di aver adottato tutte le misure ragionevoli per rispettarlo. Alla base di detto elemento si trovano le particolari norme nazionali sull'emanazione e sull'esecuzione di un provvedimento come quello descritto nel presente caso dal giudice del rinvio.
62. Nel prosieguo dovrà essere esposta anzitutto la posizione delle parti coinvolte, quindi, a fini di chiarezza, occorrerà illustrare brevemente e in modo semplice le norme nazionali. Seguirà infine la valutazione giuridica della questione.
1. I punti di vista delle parti
63. Le parti hanno sostenuto diverse posizioni sulla questione pregiudiziale.
64. L'Italia, i Paesi Bassi e il Regno Unito considerano sostanzialmente un compito dei giudici nazionali esaminare, nel caso specifico, il tipo di provvedimento inibitorio in considerazione di determinati requisiti, in particolare del principio di proporzionalità e di un giusto equilibrio tra i diritti degli interessati. L'Italia e i Paesi Bassi hanno trattatocongiuntamente la terza e la quarta questione pregiudiziale.
65. Le ricorrenti e la Repubblica d'Austria ritengono che un divieto di risultato sarebbe compatibile con il diritto dell'Unione anche nella specifica configurazione processuale. Le ricorrenti basano tale tesi sull'interesse ad un ricorso effettivo contro violazioni del diritto d'autore e sull'approccio neutrale della giurisprudenza sul piano della tecnologia. Il procedimento non sarebbe censurabile, in quanto i giudici nazionali avrebbero esaminato il carattere di proporzionalità in ordine al provvedimento di disabilitazione, segnatamente la questione se il sito Internet oggetto di controversia abbia reso accessibili, esclusivamente o prevalentemente, determinati contenuti senza l'autorizzazione dei titolari dei diritti. Il fornitore di accesso dovrebbe tollerare l'incertezza relativa alle misure da adottare in ragione delle gravissime violazioni e dell'auspicata apertura alla tecnologia. I legittimi interessi del fornitore di accesso sarebbero presi in considerazione nella procedura esecutiva. Anche l'Austria considera ammissibile il procedimento nell'interesse dell'effettiva tutela giurisdizionale in caso di sistematiche violazioni del diritto d'autore, tanto più che il fornitore di accesso si troverebbe in una situazione migliore del titolare di diritti per scegliere la misura di blocco adeguata.
66. La resistente e la Commissione negano l'ammissibilità di un divieto di risultato nelle descritte circostanze processuali. Secondo la resistente, un siffatto divieto non soddisfa i requisiti stabiliti dalla giurisprudenza nell'ambito dell'articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/29. Il fornitore di accesso non avrebbe alcuna relazione contrattuale con l'autore della violazione. Il divieto di risultato farebbe gravare in modo inaccettabile su detto fornitore di accesso la valutazione della questione di quali misure di blocco siano ragionevoli; erronee valutazioni al riguardo potrebbero far sorgere la responsabilità del provider riguardo al divieto di risultato o nei confronti dei clienti. La Commissione ravvisa una violazione del principio di proporzionalità nel fatto che il giudice nazionale, ignorando la portata delle misure necessarie, non potrebbe verificare se queste ultime sianoproporzionate. La possibilità di evitare sanzioni non supplirebbe a corretto esame di proporzionalità nell'emanazione del provvedimento.
2. La normativa austriaca
67. A fini di una migliore comprensione, in particolare, degli aspetti processuali della questione pregiudiziale sottoposta dal giudice del rinvio, mi sembrano opportune alcune osservazioni in merito alla normativa austriaca.
68. Al fine di proteggere i diritti assoluti, vale a dire diritti che possono essere fatti valere dal titolare nei confronti di chiunque, la normativa austriaca prevede, in linea di principio, la possibilità di disporre un divieto di risultato. Secondo l'argomentazione della resistente, i divieti di risultato sono imposti, di norma, nei confronti di chi viola direttamente un diritto assoluto. Essi obbligano il destinatario ad impedire che si realizzi un determinato evento. A tal riguardo, è rimessa allo stesso destinatario l'individuazione degli strumenti da impiegare per impedire l'evento stesso. Prima dell'adozione del divieto di risultato non si esamina se sia possibile in assoluto impedire del tutto l'evento e se le misure all'uopo necessarie prendano in considerazione adeguatamente i diritti fondamentali delle parti coinvolte.
69. Al verificarsi dell'evento da impedire (cioè nel presente caso: se un utente accede al sito Internet), sussiste una violazione del divieto di risultato e può essere richiesta (nell'ambito della procedura esecutiva) una sanzione nei confronti del destinatario di detto divieto. Secondo l'argomentazione della Repubblica d'Austria, al creditore esecutante incombe, al riguardo, l'onere della prova della violazione. Solo in tale momento, nell'ambito della procedura esecutiva, il destinatario del divieto di risultato può far valere, in opposizione, di aver adottato tutte le misure ragionevoli per ottemperare a tale divieto ed evitare in tal modo la sanzione.
70. Prima facie appare opportuno esaminare separatamente il divieto di risultato e le particolarità di natura processuale sotto il profilo della loro conformità con il diritto europeo. Tuttavia, il divieto di risultato in questione nel presente caso consente di evitare la sanzione successivamente, nella procedura esecutiva. Esso rappresenta a tal riguardo (nonostante le particolarità di natura processuale alquanto svantaggiose per il fornitore di accesso) una misura più mite rispetto ad un mero divieto di risultato. Tralasciando le altre particolarità di natura processuale, esaminerò nel prosieguo, il divieto di risultato unitamente alla successiva possibilità di evitare la sanzione sotto il profilo della sua legittimità nel contesto del diritto europeo, come formulati anche dal giudice del rinvio.
3. Valutazione giuridica
71. A mio avviso, un divieto di risultato senza indicazione delle misure da adottare, prescritto ad un fornitore di accesso che non ha relazioni contrattuali con l'autore della violazione, non soddisfa i requisiti stabiliti dalla giurisprudenza nell'ambito dell'articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/29. La possibilità di far valere l'irragionevolezza delle misure possibili ai fini dell'attuazione del divieto nella successiva procedura esecutiva non sottrae un siffatto divieto alla sanzione di contrarietà al diritto dell'Unione.
72. In linea di principio, le condizioni e le modalità relative ai provvedimenti che gli Stati membri devono prevedere in base all'articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/29, nonché i presupposti da soddisfare come la procedura da seguire costituiscono oggetto della normativa nazionale degli Stati membri. Ciò deriva dal considerando 59 della direttiva 2001/29 e, similmente, dal considerando 23 della direttiva 2004/48.
73. In ogni caso, gli Stati membri non possono configurare i provvedimenti interamente in base alla loro libera discrezionalità. Secondo la giurisprudenza, sia nell'adozione di norme nazionali sia nella loro applicazione da parte dei giudici nazionali occorre anzi osservare i limiti derivanti dalle direttive 2001/29 e 2004/48, nonché dalle fonti cui tali direttive fanno riferimento. Vanno sempre presi in considerazione i diritti fondamentali sanciti dall'articolo 51, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), nonché l'articolo 6 TUE.
74. In prosieguo mi occuperò di tre dei citati limiti alla discrezionalità degli Stati membri e li esaminerò secondo l'ordine di cui alla menzionata giurisprudenza: l'interpretazione della direttiva nel senso del conseguimento effettivo dei suoi obiettivi, l'articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2000/31, nonché i diritti fondamentali. Alla luce di questi ultimi viene meno la misura da esaminare nel presente caso.
a) Tutela effettiva del diritto d'autore
75. Occorre prendere in considerazione anzitutto il fatto che la direttiva 2001/29 debba essere interpretato nel senso che l'obiettivo da essa perseguito, vale a dire una tutela giuridica effettiva del diritto d'autore (articolo 1, paragrafo 1), possa essere conseguito. Pertanto, le sanzioni, a tenore dell'articolo 8, paragrafo 1, devono essere «efficaci, proporzionate e dissuasive». Inoltre, ai sensi dell'articolo 3 della direttiva 2004/48, le misure, le procedure e i mezzi di ricorso necessari ad assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale devono essere leali, equi, effettivi, proporzionati, dissuasivi, non inutilmente complessi o costosi, non devono comportare termini irragionevoli né ritardi ingiustificati e devono essere in modo da evitare la creazione di ostacoli al commercio legittimo e da prevedere salvaguardie contro gli abusi. Come già affermato dalla Corte, ne risulta, inter alia, che gli Stati membri devono prevedere non solo misure che contribuiscano a porre fine alle violazioni già inferte, ma anche a prevenire ripetute violazioni.
76. D'altra parte e come già accennato sulla scorta dei requisiti di proporzionalità, equità e giustizia, le misure devono realizzare un giusto equilibrio tra i diversi diritti e interessi delle parti coinvolte, come la Corte ha ripetutamente affermato a partire dalla causa Promusicae.
b) Articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2000/31
77. Occorre inoltre tener conto dell'articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2000/31, secondo il quale gli Stati membri non possono imporre ai prestatori un obbligo generale di sorveglianza sulle informazioni che trasmettono o memorizzano né un obbligo generale di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza di attività illecite. Detta disposizione (articolo 15, paragrafo 1), conformemente al considerando 16 della direttiva 2001/29 e all'articolo 2, paragrafo 3, lettera a), della direttiva 2004/48, resta impregiudicata dalle citate direttive.
78. Un'illecita misura del tipo menzionato sarebbe costituita dall'obbligo imposto dal giudice al fornitore di accesso di ricercare attivamente eventuali copie della pagina illegale sotto altri nomi a dominio o di filtrare tutti i dati trasmessi nella sua rete al fine di stabilire se abbia avuto luogo la trasmissione di specifici film protetti e di bloccare siffatte trasmissioni. Tuttavia non ci sono le condizioni per una siffatta misura nel caso di specie. Il giudice del rinvio deve pronunciarsi, in realtà, sul blocco di uno specifico sito Internet. La misura non viola pertanto l'articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2000/31.
c) Diritti fondamentali
79. Tuttavia, la misura oggetto di esame viola le condizioni discendenti dai diritti fondamentali che devono essere stabilite, secondo la giurisprudenza, per i provvedimenti inibitori di cui all'articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/29. A tal riguardo, la misura non è «leale ed equa», né «proporzionata» ai sensi dell'articolo 3 della direttiva 2004/48.
80. I diritti fondamentali, consacrati ormai nella Carta, a tenore dell'articolo 6, paragrafo 1, TUE, con lo stesso valore giuridico dei trattati, si applicano agli Stati membri nell'attuazione del diritto dell'Unione. Nell'emanare ordinanze in forza dell'articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/29, detti Stati sono pertanto tenuti al rispetto dei diritti fondamentali sanciti dalla Carta. In particolare, anche i giudici nazionali devono rispettare tali diritti.
81. A tal riguardo, occorre prendere in considerazione nel caso di specie, da un lato, il fatto che un provvedimento inibitorio di cui all'articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/29 è funzionale alla protezione del diritto d'autore. La tutela della proprietà intellettuale è garantita, come diritto fondamentale, dall'articolo 17, paragrafo 2, della Carta. Secondo la giurisprudenza della Corte, tale diritto non è però intangibile e pertanto la sua tutela non è garantita in modo assoluto. Piuttosto, la tutela del diritto fondamentale di proprietà, di cui fa parte anche la proprietà intellettuale, deve essere bilanciata con quella di altri diritti fondamentali, per garantire in tal modo, nel contesto delle misure adottate per proteggere i titolari di diritti d'autore, un giusto equilibrio tra la tutela di tali diritti e quella dei diritti fondamentali delle persone su cui incidono dette misure.
82. Per quanto riguarda ill fornitore di accessonei confronti del quale è emanata una misura ai sensi dell'articolo 8, paragrafo 3, della direttiva, deve essere esaminata anzitutto una limitazione della libertà di espressione e della libertà di informazione (articolo 11 della Carta). Sebbene si tratti sostanzialmente delle opinioni espresse e dell'informazione dei clienti del provider, quest'ultimo può però invocare detto diritto fondamentale grazie alla sua funzione di rendere pubbliche le opinioni dei suoi clienti e di fornire loro informazioni. A tal proposito va assicurato che la misura di blocco riguardi effettivamente materiale all'origine della violazione e non sussista alcun rischio di bloccare l'accesso a materiale lecito.
83. Secondo la giurisprudenza, occorre inoltre prendere in considerazione la libertà d'impresa del provider, protetta dall'articolo 16 della Carta.
84. In tale contesto, secondo la giurisprudenza, deve essere realizzato un giusto equilibrio tra la tutela di tali diritti invocabili da parte del provider e il diritto di proprietà intellettuale.
85. Con riguardo ad un divieto di risultato senza menzione delle misure da adottare, prescritto ad un provider, non si può parlare di un siffatto equilibrio.
86. Come già detto nella parte iniziale delle presenti conclusioni, si può prendere in considerazione una serie di misure finalizzate alla disabilitazione di un sito Internet, dunque alla possibile attuazione di un divieto di risultato. Tra esse figurano sistemi estremamente complessi, come la deviazione del traffico Internet su un server proxy, ma anche misure realizzabili con minori difficoltà. Le misure differiscono pertanto significativamente con riguardo all'intensità della loro incidenza sui diritti fondamentali del provider. Non è peraltro escluso che un'attuazione integrale del divieto di cui trattasi sia impossibile dal punto di vista puramente pratico.
87. Come ho già constatato, nel caso di specie non si tratta però di un mero divieto di risultato, ma di un divieto relativamente al quale il destinatario può far valere con un ricorso in una successiva procedura esecutiva di aver adottato tutte le misure ragionevoli per ottemperare al divieto di risultato. Ci si può chiedere se tale possibilità differita di difesa del destinatario di detto divieto realizzi il necessario equilibrio.
88. Non è questo il caso. Già dal punto di vista logico è fuori questione un siffatto «ripristino» del necessario equilibrio. Secondo la giurisprudenza, nell'emanazione del provvedimento inibitorio occorre rispettare l'equilibrio tra i diritti fondamentali. Con riguardo al provvedimento, detto equilibrio nel caso di specie non viene espressamente rispettato, ma solo in una fase successiva sono esaminate molte rilevanti considerazioni sul piano dei diritti fondamentali. Ciò viola l'obbligo di istituzione di un equilibrio tra i diritti delle parti coinvolte nell'ambito dell'articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/29.
89. Anche un'analisi della situazione del provider dimostra che non si realizza alcun equilibrio tra i diritti fondamentali per effetto di tale eventualità processuale. Il provider deve tollerare l'emanazione di un provvedimento inibitorio nei suoi confronti, dal quale non emerga quali siano le misure che esso deve adottare. Ove il provider opti, nell'interesse della libertà di informazione dei propri clienti, per una misura di blocco meno incisiva, dovrà temere l'irrogazione di una sanzione nel contesto del procedimento esecutivo. Ove propenda per una misura di blocco più severa, dovrà esporsi un contrasto con i propri clienti. Il riferimento ad un'eventuale possibilità di difesa nel procedimento esecutivo non modifica il dilemma del provider. Sebbene l'autore possa sottolineare giustamente il pericolo di una massiccia violazione dei propri diritti attraverso il sito Internet, il provider non ha però alcun legame, in casi come quello di specie, con i gestori del sito Internet che viola il diritto d'autore e di per sé non ha violato il diritto d'autore. In tale contesto, con riguardo alla misura da esaminare, non si può parlare di un giusto equilibrio tra i diritti delle parti coinvolte.
90. Alla luce dell'insieme delle considerazioni che precedono, occorre risolvere la terza questione pregiudiziale dichiarando che non è compatibile con il necessario bilanciamento dei diritti fondamentali degli interessati, da effettuarsi nell'ambito dell'articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/29, vietare ad un provider in modo totalmente generale e senza prescrizione di misure concrete di consentire ai suoi clienti l'accesso ad un determinato sito Internet che viola il diritto d'autore. Ciò vale anche nel caso in cui il provider possa evitare sanzioni per la violazione di tale divieto dimostrando di aver adottato tutte le misure ragionevoli per l'attuazione del divieto.

E – Quarta questione pregiudiziale

91. Dopo che il giudice del rinvio si è occupato nella terza questione pregiudiziale dell'ammissibilità di un divieto generale di risultato, la quarta questione da esso sottoposta concerne misure di blocco concrete. Il giudice chiede se la prescrizione di misure concrete in capo ad un provider finalizzate a rendere più difficile l'accesso da parte dei clienti ad un sito Internet ove siano resi accessibili contenuti in modo illecito soddisfi il bilanciamento dei diritti fondamentali, in particolare qualora le misure comportino un impiego di mezzi non trascurabile e inoltre possano essere facilmente aggirate anche senza particolari conoscenze tecniche. A tal riguardo, il giudice del rinvio intende solo ricevere direttive per la valutazione della proporzionalità di misure di blocco concrete, in quanto la situazione di fatto, sotto tale aspetto, non è stata ancora definitivamente chiarita.
92. Solo la resistente sostiene che anche la prescrizione di concrete misure di blocco non sia compatibile, nelle circostanze del caso, con i diritti fondamentali delle parti coinvolte. Le ricorrenti, la Repubblica italiana, il Regno dei Paesi Bassi, la Repubblica d'Austria, il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del Nord, nonché la Commissione considerano che non si deve escludere, in linea di principio, una siffatta concreta misura di blocco e forniscono dettagliate indicazioni in merito agli orientamenti che i giudici nazionali dovrebbero seguire.
93. Anch'io condivido la tesi che un concreto provvedimento di blocco, secondo le circostanze del caso, non sia escluso.
94. Come già illustrato, la Corte ha stabilito dettagliate norme per l'esame dell'articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/29. Uno degli elementi di cui devono tener conto le autorità e i giudici nazionali consiste nel fatto che essi devono garantire un giusto equilibrio tra la tutela del diritto di proprietà intellettuale, di cui gode il titolare di diritti d'autore, e la protezione delle posizione, in termini di diritti fondamentali, del provider. Quest'ultimo può appellarsi, secondo quanto affermato in precedenza, in particolare, alla libertà di impresa degli operatori economici sancita dall'articolo 16 della Carta, nonché alla libertà d'espressione e di informazione (articolo 11 della Carta). In forza di quest'ultima libertà nessuna informazione protetta può rientrare, in particolare, in un blocco dell'accesso. La questione posta dal giudice del rinvio verte sulle spese collegate alle concrete misure di blocco che il provider deve adottare e sulla possibilità di aggirare i blocchi. Pertanto, il giudice del rinvio mira espressamente all'esame del carattere di proporzionalità. Le considerazioni menzionate sono rilevanti nell'esame di entrambi i diritti fondamentali. Inoltre, anche l'articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2004/48 esige che i mezzi di ricorso volti ad assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale siano proporzionati. Al fine di evitare ripetizioni, in prosieguo limiterò la mia esposizione all'articolo 16 della Carta, anche perché il giudice del rinvio non ha sollevato alcuna questione connessa con la libertà d'espressione e di informazione.
95. Nelle cause Scarlet Extended e Sabam, la Corte ha qualificato l'ingiunzione ad un provider volta a predisporre un sistema di filtraggio per il controllo dei dati complesso, costoso, permanente e unicamente a sue spese come una grave violazione della libertà d'impresa del provider. Una concreta misura di blocco che comporta un impiego di mezzi non trascurabile può certamente rappresentare una violazione meno incisiva, ma ha per oggetto e per effetto una limitazione del diritto e costituisce pertanto una violazione dell'ambito di tutela del diritto.
96. Tuttavia, conformemente alla giurisprudenza costante della Corte, la libertà d'impresa non costituisce una prerogativa assoluta, bensì deve essere presa in considerazione rispetto alla sua funzione nella società e – anche alla luce del tenore dell'articolo 16 della Carta – è soggetta ad interventi dei poteri pubblici «suscettibili di stabilire, nell'interesse generale, limiti all'esercizio dell'attività economica».
97. Al riguardo occorre tener conto delle condizioni di cui all'articolo 52, paragrafo 1, della Carta, le quali stabiliscono, inter alia, che devono essere presi in considerazione la riserva di legge e il rispetto del principio di proporzionalità. Mi sono già ampiamente espresso sulla riserva di legge nelle mie conclusioni presentate nella causa Scarlet Extended. Alla luce della formulazione della questione sottoposta ritengo opportuno, nella presente causa, limitare le mie osservazioni al principio di proporzionalità.
98. Secondo la giurisprudenza costante della Corte, le misure adottate dagli Stati membri, per rispettare il principio di proporzionalità, «non [devono] super[are] i limiti di ciò che è appropriato e necessario per il conseguimento degli scopi legittimamente perseguiti dalla normativa di cui trattasi, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta tra più misure appropriate, si deve ricorrere alla misura meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti». Ciò equivale sostanzialmente alla disposizione di cui all'articolo 52, paragrafo 1, della Carta, secondo cui le limitazioni devono essere necessarie e rispondere effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall'Unione o all'esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui.
1. Idoneità
99. I provvedimenti in questione perseguono senza dubbio un obiettivo legittimo, attraverso la tutela del diritto d'autore e pertanto dei «diritti altrui» ai sensi dell'articolo 52, paragrafo 1, della Carta. È però incerto se essi siano adeguati ai fini dell'obiettivo, vale a dire se contribuiscano al raggiungimento dello stesso. I dubbi a tal riguardo si fondano sul fatto che, secondo quanto affermato dal giudice del rinvio, le misure di blocco «possono essere facilmente aggirate senza particolari conoscenze tecniche». In tal modo, da un lato, gli utenti di Internet possono aggirare senza particolari problemi la misura di blocco, dall'altro, i gestori del sito Internet che viola il diritto d'autore possono proporre la pagina in forma identica sotto un altro indirizzo IP e un altro nome a dominio.
100. A mio avviso, tuttavia, tali considerazioni non sono sufficienti a qualificare ogni concreta misura di blocco come inidonea. Ciò riguarda anzitutto le possibilità di aggiramento da parte degli utenti. Per quanto siano molti gli utenti ad essere potenzialmente in condizione di aggirare un blocco, tuttavia non ne consegue in alcun caso che ognuno di detti utenti lo aggirerà in concreto. Gli utenti che venissero a conoscenza, a motivo del blocco del sito, dell'illegalità di una pagina Internet, potrebbero presumibilmente rinunciare all'accesso al sito. Presumere l'intenzione, in capo a ciascun utente, di avere accesso al sito Internet, nonostante l'esistenza di un blocco, significherebbe a mio giudizio assumere per ciascun utente la volontà di compiere una violazione del diritto. Infine va rilevato che, sebbene possano essere non pochi gli utenti in condizione di aggirare un blocco, tuttavia non si tratta di tutti gli utenti.
101. Anche la possibilità che il gestore proponga la pagina in forma identica sotto un diverso indirizzo IP e un diverso nome a dominio, non esclude, in linea di principio, l'idoneità delle misure di blocco. Anzitutto, anche in tal caso, gli utenti, informati, tramite la misura di blocco, dell'illiceità dei contenuti, possono rinunciare a visitare la pagina. Conseguentemente, gli utenti devono servirsi di motori di ricerca per trovare la pagina. A seguito di reiterate misure di blocco anche una ricerca attraverso tali motori risulterà più difficile.
102. Alla luce di quanto premesso, un provvedimento di blocco che menzioni le misure da adottare in concreto per il blocco non è in via generale inidoneo a promuovere l'obiettivo della tutela dei diritti d'autore.
2. Necessità e adeguatezza
103. Inoltre, la misura disposta dovrebbe essere necessaria, vale a dire non deve eccedere quanto è necessario per conseguire l'obiettivo, laddove tra più misure appropriate si deve ricorrere alla meno restrittiva. Infine, gli inconvenienti causati dalla misura non devono essere sproporzionati allo scopo perseguito.
104. Spetta al giudice nazionale esaminare tali requisiti con riguardo alla misura prevista nel caso di specie. Sia alla luce della ripartizione dei compiti dei giudici nel rapporto di cooperazione tra Corte di giustizia e giudici degli Stati membri, sia tenendo conto nella presente causa dell'ancora incompiuto chiarimento della situazione di fatto e dell'assenza di indicazioni relative alla misura concreta, non è opportuno né possibile effettuare in questa sede un esame completo della necessità e dell'adeguatezza. Semmai, possono essere fornite al giudice nazionale solo alcune indicazioni, che non costituiscono assolutamente a tal proposito un elenco tassativo degli aspetti da valutare. È il giudice nazionale, piuttosto, a dover compiere una valutazione complessiva che tenga conto di tutti gli elementi rilevanti del caso di specie.
105. A tal proposito va anzitutto constatato che la possibilità di aggiramento di un provvedimento di blocco già disposto non osta, in linea di massima, a qualsiasi provvedimento di blocco. Ne ho già menzionato i motivi nella sezione dedicata all'idoneità. La valutazione quantitativa del risultato prevedibile della misura di blocco è un aspetto da includere nella valutazione.
106. Secondo la giurisprudenza della Corte, occorre inoltre includere nella valutazione la complessità, i costi e la durata della misura. Occorre anche tener conto del fatto che molto probabilmente la misura di blocco nei confronti della resistente non sarà un caso unico. Anzi, il giudice che compie la valutazione dovrà considerare che si tratta di un caso pilota e che in futuro potranno essere trattati dinanzi ai giudici nazionali numerosi casi analoghi nei confronti di ciascun provider, cosicché si potranno avere numerosi provvedimenti di blocco simili. Laddove una misura concreta a tal riguardo, alla luce della sua complessità, dei costi connessi e della sua durata, dovesse risultare sproporzionata, occorre valutare se possa concretizzarsi il carattere di proporzionalità attraverso una parziale o totale assunzione dell'onere delle spese da parte del titolare dei diritti.
107. Le ricorrenti devono prendere in considerazione il fatto che il titolare dei diritti non può restare indifeso nei confronti di un sito Internet che viola massicciamente i suoi diritti. D'altra parte, occorre rilevare, tuttavia, in casi come quello di specie, che il provider non ha alcun rapporto contrattuale con il gestore del sito Internet che viola il diritto d'autore. In conseguenza della particolare situazione di fatto menzionata, non è del tutto escluso che si debba agire in sede giurisdizionale nei confronti del provider, ma l'autore deve perseguire in giudizio direttamente, ove possibile, anzitutto i gestori del sito Internet illegale o i loro provider.
108. Occorre infine tener conto del fatto che l'articolo 16 della Carta protegge la libertà di attività economica. Un provvedimento di blocco è, sotto tale aspetto, in ogni caso sproporzionato, qualora esso pregiudichi l'attività imprenditoriale in quanto tale di un provider, segnatamente l'attività commerciale consistente nella messa a disposizione di accessi a Internet. Un provider si può appellare a tal riguardo anche al ruolo sociale della sua attività. Come ho osservato nelle mie considerazioni introduttive, oggi l'accesso alle informazioni attraverso Internet si considera essenziale in una società democratica. La Corte europea dei diritti dell'uomo (in prosieguo: la «CEDU») ha dichiarato, a tal proposito, che uno studio comparativo condotto in venti Stati membri del Consiglio d'Europa mostra che il diritto di accesso a Internet è compreso, dal punto di vista teorico, nella garanzia costituzionale della libertà di espressione e di informazione. Internet svolge, ad avviso della CEDU, un ruolo essenziale per l'accesso alle informazioni e la diffusione delle stesse.
109. Alla luce di quanto precede occorre rispondere alla quarta questione pregiudiziale che una concreta misura di blocco relativa ad uno specifico sito Internet, imposta nei confronti di un provider in forza dell'articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/29, non è, in linea di principio, sproporzionata per il solo fatto che comporti un impiego di mezzi non trascurabile e, tuttavia, possa essere facilmente aggirata senza particolari conoscenze tecniche. Spetta ai giudici nazionali compiere nel caso di specie un bilanciamento dei diritti fondamentali delle parti coinvolte, tenendo conto di tutti gli elementi rilevanti e garantire in tal modo un giusto equilibrio tra tali diritti fondamentali.

V – Conclusioni

110. Per le ragioni sopra esposte, propongo alla Corte di rispondere come segue alle questioni sollevate dall'Oberster Gerichtshof:
1. L'articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 maggio 2001 sull'armonizzazione di taluni aspetti del diritto d'autore e dei diritti connessi nella società dell'informazione, deve essere interpretato nel senso che un soggetto che mette a disposizione del pubblico in Internet materiali protetti senza l'autorizzazione dei titolari dei diritti, e pertanto viola i diritti di cui all'articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2001/29, utilizza i servizi del fornitore di accesso a Internet dei soggetti che accedono a tali materiali.
2. Non è compatibile con il necessario bilanciamento dei diritti fondamentali da effettuarsi nell'ambito dell'articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/29 vietare ad un provider in modo totalmente generale e senza prescrizione di misure concrete di consentire ai suoi clienti l'accesso ad un determinato sito Internet che viola il diritto d'autore. Ciò vale anche nel caso in cui il provider possa evitare sanzioni per la violazione di tale divieto dimostrando di aver adottato tutte le misure ragionevoli per l'attuazione del divieto.
3. Una concreta misura di blocco relativa ad uno specifico sito Internet, imposta nei confronti di un provider in forza dell'articolo 8, paragrafo 3, della direttiva 2001/29, non è, in linea di principio, sproporzionata per il solo fatto che comporti un impiego di mezzi non trascurabile e, tuttavia, possa essere facilmente aggirata senza particolari conoscenze tecniche. Spetta ai giudici nazionali compiere nel caso di specie un bilanciamento dei diritti fondamentali delle parti coinvolte, tenendo conto di tutti gli elementi rilevanti e assicurare in tal modo un giusto equilibrio tra tali diritti fondamentali.

(* Fonte http://curia.europa.eu/)
Avv. Antonino Sugamele

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