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Sentenza

Comodato. Del contratto di novazione sono elementi essenziali, oltre ai soggetti...
Comodato. Del contratto di novazione sono elementi essenziali, oltre ai soggetti ed alla causa, l’animus novandi, consistente nell’inequivoca, comune intenzione di entrambe le parti di estinguere l’originaria obbligazione, sostituendola con una nuova, e l’aliquid novi, da intendersi come mutamento sostanziale dell’oggetto della prestazione o del titolo del rapporto.
Corte di Cassazione, sez. III Civile, sentenza 11 marzo – 10 giugno 2015, n. 12083
Presidente Russo – Relatore Armano

Svolgimento del processo

D.S.F. e P.J. , acquirenti di un immobile sito in Perugia, citavano in giudizio M.M. per sentir dichiarare la cessazione di un contratto di comodato stipulato in data 22 giugno 96 fra la stessa M. e la signora R.L. , loro dante causa, ed erede di R.U. .
La M. si costituiva in giudizio ed affermava che l'immobile era stato verbalmente concesso in comodato nell'anno 1935 dal defunto proprietario, R.U. , ai coniugi Ma. - M. per l'intera durata della loro vita, in concomitanza della risoluzione di un contratto associativo di mezzadria; che l'erede di R.U. , R.L. , doveva rispettare l'obbligo assunto; disconosceva la propria sottoscrizione alla scrittura del 22 giugno 96 e dichiarava di non riconoscere, in qualità di erede, la sottoscrizione del coniuge ;chiedeva di dichiarare l'annullamento del contratto di comodato del 96 per incapacità naturale dei contraenti, per vizio del consenso e mancanza di volontà novativa nei confronti del precedente contratto orale di comodato; chiedeva, sempre in via riconvenzionale,che fosse accertata l'avvenuta stipula del contratto orale di comodato vita naturale durante fra i M. - Ma. , quest'ultimo nelle more deceduto, e il dottor R.U. . Proposta istanza di verificazione veniva accertata la autenticità della firma della M. apposta al contratto sottoscritto nel 96, mentre si dava atto dell'impossibilità di verificare la sottoscrizione del Ma. in mancanza di firme di comparazione.
Il giudice di primo grado accoglieva la domanda ed accertava la validità del recesso manifestato dagli acquirenti dell'immobile. A seguito di impugnazione della M. , la Corte di appello di Perugia confermava la sentenza di primo grado.
Il giudice di appello, sul rilievo che quello stipulato nel 1985 fosse un contratto di comodato vita naturale durante, ha ritenuto che la scrittura del 1996 avesse natura novativa del precedente contratto; che la eccezione di annullabilità della scrittura del ‘96 doveva ritenersi prescritta, essendo trascorsi oltre cinque anni dalla conclusione del contratto, non essendo stato individuato alcun diverso termine di prescrizione riguardante il momento in cui l'errore o il dolo era stato scoperto; ha ritenuto comunque infondata l'eccezione di annullabilità del contratto, sul rilievo che erano state dedotte solo malattie della M. , sopravvenute alla conclusione del contratto, e non essendo provato alcunché in relazione ad un eventuale incapacità del M. .
I giudici di merito hanno da ultimo ribadito l'inopponibilità del contratto di comodato nei confronti degli acquirenti in buona fede, in quanto le disposizioni di cui all'articolo 1599 c.c. non sono estensibili per il loro carattere eccezionale ai rapporti diversi dalla locazione.
Avverso tale decisione propone ricorso M.M. con cinque motivi.
I resistenti si difendono con controricorso illustrato da successiva memoria.

Motivi della decisione

L'eccezione sulla mancanza di procura speciale proposta dagli resistenti è infondata.
Infatti in calce al ricorso per cassazione vi è la procura speciale conferita da M.M. con firma leggibile autenticata dal difensore.
1. Con il primo motivo di ricorso si denunzia vizio di motivazione ex art. 360 n. 5 ed erronea applicazione degli articoli 216 c.p.c., 1325 e 2697 c.c. in relazione all'articolo 360 numero tre La ricorrente censura la mancata verificazione della sottoscrizione del M. apposta alla scrittura privata del 1996.
Sostiene che la scrittura privata del giugno 96 richiamava e disponeva in merito un contratto verbale preesistente, in forza del quale entrambi i coniugi erano beneficiari di una obbligazione unitaria di indivisibile, per cui una nuova pattuizione doveva essere stipulata con il consenso di entrambi i coniugi.
2. Il motivo è infondato.
Si deve osservare che entrambe i contratti di comodato sono stati sottoscritti personalmente da entrambi i coniugi.
Non essendo stata effettuata la verificazione per il Ma. della sottoscrizione al contratto del 1996 e volendo ritenere ancora valido nei confronti di quest'ultimo il contratto del 1985,essendo il Ma. oramai deceduto, nei suoi confronti è cessato il comodato del 1985 per lo spirare del termine. Inoltre, poiché a norma dell'articolo 1811 CC in caso di morte del comodatario, il comandante, benché sia stato convenuto un termine, può esigere dagli eredi la immediata restituzione della cosa, la M. non può vantare come erede alcun titolo a mantenere la detenzione del bene, ma può solo tutelare i diritti suoi propri che le derivano dalla conclusione del contratto orale del 1985 e dalla sottoscrizione dei contratto del 1996.
3.Con il secondo motivo si denunzia vizio di motivazione e violazione degli articoli 428 e 1442 c.c. in relazione all'articolo 360 numero 3 c.p.c. e nullità della sentenza per omessa pronunzia ai sensi dell'articolo 112 c.p.c..
La ricorrente censura la decisione della Corte di merito che ha ritenuto prescritto il diritto a far valere l'azione di annullamento per vizi del consenso.
4. Il motivo è infondato
La Corte d'appello ha ritenuto prescritta l'azione e la relativa eccezione in quanto proposta oltre i cinque anni dalla conclusione del contratto.
Inoltre ha ritenuto, con doppia motivazione, anche infondata l'eccezione, in quanto le patologie lamentate dalla signora M. , che avrebbero indotto un vizio del consenso, erano insorte in epoca successiva alla conclusione del contratto.
È vero che 'annullabilità di un contratto, ove fatta valere in via di azione è sottoposta a precisi limiti temporali e tende alla eliminazione dell'atto che si assume viziato. Ma, quando ricorra l'esistenza di un vizio comportante l'annullamento del contratto, anche ove la apposita azione non sia stata esperita, l'ordinamento (art. 1442 ultimo comma cod. civ.) consente a chi sia convenuto per l'esecuzione, di fare valere detto vizio, per pervenire non già all'annullamento dell'atto, ma all'unico fine di paralizzare la pretesa della controparte all'adempimento. La parte convenuta per l'adempimento ha dunque la facoltà, di chiedere l'annullamento del contratto, ove non sia decorso il termine prescrizionale, ovvero di sollevare eccezione di annullamento, che può peraltro essere avanzata in ogni tempo, limitandosi a denunziare il vizio, allo scopo di frustrare la pretesa dell'attore.
La ratio della norma appare dunque quella di apprestare un rimedio affinché l'atto viziato, ancorché esistente, stante l'assenza di una istanza di annullamento, non raggiunga pienamente il suo scopo. Non può pertanto revocarsi in dubbio che, entro tali limiti e in relazione all'unico fine perseguito (quello di contrastare la pretesa avversaria), la difesa del convenuto, abbia ritualmente sollecitato una indagine sulla validità del titolo giuridico. Cass. Sent. n. 11182 del 29/07/2002.
5. Ma la Corte ha fatto una doppia motivazione ritenendo infondata l'eccezione anche nel merito. La motivazione sulla infondatezza è da condividere in quanto proprio dalla lettura della citazione e delle richieste istruttorie, come riportate in ricorso dalla stessa ricorrente, si rileva che un'eventuale vizio del consenso è stato dedotto in modo idoneo unicamente nei confronti del Ma. e non dell'attuale ricorrente. Una volta puntualizzato che la controversia deve riferirsi alla posizione della M. rispetto,al comodato per un diritto proprio, e non come erede del M. , si ritiene che correttamente la Corte di appello ha affermato che nessuna delle patologie dedotte per vizio del consenso in relazione alla M. sono anteriori alla stipula del contratto del 96,(vedi. Capitoli 9 e 10 della prova testimoniale richiesta in primo grado e documentazione medica prodotta relativa solo al Ma. ).
6. Si osserva che l'incapacità naturale, prevista dall'art. 428 c.c. si connota non già per la totale o sensibile privazione delle facoltà intellettive e volitive, essendo sufficiente la sola menomazione di esse, tale comunque da impedire la formazione di una volontà cosciente, facendo così venire meno la capacità di autodeterminazione del soggetto e la consapevolezza in ordine all'atto che sta per compiere (Cass. 1 settembre 2011, n. 17977; Cass. 8 giugno 2011, n. 12532) più in generale, non è sufficiente che il normale processo di formazione e di estrinsecazione della volontà sia in qualche modo turbato, come può accadere in caso di grave malattia, ma è necessario che le facoltà intellettive e volitive del soggetto siano, a causa della malattia, perturbate al punto da impedirgli una seria valutazione del contenuto e degli effetti del negozio; ciò che va provato in modo rigoroso e specifico (Cass. 26 maggio 2000, n. 6999).
L'incapacità naturale va accertata dal giudice del merito, la cui valutazione in ordine alla gravità della diminuzione di tali capacità non è normalmente censurabile in cassazione se adeguatamente motivata (tra le molte: Cass. 8 giugno 2011, n. 12532, Cass. 26 febbraio 2009, n. 4677; Cass. 2 : novembre 2004, n. 21050; Cass. 5 febbraio 2004, n. 2210; Cass. 15 gennaio 2004, n. 515; Cass. 14 maggio 2003, n. 7485; Cass. 28 marzo 2002, n. 4539), dovendo l'eventuale vizio della motivazione emergere, in ogni caso, direttamente dalla sentenza e non dal riesame degli atti di causa, inammissibile in sede di legittimità (Cass. 1 settembre 2011, n. 17977).
7. In ordine al dedotto dolo di cui sarebbe stata vittima la M. insieme al marito si osserva che non vi è alcuna idonea prospettazione degli elementi di fatto in cui il dolo si sarebbe realizzato né alcun capitolo di prova richiesto sul punto in primo grado, né con l'atto di appello con il quale si ribadisce la richiesta di ammissione della prova non ammesse in primo grado, che non riguarda in nessuna delle sue articolazioni il dolo.
8. Con il terzo motivo di ricorso si denunzia vizio di motivazione ex art. 360 n. 5 c.p.c. ed errata applicazione dell'articolo 1230 c.c. e delle norme sulla interpretazione del contratto - articoli 1362 cc e seguenti - nullità della sentenza per omessa pronunzia ai sensi dell'articolo 112 c.p.c. in relazione all'articolo 360 n. 4 c.p.c..
La ricorrente censura la sentenza della corte di appello per avere omesso ogni motivazione circa l'eccezione della mancanza dell'effetto novativo della scrittura del 22 giugno 96.
8. Il motivo è fondato.
La Corte d'appello ha affermato che dalla accertata validità ed efficacia del contratto del 22.6.1996 derivava anche l'effetto novativo dello stesso rispetto al precedente contratto di comodato.
Poiché la novazione oggettiva si configura come un contratto estintivo e costitutivo di obbligazioni, caratterizzato dalla volontà di far sorgere un nuovo rapporto obbligatorio in sostituzione di quello precedente con nuove ed autonome situazioni giuridiche, di tale contratto sono elementi essenziali, oltre ai soggetti e alla causa, l'"animus novandi", consistente nella inequivoca, comune intenzione di entrambe le parti di estinguere l'originaria obbligazione, sostituendola con una nuova, e l'”aliquid novi", inteso come mutamento sostanziale dell'oggetto della prestazione o del titolo del rapporto.
L'esistenza di tali specifici elementi deve essere in concreto verificata dal giudice del merito, con un accertamento di fatto che si sottrae al sindacato di legittimità solamente se è conforme alle disposizioni contenute negli artt. 1230, commi primo e secondo, e 1231 cod. civ., e se risulta congruamente motivato. Cass. Sentenza n. 17328 del 11/10/2012.
È stato in proposito precisato (Cass. 9 marzo 2010 n. 5665) che la novazione oggettiva del rapporto obbligatorio postula il mutamento dell'oggetto o dei titolo della prestazione, ai sensi dell'art. 1230 cod. civ., e deve essere connotata non solo dall'aliquid novi, ma anche dall'animus novandi (inteso come manifestazione inequivoca dell'intento novativo) e dalla causa novandi (intesa come interesse comune delle parti all'effetto novativo).
Nei caso di specie la Corte territoriale, nel ritenere la sussistenza di una novazione fra le parti, non ha fatto corretta applicazione del suddetto principio atteso che ha omesso di verificare in modo adeguato la sussistenza degli elementi necessari per integrare la fattispecie della novazione.
L'accoglimento del terzo motivo, assorbe il quarto - denunzia di vizio di motivazione ed omesso esame documenti e mancata ammissione prova testimoniale - ed il quinto - denunzia di violazione dell'art. 1445 e nullità della sentenza.
La sentenza impugnata va pertanto cassata in relazione al motivo accolto con rinvio ad diversa sezione della corte di appello di Perugia, che provvederà anche alle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, rigetta il primo ed il secondo, assorbiti gli altri; cassa in relazione al motivo accolto e rinvia ad altra sezione della Corte di appello di Perugia, che provvederà anche alle spese del giudizio di cassazione.
Avv. Antonino Sugamele

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