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Sentenza

Veranda coperta con una struttura in legno. Veduta a
Veranda coperta con una struttura in legno. Veduta a "piombo". Violazione distanze legali.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza 3 maggio - 4 luglio2013, n. 16714
Presidente Goldoni – Relatore Bianchini

Fatto e diritto

Il Consigliere designato ha ritenuto d'avviare la trattazione in Camera di consiglio redigendo la seguente relazione ex art. 380 bis cpc:
"1 - A.C.B..F. e F.E..C. citarono innanzi al Tribunale di Sassari i coniugi, N.M.L. e la consorte Ma.Sa..Co. chiedendo che fosse loro ordinato di rimuovere una tettoia in tegole, appoggiata al balcone dell'appartamento di esse parti attrici, sovrastante quello delle parti convenute, posto, quest'ultimo, al piano terreno del medesimo fabbricato, in quanto il manufatto sarebbe stato edificato in ispregio delle norme sulle distanze, rendendo impossibile dunque la preesistente facoltà di inspicere nel sottostante giardino.
2 - I N. / Co. si costituirono eccependo la prescrizione ed affermarono l'esistenza del loro diritto all'edificazione della veranda, essendo prevista nel titolo di provenienza una superficie coperta quale quella poi realizzata; sostennero poi che al momento della consegna dell'appartamento da parte dell'originario costruttore-venditore era presente già una struttura in legno che doveva essere solo dotata di copertura.
3 - L'adito Tribunale respinse la domanda ritenendo maturata la prescrizione, osservando peraltro che i N. / Co. avrebbero agito secondo diritto, essendosi limitati a ristrutturare una precedente copertura della veranda.
4 - La Corte di Appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, respinse a sua volta l'impugnazione dei F. / C. , ritenendo non provato che i predetti fossero mai stati titolari di un diritto di veduta a piombo sul sottostante giardino degli appellati, essendo invece provato che l'originario costruttore-venditore avesse progettualmente previsto per tutte le unità costituenti il comprensorio dal medesimo realizzato, un balcone al primo piano ed una veranda al piano terra i cui elementi strutturali erano stabilmente infissi nel muretto della balconata di pertinenza del piano sovrastante.
5 - Per la cassazione di tale sentenza hanno proposto ricorso i coniugi F. , sulla base di un motivo, contro il quale hanno resistito i N. / Co. con controricorso.

Osserva in diritto

5 - Con l'unico motivo viene denunziata la violazione e la falsa applicazione dell'art. 1062 cod. civ. - costituzione della servitù per destinazione del padre di famiglia - laddove la Corte di Appello, pur essendo stato dimostrato che l'originario costruttore - venditore aveva solo predisposto la struttura in legno agganciata al sovrastante balcone dei ricorrenti, ha poi, del tutto arbitrariamente, dedotto che anche la copertura, poi realizzata, fosse stata, sin dall'inizio prevista e, quindi, costituisse sin dall'epoca della vendita il corpus della servitù, non considerando che la fattispecie concreta non corrispondeva a quella astratta recata dall'art. 1062 cod. civ.; le parti ricorrenti deducono altresì che la Corte di Appello non si sarebbe avveduta che l'originaria domanda era diretta non già a tutelare il diritto di veduta a piombo dalla propria balconata, sibbene a vietare l'appoggio a tale elemento strutturale di una costruzione differente da quella in precedenza prevista - o assentita;
5.a - Ritiene il relatore che il motivo non sia idoneo a far emergere l'esistenza del vizio descritto nell'art. 360, 1 comma n. 3 cpc, laddove impone un novellato esame delle emergenze di causa, al fine di ricondurre o meno una situazione di fatto esistente al momento della proposizione della domanda - destinazione a veranda - alla concreta realizzazione sussistente al momento dell'acquisto: ciò in quanto lo stabilire se vi fosse o meno un legame di necessaria continuità logica e progettuale tra la struttura e la successiva copertura attiene al reciproco rapporto strutturale di tali elementi costruttivi e tale problematica è stata affrontata e diffusamente analizzata dalla Corte di Appello, così che la questione non può essere sottoposta ad un ulteriore scrutinio in sede di legittimità se il risultato al quale è pervenuto il giudice dell'impugnazione sia stato congruamente motivato: nella fattispecie non è stata dedotta una difettosità nel ragionamento giudiziale o una contraddittorietà delle proposizioni argomentative in cui esso si è articolato.
5.b - A completamento dell'osservazione che precede va anche rilevato che non appare correttamente posto il problema del raffronto tra una situazione di fatto - edificazione di una struttura collegata al balcone sovrastante- esistente al momento della vendita e quella poi sviluppatasi successivamente, per censurare, come fatto dalle parti ricorrenti, la insufficienza del mero prevedibile sviluppo costruttivo, al fine di dirsi costituita la servitù, impeditiva del rispetto delle distanze: ciò, in quanto la Corte di Appello, operando tale raffronto e dando ragione degli elementi di fatto da cui nasceva il convincimento della originaria destinazione a veranda della struttura, non ha valorizzato ex post - vale a dire basandosi sulla mera considerazione del fatto compiuto - una destinazione non esistente in precedenza ma ha argomentato la sussistenza di un rapporto di contiguità necessaria tra la struttura e la sopravvenuta copertura a veranda, con ciò operando un accertamento - ex ante - della destinazione di una parte del bene a servizio dell'altro.
5.c - È poi convincimento del relatore che la deduzione della diversa interpretazione della causa petendi posta a base della domanda sia inammissibile in quanto non risulta che di tale questione si sia fatta questione nei motivi di appello o, quanto è a dire, non è stato allegato ove, nell'atto di gravame, si sia trattato di tale difettosa interpretazione.
6 - Se verranno condivise le suesposte argomentazioni, il ricorso è idoneo ad esser trattato in camera di consiglio per esser quivi dichiarato manifestamente infondato".
La suddetta relazione è stata notificata alle parti e comunicata al pubblico ministero; all'adunanza del 3 maggio 2013 è comparso per le parti controricorrenti l'avv. Mario Cesaraccio; il P.M., nella persona del Sostituto Procuratore Generale dr. Carmelo Sgroi, ha concluso in conformità alla relazione.
7 - Ritiene il Collegio di poter aderire alle conclusioni esposte nella relazione, non contrastate da ulteriore attività difensiva delle parti ricorrenti.
8 - Il rigetto del ricorso comporta la condanna delle parti ricorrenti al pagamento delle spese di lite, liquidate come indicato nel dispositivo.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna le parti ricorrenti al pagamento in solido delle spese del presente procedimento, liquidate in Euro 1.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi.
Avv. Antonino Sugamele

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