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Sentenza

Consulenza tecnica di ufficio: applicabile l'onorario a percentuale in edilizia....
Consulenza tecnica di ufficio: applicabile l'onorario a percentuale in edilizia.
Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 24 febbraio – 26 agosto 2015, n. 17140
Presidente Oddo – Relatore Parziale

Svolgimento del processo

1. Le società ricorrenti impugnano il provvedimento emesso dal Presidente del Tribunale di Monza in data 8 luglio 2009, depositato il giorno successivo, che ha respinto la loro opposizione al decreto di liquidazione degli onorari dovuti all'architetto A., all'esito di una procedura ex articolo 696 cp.c., chiesta allo scopo di accertare irregolarità e difformità rispetto al progetto ed ai titoli abilitativi comunali nei lavori di costruzione di fabbricati ad uso industriale in Brioscho, frazione di Capriano, nonché di accertare «il costo delle opere necessarie per il ripristino dello stato dei luoghi e per l'eliminazione dei danni cagionati».
2. II tribunale in composizione monocratica, sentite le parti e in particolare il c.t.u. nominato, confermava la liquidazione. Prendeva atto che l'architetto aveva chiarito di aver acquisito tutta la documentazione necessaria e di aver svolto un rilevante lavoro per l'attività preparatoria e per l'analisi di preventivi, avendo anche esaminato centinaia di fotografie con riguardo ad un complesso industriale disteso su un ettaro e mezzo di superficie. Il Tribunale così motivava il suo provvedimento di rigetto: «Rilevato che l'art. i D.M. 30.05.2002, alfine della determinazione degli onorari a percentuale dovuti per la consulenza tecnica al perito nominato dal giudice, indica come base di calcolo il "valore della controversia",- Ritenuto quindi che il parametro di riferimento non è il valore economico accertato in esito alla consulenza, ma quello esaminato e valutato (anche per negarlo dal CTU, perché è l'unico a, ppropriato per commisurare il suo impegno professionale - come d'altra parte anche per l'assistenza legale nel processo da parte dei legale».
3. Impugnano tale decisione le società ricorrenti che articolano cinque motivi di ricorso. Nessuna attività in questa sede hanno svolto le parti intimate. Le ricorrenti hanno depositato memoria.

Motivi della decisione

1. I motivi del ricorso.
1.1 - Col primo motivo di ricorso si deduce: «Violazione e falsa applicazione dell'art. 50 del D.P.R. n. 115/2002 e dell'art. 1 della tabella allegata al D.M. 30.05.2002 (in relazione all'ari. 360 n. 3 c p. c.); determinatone del compenso a percentuale anziché a vacazioni».
Lamentano le ricorrenti che il giudice abbia ritenuto corretto il ricorso al cd. metodo a percentuale previsto dall'art. 11 della tabella allegata al D.M. 30.05.2002 anziché a quello delle cd. vacazioni di cui all'art. 1 della tabella medesima. Rilevano che, sulla base della normativa applicabile (Dpr 115/2002), «i compensi spettanti ai CT U. possono essere computati secondo tre differenti modalità: onorari fissi, [ ..]; onorari variabili [..]: onorari a tempo (o a vacazioni) [-]». Osservano che «mentre gli onorari fissi e quelli variabili sono previsti nei casi in cui la consulenza riguardi determinate materie, espressamente elencate, il criterio della liquidazione a vacazioni costituisce un criterio residuale che trova applicazione in tutti i casi in cui non sia possibile l'applicazione dell'onorario fisso o variabile, vuoi perla particolarità della materia trattata e/o dell'indagine svolta, vuoi per l'impossibilità di determinare il valore della controversia». Rilevano che, nel caso in questione, «il compenso dovuto al CTU doveva essere liquidato a vacazioni posto che il valore della controversia (...) doveva ritenersi indeterminato e o indeterminabile». Osservano che il valore della controversia deve essere individuato sulla base di «elementi di valutazione... precostituiti e disponibili fin dall'introduzione del giudizio, essendo irrilevanti quelli acquisiti nel corso dell'istruttoria, anche attraverso la stessa consulenza tecnica... (Cass. 2007 n. 6414)». Nel caso in questione, quindi, «le quantificazioni fatte dal CTU all'esito della perizia e, a maggior ragione, le stime fornite dal consulente tecnico di parte non potevano essere utilizzate ai fini della determinazione del valore della controversia e, in assenta di quantificazioni di valori nel ricorso introduttivo, la controversia non poteva che ritenersi di valore indeterminabile con conseguente applicazione del compenso a vacazione ai sensi e per gli effetti dell'art. 1 della tabella allegata al D.M. 30.05.2002».
1.2 - Col secondo motivo di ricorso si deduce: «Violazione e falsa applicazione dell'art. 50 del D.P.R n. 11512002 e dell'art. 1 della tabella allegata al D.M. 30.05.2002 (in relazione all'ars. 360 n. 3 c p. c.); determinazione del compenso in contrasto con i principi generali derivanti dal carattere pubblicistico dell'incarico».
Secondo le ricorrenti «la liquidazione, effettuata con il metodo di calcolo a percentuale previsto dall'art. 11 [ ..], ha comportato, nel caso di specie, una quantificazione del compenso di gran lunga superiore all'importo che si sarebbe determinato con il calcolo a vacazioni e, in ogni caso, eccessivo rispetto all'attività effettivamente svolta così ponendosi in netto contrasto anche con il carattere pubblicistico attribuito all'incarico in questione dall'art. 50 comma 2 del DPR 115/2002 e con la conseguente necessità di contenere, per quanto possibile, i compensi dovuti agli ausiliari del giudice». Richiamano le ricorrenti, al riguardo, i principi affermati da questa Corte (Cass. 1999 n. 7687) circa la necessità di applicare i compensi a vacazione «anche nelle ipotesi in cui sarebbe possibile il ricorso agli altri criteri di determinazione dei compensi tutte le volte in cui l'applicazione di questi ultimi porterebbe ad una quantificazione manifestamente iniqua, sia in eccesso che in difetto, rispetto all'attività effettivamente svolta dal CTU».
1.3 - Col terzo motivo di ricorso si deduce: «Violazione dell'art. 112 cpc; omessa pronuncia circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (in relazione all'art. 360 n. 3 cp.c.)». Osservano le ricorrenti che «l'ordinanza resa in data 08.07.2009 ed oggetto della presente impugnazione non fornisce alcuna spiegazione delle ragioni per le quali è stata ritenuta corretta la liquidazione a percentuale limitandosi ad affermare che il parametro di riferimento per determinare il valore della controversia non è il valore economico accertato in esito alla consulenza ma quello esaminato e valutato (anche per negarlo) dal CTU....'». Così motivando, il Tribunale «non ha risposto alle censure formulate nel reclamo, violando così il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato sancito dall'ari. 112 cod. proc. chu », avendo le ricorrenti precisato in sede di opposizione che «nelle cause di valore indeterminabile, può essere applicato, in luogo del compenso a percentuale, il criterio residuale dell'onorario a vacazioni».
1.4 - Col quarto motivo di ricorso, proposto in via gradata, si deduce: «Violazione e falsa applicazione dell'ari. 50 del D.P.R n. 115/2002, degli artt. 1 e 11 della tabella allegata al D.M. 30.05.2002 e degli arti. 9 e 10 c p p. (in relazione all'art. 360 n. 3 c p. c.); errata determinarzone dei valore della controversia». Il Tribunale ha errato affermando che «il parametro di riferimento per la determinazione del valore della controversia ... non è il valore economico accertato in esito alla consulenza, ma quello esaminato e valutato (anche per negarlo) dal CTU». Tale principio viola gli artt. 9 e 10 cod. proc. civ. Infatti, il valore delle opere stimate come necessarie dal CTU, in relazione al quesito posto, era pari a € 85.000,00 e su tale somma doveva essere operata la liquidazione e non su quella di € 430.000,00, così determinata per effetto della sommatoria all'importo stimato dal CTU dell'importo valutato dal consulente di parte (€ 345.000).
Rilevano i ricorrenti che (per valore della controversia, nel caso in cui lo stesso non risulti, come nel caso di specie, individuato nell'atto introduttivo dei giudizio (nel ricorso ex art. 696 0c detto valore era infatti indeterminato f...] non può che intendersi il valore di perizia, ovvero la stima dei lavori dallo stesso accertata (€ 85.000,00) e non la sommatoria di tale stima con i preventivi eventualmente trasmessi dalle parti (e non accettati dal CTU) o comunque altri valori che non hanno alcuna attinentia con la perizia».
1.5 -- Col quinto motivo di ricorso si deduce: «Violazione e falsa applicazione dell'art. 50 del D.P.R n. 115/2002, degli arti 1 e 11 della tabella allegata al D.M. 30.05.2002 e dei principi generali in tema di liquidazione dei compensi agli ausiliari delgiudice (in rela íjone all'ars. 360 n. 3 cp.c.)». Rilevano le ricorrenti che il Tribunale ha anche errato nell'applicare, nella liquidazione, le percentuali previste per gli scaglioni nella misura massima e non sui minimi, come si sarebbe dovuto fare nel caso di specie, posto che tale «modus operandi si pone in netto contrasto con il carattere pubblicistico attribuito all'incarico in questione dall'art. 50 comma 2 del DPR 195/2002 e con la conseguente necessità di contenere, per quanto possibile, i compensi dovuti agli ausiliari del giudice».
2. Il ricorso è inammissibile e comunque è infondato.
2.1 - Nel complesso il ricorso è carente di autosufficienza quanto all'esatta consistenza dei quesiti sottoposti al CTU, alla motivazione del provvedimento opposto e alle censure svolte in sede di opposizione. Inoltre i primi quattro motivi non riportano il tenore dell'atto di citazione, nel quale il ricorrente assume che il valore della causa non era stato determinato.
2.2 -- In ogni caso i primi quattro motivi (che attengono al criterio di liquidazione) sono infondati. Questa corte, infatti, ha avuto più volte occasione di affermare che, in materia di costruzioni edilizie, l'articolo 11 della tabella allegata al decreto ministeriale del 30 maggio 2002 va interpretato nel senso che l'assenza di certezza sul valore dell'immobile non giustifica di per sé il ricorso al criterio delle vacazioni, che ha carattere solo residuale, dovendo il giudice in tale ipotesi verificare se la valutazione sia possibile sulla base di quanto risulta dagli atti, potendo anche basarsi sui valori indicati dal consulente nella propria richiesta, se ritenuti congrui (vedi tra le altre Cass. 15465 del 2013). Questa Corte ha anche avuto occasione di affermare che di «"valore indeterminabile" sono soltanto le cause aventi ad oggetto beni insusceítibili di valutazione economica» (vedi Cass. n. 3024 del 07/02/2011), situazione questa che certamente non ricorre nel caso di specie.
Infine, è infondato anche l'ultimo motivo, posto che la determinazione del compenso tra i minimi e i massimi dei singoli scaglioni, non è censurabile in questa sede, se non sotto il profilo del vizio di motivazione, non dedotto, trattandosi di valutazione riservata al giudice di merito, che deve tener conto in concreto dell'attività svolta dal CTU.
3. Nulla per le spese in mancanza di attività in questa sede delle parti intimate.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, Camera di Consiglio del 24 febbraio 2015
Avv. Antonino Sugamele

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