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Sentenza

Negozio lesivo dei diritti o delle aspettative dei creditori. Illiceità e sanzio...
Negozio lesivo dei diritti o delle aspettative dei creditori. Illiceità e sanzioni.
Cassazione civile, sez. I, n. 19196 del 28/09/2016

In assenza di una norma che vieti, in via generale, di porre in essere attività negoziali pregiudizievoli per i terzi, il negozio lesivo dei diritti o delle aspettative dei creditori non è, di per sè, illecito, sicchè la sua conclusione non è nulla per illiceità della causa, per frode alla legge o per motivo illecito determinante comune alla parti, apprestando l'ordinamento, a tutela di chi risulti danneggiato da tale atto negoziale, dei rimedi speciali che comportano, in presenza di particolari condizioni, l'applicazione della sola sanzione dell'inefficacia (Cass. civ., sez. 3^, n. 23158 del 31 ottobre 2014). Il motivo illecito che, se comune e determinante, determina la nullità del contratto, si identifica con una finalità vietata dall'ordinamento perchè contraria a norma imperativa, ai principi dell'ordine pubblico o del buon costume, ovvero poichè diretta ad eludere, mediante detta stipulazione, una norma imperativa. Pertanto, l'intento delle parti di recare pregiudizio ad altri – quale quello di attuare una frode ai creditori, di vanificare un'aspettativa giuridica tutelata o di impedire l'esercizio di un diritto – non è illecito, ove non sia riconducibile ad una di tali fattispecie, non rinvenendosi nell'ordinamento una norma che sancisca in via generale (come per il contratto in frode alla legge) l'invalidità del contratto in frode dei terzi, per il quale, invece, l'ordinamento accorda rimedi specifici, correlati alle varie ipotesi di pregiudizio che essi possano risentire dall'altrui attività negoziale (Cass. civ. sez. 1^, n. 20576 del 4 ottobre 2010, Cass. civ. S.U. n. 10603 del 25 ottobre 1993).

Anche sotto il profilo della rilevanza, nella specie, della ipotesi di bancarotta preferenziale ai fini dell'accertamento della illiceità della Causa la decisione impugnata non appare condivisibile in quanto la violazione di una norma imperativa, nella specie la invocata disposizione della L. Fall., art. 216, comma 3, non dà luogo alla nullità del contratto ma costituisce il presupposto per la revocazione degli atti lesivi della par condicio creditorum. L'art. 1418 c.c., comma 1, con l'inciso “salvo che la legge disponga diversamente” impone infatti all'interprete di accertare se il legislatore, anche nel caso di inosservanza del precetto, abbia consentito la validità del negozio predisponendo un meccanismo idoneo a realizzare gli effetti voluti dalla norma (cfr. Caso. civ. sez. 3^ del 12 ottobre 1982 n. 5270, n. 6668 del 1 agosto 1987).
Avv. Antonino Sugamele

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