Le canzoni di un noto cantante italiano finiscono in Cassazione per una controversia sull'uso del marchio "ciao Rino".-
Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 28 novembre 2014 – 11 febbraio 2015, n. 2671
Presidente Ceccherini – Relatore Ragonesi
Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato il 3.6.04, G.A. conveniva in giudizio D.A. esponendo: 1) che era sorella ed erede universale del noto artista G.R. ; 2) che il successo dell'attività artistica del cantante G.R. era proseguito, anche dopo la morte, avvenuta a (OMISSIS) ; 3) che essa istante alcuni anni dopo la morte del fratello aveva deciso di costituire un gruppo musicale che potesse ricordare G.R. , eseguendo esclusivamente il repertorio di quest'ultimo; 4) che durante la realizzazione del progetto di costituzione del gruppo musicale essa istante aveva incontrato il sig. D.A. , il quale aveva chiesto di poter partecipare all'iniziativa in veste di cantante; 5) che il D. era stato ammesso a far parte della band; 6) che essa istante aveva attribuito al gruppo la denominazione "Ciao R. ”, denominazione ispiratale dal messaggio di saluto che veniva lasciato da coloro che si recavano a far visita alla tomba di G.R. ; 7) che, iniziata l'attività della banda, essa istante aveva svolto sia il compito di organizzatrice delle pubbliche rappresentazioni del gruppo musicale sia quello di gestire il gruppo in qualità di manager;
8) che, in data 29/3/2001, essa istante aveva depositato domanda di registrazione del marchio "Ciao R. " (domanda n. (OMISSIS) ); 9) che dopo una fase iniziale in cui l'attività del gruppo musicale si era svolta con successo e in un clima di reciproco rispetto, i rapporti tra essa istante ed il D. si erano incrinati; 10) che, in particolare, quest'ultimo aveva iniziato a modificare arbitrariamente i testi delle canzoni e ad introdurre nelle pubbliche rappresentazioni elementi scenografici e soggetti scenici non coerenti con la linea artistica di G.R. e offensivi dell'immagine di quest'ultimo; 11) che nel 2002 i rapporti tra essa istante, i suoi figli ed il convenuto si erano interrotti, ma D.A. aveva continuato ad utilizzare il marchio "Ciao R. " come denominazione del proprio gruppo musicale senza l'autorizzazione della parte attrice; 12) che, inoltre, il D. con la propria attività musicale continuava a ledere i diritti morali di autore di G.R. modificando i testi delle canzoni dello stesso e aggiungendo elementi scenografici pregiudizievoli dell'immagine dell'artista scomparso.
Ciò premesso, l'attrice deduceva l'illiceità della attività del convenuto e lamentava sia la lesione del proprio diritto al marchio "Ciao R. ” sia la lesione del diritto all'immagine dell'artista G.R. .
L'attrice chiedeva quindi che venisse accertata la sua titolarità del marchio "Ciao R. " e l'usurpazione di questo da parte del D. nonché che venisse accertata, in ragione della sua qualità di erede del fratello, il proprio diritto morale di opporsi a qualsiasi deformazione mutuazione o altra modificazione delle opere musicali scritte e composte da G.R. , che potesse essere di pregiudizio a di lui onore ed alla reputazione sia sotto il profilo della mutuazione dei testi che di utilizzo di elementi scenografici lesivi dell'immagine del fratello.
Chiedeva infine il risarcimento dei danni morali in Euro 20 mila nonché quello per la violazione del marchio in Euro 25 mila oltre pronunce conseguenziali.
D.A. si costituiva in giudizio e deduceva che il marchio “Ciao R. " era stato ideato da M.G. e che il gruppo musicale del quale esso convenuto e lo stesso M.G. facevano parte era stato il primo ad usare tale marchio con preuso che si era protratto per ben tre anni prima che G.A. ne richiedesse la registrazione. Chiedeva quindi il rigetto delle domande proposte da G.A. .
Il Tribunale, ritenuta la sussistenza del preuso del marchio da parte
del D. e del gruppo musicale al quale lo stesso apparteneva e ritenuta l'insussistenza della prova della qualità di G.A. di unica erede di G.R. , rigettava nel merito le domande di usurpazione e/o di contraffazione di marchio ed affermava il difetto di legittimazione attiva di G.A. rispetto alle domande collegate alla dedotta lesione dell'immagine, dell'onore, della reputazione e dell'identità professionale di G.R. .
Gaetano Anna proponeva appello chiedendo la riforma della sentenza di primo grado. Resisteva il D. .
La Corte d'appello di Roma, con sentenza n. 1575/11 rigettava il gravame.
Avverso la detta sentenza ricorre per cassazione la G. sulla base di due motivi cui resiste con controricorso il D..
Motivi della decisione
Con i due motivi di ricorso la ricorrente lamenta, rispettivamente sotto i diversi profili della violazione di legge, in particolare dell'art. 8 c.p.i., e del vizio motivazionale, che la Corte d'appello abbia riconosciuto e ritenuto lecito il preuso a livello locale da parte del D. del marchio da essa registrato "Ciao R. ".
Il primo motivo inammissibile prima ancora che infondato.
Risulta dall'atto ci citazione e dalle conclusioni di primo grado che la ricorrente non aveva proposto alcuna domanda di tutela di nome famoso ai sensi dell'art. 8 c.p.i. Tanto è vero che sul punto non vi fu alcun contraddittorio in quel giudizio né si rinviene alcuna pronuncia in proposito nella sentenza del tribunale.
Tale domanda è stata proposta con l'atto di appello e su di essa si è avuta una sintetica decisione da parte della sentenza di secondo grado.
Non è dubbio che la domanda in questione sia stata proposta tardivamente per la prima volta con l'atto di impugnazione in violazione dell'art. 345 cpc.
Sul punto,questa Corte ha già avuto occasione di osservare che l'inosservanza del divieto di introdurre una domanda nuova in appello, ai sensi dell'art. 345 cod. proc. civ., e, correlativamente, dell'obbligo del giudice di secondo grado di non esaminare nel merito tale domanda, è rilevabile d' ufficio in sede di legittimità poiché costituisce una preclusione all'esercizio della giurisdizione, che può essere verificata nel giudizio di cassazione (anche d'ufficio), non rilevando in contrario neppure che l'appellato abbia accettato il contraddittorio sulla domanda anzidetta. (Cass. 28302/05 – Cass. 10146/04).
Ciò risulta decisivo e preclude ogni ulteriore valutazione.
Tuttavia, ancorché superfluamente, si osserva che, anche a voler ammettere che l'espressione del tutto generica "ciao R. " costituisca un nome famoso in assenza della indicazione del cognome che costituisce l'elemento identificativo e caratterizzante del nome, l'art. 8 c.p.i. espressamente prevede che il nome famoso possa essere utilizzato da terzi con il consenso del titolare. Nel caso di specie risulta dagli stessi atti della ricorrente (vedasi tra l'altro ricorso per cassazione pg. 5) che la G. aveva autorizzato il D. ad utilizzare per il complesso musicale la detta espressione, il che farebbe in ogni caso escludere l'utilizzazione abusiva della stessa.
Nel caso di specie,è pacifico che la ricorrente è titolare del marchio registrato "Ciao R. " per cui in relazione a ciò del tutto correttamente i giudici di merito hanno accertato l'esistenza del preuso di detta espressione da parte del gruppo musicale del D. riconoscendogli così il diritto di continuarne l'utilizzazione in ambito locale ai sensi dell'articolo 12 c.p.i. che prevede che il terzo che abbia fatto uso del marchio anteriormente alla sua registrazione da parte del titolare possa continuare a farne uso nei limiti della diffusione locale.
La ricorrente lamenta con il secondo motivo un vizio di motivazione, in ordine alla sussistenza effettiva del preuso in questione ma la doglianza contenuta in otto righe si limita a contestare la valutazione effettuata dalla Corte d'appello delle risultanze testimoniali in modo assolutamente generico e privo di ogni specificità onde il detto motivo risulta inammissibile.
Il ricorso va in conclusione respinto. Segue alla soccombenza la condanna al pagamento delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 2500,00 oltre Euro 200,00 per esborsi ed oltre accessori di legge e spese forfettarie.
15-02-2015 15:25
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