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Sentenza

Postino non recapita la posta (numerosi chili si legge in sentenza) e la riporta...
Postino non recapita la posta (numerosi chili si legge in sentenza) e la riporta in ufficio.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 21 ottobre – 10 dicembre 2015, n. 24938
Presidente Roselli – Relatore Bronzini

Svolgimento del processo

II Tribunale di Milano dichiarava l'illegittimità della sanzione disciplinare di 4 gg. di sospensione dal servizio e dalla retribuzione per scarsa diligenza nell'espletamento della mansioni di portalettere infitta a R.A. per aver riportato indietro in Ufficio corrispondenza e stampe non recapitate in alcuni giorni. La Corte di appello di Milano con sentenza dei 11.12.2009, in riforma della impugnata sentenza ed in accoglimento dell'appello delle Poste italiane, dichiarava invece legittima la sanzione. La Corte territoriale osservava che non era stata offerta alcuna prova o anche deduzione che la prestazione richiesta fosse stata oltre i limiti di quella normale e che quindi doveva ritenersi che l'addebito si riferisse all'obbligo di consegna del quantitativo durante l'usuale giro di recapito. Era quindi onere del lavoratore dimostrare che fa mancata distribuzione della corrispondenza fosse dipesa da causa a lui non imputabile. La contestazione era specifica rendendo comprensibile la condotta addebitata.
Per la cassazione di tale decisione propone ricorso il R. con 4 motivi: resistono le Poste con controricorso. Le parti hanno depositato memoria illustrativa ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

Con il primo motivo si allega la nullità della sentenza per violazione dell'art. 112 c.p.c. per omessa motivazione su di un fatto controverso e decisivo per il giudizio. II ricorrente era stato convocato per rendere le giustificazioni orali, ma non nell'orario di lavoro e presso ia sua sede di lavoro, come da lui richiesto espressamente.
li motivo appare infondato. Pur non avendo la Corte di appello esaminato l'eccezione prima ricordata, riproposta in appello, la stessa appare manifestamente Infondata posto che non risulta alcuna norma ( né parte ricorrente in realtà la indica, limitandosi a richiamare principi inconferenti in ordine alle caratteristiche generali del rapporto di lavoro subordinato) che obblighi il datore di lavoro a sentire in sede disciplinare il lavoratore nell'orario di lavoro e nel luogo di lavoro; in ogni caso se pure fosse riscontrabile una irregolarità la stessa non appare così grave da potersi affermare che la procedura ex art. 7 non sia stata rispettata, posto che il lavoratore ha goduto del diritto di avanzare in sede orale le sue giustificazioni. In ordine alla doglianza per cui non vi sarebbe stata così copertura Inali non si comprova che la questione sia stata tempestivamente avanzata nei gradi di merito (dalla ricostruzione delle doglianze in appello sembrerebbe effettivamente una " questione nuova", mai avanzata nelle sedi di merito); inoltre non sembra condivisibile la tesi per cui il lavoratore, che segua un ordine di servizio nel recarsi in una sede aziendale per rendere le proprie giustificazioni, non abbia copertura assicurativa INAIL.
Con il secondo motivo si allega la violazione e falsa applicazione dell'art. 7 L. n. 300/70, sotto il profilo della violazione dei principio di specificità della contestazione, nonché vizio di motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Ci si è limitati ad indicare il quantitativo di posta non recapitata, senza neppure specificare che dovesse essere consegnata in giornata.
Con il terzo motivo si allega la violazione e falsa applicazione dell'art. 2082 e 2094 c.c e delle norme disciplinanti l'onere probatorio. Carenza di motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio. Nella contestazione non vi era alcun accenno ali' "attività normale" di consegna; mancava quindi alcun parametro per misurare la contestata " scarsa diligenza".
Con l'ultimo motivo si allega l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, nonché l'omessa valutazione di risultanza processuali. Vi era in quei giorni una giacenza particolare in relazione a giornate di neve e sì erano verificati degli scioperi.
I citati tre motivi possono essere esaminati congiuntamente. Nella lettera di contestazione viene imputato al ricorrente l'aver riportato indietro per ben 5 giorni una notevole quantità di corrispondenza per numerosi Kg.: nella lettera si ricorda la recidiva dei ricorrente colpito da ben 4 precedenti sanzioni disciplinari nell'arco di tempo 2004-2005. La Corte di appello ha già correttamente osservato che, posto che non era stato provato che fa prestazione fosse stata richiesta oltre i limiti, doveva ritenersi che la contestazione si riferisse alla prestazione normale durante l'ordinario giro di recapito; dalla lettura della contestazione (riportata nel ricorso) appare implicito che questa si riferisse al normale giro di recapito visto che per ogni giorno si specifica quanto non è stato consegnato, che- quindi- in difetto di qualsiasi elemento in senso contrario deve essere correlato all'ordinario giro di consegne. Si allega che nell'ufficio si era verificata un' anormale giacenza per scioperi e maltempo, ma manca de! tutto l'indicazione delle prove che attesterebbero che tali eventi abbiano comportato un aggravio della prestazione del ricorrente ( per i giorni indicati) , già destinatario di plurime sanzioni disciplinari per inosservanza di doveri ed obblighi nel periodo immediatamente precedente alla contestazione di cui si parla che sì riferisce unitariamente ad un mancanza di diligenza riscontrata in ben 5 giornate. Per cui- come ha sottolineato la Corte- non emerge che la mancata consegna sia da attribuire a fatti non addebitabili al lavoratore. Pertanto la motivazione, anche se sintetica, appare congrua e logicamente coerente, mentre le censure in realtà sono di merito, dirette ad una " rivalutazione del fatto", come tale inammissibile in questa sede.
Si deve quindi rigettare il ricorso. Le spese dei giudizio di legittimità- liquidate come al dispositivo- seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte:
rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in euro 100,00 per esborsi, nonché in euro 2.000,00 per compensi oltre accessori come per legge.
Avv. Antonino Sugamele

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