Contestazione disciplinare al lavoratore: ammesso il differimento in caso di procedimento penale.
In tema di procedimento disciplinare, il principio secondo il quale l'addebito deve essere contestato immediatamente va inteso in un'accezione relativa, compatibile con un intervallo di tempo necessario al datore di lavoro per il preciso accertamento delle infrazioni commesse dal prestatore; la valutazione dell'immediatezza della contestazione è perciò rimessa alla valutazione del giudice di merito -il cui giudizio è insindacabile in sede di legittimità ove sia immune da vizi logici ed adeguatamente motivato- il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili ed idonee.
In particolare, ai fini dell'accertamento della sussistenza del requisito della tempestività del licenziamento, in caso di intervenuta sospensione cautelare di un lavoratore sottoposto a procedimento penale, la definitiva contestazione disciplinare ed il licenziamento per i relativi fatti ben possono essere differiti in relazione alla pendenza del procedimento penale stesso.
Nel procedimento penale a carico di pubblici dipendenti, per fatti penalmente rilevanti, non è ipotizzabile la violazione del principio di immediatezza della contestazione e dell'adozione del procedimento disciplinare, qualora la P.A., uniformandosi alle disposizioni della contrattazione collettiva in caso di emergenza di fatti-reato, abbia atteso l'esito delle indagini e del processo, destinando il dipendente ad altre mansioni, e in seguito, avuta notizia, in via ufficiale, del rinvio a giudizio, abbia provveduto alla sospensione cautelare e, all'esito del processo penale, a nuova valutazione dei fatti ascritti al lavoratore, disponendone il licenziamento.
Tali principi, già enunciati in precedenti decisioni, sono stati ribaditi dal giudice di legittimità in una recente pronuncia.
Nel caso di specie, la Suprema Corte, nel rigettare il ricorso, ha ritenuto immune da censure la sentenza impugnata con la quale la corte distrettuale aveva confermato la sentenza emessa dal giudice di prime cure che aveva rigettato la domanda con la quale il lavoratore aveva impugnato il licenziamento disciplinare irrogatogli da un istituto previdenziale, suo datore di lavoro.
Evidenziando poi l'esigenza del rispetto del segreto istruttorio, la Corte regolatrice ha cura di precisare che, pur nel diverso ambito delle sanzioni amministrative, qualora gli elementi di prova di un illecito amministrativo emergano dagli atti relativi alle indagini penali, il termine stabilito dalla legge per la notificazione della contestazione decorre dagli ricezione degli atti trasmessi dall'autorità giudiziaria all'autorità amministrativa, posto che, qualora fosse consentito agli agenti accertatori di contestare immediatamente all'indagato la violazione amministrativa, l'autorità giudiziaria non sarebbe messa in condizione di valutare se ricorra o meno la "vis attractiva" della fattispecie penale e, nel contempo, sarebbe frustrato il segreto istruttorio imposto dall'art. 329 c.p.
27-06-2014 14:18
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