Hai ricevuto una raccomandata? E' presunta la conoscenza del contenuto della busta.
Corte d'appello di Napoli, se. II-bis Civile, sentenza 15 – 22 aprile 2016, n. 1541
Presidente Morelli – Relatore D'Amore
Ragioni in fatto ed in diritto della decisione
Con atto di intimazione di sfratto per finita locazione, notificato in data 17/2/2012 premesso di essere proprietario e locatore dell'unità immobiliare sita in Napoli alla condotto in locazione per uso diverso dalla giusto contratto decorrente dal l'.5.1999, rinnovatosi alla prima scadenza del 30.4.2005 e, scaduto il 30.4.2011 in virtù di disdetta comunicata con lettera raccomandata, spedita in data 8.4.2010 e ricevuta il 10.4.2010, conveniva la società conduttrice dinanzi al Tribunale di Napoli onde sentir convalidare l'intimato sfratto.
Radicatosi il contraddittorio si costituiva
- in persona del legale rappresentante pro-tempore, che eccepiva l'improcedibilità e l'infondatezza della domanda per non essere stata preceduta da alcuna disdetta del rapporto locatizio; in particolare, l'intimata deduceva che la lettera datata 2/4/2010 era stata redatta successivamente ed associata dalla controparte alla raccomandata ricevuta in data 10/4/2011, ma, contenente altra comunicazione ovvero l'invito al ritiro di alcune suppellettili e la circostanza che con detta missiva non fosse stata comunicata la volontà di disdetta dal contratto di locazione era dimostrabile ampiamente dalle stesse difese formulate dal locatore in numerosi atti processuali e verbali d'udienza dei diversi altri giudizi, instaurati ed aventi ad oggetto il medesimo rapporto. Ed, invero, secondo l'assunto difensivo dell'intimata, il locatore aveva negli altri giudizi sostenuto la tesi della durata annuale del contratto di locazione de quo scaduto nel 2000 per poi arrivare ad affermare, solo a seguito di pronunce a lui sfavorevoli, che la scadenza era individuabile al 1'/5/2011 pur in assenza di preventiva disdetta, non necessaria in ragione di espresse pattuizioni contrattuali così implicitamente riconoscendo di non averla inviata.
La società intimata provvedeva, quindi, a ricostruire il travagliato iter processuale inerente il rapporto di locazione de quo che aveva visto pronunciarsi il Tribunale di Napoli con sentenza n.6854/2003 del 5/6/2003, passata in giudicato, che, in accoglimento dell'opposizione avverso l'ordinanza di convalida di sfratto, aveva annullato detta ordinanza, previo accertamento che la società era conduttrice dell'immobile giusto contratto del 1`/5/1999, e reimmesso la stessa nella detenzione dell'immobile per essere stata illegittimamente sfrattata.
Il rapporto contrattuale vedeva instaurarsi anche: giudizio di opposizione di terzo ex art.404 c.p.c. promosso dal neoconduttore succeduto nella locazione dell'immobile, conclusosi con sentenza dichiarativa dell'inefficacia della sentenza n.6854/2003, riformata in grado di appello;
intimazione di sfratto per morosità notificata in data 7/6/2003 non iscritto a ruolo; intimazione di sfratto per morosità notificata in data 7/2/2008 il cui giudizio era ancora in corso; giudizio di risoluzione per mancata pagamento dei canoni, conclusosi nella contumacia della conduttrice con sentenza di accoglimento della domanda, annullata dalla Corte d'Appello di Napoli per nullità della notifica e rimessione degli atti ai sensi dell'art.354 c.p.c.. In particolare, l'intimata assumeva a riprova dei proprio assunto difensivo che giammai il locatore avrebbe avuto interesse ad inviare la disdetta datata 2/4/2010 essendo già munito, in detta epoca, di una sentenza n.8008/2008 con cui il Tribunale di Napoli aveva accolto la sua domanda di risoluzione e che era stata annullata dalla Corte d'Appello di Napoli successivamente in data 25/3/2011.
All'esito dell'udienza per la comparizione delle Parti il Giudice rigettava la richiesta di emissione dell'ordinanza provvisoria di rilascio e disponeva il mutamento del rito; in particolare, il Giudice, premesso che era onere dell'intimata produrre ciò che riteneva spedito con la raccomandata di cui non era contestata la ricezione, ma, il contenuto, precisava quali gravi motivi contrari all'emissione , dell'ordinanza provvisoria . di rilascio le seguenti circostanze: mentre la disdetta risulta indirizzata
quale legale rappresentante della società intimata, le ricevute di spedizione e di ricezione vedevano come destinatario quale persona fisica, e non già la società; in più atti giudiziari redatti dal difensore dell'intimante e successivi alla spedizione-ricezione di detta raccomandata, pur parlandosi della scadenza contrattuale, non si faceva mai riferimento a detta disdetta; in diversi atti giudiziari ovvero nella comparsa del 14/9/2011, nella comparsa del 14/12/2011 e nella comparsa del 15/12/2011 si affermava che la disdetta per il 1'/ 5 / 20 11 (rectius 30 / 4120 11) sarebbe stata manifestata con atto stragiudiziale del 14/6/2006 e con sfratto per morosità del 7/2/2008 ed in detti atti, pur successivi alla disdetta dell'aprile 2010, non si faceva alcun riferimento ad essa in merito alla scadenza contrattuale.
Quindi, il Tribunale, all'esito della trasformazione del rito, dichiarata inammissibile la prova testimoniale articolata dalla società resistente trattandosi di fornire per testimoni la prova di un atto per il quale era richiesta la prova scritta pur non essendo stato smarrito incolpevolmente, pronunciava, in data 24/6/2015, la sentenza n.9260/2015 con cui, in accoglimento della domanda, dichiarava cessata la locazione alla data del 30.4.2011 ordinando alla società resistente il rilascio dell'immobile, fissando per l'esecuzione la data del 2311112015, e condannandola al pagamento delle spese di lite.
In particolare, il Tribunale, premesso che, in tema di comunicazione della disdetta di un contratto di locazione, il locatore deve limitarsi a fornire la prova che la raccomandata sia giunta a conoscenza del conduttore mentre incombe su quest'ultimo, che ne contesti il contenuto, l'onere di provare che la raccomandata ricevuta aveva un contenuto diverso, affermava di non ricavare alcun significativo elemento di prova dalle difese processuali precedentemente svolte nell'interesse della parte locatrice negli scritti difensivi, attinenti altri giudizi in corso tra le parti in ordine allo stesso rapporto, successivi alla lettera raccomandata ricevuta il 10/4/2010.
Avverso detta sentenza proponeva appello
S.a.s., in persona del legale rappresentante pro-tempore, con ricorso depositato in data 3/8/2015, chiedendone la riforma onde sentir respingere nel merito la domanda avanzata con vittoria delle spese del doppio grado; in particolare, l'appellante reiterava tutte le difese spiegate fin nel primo grado del giudizio e disattese dal Tribunale la cui decisione censurava per l'errata valutazione circa la validità della disdetta, per errata valutazione delle prove ed errato rigetto delle richieste istruttorie avanzate anche in ragione dei principi giurisprudenziali sanciti dalla Suprema Corte in tema di onere probatorio da porsi a carico del mittente la raccomandata laddove il destinatario ne contesti il contenuto.
Radicatosi il contraddittorio si costituiva eccependo preliminarmente l'inammissibilità del ricorso ai sensi dell'art.342 c.p.c. non potendo soddisfare i dettami della norma di legge la mera riproposizione delle ragioni in fatto ed in diritto già esposte in primo grado e, nel merito, l'infondatezza dei motivi di gravame; in particolare, assumeva: che malgrado la società avesse dichiarato all'udienza del 28.3.2012 l'irrilevanza del contenuto della missiva in oggetto con la quale veniva invitata a ritirare alcune suppellettili, in data 5/4/2012, aveva richiesto a mezzo lettera raccomandata la consegna di quegli stessi beni ritenuti solo pochi giorni prima irrilevanti; che l'interesse del locatore a formulare la disdetta, nonostante precedenti giudizi in corso, era determinato dalla necessità di evitare comunque il tacito rinnovo del rapporto; che la circostanza che la lettera de qua con cui era stata invitata a ritirare le suppellettili fosse stata cestinata sarebbe stata ben evidenziata dinanzi al Giudice del procedimento di opposizione agli atti esecutivi (udienza del 15/12/2011) ed al Giudice del procedimento di reclamo (udienza del 16/12/2011) mentre invece alcun accenno era stato fatto a detto episodio; che l'indicazione della disdetta de qua quale semplice missiva era dovuto ad una imprecisione da parte dell'Avo. nella redazione dell'atto come facilmente desumibile dal rilievo che all'udienza del 16/ 12/2011 ha depositato la lettera di disdetta menzionandola nel verbale di udienza e dalla successiva costituzione in giudizio dell'Avv. ~Nell'ambito del giudizio RG 31078/2011 dove con comparsa del 14/12/2011 dichiarava per la scadenza contrattuale del 1'/5/2011 era stata inviata disdetta del 2/4/2010; che effettivamente la
disdetta era stata spedita ad legale rappresentante della società conduttrice; che in altro giudizio pendente tra le Parti la società aveva affermato che il locatore aveva posto in essere la procedura di esecuzione mobiliare sulle attrezzature e suppellettili esistenti nell'unità immobiliare per cui poteva operarsi una compensazione tra i canoni eventualmente non pagati e le somme ricavate dall'esecuzione mobiliare; che la prova testimoniale volta a dimostrare il contenuto di un documento era inammissibile in assenza dei presupposto della perdita incolpevole del documento; che la giurisprudenza di legittimità richiamata dall'appellante non era pertinente alla fattispecie de qua in cui il locatore aveva fornito la prova del contenuto della raccomandata mediante l'esibizione in giudizio della lettera di disdetta. La Corte acquisito il fascicolo del primo grado di giudizio, accolta l'istanza di sospensione dell'efficacia esecutiva della sentenza ai sensi dell'art. 447 bis c.p. c. giusta ordinanza del 4/1212015 e rigettata in data 18/3/2016 l'istanza di anticipazione dell'udienza e di revoca dell'ordinanza suindicata anche in ragione della prossimità temporale dell'udienza del 15 aprile 2016, all'udienza di discussione, la Corte decideva la causa mediante lettura del dispositivo di cui veniva data pubblica lettura.
Va preliminarmente osservato in rito che l'impugnazione soddisfa il requisito formale prescritto dall'art. 434 c.p.c., nel testo applicabile ratione temporis alla vertenza, contenendo le indicazioni richieste dalla disposizione citata.
Al riguardo va osservato che gli oneri che vengono imposti alla parte devono essere interpretati in coerenza con la funzione loro ascritta e devono quindi consentire di individuare agevolmente, sotto il profilo della latitudine devolutiva, il quantum appellatum e di circoscrivere quindi l'ambito del giudizio di gravame, con riferimento non solo agli specifici capi della sentenza del Tribunale, ma anche ai passaggi argomentativi che li sorreggono; sotto il profilo qualitativo, le argomentazioni che vengono formulate devono proporre lo sviluppo di un percorso logico alternativo a quello adottato dal primo Giudice e devono chiarire in che senso tale sviluppo logico alternativo sia idoneo a determinare le modifiche della statuizione censurata chieste dalla parte. Quanto detto non esclude poi che il ricorso in appello possa riproporre anche le argomentazioni già svolte in primo grado, purchè esse siano comunque funzionali a supportare le censure proposte nei confronti di specifici passaggi argomentativi della sentenza appellata.
Sotto tale aspetto deve rilevarsi che il ricorso in appello rispetta i richiamati canoni di autosufficienza, considerato che ivi vengono trascritti i passaggi della sentenza gravata, ai quali si attribuisce la violazione processuale lamentata: ciò è sufficiente per consentire di comprendere la portata della singola doglianza ed accedere all'esame diretto degli atti imposto dalla censura così come formulata. Il ricorso in appello, quindi, ad avviso della Corte, è stato correttamente strutturato, in relazione a ciascuna delle censure - attinenti la ricostruzione del fatto e la violazione di norme di diritto - sviluppate dall'impugnazione, mediante l'indicazione riassuntiva ed anche testuale, in alcuni casi, del contenuto delle parti della motivazione che si sono ritenute erronee, cui ha fatto seguito l'indicazione analitica delle ragioni poste a fondamento delle critiche svolte dall'appellante e della loro rilevanza al fine di confutare la soluzione censurata. Nel merito l'appello può trovare accoglimento per le ragioni di seguito precisate. Con due complessi motivi, da valutarsi unitariamente per motivi di ordine logico, la parte appellante si duole della sentenza per aver dichiarato il Tribunale risolto il contratto di locazione per scadenza del termine sul presupposto del valido invio della disdetta malgrado la circostanza che il locatore non avesse mai recapitato alla società intimata alcuna disdetta risultava ampiamente dimostrata dalle sue stesse dichiarazioni contenute in numerosi atti processuali e verbali di udienza relativi ad altri giudizi aventi ad oggetto lo stesso rapporto di locazione in cui il medesimo, sia pure in epoca successiva al presunto invio della disdetta, dichiarava di aver già manifestato la volontà di non rinnovare il contratto sia con atto stragiudiziale del 14/6/2006 che con atto di sfratto per morosità notificato il 7/2/2008 senza fare alcun accenno alla presunta disdetta del 2/4/2010, elementi di fatto questi per nulla esaminati dal giudice di prime cure che, peraltro, era incorso in errore nel ritenere ricadente sulla società conduttrice l'onere probatorio di cui all'art. 1335c.c. riferentesi alla presunzione di conoscenza dell'atto recapitato presso l'indirizzo del destinatario laddove, invece, in presenza di una contestazione del contenuto della busta ricevuta è onere del mittente offrire la prova relativa come affermato dalla Suprema Corte in applicazione del principio di cui all'art.2697 c.c.; in ogni caso, aggiunge la parte appellante, ben avrebbe dovuto il Tribunale ammettere la prova per testimoni articolata dalla società al fine di dimostrare il mancato ricevimento della disdetta all'interno della busta ricevuta in data 10/4/2010.
Orbene, appare preliminare vagliare l'applicabilità alla fattispecie de qua del principio di cui all'art. 1335 c.c. ritenuto dal Tribunale sulla scorta del principio affermato dalla Suprema Corte secondo cui "il locatore deve limitarsi a fornire la prova che la raccomandata sia giunta a conoscenza del conduttore (anche alla stregua della presunzione di all'art. 1335 cod. civ.; v. Cass. n.629-78) mentre, incombe al conduttore, che ne contesta il preteso contenuto, di fornire a sua volta la prova che la raccomandata non conteneva la dichiarazione di disdetta ed aveva quindi un contenuto diverso (Sentenza Cass. sez. III n. 6024 del 28.05.1991)".
Sul punto va richiamato l'orientamento recente della Suprema Corte (cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 10630 del 22/05/2015) secondo cui "la lettera raccomandata o il telegramma - anche in mancanza dell'avviso di ricevimento - costituiscono prova certa della spedizione attestata dall'ufficio postale attraverso la ricevuta di spedizione, da cui consegue la presunzione, fondata sulle univoche e concludenti circostanze della spedizione e dell'ordinaria regolarità del servizio postale e telegrafico, di arrivo dell'atto al destinatario e di conoscenza ex art. 1335 c. c. dello stesso, per cui spetta al destinatario l'onere di dimostrare che il plico non contiene alcuna lettera al suo interno, ovvero che esso contiene una lettera di contenuto diverso da quello indicato dal mittente (in tal senso, tra le ultime, le pronunce 23920/2013 e 15762/2013J'.
In particolare, poi, la pronuncia n.23920/2013 del Supremo Collegio è riferita ad una fattispecie analoga a quella che ci occupa in cui la conduttrice assumeva che la busta raccomandata pervenutale era vuota e non conteneva alcuna disdetta ed ha affermato che: "pur in presenza di talune oscillazioni nella giurisprudenza di questa Corte, è ormai principio consolidato che la lettera raccomandata - anche in mancanza dell'avviso di ricevimento - costituisce prova certa della spedizione, attestata dall'ufficio postale attraverso la ricevuta, da cui consegue la presunzione, fondata sulle univoche e concludenti circostanze della spedizione e dell'ordinaria regolarità del servizio postale, di arrivo dell'atto al destinatario e di conoscenza ex art. 1335 c. c. dello stesso; spetta di conseguenza al destinatario l'onere di dimostrare di essersi trovato senza sua colpa nell'impossibilità di acquisire la conoscenza dell'atto (Cass., 8 agosto 2007, n. 17417). Tale criterio risponde ad un'esigenza di certezza dei traffici che sarebbe alterata ove si consentisse al ricevente un plico normalmente contenente ed a tal fine normalmente utilizzato, una missiva, di negare, puramente e semplicemente, l'esistenza del contenuto, e dunque della missiva, nella raccomandata ricevuta. Peraltro, come correttamente sostiene l'impugnata sentenza, in tema di locazione di immobili ad uso abitativo, è la legge stessa a prevedere che la disdetta debba essere comunicata con lettera raccomandata. Se la legge avesse inteso porre a carico del mittente l'onere della prova del contenuto della raccomandata, avrebbe imposto la notificazione dell'atto.".
Orbene, ciò premesso, nel caso di specie, posto che la parte intimante ha allegato in atti la copia della lettera con cui era stata comunicata la disdetta dal contratto di locazione (v. documento n. 3 del fascicolo dell'intimante) e che tale copia può valere, quanto meno in termini presuntivi, a far ritenere provato che il suo contenuto corrisponda proprio a quello della lettera inviata, deve ritenersi rimesso a carico del destinatario fornire la prova contraria, cioè dimostrare che egli ricevette, come dedotto, con la raccomandata in questione una comunicazione differente da quella trasparente dalla copia esibita. Ciò posto, quindi, occorre valutare se la società conduttrice ha fornito la prova che la raccomandata ricevuta in data 10/4/2010 non contenesse la disdetta che il locatore assume aver inviato.
Ebbene, ritiene la Corte che la circostanza in base alla quale in altri procedimenti giudiziari vertenti sul medesimo rapporto contrattuale ed in epoca successiva all'invio della pretesa disdetta lo stesso locatore ha espressamente e costantemente riconosciuto di non aver inviato alcuna disdetta, soprattutto in ragione della ritenuta naturale risoluzione contrattuale in virtù di espresse pattuizioni contrattuali, o quanto meno di aver manifestato detta volontà solo con atto stragiudiziale notificato il 14/6/2006 e con atto di intimazione di sfratto per morosità notificato in data 71212008 assume certamente un significato univoco in ordine al mancato invio di una disdetta con la raccomandata ricevuta il 10/4/2010, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di prime cure.
Appare assai significativo che in altro giudizio la disdetta sia stata genericamente indicata dallo stesso locatore quale lettera r.r.; ed, invero, a seguito di giudizio di sfratto per morosità conclusosi con sentenza del Tribunale n.8008/2008 del 9/7/2008, nel successivo giudizio di gravame, conclusosi con sentenza n. 1378/2011 del 25.3.2011 di annullamento della sentenza per nullità della notifica dell'atto introduttivo del giudizio, il locatore, costituitosi personalmente, a riprova della ritualità della notificazione dell'atto di intimazione di sfratto per morosità, indicava la "lettera r.r." ricevuta a mani proprie dal signor presso lo stesso indirizzo ed al contempo indicava tra i documenti esibiti in comunicazione al n.11 la detta lettera r.r. ricevuta in mani proprie ~ (cfr., in atti, comparsa di costituzione del 28/1/2011) pur specificando, invece, per tutti gli altri documenti il relativo contenuto.
Alcun accenno al contenuto specifico di detta lettera è riportato in detto atto difensivo a firma del locatore, costituitosi in detto giudizio quale procuratore di se medesimo, né quest'ultimo ha tentato di fornire una spiegazione in merito all'indicazione generica di detta missiva. Ed a riprova della signifcatività di detta circostanza depone l'invio della suindicata missiva 9
personalmente, come chiaramente indicato nellé distinte di spedizione e ricevuta dato che soprattutto nella distinta di ricezione è barrata la casella corrispondente al "destinatario persona fisica» (cfr., in atti, ricevute di spedizione e di consegna allegate in originale al fascicolo del primo grado del giudizio de quo).
Questo appare, in verità, assai significativo del mancato invio della disdetta con la raccomandata in questione posto che, data la natura altamente conflittuale del rapporto di locazione, il locatore ben avrebbe dovuto essere molto accorto nell'inviare siffatta comunicazione, anche in considerazione delle sue competenze specifiche e dati gli importanti effetti che ne sarebbero derivati, alla società in persona del legale rappresentante, come peraltro assai minuziosamente indicato nell'intestazione della disdetta, e non alla persona fisica
Ma soprattutto la prova che in data 10/4/2010 la società conduttrice non ha ricevuto alcuna disdetta è data dalla circostanza che in almeno ben tre atti giudiziari, che di qui a poco si andranno ad illustrare, il procuratore del locatore o lo stesso locatore dichiaravano che la disdetta per il 1° maggio 2011 sarebbe stata manifestata sia con atto stragiudiziale notificato il 14/6/2006 che con sfratto per morosità notificato in data 7/2/2008 senza fare alcun accenno, invece, alla disdetta del 2/4/2010 che rappresentava l'unico atto idoneo a manifestare la volontà di non rinnovare il contratto di locazione alla sua naturale scadenza.
Trattasi specificamente nell'ambito del giudizio ex art.373 c.p.c. della comparsa di costituzione e risposta del 14/9/2011 a firma del locatore (cfr. in atti), procuratore di se medesimo, il quale, tra l'altro, così dichiarava: "In questa sede non si può fare a meno di rilevare che all'art.2 le parti avrebbero previsto quale durata del contratto quella: "....dal 01/05/1999 al 01/05/2000 e non oltre, senza bisogno di disdetta, trattandosi di contratto a tempo determinato (l' comma, art. 1956 c.c.).. ".Pertanto tale contratto sarebbe scaduto già dal lontano 1 maggio 2000 e sarebbe venuto a scadenza di anno in anno trattandosi di contratto a tempo determinato, peraltro, senza bisogno di disdetta. Inoltre allo stato, anche qualora per mera ipotesi, lo stesso contratto avesse avuto una durata di sei anni più sei, sarebbe comunque scaduto alla data del 01.05.2011, stante anche la notifica di un atto stragiudiziale nel giugno 2006 con il quale l'avv. Rispoli comunicava alla. s. a. s. la sua volontà di risolvere il contratto di locazione alla data del novembre 2001".
Con siffatta impostazione difensiva il locatore, in data successiva al dedotto invio della disdetta, afferma che il contratto non aveva bisogno di essere disdettato e che, in ogni caso ed allo stato, aveva manifestato la volontà di non rinnovare il contratto con l'atto stragiudiziale senza fare il minimo accenno alla disdetta ricevuta dal conduttore il 10/4/2010 finalizzata espressamente al mancato rinnovo contrattuale.
Nello stesso senso depongono anche il ricorso in opposizione a precetto ex art.615 c.p.c. a firma del locatore, procuratore di se medesimo, del 20/7/2011 (cfr. in atti), il ricorso in opposizione all'esecuzione ex art.615 c.p.c. del 7/9/2011 (cfr. in atti) e la comparsa di costituzione e risposta del 28/7/2011 nell'ambito di un giudizio risarcitorio a seguito dell'illegittimo sfratto per morosità (cfr. in atti) sia pure con detti atti si conferma la natura non rinnovabile del contratto di locazione.
Ebbene, anche rispetto a detti atti processuali l'odierno appellato non adduce alcun argomento che valga a spiegare il mancato riferimento alla disdetta de qua sia pure con essi sia stato espressamente affrontato il tema della scadenza del contratto di locazione; in tali termini, quindi, perde anche di consistenza l'errore materiale in cui sarebbe incorso, invece, il suo difensore nella stessa impostazione difensiva assunta in altri giudizi. Ma ancor più convincentemente in ordine al mancato invio della disdetta del 2/4/2010 depongono gli atti difensivi con il ministero dell'Avv.
ovvero l'atto del 14/12/2011 (cfr. in atti) con cui si dichiarava: «Nella specie, il rapporto è venuto definitivamente a scadere in data 1 maggio 2011; invero, il contratto avente decorrenza dal 1 maggio 1999 si è rinnovato di un primo sessennio al 1 maggio 2005 e poi al maggio 2011. Per detta data è stata manifestata la volontà di non rinnovare il rapporto e ciò sia con atto stragiudiziale notificato il 14 giugno 2006 sia con atto di sfratto per morosità notificato il 07.02.2008".
Degli stessi identici termini era l'impostazione difensiva del locatore, sempre con il ministero nell'ambito del giudizio di opposizione agli atti esecutivi ex art.617 c.p.c. con la comparsa di costituzione del 15/12/2011 (cfr. in atti).
Vieppiù tali impostazioni difensive riguardanti la scadenza contrattuale sono tutte incentrate sulla dimostrazione della manifestazione di volontà di non rinnovare il contratto alla sua naturale scadenza con atti diversi da quello del 2/4/2010 che, in quanto integrante una vera e propria disdetta, era l'unica comunicazione valida a cui avrebbe dovuto fare riferimento il locatore ai fini del l'invocata risoluzione contrattuale rispetto agli altri atti aventi verosimilmente altro contenuto. A nulla rileva, poi, la produzione in giudizio alle udienze del 15 e del 16/1212011 della disdetta del 2/4/2010 rispetto ai precedenti atti del 14 e del 15/ 12/201 1, ma, soprattutto a tutta la precedente impostazione difensiva in tutto il contenzioso insorto tra le parti ed incentrato sempre sulla stessa linea (natura non rinnovabile del contratto di locazione e, in ogni caso, mancata rinnovazione per effetto dell'atto stragiudiziale e dello sfratto per morosità).
Ebbene, la circostanza che negli atti difensivi dello stesso locatore riferibili ad altri giudizi vertenti sul medesimo rapporto di locazione l'impostazione difensiva della parte, sia personalmente che a mezzo di difensore, che, pur individuando la scadenza contrattuale del 30/4/2011 in ragione dell'atto stragiudiziale notificato il 14/6/2006 o dell'atto di sfratto per morosità notificato il 7/2/2008 non fa alcun accenno alla disdetta de qua pur antecedente prova inequivocabilmente il mancato invio in data 8/4/2010 della disdetta, unitamente al rilievo che sia la distinta di spedizione che di ricevuta della raccomandata reca quale destinatario la persona fisica
quanto tale e non nella qualità di legale rappresentante della società conduttrice cui senz'altro avrebbe dovuto inviarsi la disdetta al fine di ottenere il mancato rinnovo contrattuale soprattutto tenuto conto dell'esasperato rapporto giudiziario intercorso tra le parti. Peraltro, anche da un punto di vista logico non avrebbe avuto alcun interesse il locatore, munito di un titolo che già dichiarava risolto il contratto di locazione per inadempimento, di ottenerne un altro, almeno prima che detta sentenza venisse annullata.
Infine, va evidenziato che il carteggio intercorso tra le parti proprio in merito al ritiro ed alla restituzione dei propri beni da parte della società conduttrice, additato dall'appellato quale argomento di contraddittorietà della dichiarazione di irrilevanza della missiva effettivamente ricevuta il 10/4/2010, giustifica l'invio in tale periodo di tempo di una lettera di contenuto diverso da quello di una disdetta; peraltro, alcuna contraddittorietà si rinviene nella dichiarata scarsa importanza della lettera effettivamente ricevuta rispetto a problematiche ben più importanti che, a quell'epoca, interessavano le parti e consistenti nel rientro della società conduttrice nella disponibilità dell'immobile a seguito dell'annullamento della sentenza che aveva dichiarato la risoluzione del contratto di locazione, rientro fortemente ostacolato dal locatore. Peraltro, l'impostazione difensiva della società conduttrice fin dalla prima esibizione della predetta disdetta all'udienza del 15112/2011 fu improntata sulla negazione della relativa ricezione per aver ricevuto un invito al ritiro di suppellettili, sia pure senza precisare la mancanza di disponibilità di detta diversa missiva che sarà stata, verosimilmente, verificata dopo una ricerca della stessa.
Conseguentemente va accolto l'appello con integrale riforma della sentenza impugnata in luogo della quale va, quindi, rigettata la domanda di risoluzione contrattuale dei rapporto di locazione in oggetto per scadenza dei termine per mancato invio di una regolare disdetta non essendone stata fornita la relativa prova.
Tenuto conto dell'esito della controversia non favorevole alla parte appellata, le spese di lite del doppio grado seguono la sua soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo con riferimento ai parametri di cui al D.M. n. 55/2014, tenuto conto della natura dell'affare, delle questioni trattate e dell'opera prestata, con attribuzione in favore del procuratore dichiaratosene anticìpatario.
P.Q.M.
La Corte di Appello di Napoli - II sezione civile bis - definitivamente pronunciando sull'appello proposto in persona del legale rappresentante pro-tempore, con ricorso depositato in data 3/8/2015, nei confronti avverso la sentenza n.9260/2015 pronunciata dal Tribunale di Napoli in data 24/6/2015, così provvede:
a) accoglie l'appello e, per l'effetto, in riforma totale della sentenza impugnata, rigetta la domanda di risoluzione contrattuale per scadenza del termine;
b) condanna la parte appellata al pagamento delle spese di lite in favore dell'appellante che liquida, per il primo grado, in complessivi € 2.430,00, di cui € 2.417,50 per compenso professionale, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge e per il presente grado, in complessivi € 3.150,00, di cui € 2.766,00 per compenso professionale, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge, con attribuzione in favore dell'Avv. (…) quale procuratore antistatario.
12-08-2016 13:56
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