L'articolo 25 del r.d. n.1736/1933, vieta alla persona contro cui sia promossa azione in virtù di un assegno bancario di opporre al portatore le eccezioni fondate sui suoi rapporti personali con il traente o con portatori precedenti; qualora invece si trovino di fronte i soggetti che hanno partecipato al negozio, che è a base del titolo astratto, il debitore ben può opporre al portatore il vizio o l'illiceità di quel rapporto.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 20 febbraio – 4 aprile 2014, n. 7779
Presidente Segreto – Relatore Carleo
Svolgimento del processo
Con ricorso depositato il giorno 16.7.2004, D.M.A. proponeva opposizione all'esecuzione, avente ad oggetto un suo bene immobile, instaurata dinanzi al Tribunale di Milano da parte di P.F. sulla base di assegni bancari, deducendo che P. non aveva alcun diritto di procedere esecutivamente nei suoi confronti in forza degli assegni fatti valere in quanto l'emissione di tali assegni aveva avuto luogo per il pagamento di una parte del prezzo di un immobile, vendutogli dalla s.r.l. TI e BI, società di cui il P. era amministratore, il quale si era appalesato affetto da gravi vizi e difformità, per cui aveva proposto un giudizio civile esercitando nei confronti della società un'azione quanti minoris. Aggiungeva di aver consegnato gli assegni al P. , a lui intestandoli, convinto che la loro consegna equivalesse alla consegna all'amministratore della società. Aveva quindi inizio lo svolgimento del giudizio relativo all'opposizione, proposta dal D.M. , giudizio nel cui ambito l'opponente richiamava i motivi esposti nel ricorso mentre il P. chiedeva fosse respinta l'opposizione in quanto le ragioni dell'opposizione si basavano su questioni che formavano oggetto di altro giudizio pendente l'opponente e la società TI & BI con conseguente litispendenza. Interveniva nel giudizio la s.r.l. TI & BI chiedendo fosse accertato che essa era "l'effettiva titolare del diritto di credito portato dagli assegni posti a fondamento dell'esecuzione. In esito al giudizio, il Tribunale con sentenza depositata il 27.2.2008 e notificata il 7.4.2008 accoglieva l'opposizione proposta dal D.M. , respingeva le domande proposte dalla srl TI&BI e provvedeva al governo delle spese. Avverso la detta sentenza il P. ha quindi proposto ricorso per cassazione articolato in un unico motivo.
Motivi della decisione
Con l'unica doglianza, deducendo la violazione degli artt. 57, 2, 25 e 43 rd n.1736/1933, il ricorrente ha censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte di Appello ha omesso di considerare che, a norma dell'art.57 del regio decreto richiamato, nei giudizi, tanto di cognizione quanto di opposizione a precetto, il debitore può proporre soltanto le eccezioni di nullità dell'assegno bancario, ove mancante degli elementi richiesti dall'art. 1, e le eccezioni non vietate dall'art. 25, fondate sui suoi rapporti personali col traente e con i portatori precedenti a meno che il portatore acquistando l'assegno bancario abbia agito scientemente a danno del debitore. Ha quindi concluso il motivo con il seguente quesito: "se l'emissione di un assegno non trasferibile nell'ambito di un contratto a prestazioni corrispettive, liberamente tratto per intese intercorse tra le parti, a favore di un terzo, legittimi poi il traente ad opporre al trattario eccezioni sulla sua legittimazione a pretendere il pagamento per mancanza di un rapporto sottostante".
Il motivo non coglie nel segno.
L'articolo 25 del r.d. n.1736/1933, che vieta alla persona contro cui sia promossa azione in virtù di un assegno bancario di opporre al portatore le eccezioni fondate sui suoi rapporti personali con il traente o con portatori precedenti (a meno che il portatore, acquistando l'assegno bancario, abbia agito scientemente a danno del debitore), costituisce applicazione del principio dell'astrattezza dei titoli di credito, cui fa ovviamente eccezione l'ipotesi prevista dalla stessa norma, fondata sul consapevole acquisto del titolo in pregiudizio del debitore.
Ora, il principio dell'astrattezza trova la sua ratio nell'esigenza di favorire la circolazione del titolo affrancando il portatore del titolo dalla sorte del rapporto del negozio sottostante ed impedendo che al terzo in buona fede, assolutamente estraneo al rapporto fondamentale, possa opporsi un eventuale vizio o illiceità del rapporto medesimo.
A ragione della indicata ratio, l'astrattezza cartolare, che è al fondamento della citata norma, postula pertanto che il soggetto, al quale non si possono opporre le eccezioni personali, sia effettivamente terzo rispetto al rapporto fondamentale e lo sia non solo formalmente ma anche sostanzialmente.
Al contrario, qualora invece si trovino di fronte i soggetti che hanno partecipato al negozio, che è a base del titolo astratto, il debitore ben può opporre al portatore il vizio o l'illiceità di quel rapporto. Ciò, in quanto nei rapporti diretti tra le parti il titolo ha pur sempre valore di mera promessa di pagamento, e come tale comporta una mera inversione processuale dell'onere della prova della sussistenza del credito in capo all'attore.
La premessa torna utile perché nel caso di specie, per come è pacifico tra le parti, i titoli furono emessi dal debitore D.M. a saldo del prezzo di acquisto dell'immobile vendutogli dalla TI&BI srl e furono consegnati al P. , in quanto legale rappresentante della detta società, anche se a lui intestati personalmente. Ma se questo è vero, è altresì certo e pacifico che il P. , in proprio, non era titolare di alcun diritto di credito nei confronti del D.M. e va escluso per tale ragione che potesse agire esecutivamente sui beni di quest'ultimo in forza degli assegni bancari, appartenendo il credito, in realtà ad un soggetto giuridico distinto da lui, ovvero la srl TI&BI, di cui era stato amministratore e successivamente risulta liquidatore.
Ciò premesso, considerato che, nel rapporto diretto tra le parti del rapporto sottostante (cui partecipò il P. , quale rappresentante legale della PI&BI) le conseguenze del principio di astrattezza dei titoli di credito non possono spingersi fino a costringere l'emittente a pagare al suo prenditore per un debito cartolare cui non corrisponde l'effettività di un credito causale oppure ed è questa l'ipotesi specifica ricorrente nella specie - non gli appartiene, tutto ciò considerato, deve rigettarsi la doglianza in esame.
Considerato che la sentenza impugnata appare esente dalla censura dedotta, ne consegue che il ricorso per cassazione in esame, siccome infondato, deve essere rigettato, senza che occorra provvedere sulle spese in quanto la parte vittoriosa, non essendosi costituita, non ne ha sopportate.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla spese.
05-04-2014 18:39
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