Lite giudiziaria in Cassazione tra il Comune di Trapani e la Terra dei Fenici Spa.
Cassazione civile sez. I 27/10/2015 ( ud. 08/10/2015 , dep.27/10/2015) Numero: 21892
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FORTE Fabrizio - Presidente -
Dott. NAPPI Aniello - Consigliere -
Dott. DIDONE Antonio - Consigliere -
Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria - Consigliere -
Dott. VALITUTTI Antonio - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 11972-2012 proposto da:
TERRA DEI FENICI S.P.A. IN LIQUIDAZIONE, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
MONTI PARIOLI 49, presso l'avvocato LIPARI ROBERTO FABIO,
rappresentata e difesa dall'avvocato MANCUSO RICCARDO, giusta procura
a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
COMUNE DI TRAPANI, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA LUCULLO 3, presso l'avvocato ADRAGNA NICOLA,
rappresentato e difeso dall'avvocato BOSCO BIAGIO, giusta procura in
calce al controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 473/2011 della CORTE D'APPELLO di PALERMO,
depositata il 11/04/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
08/10/2015 dal Consigliere Dott. VALITUTTI ANTONIO;
udito, per il controricorrente, l'Avvocato BOSCO BIAGIO che ha
chiesto il rigetto del ricorso e contestualmente deposita n. l avviso
di ricevimento;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
CERONI Francesca, che ha concluso per l'inammissibilità o in
subordine rigetto del ricorso.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
1. Con atto di citazione notificato il 3.11.2006, il Comune di Trapani conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Trapani, la società la Terra dei Fenici s.p.a., chiedendo dichiararsi nulle, o - in subordine - annullarsi - la Delib. assembleare 28 luglio 2004, Delib. assembleare 19 aprile 2006 e Delib. assembleare 28 giugno 2006.
1.1. La domanda veniva parzialmente accolta dal Tribunale adito con sentenza n. 279/2008, depositata il 20.5.2008.
2. Tale pronuncia veniva appellata, in via principale, dalla Terra dei Fenici s.p.a. ed, in via incidentale, dal Comune di Trapani, dinanzi alla Corte di Appello di Palermo che, con sentenza n. 473/2011 depositata l'11.4.2011, in parziale accoglimento dell'appello principale della società, compensava le spese dei due gradi del giudizio, rigettando sia l'appello principale che quello incidentale, e confermando, quindi, nel resto, l'impugnata sentenza.
2.1. Il giudice di seconde cure riteneva, per un verso, che il Comune di Trapani fosse decaduto - per tardività dell'impugnativa - dal diritto di impugnare la Delib. 28 luglio 2004, limitatamente alla parte concernente l'aumento del capitale sociale, e che, per altro verso, l'appello della società fosse infondato quanto alla modifica delle prestazioni accessorie previste dall'atto collettivo, essendo, sul punto, la Delib. suindicata nulla per la mancata adesione di tutti i soci al patto modificativo di tali prestazioni.
3. Per la cassazione della sentenza n. 473/2011 ha, quindi, proposto ricorso la Terra dei Fenici s.p.a. in liquidazione, nei confronti del Comune di Trapani, affidato a tre motivi. Il resistente ha replicato con controricorso.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. In via pregiudiziale, va rilevata la ritualità della comunicazione dell'avviso di fissazione di udienza, ex art. 377 c.p.c., per quanto riguarda la ricorrente Terra dei Fenici s.p.a., non comparsa all'udienza di discussione dell'8.10.2015.
Tale comunicazione risulta effettuata via telefax, presso lo studio dei difensore della società, avv. Mancuso Riccardo del Foro di Palermo, non essendo andato a buon fine il tentativo di comunicazione dell'atto presso il domicilio eletto dalla ricorrente in Roma, in via dei Monti Parioli n. 49, presso lo studio dell'avv. Lipari Roberto Fabio.
1.1. Orbene, va osservato, al riguardo, che, a seguito delle modifiche introdotte dalla L. 12 novembre 2011, n. 183, art. 25, agli artt. 136 e 366 c.p.c., il legislatore ha operato uno stretto raccordo tra le due disposizioni suindicate che devono, pertanto, essere lette in combinato disposto. Il novellato dell'art. 366 c.p.c., comma 2, dispone, infatti, che "Se il ricorrente non ha eletto domicilio in Roma ovvero non ha indicato l'indirizzo di posta elettronica certificata comunicato ai proprio ordine le notificazioni gli sono fatte presso la cancelleria della Corte di cassazione". Il comma 4 della medesima norma, nel testo attualmente vigente, prevede, poi, che "Le comunicazioni della cancelleria (.....) sono effettuate ai sensi dell'art. 136, commi 2 e 3".
Tale ultima disposizione, nei due commi succitati, risulta, attualmente, del seguente tenore: "Il biglietto è consegnato dal cancelliere al destinatario, che ne rilascia ricevuta, ovvero trasmesso a mezzo posta elettronica certificata, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici" (dell'art. 136 c.p.c., comma 2); "Salvo che la legge disponga diversamente, se non è possibile procedere ai sensi del comma che precede, il biglietto viene trasmesso a mezzo telefax, o è rimesso all'ufficiale giudiziario per la notifica" (dell'art. 136 c.p.c., comma 3).
1.2. Dal quadro normativo di riferimento suesposto, deve inferirsi, dunque, che, qualora - come nel caso di specie - il difensore domiciliatario designato con l'elezione di domicilio effettuata in precedenza si sia trasferito fuori dei luogo indicato, senza comunicare il nuovo domicilio alla cancelleria della Corte di cassazione, la comunicazione della fissazione dell'udienza ex art. 377 c.p.c., comma 2, va effettuata come segue:
a) in via prioritaria, mediante posta elettronica certificata (PEC) (art. 366 c.p.c., commi 2 e 4 e art. 136 c.p.c., comma 2), ma deve rilevarsi, al riguardo, che - ai sensi del D.L. n. 179 del 2012, art. 16, comma 9, convertito nella L. n. 221 del 2012 - la regola dell'obbligatorietà delle comunicazioni tramite PEC diverrà efficace in Cassazione solo a decorrere dal quindicesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto del Ministro della Giustizia che abbia accertato la funzionalità dei sistemi informatici dell'ufficio, decreto che al momento non risulta emesso;
b) quando non sia possibile, per qualsiasi ragione, comunicare l'atto al difensore tramite PEC, il cancelliere dovrà ricorrere al telefax (art. 366 c.p.c., comma 4 e art. 136 c.p.c., comma 3), sempre che il difensore abbia indicato il proprio numero in un atto difensivo, come previsto dall'art. 125 c.p.c., comma 1, u.p., (nel testo novellato dalla L. n. 114 del 2014, art. 45 bis) (cfr., in tal senso, Cass. S.U. 10143/2012; Cass. 6752/2013; Cass. 17764/2013), ovvero - in mancanza - consegnare il biglietto di cancelleria all'ufficiale giudiziario per la notifica, a condizione che il difensore abbia eletto domicilio in Roma, e sempre che il domiciliatario - come è accaduto nel caso concreto - non abbia trasferito il proprio domicilio senza comunicarlo alla cancelleria della Corte di Cassazione;
c) solo quando, nè la comunicazione a mezzo PEC, nè quella eseguita via telefax, siano andate a buon fine, sarà consentita la comunicazione mediante deposito dell'atto in cancelleria. Si è, difatti, osservato - al riguardo - che, a partire dalla data di entrata in vigore delle modifiche degli artt. 125 e 366 c.p.c., apportate dalla L. n. 183 del 2011, art. 25, esigenze di coerenza sistematica e d'interpretazione costituzionalmente orientata inducono a ritenere che, nel mutato contesto normativo, la domiciliazione "ex lege" presso la cancelleria dell'autorità giudiziaria, innanzi alla quale è in corso il giudizio, ai sensi del R.D. n. 37 del 1934, art. 82, consegue soltanto ove il difensore, non adempiendo all'obbligo prescritto dall'art. 125 c.p.c., per gli atti di parte, e dall'art. 366 c.p.c., specificamente per il giudizio di cassazione, non abbia indicato l'indirizzo di posta elettronica certificata comunicato al proprio ordine (Cass. S.U. 10143/2012).
1.3. Da tutto quanto suesposto consegue, pertanto, che nel caso concreto - considerato che il tentativo di notifica dell'avviso di fissazione di udienza presso il domicilio eletto dalla ricorrente in Roma non è andato a buon fine, a causa del trasferimento del difensore domiciliatario designato non comunicato alla cancelleria della Cassazione - la comunicazione di detto avviso, effettuata dalla cancelleria a mezzo telefax, nell'impossibilità di utilizzare attualmente la PEC nel giudizio dinanzi a questa Corte, deve ritenersi senz'altro legittima e rituale.
1.3.1. Questa Corte ha invero precisato, in proposito, che - in presenza di una comunicazione di cancelleria eseguita a mezzo telefax, ai sensi dell'art. 136 c.p.c., comma 3, - l'attestato del cancelliere, da cui risulti che il messaggio è stato trasmesso con successo al numero di fax corrispondente a quello del destinatario, è sufficiente a far considerare la comunicazione avvenuta, salvo che il destinatario fornisca elementi idonei a fornire la prova del mancato o incompleto ricevimento (Cfr. Cass. 5168/2012).
1.3.2. Nei caso di specie, risulta acquisito agli atti il "Rapporto verifica trasmissione" del 24.7.2015, sottoscritto dal cancelliere nella stessa data, dal quale emerge che alle ore 11,35 di quel giorno l'avviso di fissazione di udienza è stato inviato a mezzo telefax al numero di fax corrispondente a quello dell'avv. Mancuso (indicato nell'intestazione del ricorso), difensore della società Terra dei Fenici s.p.a., e che la trasmissione ha avuto esito positivo (Risultato: OK).
1.4. Da tutto quanto suesposto consegue, pertanto, che la ricorrente deve ritenersi ritualmente avvisata della data fissata per la discussione del presente giudizio.
2. Premesso quanto precede, e passando all'esame dei motivi di ricorso, va rilevato che con le prime due censure - che, per la loro evidente connessione, vanno esaminate congiuntamente - la Terra del Fenici s.p.a. in liquidazione denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1325, 1418, 1419 e 1420 c.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.
2.1. Avrebbe errato la Corte di Appello nel ritenere che la decisione assunta dai soci della terra dei Fenici s.p.a., con la Delib. 28 luglio 2004 avente ad oggetto la parziale modifica dello statuto sociale, sarebbe affetta da nullità totale ex art. 1418 c.c., per la mancanza del requisito dell'accordo delle parti di cui all'art. 1325 c.c., non essendo stata detta decisione adottata con il consenso unanime di tutti i soci, atteso il voto contrario della Provincia Regionale di Trapani.
La Corte avrebbe dovuto tenere conto, ad avviso del ricorrente, del fatto che l'accordo era stato comunque concluso tra gli altri soci, sicchè, non certo di nullità integrale dell'atto si tratterebbe, bensì di nullità parziale, dovendo la Delib. considerarsi improduttiva di effetti nei confronti del solo socio dissenziente, ai sensi dell'art. 1419 c.c..
2.2. Le censure sono inammissibili.
2.2.1. Va rilevato che la Delib. 28 luglio 2004, dichiarata nulla dalla Corte di Appello, aveva ad oggetto - per quel che qui interessa - la modifica di prestazioni accessorie da eseguirsi in denaro da parte dei soci della Terra dei Fenici s.p.a., previste dall'art. 6 dell'atto costitutivo. La Corte di Appello, pur ritenendo non applicabile il disposto dell'art. 2345, u.c., a tenore del quale, salvo diversa previsione dell'atto costitutivo, gli obblighi di prestazioni accessorie previsti dallo stesso articolo, ossia "non consistenti in denaro", "non possono essere modificati senza il consenso di tutti i soci", ha, tuttavia, ritenuto che, non essendo stata la modifica in questione approvata da uno dei soci (la Provincia Regionale di Trapani), il patto modificativo sarebbe totalmente nullo per la mancanza del consenso delle parti, ai sensi degli artt. 1325 e 1418 c.c., e non nullo o inefficace nei confronti del solo socio non aderente all'accordo (nullità relativa).
Tale statuizione della Corte territoriale è contestata dalla ricorrente, a parere della quale il patto modificativo di dette prestazioni accessorie da eseguirsi in denaro, previste dall'atto costitutivo della società, si sarebbe concluso per effetto dell'adesione alla Delib., avente ad oggetto tali modifiche, da parte di tutti i soci fatta eccezione per la Provincia Regionale di Trapani. Sicchè dovrebbe, nella specie, applicarsi il disposto degli artt. 1419 e 1420 c.c., con conseguente nullità (rectius, inefficacia) parziale del contratto nei confronti della sola parte la cui partecipazione all'accordo non doveva considerarsi essenziale.
2.2.2. Orbene, va osservato - al riguardo - che il ricorrente che denunci la violazione o falsa applicazione di norme di diritto non può imitarsi a specificare soltanto la singola norma di cui denuncia la violazione, ma deve indicare - ai fini del rispetto del principio di autosufficienza - gli elementi fattuali in concreto condizionanti gli ambiti di operatività della violazione medesima, ai fini di consentire alla Corte la corretta sussunzione del fatto concreto nelle norme che si assumono violate o erroneamente applicate, pena l'inammissibilità del motivo di ricorso proposto (cfr. Cass. 6972/2005; 4840/2006; 9076/2006; 16872/2014).
2.2.3. Nel caso concreto, la società ricorrente non ha nè trascritto, quanto meno nella parte essenziale, nè allegato al ricorso, la Delib. 28 luglio 2004 e neppure l'art. 6 dell'atto costitutivo della società, che detta Delib. avrebbe modificato, sì da consentire alla Corte di desumere dal solo atto introduttivo del presente giudizio - nel rispetto della previsione di cui all'art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6) - a quale titolo (finanziamento, mutuo, o altro) le prestazioni accessorie da eseguirsi in denaro fossero dovute dai soci, nonchè la natura e la portata della modifica di tali prestazioni, che si sarebbe dovuta effettuare con l'approvazione della Delib. in questione.
2.2.4. Nè è possibile prendere in esame, in questa sede, la questione relativa all'intervenuta cessazione della materia del contendere che si sarebbe verificata, al riguardo, ai sensi dell'art. 2377 c.c., per effetto della successiva Delib. 6 dicembre 2005, (peraltro, neanch'essa allegata o trascritta nel ricorso), trattandosi di questione che non risulta dedotta nei precedenti gradi del giudizio, non facendone menzione alcuna neppure la sentenza di appello. Secondo il costante insegnamento di questa Corte, infatti, i motivi del ricorso per cassazione debbono investire, a pena di inammissibilità, statuizioni e questioni che abbiano formato oggetto del giudizio di merito, restando escluso che in sede di legittimità possano essere prospettate questioni nuove o nuovi temi di contestazione Involgenti accertamenti di fatto non compiuti, perchè non richiesti, in sede di merito (cfr., ex plurimis, Cass. 9473/1999;
9818/2001; 1100/2001; 17763/2004).
Ne consegue che, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo di allegare l'avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso, di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto. E ciò al fine di consentire alla Suprema Corte di controllare "ex actis" la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (cfr. Cass. 3664/2006;
324/2007; 23675/2013).
2.3. I motivi in esame, poichè inammissibili, non possono, pertanto, trovare accoglimento.
3. Con il terzo motivo di ricorso, la Terra dei Fenici s.p.a. in liquidazione denuncia l'omessa motivazione su un fatto decisivo per la controversia, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 5.
3.1. L'impugnata sentenza avrebbe, invero, dichiarato la nullità della successiva Delib. 19 aprile 2006, di approvazione del bilancio al 31.12.2005, "senza avere fornito alcuna argomentazione in ordine ai motivi di invalidità dedotti da parte attrice".
3.2. La censura è infondata.
3.2.1. Il giudice di appello ha, infatti, motivato circa l'invalidità della Delib. 19 aprile 2006, ritenendola conseguente alla dichiarata nullità della Delib. precedente. Nè questa Corte potrebbe rivedere gli elementi delibati dal giudice di appello, risolvendosi, altrimenti, il motivo di ricorso in un'inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento di quest'ultimo, tesa all'ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass. S.U. 24148/2013).
3.2.2. E neppure può essere presa in considerazione, in questa sede, la questione relativa all'adottata Delib. 6 dicembre 2005, che avrebbe modificato, tra l'altro, i criteri di ripartizione del contributo alle spese generali di amministrazione, atteso che - come dianzi detto - si tratta di questione che non risulta dedotta nei precedenti giudizi di merito.
3.3. Il mezzo in esame va, di conseguenza, disatteso.
4. Per tutte le ragioni esposte, pertanto, il ricorso proposto dalla Terra dei Fenici s.p.a. in liquidazione deve essere integralmente rigettato.
5. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza, nella misura di cui in dispositivo.
PQM
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione;
rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 8.500,00, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese forfettarie ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Prima Civile, il 8 ottobre 2015.
Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2015
08-12-2015 21:30
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