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Sentenza

Il contratto anteriore al 1 gennaio 2016 registrato, seppure tardivamente (ma pr...
Il contratto anteriore al 1 gennaio 2016 registrato, seppure tardivamente (ma prima della proposizione della domanda giudiziale), è valido. Viceversa, è nullo se non registrato. Ne consegue che il canone dovuto fino alla data del 16.07.2015 è pari a triplo della rendita catastale (ex art. 13, L. n. 431/1998); per il periodo successivo vale quanto stabilito a contratto.
Tribunale di Milano, sez. XIII Civile, sentenza 25 maggio 2016
Giudice Manunta

Svolgimento del processo Con atto di citazione regolarmente notificato

intimavano a (…) lo sfratto per morosità relativamente all'immobile sito in condotto in locazione dalla parte intimata ad uso abitativo.
L'intimata si costituiva opponendosi alla convalida ed eccependo la inarcata registrazione del contratto con conseguente applicabilità della disciplina dettata dall'art.3, comma 8, D.Lgs. n.23212011, con conseguente riduzione legale del canone dovuto.
Rigettata l'istanza di emissione di ordinanza di rilascio e disposto il mutamento del rito, la causa è stata discussa e decisa, dandosi lettura dell'allegato dispositivo.

Motivi della decisione

Sull'omessa o tardiva registrazione del contratto
Il rapporto locativo dedotto in giudizio è documentato dalla scrittura in atti, registrata il 27.11.12, per iniziativa della parte intimata, e il 14.12.12, per iniziativa dei locatori, come da rispettivi documenti 3 e 1.
Nel costituirsi in giudizio la conduttrice aveva legittimamente invocato l'applicazione delle disposizioni di cui al D.L.vo n.23/11 (art.3, comma 8), con conseguente riduzione del canone al triplo della rendita catastale. Peraltro, gli interventi della Corte Costituzionale hanno rimosso sin dall'origine la normativa in questione: prima, con la dichiarazione di illegittimità del D.L.vo 23111 suddetto (sentenza n.50/2014 del 10.3.2014) e; poi; della L. 80114; art. 5 comma 1 ° ter del D.L. 47/2014 (sentenza n.169 del 16.7.2015), norma che aveva, per così dire, "prorogato" fino al 31.12.15 gli effetti del D.L.vo n.23/11.
Nelle more, con L. 208115 (Legge di Stabilità 2016 - art.1, comma 59) è stata introdotta una nuova disciplina in materia (art. 13 L. 431198, comma 5, nella nuova formulazione): "Per i conduttori che, per gli effetti della disciplina di citi all'articolo 3, commi 8 e 9, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, prorogati dall'articolo 5, comma 1-ter, del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80, hanno versato, nel periodo intercorso dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 23 del 2011 al giorno 16 luglio 2015, il canone annito di locazione nella misura stabilita dalla disposizione di citi al citato articolo 3, comma 8, del decreto legislativo n. 23 del 2011, l'importo del canone di locazione dovuto ovvero dell'indennità di occupazione maturata, sii base annua, è pari al triplo della rendita catastale dell'immobile, nel periodo considerato".
Per completare il riassunto delle vicende nonnative susseguitesi e del quadro delle nonne attualmente vigenti va ricordato anche l'art. 1, comma 346 della L. 31112004, che per la prima volta aveva previsto la nullità dei contratti di locazione o di comodato non registrati.
Sull'eccezione di illegittimità costituzionale della L.208/15, art], comma 59
Con riferimento all'ultima disposizione entrata in vigore (art.13 L431/98 riformulato dalla legge di stabilità 2016) gli intimanti hanno dedotto la questione di legittimità costituzionale. L'eccezione di illegittimità suddetta, che muove dalle precedenti pronunce della Corte sopra ricordate, appare, peraltro, manifestamente infondata.
Con la prima pronuncia (sent. n.50/2014) la questione di costituzionalità rispetto al D.L.vo n.23/11 (art.3, coturni 8 e 9) è stata ritenuta `fondata, in particolare riferimento al parametro di citi all'art. 76 Cost., sotto il profilo del difetto di delega".
Con la successiva pronuncia (sentenza n.169/15) la Corte ha rilevato che con la L.80/14 (art.5, c. 1 ter) "il legislatore si è proposto non già di disciplinare medio tempore - o ex novo e a regime - la tematica degli affitti non registrati tempestivamente, magari attraverso un rimedio ai vizi additati da questa Corte; e neppure quello di "confermare" o di "riprodurre" pedissequamente il contenuto normativo di norme dichiarate costituzionalmente illegittime; ma semplicemente quello di impedire, sia pure temporaneamente, che la declaratoria di illegittimità costituzionale producesse le previste conseguenze, vale a dire la cessazione di efficacia delle disposizioni dichiarate illegittime dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione (art. 136 Cost.). Nella sua stessa formulazione letterale, del resto, la norma censurata, evidentemente priva di autonomia, si prefigge soltanto di ricostituire una base normativa per "effetti" e "rapporti" relativi a contratti che, in conseguenza della pronuncia di illegittimità costituzionale, ne sarebbero rimasti privi".
Peraltro, la stessa Corte ha ribadito come "una pronuncia di illegittimità costituzionale non possa, in linea di principio, determinare, a svantaggio del legislatore, effetti corrispondenti a quelli di un "esproprio" della potestà legislativa sul punto - tenuto anche conto che una declaratoria di illegittimità ha contenuto, oggetto e occasio circoscritti dal "tema" normativo devoluto e dal "contesto" in citi la pronuncia denmolitoria è chiamata ad iscriversi" e ha, quindi, censurato solo l'intervento normativo per effetto del quale la sentenza di illegittimità costituzionale `possa risultare pronunciata "inutilmente"; come accadrebbe quando una accertata violazione della Costituzione potesse, in una qualsiasi forma, inopinatamente riproporsi. E se, perciò, certamente il legislatore resta titolare del potere di disciplinare, con un nuovo atto, la stessa materia, è senz'altro da escludere che possa legittimamente farlo - come avvenuto nella specie - limitandosi a "salvare", e cioè a "mantenere in vita", o a ripristinare gli effetti prodotti da disposizioni che, in ragione della dichiarazione di illegittimità costituzionale, non sono più in grado di produrne. Il contrasto con l'art. 136 Cost. ha, in un simile frangente, portata addirittura letterale." Prosegue la Corte: "In altri termini: nel mutato contesto di esperienza determinato da una pronuncia caducatoria, un conto sarebbe riproporre, per quanto discutibilmente, con un nuovo provvedimento, anche la stessa volontà normativa censurata dalla Corte; un altro conto è emanare un nuovo atto diretto esclusivamente a prolungare nel tempo, anche in via indiretta, l'efficacia di norme che «non possono avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione» (art. 30, terzo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 - Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale)."
Con la norma in esame (art.13 cit., nel nuovo testo) il legislatore ha esercitato il potere di disciplinare le situazioni in precedenza regolate dalla normativa dichiarata incostituzionale e tale facoltà di intervento è stata attuata dettando una nuova disciplina della materia, con incidenza limitata e diversa rispetto al precedente intervento, che aveva semplicemente "prorogato", fino al 31.12.2015, gli effetti della nonna illegittima. Tra l'altro, il legislatore ha ora previsto conseguenze ancor meno "invasive" sul diritto di proprietà, escludendo la durata legale del contratto fino ad una scadenza successiva (come era, invece, previsto dal D.L.vo 23111 e dalla L80/14). In sostanza; la nuova normativa non incorre nelle censure mosse dalla Corte alle precedenti, affrettate, iniziative: la disciplina è ora contenuta nell'art. 13 della L.431/98, norma stabile e fondamentale in materia di locazione di immobili urbani e che per i contratti, quale quello di specie, prevede un regime temporaneo idoneo a salvaguardare l'interesse dei conduttori, improvvisamente divenuti gravemente morosi per aver fatto affidamento su una disciplina legale del canone, caducata per effetto delle sentenze di illegittimità costituzionale; interesse dei conduttori che è stato, però, equamente contemperato con quello dei locatori, limitando a un periodo contenuto la riduzione legale del canone ed escludendo (a differenza delle precedenti disposizioni dichiarate illegittime) vincoli sulla durata del rapporto.
Non risultando, dunque, necessaria la rimessione alla Corte per l'esame di una nuova questione di legittimità costituzionale, deve passarsi all'esame del merito della causa, in particolare accertando la validità del contratto alla luce della normativa vigente e, in caso positivo, l'entità dei canoni dovuti.
La disciplina vigente ante L.2081I5 (legge di stabilità 2016)
In base alla disciplina anteriore alla modifica dell'art.13 L.431198 (ma tuttora applicabile ai contratti anteriori al 1 ° gennaio 2016), secondo la prevalente giurisprudenza condivisa da questo Tribunale, il contratto di locazione non registrato doveva ritenersi nullo ai sensi dell'art. 1, comma 346 L.31112004, che così dispone: "i contratti di locazione o che comunque costituiscono diritti reali di godimento, di unità immobiliari o di singole porzioni, comunque stipulati, sono nulli se ricorrendone i presupposti non sono registrati".
La norma in oggetto è tuttora in vigore, perché non è stata abrogata, nemmeno implicitamente, da alcuna nonna successiva (le disposizioni, sul punto, del D.L.vo 23/11, che dettavano una più dettagliata e completa disciplina, come si è visto, sono venute meno per intervento della Corte Costituzionale).
E' stata ampiamente dibattuta la natura della nullità delineata dalla L.311/04 e si è giunti a parlare di un contratto valido ed efficace sin dalla sua stipulazione, che, però, diverrebbe invalido ("nullo") dopo la scadenza del termine (30 giorni) prescritto per la registrazione a fini fiscali e che riacquisterebbe validità per effetto della registrazione tardiva.
Si tratta di una ricostruzione giuridica del tutto incongrua: la nullità consegue a un vizio coevo alla formazione del negozio e non successivo; nella specie dipenderebbe, oltretutto, da un adempimento estraneo al regolamento negoziale.
Deve, invece, ritenersi che la nullità di cui trattasi, introdotta dal legislatore nell'ambito dell'azione di contrasto all'evasione fiscale e con l'evidente intento di provocare l'"emersione" delle c.d. locazioni in nero, abbia a ragion veduta richiamato la sanzione della nullità, condizionando la validità del contratto all'adempimento della registrazione. Con la conseguenza che, fino al completamento della fattispecie (stipulazione del contratto fra le parti e registrazione dello stesso) il negozio non può considerarsi valido. Tale chiave interpretativa è chiaramente determinata dall'opzione normativa per la sanzione della "nullità": il legislatore, cioè, non può aver usato il termne "nullità" se non in senso tecnico e letterale, intendendo evidentemente richiamare integralmente la disciplina degli artt.1418 e ss. c.c. (nullità prevista dalla legge - ultimo comma dell'art. cit.). Ne consegue l'esclusione, anche concettuale, di una "convalida" successiva (art. 1423 c.c.) per effetto del tardivo adempimento fiscale. La tardiva registrazione, se comportava (e comporta, per il contratto in oggetto) sul piano fiscale l'applicazione delle relative sanzioni, sotto il profilo civilistico consente di considerare completa, ai fini della validità, la fattispecie negoziale per effetto dell'intervenuta registrazione. Non a caso l'art. 1 comma 346, a differenza di quanto era espressamente previsto dall'art.3 comma 10 D.L.vo 23/2011 (che prevedeva: "La disciplina di cui ai commi 8 e 9 non si applica ove la registrazione sia effettuata entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto"); non ricollega la sanzione della nullità alla mancata registrazione nel termine previsto dalla legge, ma alla pura e semplice omissione di tale adempimento fiscale (in tal senso si è chiaramente espresso anche il Tribunale di Firenze nella causa R.G. 1399512013).
Anche dalla nuova fonnulazione dell'art.13 L.431/98, che ora prevede, come si vedrà appresso, la "perentorietà" del termine per la registrazione, si destane a contrario che lo stesso legislatore ha interpretato il regime previgente (e tuttora applicabile ai contratti anteriori al 2016) nel senso di escludere la nullità ove, comunque, la registrazione sia stata eseguita, sia pure tardivamente. Ne consegue che i contratti conclusi anteriormente all'entrata in vigore della L.208/15 devono considerarsi validi purché la registrazione sia avvenuta prisma della proposizione della domanda giudiziale.
Per i contratti conclusi dopo l'entrata in vigore della legge suddetta, invece, il mancato rispetto del termine ("perentorio") di gg.30 per la registrazione (comma 1 art. 13 cit., nuovo testo: "È fatto carico al locatore di provvedere alla registrazione nel termine perentorio di trenta giorni") produce le conseguenze indicate nello stesso articolo al comma 6; infatti, il comma 7 prevede l'applicabilità della normativa solo alle "ipotesi insorte" successivamente all'entrata in vigore (1.1.2016) della legge stessa.
Le conseguenze sul contratto per cui è processo
Applicando la disciplina appena illustrata al caso di specie, il contratto deve ritenersi valido ed efficace a seguito della registrazione del 14.12.12, anteriore alla notifica dell'intimazione di sfratto per morosità.
Pertanto, ai sensi dell'art.13 L.431/98 (come riformulato) deve considerarsi legittimo fino al 16 luglio 2015 il pagamento del canone in misura pari al triplo della rendita catastale; mentre per il periodo successivo la riduzione legale del canone, rispetto a quello risultante dal contratto, sia pure registrato tardivamente, non ha più efficacia.
Per il periodo successivo al 16.7.15 deve, infatti, considerarsi valido ed efficace, in particolare quanto alla misura del canone, il contratto sottoscritto dalle parti.
I canoni dovuti dall'intimata vanno, pertanto, calcolati in misura pari al triplo della rendita catastale fino al 16.7.15 e in misura pari a quanto risultante dal contratto per il periodo successivo.
In particolare, fino al 16.7.2015 la conduttrice era legittimamente tenuta al pagamento del canone di €  quindi, in totale di € (E : per n.31,5 mensilità dal dicembre 2012 al 16.7.2015); successivamente al 16 luglio dello scorso anno il canone dovuto è pari a quello convenzionale e di cui al contratto registrato tardivamente , onde risultano dovuti € (E per n. 11 mensilità dal 17.7.15 ad oggi); quindi, l'intimata era tenuta a versare in totale €
L'intimata ribadisce in memoria integrativa di avere a tutt'oggi continuato a pagare il canone ridotto ("La sig.ra ha pagato, come paga, un canone di € per anno, oltre € per oneri condominiali, per nulla autoridotto, semmai eteroridotto secondo il combinato disposto dalla D.Lgs. n. 2312011 e del D.L. n. 4712014"); l'affermazione e l'effettivo pagamento degli importi non sono contestati dagli intimanti.
Poiché, dunque, la conduttrice ha continuato e continua a versare il canone di €         in totale ad
oggi risultano pagati €     e residua un debito a carico della conduttrice medesima di € Conseguentemente, sia pure in misura inferiore a quanto dedotto dall'intimante, la morosità della conduttrice persiste ed è rilevante. Successivamente alla scadenza del 16.7.15; infatti, la conduttrice non ha corrisposto l'intero canone convenzionalmente dovuto ed è divenuta morosa. L'inadempi vento non è di scarsa importanza e il contratto deve, quindi, essere dichiarato risolto fatto imputabile alla parte intimata stessa, con condanna di quest'ultima al rilascio. Considerate le vicende normative del tutto particolari e l'insorgenza della morosità solo a seguito del succedersi di nonne caducate dall'intervento della Corte Costituzionale e di interventi del legislatore in corso di causa, l'inizio dell'esecuzione va fissato a 120 giorni.
Le spese di giudizio vanno poste a carico della parte soccombente, con esclusione di quelle relative alla fase sommaria, posto che, in quel momento, l'eccezione dell'intimata trovava fondamento in una nonna in vigore, rimossa solo in corso di giudizio; le spese suddette vanno liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, in contraddittorio, rigettata ogni contraria o diversa domanda, eccezione o istanza, così provvede: 1) Dichiara risolto per inadempimento della parte resistente-intimata il contratto di locazione di cui alla scrittura, priva di data, registrata il 14.12.2012, relativa all'immobile adibito ad uso abitativo, sito in
2)      Condanna     a rilasciare libero di persone e cose nella disponibilità di 1'iimnobile suddetto.
3)      Fissa per l'esecuzione la data del 25.9.16.
4)      Condanna     a pagare all'intimante-ricorrente la somma di € oltre interessi legali dalle singole scadenze al saldo.
5) Condanna la parte intimata-resistente a rifondere all'intimante-ricorrente le spese di giudizio, liquidate in € per spese ed in € per compensi, oltre rimborso spese generali 15% ed oneri di legge.
Avv. Antonino Sugamele

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