Con delibera condominiale approvata a maggioranza viene installato un sistema di ripartizione del consumo del riscaldamento mediante contatori elettronici e valvole termostatiche, prevedendo di ripartire comunque secondo la tabella millesimale del riscaldamento vigente il 20 % del costo di gestione annuale, e il rimanente 80 % secondo i consumi effettivi dati dalla lettura dei contatori.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 25 febbraio – 29 aprile 2015, n. 8724
Presidente Bucciante – Relatore Migliucci
Svolgimento del processo
1. P.G. e R.A. , proprietari di un appartamento sito nel Condominio di (omissis) impugnavano la delibera con cui in data 16-06-98 l'assemblea di quel Condominio aveva approvato a maggioranza l'installazione di "un sistema di ripartizione del consumo del riscaldamento mediante contatori elettronici e valvole termostatiche, prevedendo altresì di "ripartire comunque secondo la tabella millesimale del riscaldamento vigente il 20% del costo di gestione annuale e il rimanente 80% secondo i consumi effettivi dati dalla lettura dei contatori".
Deducevano che tale delibera era illegittima:
a) l'installazione del contatore elettronico e della valvola termostatica, comportando la sostituzione del rubinetto d'ingresso dell'acqua dell'impianto centralizzato sui radiatori di proprietà individuale, avrebbe leso la libertà del condomino dotato di impianto autonomo collegato a quello centralizzato di fruire ed utilizzare ciò che è di sua esclusiva proprietà e disponibilità;
b) inoltre, l'adozione dei nuovi criteri di ripartizione della spesa per effetto dell'introduzione dell'innovazione suddetta avrebbe modificato il criterio di ripartizione della spesa relativa agli oneri di riscaldamento così violando sia i criteri convenzionali che quelli legali di cui agli artt. 112 cod. civ., e dall'art. 25 L. n. 10/91.
Si costituiva il Condominio, chiedendo il rigetto della domanda.
Il Tribunale, con sentenza n.5528/02, rigettava la domanda.
Con sentenza dep. il 1 giugno 2008 la Corte di appello di Roma, in riforma della decisione impugnata dagli attori, accoglieva la domanda da questi proposta.
Dopo avere premesso che gli attori non avevano contestato la decisione di adottare la ripartizione delle spese di riscaldamento secondo i consumi effettivi registrati, i Giudici annullavano la delibera condominiale impugnata, ritenendo che: a) per le deficienze tecniche, lamentate dagli istanti ed accertate dal consulente di ufficio, il sistema adottato dal Condominio non impediva il rischio della sovrapposizione dei consumi relativi all'impianto autonomo degli attori con quelli dell'impianto comune, posto che i consumi venivano contabilizzati pur quando era chiusa la valvola termostatica; pertanto, la scelta del Condominio si traduceva nell'impossibilità per gli attori di servirsi, come fino allora avvenuto, dei radiatori e dell'impianto autonomo, di cui si erano legittimamente dotati cinque anni prima senza peraltro distaccarsi da quello comune, posto che gli stessi usavano indifferentemente l'impianto comune e quello autonomo, senza pregiudicare il diritto degli altri condomini mentre con la delibera impugnata si era realizzata la compressione del diritto degli appellanti di usare la cosa comune con violazione dell'art. 1120 secondo comma cod. civ.; non assumeva al riguardo rilevanza la deroga stabilita dall'art. 25 5 dalla legge n. 10 del 1991, che fa riferimento soltanto al quorum necessario per le innovazioni ivi previste; era a carico del Condominio l'obbligo di adottare le misure idonee a impedire gli inconvenienti lamentati dagli attori, essendo stata evidenziata dal consulente tecnico di ufficio la possibilità di soluzioni tecniche alternative per la registrazione dei consumi;
b) illegittima era altresì la decisione di ripartire le spese del riscaldamento secondo un criterio misto, nella misura del 20 % in base alla tabella millesimale, quale costo fisso e l'80% in base ai consumi registrati, posto che la determinazione del costo fisso – in effetti in tal modo divenuto variabile - era in contrasto con quanti dalla legge n. 10 del 1991, in quanto non era proporzionale ai consumi effettivamente registrati.
2.- Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione il Condominio di (OMISSIS) sulla base di dieci motivi illustrati da memoria.
Resistono con controricorso gli intimati.
Motivi della decisione
A. Vanno esaminati innanzitutto il primo, il secondo, il terzo, il quarto, il quinto, il sesto e il settimo motivo del ricorso.
1.- Il primo motivo censura l'insanabile contrasto fra motivazione e dispositivo laddove la sentenza impugnata, dopo avere affermato che gli attori non avevano mai contestato il deliberato assembleare di ripartizione delle spese di riscaldamento secondo il sistema di contabilizzazione del calore, aveva poi annullato la delibera ritenendola illegittima.
Formula il seguente quesito di diritto: "Se incorra nella sanzione di nullità la sentenza del Giudice di appello nella quale il decisum contenuto nella motivazione sia in contrasto con il dispositivo, si da non consentire di stabilire quale sia il concreto comando giudiziale".
2.- Il secondo motivo denuncia che, al momento della delibera impugnata, nessun condomino si era dotato dell'impianto autonomo, compresi gli attori, i quali con la citazione mai avevano lamentato la violazione concreta e attuale di un loro diritto ma avevano invocato solo quello ipotetico ove un condomino avesse voluto dotarsi di un impianto autonomo: legittimamente l'assemblea aveva deliberato la installazione dei contabilizzatori, in linea con quanto previsto in tema di risparmio energetico dalla legge n. 10 del 1991 e dal d.p.r. n. 59 del 2009, prevedendo il sistema introdotto la sostituzione del rubinetto di ingresso dell'acqua calda e del contabilizzatore sulla superficie radiante con la valvola termostatica.
Gli attori soltanto nel corso del giudizio di primo grado, con la memoria ex art. 184 cod. pro. civ., avevano mutato la causa petendi, deducendo la preesistenza dell'impianto autonomo, di cui peraltro non era stata fornita prova.
Formula il seguente quesito di diritto: "Se incorra in error procedendo ai sensi dell'art. 112 c.p.c. per vizio di ultra o extra petizione, il Giudice di appello che decida oltre i limiti della domanda introduttiva del giudizio e fondi il proprio convincimento e la conseguente decisione della causa su fatti mai dedotti dall'attore nell'atto di citazione".
3.- Il terzo motivo denuncia il difetto di motivazione a proposito dell'affermazione dei Giudici di appello secondo cui sarebbe stata pacifica la preesistenza dell'impianto autonomo di riscaldamento.
4. - Il quarto motivo censura la sentenza che motu proprio aveva ritenuto la preesistenza dell'impianto, ovvero prescindendo dalle allegazioni delle parti.
Formula il seguente quesito di diritto "Se incorra, nella violazione dell'art. 115 c.p.c. e del principio secondo cui il Giudice deve decidere iuxta alligata et probata, il giudice di appello che ponga a fondamento della propria decisione fatti e circostanze mai dedotte dall'attore nell'atto di citazione".
5. - Il quinto motivo denuncia che la sentenza aveva fatto malgoverno delle norme che disciplinano la gestione delle parti comuni, dei vincoli e delle limitazioni cui soggiacciono i beni di proprietà esclusiva, atteso che il Condominio può intervenire anche su queste ultime quando ciò sia necessario per consentire che il servizio si svolga per garantire parità di trattamento a tutti i condomini, come appunto nella specie in cui la delibera adottata, dal Condominio per indubbio vantaggio per i condomini, incideva necessariamente sulle tubazioni e radiatori di proprietà esclusiva.
Formula i seguenti quesiti di diritto: "Se l'assemblea dei condomini possa legittimamente deliberare in merito alla gestione dell'impianto di riscaldamento centralizzato coinvolgendo manufatti di proprietà esclusiva (tubi del termosifone e radiatori installati nell'alloggio privato), alla luce del vincolo inscindibile, materiale e funzionale, che intercorre tra le parti di proprietà esclusiva e l'impianto centralizzato, e se incorra di conseguenza in violazione di legge (art. 1117 c.c.) la decisione del Giudice di appello che attribuisce al condomino il diritto di opporsi alla delibera istitutiva del sistema dei contabilizzatori, sull'assunto della preventiva realizzazione di un impianto autonomo di riscaldamento collegato all'impianto di riscaldamento centralizzato".
"Se risponda al disposto di cui all'art. 1120 c.c. la delibera adottata con la maggioranza prescritta, che introduca nel condominio una innovazione (sistema dei contabilizzatori) migliorativa del godimento e del rendimento della cosa comune (impianto di riscaldamento), senza precluderne la fruizione a tutti i condomini e senza recare pregiudizio ad alcuno di essi, e se pertanto incorra nella violazione del disposto dell'art. 1120 c.c. la decisione della Corte territoriale laddove ha ritenuto leso il diritto dei Sigg.ri P. -R. di poter usare l'Impianto di riscaldamento centralizzato".
6. - Il sesto motivo denuncia la erronea lettura della consulenza tecnica da cui era emerso il perfetto funzionamento del sistema, mentre doveva ritenersi illegittimo il comportamento degli attori quali si erano dotati di nascosto e senza autorizzazione di un impianto autonomo collegato a quello centralizzato del quale continuavano a godere senza partecipare alle relative spese di gestione.
7.1. Il settimo motivo censura la sentenza che, in considerazione della preesistenza dell'impianto autonomo che sarebbe stato realizzato dagli attori prima della installazione dei contabilizzatori, aveva escluso che i predetti fossero tenuti al pagamento delle relative spese e a quelle di gestione; evidenzia che l'impianto autonomo non era stato mai autorizzato ed era dunque illegittimo, mentre avrebbe dovuto applicare l'art. 1123 secondo comma cod. civ., secondo cui la ripartizione delle spese necessarie per la conservazione e per il godimento dalle cose comuni destinate a servire i condomini in misura diversa deve avvenire in proporzione all'uso che ciascuno può farne.
Ribadisce la legittimità della scelta effettuata dal Condominio con il conseguente onere di partecipare alle spese indipendentemente dall'uso che ne vogliano fare. L'impianto autonomo non aveva ragione di essere installato e non ha ragione di essere mantenuto.
Formula il seguente quesito di diritto "Se incorra nella violazione dell'art. 1123, 2 comma, c.c. la decisione del Giudice di appello che riconosca il diritto del singolo condomino, che si sia dotato di nascosto e comunque senza autorizzazione del condominio di un impianto di riscaldamento autonomo collegato all'impianto di riscaldamento centralizzato, di sottrarsi alle spese di gestione dell'impianto centralizzato strutturato con il sistema dei contabilizzatori, sull'assunto di un'eventuale sovrapposizione e quindi di una contabilizzazione delle calorie prodotte dall'impianto di riscaldamento autonomo, atteso che la norma di cui all'art. 1123, 2 comma c.c. da riferimento all'uso potenziale e prescinde dall'uso effettivo”.
B. Preliminarmente va dichiarata, ai sensi dell'art. 366 bis cod. proc. civ., l'inammissibilità dei motivi primo, secondo, terzo, quanto e sesto.
Ai sensi dell'art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto dall'art. 6 del d.lgs. n. 40 del 2006, ratione temporis applicabile, i motivi del ricorso per cassazione devono essere accompagnati, a pena di inammissibilità (art. 375 n.5 cod. proc. civ.,) dalla formulazione di un esplicito quesito di diritto nei casi previsti dall'art.360 primo comma n. 1), 2), 3), 4) cod. proc. civ., e qualora il vizio sia denunciato anche ai sensi dell'art. 360 n. 5 cod. proc. civ., l'illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione.
Al riguardo va ricordato che, nel caso di violazioni denunciati ai sensi dell'art. 360 n. 1), 2), 3), 4) cod. proc. civ., secondo il citate art. 366 bis, il motivo deve concludersi con la separata e specifica, formulazione di un esplicito quesito di diritto, che si risolva in una chiara sintesi logico-giuridica della questione sottoposta al vaglio del giudice di legittimità, formulata in termini tali per cui dalla risposta – negativa od affermativa - che ad esso si dia, discenda in modo univoco l'accoglimento od il rigetto del gravame (SU 23732/07): non può, infatti, ritenersi sufficiente il fatto che il quesito di diritto possa implicitamente desumersi dall'esposizione del motivo di ricorso né che esso possa consistere o ricavarsi dalla formulazione del principio di diritto che il ricorrente ritiene corretto applicarsi alla specie, perché una siffatta interpretazione si risolverebbe nell'abrogazione tacita della norma di cui all'art. 366 bis cod. proc. civ., secondo cui è, invece, necessario che una parte specifica del ricorso sia destinata ad individuare in modo specifico e senza incertezze interpretative la questione di diritto che la Corte è chiamata a risolvere nell'esplicazione della funzione nomofilattica che la modifica di cui al decreto legislativo n. 40 del 2006, oltre all'effetto deflattivo del carico pendente, aveva inteso valorizzare, secondo quanto formulato in maniera esplicita nella Legge Delega 14 maggio 2005, n. 80, arti. 1, comma 2, ed altrettanto esplicitamente ripreso nel titolo stesso del decreto delegato soprarichiamato. In tal modo il legislatore si era proposto l'obiettivo di garantire meglio l'aderenza dei motivi di ricorso (per violazione di legge o per vizi del procedimento) allo schema legale cui essi debbono corrispondere, giacché la formulazione del quesito di diritto risponde all'esigenza di verificare la corrispondenza delle ragioni del ricorso ai canoni indefettibili del giudizio di legittimità, inteso come giudizio d'impugnazione a motivi limitati.
In effetti, la ratio ispiratrice dell'art. 366 bis cod. proa. civ. era quella di assicurare pienamente la funzione, del tutto peculiare, del ricorso per cassazione, che non è solo quella di soddisfare l'interesse del ricorrente ad una corretta decisione di quella controversia ma anche di enucleare il corretto principio di diritto applicabile in casi simili.
Pertanto, il quesito di diritto di cui all'art. 366 bis cod. proc. civ. deve comprendere l'indicazione sia della "regula iuris" adottata nel provvedimento impugnato, sia del diverso principio che il ricorrente assume corretto e che si sarebbe dovuto applicare in sostituzione del primo. Ne consegue che il quesito deve costituire la chiave di lettura delle ragioni esposte e porre la medesima Corte In condizione di rispondere ad esso con l'enunciazione di una regula iuris che sia, in quanto tale, suscettibile - come si è detto - di ricevere applicazione in casi ulteriori rispetto a quello sottoposto all'esame del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata (S.U.3519/2008).
Analogamente a quanto è previsto per la formulazione del quesito di diritto nei casi previsti dall'art. 360 primo comma n. 1), 2), 3), 4) cod. proc. civ., nell'ipotesi in cui il vizio sia denunciato ai sensi dell'art. 360 n. 5 cod. proc. civ., la relativa censura deve contenere, un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), separatamente indicato in una parte del ricorso a ciò specificamente deputata e distinta dall'esposizione del motivo, che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (S.U.20603/07). In tal caso, l'illustrazione del motivo deve contenere la indicazione del fatto controverso con la precisazione del vizio del procedimento logico-giuridico che, incidendo nella erronea ricostruzione del fatto, sia stato determinante della decisione impugnata. Pertanto, non è sufficiente che il fatto controverso sia indicato nel motivo o possa desumersi dalla sua esposizione. La norma aveva evidentemente la finalità di consentire la verifica che la denuncia sia ricondotta nell'ambito delle attribuzioni conferite dall'art. 360 n. 5 cod. proc. civ. al giudice di legittimità, che deve accertare la correttezza dell'iter logico-giuridico seguito dal giudice esclusivamente attraverso l'analisi del provvedimento impugnato, non essendo compito del giudice di legittimità quello di controllare l'esattezza o la corrispondenza della decisione attraverso l'esame e la valutazione delle risultanze processuali che non sono consentiti alla Corte, ad eccezione dei casi in cui essa è anche giudice del fatto. Si era, così, inteso precludere l'esame di ricorsi che, stravolgendo il ruolo e la funzione della Corte di Cassazione, sollecitano al giudice di legittimità un inammissibile riesame del merito della causa.
Nella specie, i quesiti formulati con i motivi primo, secondo e quarto sono inidonei per l'assoluta genericità, posto che, denunciando violazioni ex art. 360 n.3 o 4 cod. proc. civ., non contengono alcun riferimento ai termini della controversia e al contenuto in concreto delle statuizioni della sentenza impugnata; il terzo e il sesto motivo, che deducono il vizio di cui all'art. 360 n.5 cod. proc. civ., non contengono il momento di sintesi con la indicazione del fatto controverso e del vizio di motivazione.
C. Vanno esaminati congiuntamente il quinto e il settimo motivo del ricorso, stante la stretta connessione.
1. Preliminarmente va disattesa l'eccezione di inammissibilità dei predetti motivi, formulata dai resistenti ai sensi dell'art. 366 bis. Ed invero, sono chiaramente indicate le questioni risolutive della presente controversia che la Corte è chiamata a decidere, ovvero: a) la validità o meno della delibera con la quale l'assemblea condominiale aveva adottato il sistema di contabilizzazione dei consumi del riscaldamento centralizzato ai sensi della legge n 10 del 1991 ovvero se sia legittima l'opposizione dei condomini i quali, dotatisi in precedenza di impianto autonomo collegato a quello centralizzato, abbiano lamentato gli inconvenienti tecnici di tale sistema che comportava la sovrapposizione di consumi; b) se sia a carico del Condominio o degli attori l'eventuale maggior costo di quelle opere di adeguamento del sistema approvato dal Condominio che si rendessero necessarie per la preesistenza dell'impianto autonomo realizzato dagli attori.
2. I motivo sono fondati.
Occorre premettere che, per effetto della declaratoria di inammissibilità dei motivi primo, secondo, terzo, quarto e sesto, sono circostanze di fatto ormai accertate e non più controvertibili la preesistenza - rispetto alla delibera impugnata - della realizzazione da parte degli attori dell'impianto autonomo collegato a quello condominiale e la legittimità di tale opera; può altresì ritenersi accertato il rischio di sovrapposizione di consumi denunciato dagli attori, derivante dal sistema di contabilizzatori approvato dal Condominio.
Orbene, va considerato che: a) nella gestione del servizio di riscaldamento l'assemblea ha, con la delibera del 1998, legittimamente approvato nell'interesse comune con le prescritte maggioranze il sistema di termoregolazione dei consumi secondo le vigenti (all'epoca) disposizioni di cui alla legge n. 10 del 1991, che è conforme altresì a quanto previsto dal successivo d.p.r. n. 59 del 2009; b) non può di conseguenza, essere il Condominio a dovere sopportare i maggiori costi che eventualmente si rendessero necessari a causa dell'avvenuta realizzazione da parte degli attori dell'impianto di riscaldamento autonomo, collegato a (e integrativo di) quello comune, del quale i medesimi beneficiano e che hanno realizzato evidentemente per soddisfare esigenze personali.
Ciò posto, la sentenza, pur avendo fatto riferimento alla esistenza di dispositivi tecnicamente più adeguati o di semplici accorgimenti e interventi ad impedire la sovrapposizione dei consumi, ai quali aveva fatto riferimento il consulente tecnico di ufficio, non ha accertato (e il giudice di rinvio dovrà provvedervi): 1) se la possibilità di soluzioni tecniche alternative a quelle adottate, comporti un maggior costo rispetto a quello che il Condominio avrebbe sopportato in assenza dell'impianto autonomo realizzato dai condomini, dovendo - in caso di esito affermativo di tale indagine - il relativo onere essere posto a carico di quei condomini (nella specie, gli attori) che con il loro operato abbiano determinato un aggravio di spesa per gli altri che evidentemente non ricevono alcuna utilità da detto impianto, che evidentemente è destinato a soddisfare esigenze soggettive degli attori; 2) ovvero, se si sarebbero potuto evitare gli inconvenienti lamentati dagli attuali resistenti previa adozione di soluzioni tecniche ugualmente idonee a realizzare le finalità perseguite dal Condominio senza alcun aggravio di spesa (evidentemente nessun onere sarebbe addebitabile agli attori, dovendo e potendo in tal caso il Condominio installare il sistema dei contabilizzatori senza arrecare pregiudizio agli attori).
D. Sono assorbiti l'ottavo, il nono e il decimo motivo del ricorso.
Infine va disattesa la istanza, formulata dai resistenti ai sensi dell'art. 88 cpv cod. proc. civ., di cancellazione delle espressioni ritenute offensive con riferimento a quanto riportato alla pag. 18, righi 5-8 del ricorso laddove si afferma "vi sono di contro i condomini P. -R. che si sono sempre opposti alla installazione dei contabilizzatori e che conseguentemente dichiarano un consumo pari a zero, pur utilizzando tranquillamente l'impianto, centralizzato in barba agli altri condomini".
Al riguardo deve escludersi che le espressioni usate siano state determinate da un intento offensivo in quanto piuttosto rientravano nella dialettica processuale, afferendo la vicenda controversa. Ed invero, la cancellazione delle espressioni offensive o sconvenienti contenute negli scritti difensivi, prevista dall'art. 89 cod. proc. civ. e che può essere disposta anche nel giudizio di legittimità, rientrando tra i poteri officiosi del giudice, va esclusa allorquando le espressioni in parola non siano dettate da un passionale e scomposto intento dispregiativo e non rivelino perciò un intento offensivo nei confronti della controparte (o dell'ufficio), conservando pur sempre un rapporto, anche indiretto, con la materia controversa, senza eccedere dalle esigenze difensive (Cass. 26195/11; 10288/09).
La sentenza va cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio, anche per le spese della presente fase, ad altra sezione della Corte di appello di Roma.
P.Q.M.
Accoglie il quinto e il settimo motivo del ricorso, dichiara inammissibili il primo, il secondo, il terzo, il quarto e il sesto, assorbiti l'ottavo, il nono e il decimo, cassa la sentenza impegnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese della presente fase, ad altra sezione della Corte di appello di Roma.
30-04-2015 20:22
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