Nella reintegra nel possesso è legittimato passivo, oltre che l’autore materiale dello spoglio, anche quello morale dello stesso, e l’azione può essere proposta indifferentemente contro l’uno o l’altro.
Tribunale di Trani, sentenza 12 – 13 luglio 2016, n. 6886
Presidente Binetti – Relatore Pastore
Osserva
1. La cooperativa ha proposto reclamo avverso íl provvedimento del giudice monocratico di questo tribunale del 5.5.2016 di accoglimento parziale del ricorso ex art.1168 c.c, proposte dall'azienda agricola D.F..
Con l'ordinanza è stata disposta la reintegrazione dell'azienda agricola nella detenzione di alcuni fondi, con consegna delle chiavi del cancello di accesso, e la cessazione di ogni molestia; ciò sul presupposto che l'azienda agricola D.F. fosse detentore qualificato di quei fondi in virtù di contratto intercorso con il Comune di Ruvo di Puglia per la concessione per la valorizzazione dei fondi di proprietà dell'ente locale.
La reclamante lamenta che il giudicante abbia errato: - nel ritenere irrilevanti le questioni sulla validità ed efficacia del titolo della detenzione, che sono oggetto di contenzioso presso il Tar di sari; - nel ritenere sussistente la detenzione dell'azienda agricola, per non avere mai quella esercitato il potere di fatto sulla cosa;- nel ritenere che vi fosse stato spoglio o animus spoliandi da parte della cooperativa perché l'abusiva rottura dei lucchetti apposti. in accesso aí fondi poteva essere stata portata a termine da altri soggetti proprietari limitrofi e perché, comunque, mancava la consapevolezza dell'affermata immissione in possesso dell'azienda agricola da parte del legale rappresentante della cooperativa. L'azienda agricola evidenziava, tra l'altro, l'inammissibilità del reclamo presentato in forma cartacea e che essa era stata immessa nel possesso dal Comune, all'esito dì gara pubblica e di successivo contratto, per il tramite dell'ufficiale giudiziario.
Il Comune, intervenuto nel giudizio di prime cure a sostegno della domanda dell'azienda agricola, evidenziava in questa sede anche che tutte le sospensive richieste al Tar, nell'ambito dei giudizi d'impugnazione degli atti dall'ente volti a chiudere il precedente rapporto con la cooperativa e ad aprire quello con l'azienda agricola, erano state rigettate.
2. Il reclamo deve essere respinto perché privo di fondamento. Quanto al tema della forma non telematica del reclamo è sufficiente richiamare l'orientamento di questo tribunale: l'obbligo per le parti di depositare esclusivamente in modalità telematica gli atti e i documenti processuali deve intendersi riferito solo gli atti endoprocessuali, essendo esclusi quelli introduttivi dì un nuovo giudizio, in relazione al quale sorge in capo alle parti l'onere di costituirsi ;
andando ad analizzare le caratteristiche del ricorso per reclamo, ritiene questo Collegio che al ricorso per reclamo debba essere preferibilmente riconosciuta natura di atto introduttivo del relativo giudizio in quanto il deposito dello stesso ha la funzione di instaurare un nuovo giudizio sulla domanda cautelare -con effetti sostitutivi del provvedimento impugnato - di consentire alla parte reclamante di costituirsi nel predetto giudizio, di chiedere la fissazione della prima udienza e dì notificare il reclamo e il decreto di fissazione dell'udienza alla controparte (in questo senso Tribunale Vercelli 31.7.2014), che a sua volta deve costituirsi nel procedimento di reclamo- Ne discende che in merito alle modalità del relativo deposito la normativa attuale consente alle parti la scelta tra il deposito in forma telematica o in forma cartacea.
Deve innanzitutto chiarirsi che le parti, incluso il Comune, hanno un contenzioso amministrativo in atto vertente sull'affermata illegittimità della procedura che ha portato 1* azienda agricola a esperire vittoriosamente la gara pubblica bandita dal Comune per la concessione in uso di quei fondi, atteso che, per sommi capir la cooperativa, che aveva avuto la disponibilità di quei fondi per anni, lamentava che non vi fosse stata regolare disdetta del rapporto in corso con il Comune, sicché neppure vi poteva essere la successiva gara con aggiudicazione all'azienda resistente.
Per questo aspetto, la reclamante censura la decisione che, di contro, ha ritenuto che per discutere di tali aspetti, inerenti sostanzialmente alla legittimità del titolo della detenzione qualificata dell'azienda agricola, la coop avrebbe dovuto proporre essa stessa domanda di reintegrazione e che non era rilevante in quella sede la questione riguardante la validità del predetto titolo (il contratto tra Comune ed azienda agricola, consequenziale alla gara)_ La doglianza non coglie nel segno: il collegio reputa che effettivamente in terna di spoglio violento e clandestino, il detentore che agisce, ex art. 1168, secondo comma, cod. civ., per la reintegra, può fornire la prova del titolo (anche per presunzione) non essendo in discussione la validità e gli effetti del vincolo che giustifica la detenzione qualificata ma esclusivamente il fatto storico dell'esistenza del corrispondente potere di fatto sulla casa, ciò perché una volta dimostrato che il potere sulla cosa, in nome proprio o in nome altrui, si è manifestato in un'attività corrispondente all'esercizio della proprietà o di altro diritto reale, la tutela possessoria soccorre ancorchè quel potere non risulti sorretto da titolo idoneo: che, altrimenti, non verrebbe ad accordarsi tutela al possesso o alla detenzione, quale concreto esercizio di un determinato potere di fatto sulla cosa, bensì al diritto di possedere o al diritto di detenere la cosa, che, per l'appunto, sono poteri di diritto, conseguenti ad un titolo, sia di proprietà o di altro diritto reale sia di locazione o di altro contratto ad effetti obbligatori, ai quali - non importa se esercitati o non esercitati in concreto - l'ordinamento accorda altra tutela (in tal senso vedi Cass.n.1275112008 e Cass.n.3627/2014).
Tanto basta, una volta provato il fatto storico della detenzione e del suo titolo, per concludere che al giudice della possessoria non compete discutere ed approfondire il tema della validità del titolo detentivo.
Peraltro, anche a volere diversamente opinare sul tema con richiamo a un più antico orientamento della Suprema Corte {Cass.n.9226/2005) che ravvisava la discutibilità della validità del titolo della detenzione, rimane il fatto che anche dalla lettura del pronunciamento del Consiglio di Stato del 27.8.2014 si evince che la convenzione vigente dapprima fra il Comune e la cooperativa, che prevedeva il rilascio dei fondi alla
scadenza sic et simpliciter, è ben anteriore al d.lgs.229/2001, invocata dal reclamante quale normativa imponente delle formalità a carico dell'ente per la disdetta che non erano state rispettate (con ciò volendosi dedurre che la successiva gara era tamquam non essente che il rapporto fra ente e coop non era mai cessato).
In fatto l'azienda agricola ha lamentato il ritrovamento dei lucchetti e dei meccanismi di chiusura manomessi e divelti in data 24.11.2015, cioè il giorno dopo dell'accesso del rappresentante dell'azienda agricola unitamente ai funzionari del Comune e all'ufficiale giudiziario per la formale immissione in possesso (allorché erano stati appunto apposti nuovi lucchetti e sistemi di chiusura ai cancelli di accesso ai fondi).
Quanto alla prova della detenzione, correttamente il giudice di prime cure ha ritenuto emergesse tanto dagli atti (il contratto, quanto al titolo della stessa) tanto dalle dichiarazioni degli informatori e dal verbale dall'ufficiale giudiziario: gli informatori hanno riferito dell'accesso ai fondi da parte del titolare dell'azienda in compagnia dei funzionari comunali e della specifica attività di ricognizione dello stato dei fondi, che peraltro apparivano in stato di semiabbandono, nonché del cambio delle serrature da parte del nuovo detentore, di concerto con il Comune. E tanto emerge anche dal verbale redatto dall'ufficiale giudiziario, che pure ha fede privilegiata. Ma, più di tutto, il titolare della cooperativa ha confermato anche di avere le chiavi del lucchetto attuale (quello abusivamente apposto in sostituzione di quello dell'azienda agricola), con ciò rendendo logicamente evidente l'imputabilità dello spoglio e l'animus (del quale pure non può ragionevolmente dubitarsi, stante il contenzioso amministrativo in corso). Peraltro, non v'è ragione per cui tale spoglio dovesse venire dai proprietari o dagli affittuari di fondi limitrofi, essendo emerso chiaramente che il titolare dell'azienda agricola, in occasione dell'accesso predetto con l'ufficiale giudiziario ha provveduto a dar loro le nuove chiavi.
Ne deriva che il reclamo va respinto e la reclamante condannata alla refusione delle spese di lite in favore dei due resistenti, come liquidate in dispositivo secondo d.m.55/2014; del pari, deve essere disposto il pagamento da parte del reclamante soccombente dell'ulteriore importo del contributo unificato della presente procedura ex art.13 comma lguater, d.p.r. 115/2002.
P.Q.M.
-rigetta il reclamo;
-condanna Società cooperativa Solidarietà e lavoro a r.l_ alla refusione in favore dell'Azienda agricola D.F. di R.F. e V.D. s.n.c. delle spese di lite che liquida in complessivi -e 2.706,00 per compensi oltre iva, cap e spese generali al 15%
- condanna Società cooperativa solidarietà e lavoro a r.l. alla refusione in favore del Comune di Ruvo di Puglia delle spese di lite che liquida in complessivi € 2.706,00 per compensi oltre iva, cap e spese generali al 15%:
-dispone che la Società cooperativa solidarietà e lavoro a r.l. paghi all'Erario una somma pari al contributo unificato della presente procedura. Si comunichi.
Tribunale di Trani, sez. Civile, sentenza 5 – 6 maggio 2016, n. 3647
Giudice Moselli
Osserva
Con ricorso ex art. 1168 c.c. la società ricorrente Azienda Agrituristica D.F: di R.F. e V.D. ( di seguito denominata Azienda Agricola D.F:) chiedeva l'immediata reintegra nel possesso, ovvero, in subordine, la manutenzione del possesso, dei fondi rustici di proprietà comunale siti nel Comune di Ruvo di Puglia, contrada “Macchite”, “Parco del Conte” e “Piantata”, assumendo di essere stata illegittimamente spogliata dei medesimi da parte della cooperativa resistente.
Rappresentava la ricorrente di essere aggiudicataria di alcuni suoli (per complessi ettari 140, tra cui quelli in contestazione, dell'estensione di circa100 ettari) a seguito di una gara pubblica, indetta dal Comune di Ruvo di Puglia per l'affidamento e la valorizzazione di fondi agrari; di aver proceduto, in data 19.11.2015 e in data 23.11.2015, alla materiale immissione in possesso di detti beni mediante apposizione di catenacci e lucchetti; che in data 24.11.2015 constatava che i meccanismi di serratura e le catene apposte ai cancelli dei fondi risultavano divelti e sostituti con nuovi dispositivi di chiusura.
Si costituiva la Cooperativa Solidarietà e lavoro a r.l. contestando in fatto ed in diritto il contenuto del ricorso e chiedendone il rigetto.
Assumeva di essere concessionaria dei terreni in contestazione sin dal 1997 e di aver provveduto negli anni alla coltivazione e mantenimento di detti fondi, che il Comune di Ruvo di Puglia aveva consegnato incolti ed abbandonati; che in data 18.3.2013 veniva richiesto dall'ente comunale il rilascio dei terreni per cessazione del termine di durata della convenzione; che con ricorso del 26 aprile 2013 le delibere comunali relative alla cessazione del rapporto erano state oggetto di impugnativa innanzi al Tar-Puglia (RG. 648/2013) per violazione delle disposizione in materia di rinnovazione del rapporto agrario; che, in data 1.8.2014, il Comune di Ruvo di Puglia indiceva un bando per la coltivazione di detti fondi, anch'esso oggetto di impugnativa innanzi al TAR (RG: 1171/2014); che, nelle more dei giudizi amministrativi, e successivamente alla presunta scadenza della concessione, i terreni sono stati coltivati per le annate 2013, 2014 e 2015, dalla cooperativa, sostenendone le spese e facendone propri i frutti senza alcuna rivendicazione di terzi o del Comune; che in data 14.11.2015, su denuncia della società ricorrente, i Carabinieri di Ruvo di Puglia interrompevano le operazioni di raccolta delle olive, procedendo al sequestro dei frutti e dei mezzi.
Affermava, in definitiva, di aver sempre posseduto e coltivato “alla luce del sole” e che il titolo vantato dalla ricorrente non poteva essere a lei opponibile, stante l'illegittimità della procedura amministrativa.
All'udienza del 22.02.2016 interveniva volontariamente il Comune di Ruvo di Puglia svolgendo intervento adesivo ad adiuvandum della società ricorrente.
L'ente pubblico sosteneva che la concessione dei terreni comunali in favore della cooperativa Solidarietà e Lavoro avveniva con atto del 2 dicembre 1997 per la durata di quindici anni; che la cooperativa era parzialmente inadempiente agli obblighi assunti, non avendo provveduto al pagamento del canone; che anche per tale motivo con delibera del 22 dicembre 2011, mai impugnata, in vista dell'imminente scadenza della concessione, il rapporto era dichiarato cessato alla data del 1° dicembre 2012; che con determina n°10/109 del 27 marzo 2013, notificata alla stessa cooperativa, veniva disposta la restituzione in possesso del Comune di Ruvo di Puglia dei fondi per la data del 29 aprile 2013, invitando il legale rappresentante della Cooperativa Sociale Solidarietà & Lavoro a collaborare nelle operazioni di riconsegna predette; che detto provvedimento era oggetto di impugnazione dinnanzi al TAR Puglia di Bari che con ordinanza del 20 giugno 2013 respingeva la domanda di sospensiva, analogamente al Consiglio di Stato; che con determinazione n°40/17 del 14 gennaio 2014 il Comune disponeva nuovamente di riprendere in possesso i terreni indebitamente detenuti dalla Cooperativa Solidarietà e Lavoro, diffidando la stessa alla riconsegna delle chiavi dei cancelli di accesso ai detti terreni entro il 27 gennaio 2014 e stabilendo che la
reimmissione in possesso dei terreni sarebbe avvenuta in data 30 gennaio 2014 mediante verifica della perimetrazione degli stessi, che anche detto provvedimento era oggetto di impugnativa dinnanzi al giudice amministrativo con rigetto della istanza cautelare in prima e seconda istanza; che in data 25 e 26 marzo 2015 il Comune provvide, con l'assistenza della forza pubblica, ad immettersi nel possesso materiale di tutti i terreni oggetto del bando impugnato; che la cooperativa sin dal marzo 2015 non permane nel possesso dei terreni e che, quindi, legittimamente l'Azienda Agricola D.F: è stata immessa nel possesso dei suoli.
Ha concluso associandosi alla richiesta della società ricorrente di accoglimento del ricorso con condanna della resistente al pagamento delle spese di giudizio, anche in favore dell'interventore volontario.
A seguito dell'intervento del Comune di Ruvo di Puglia la resistente eccepiva l'inammissibilità di detto intervento, avente carattere principale e non adesivo.
1. L'eccezione di inammissibilità dell'intervento del Comune di Ruvo di Puglia deve ritenersi infondata.
Il procedimento possessorio non preclude l'intervento volontario del terzo, essendo la previsione di cui all'art. 105 c.p.c. di carattere generale e, quindi, estensibile al rito cautelare uniforme, in quanto compatibile (cfr. in termini generali, Trib Ravenna 9 giugno 1997, Trib. Napoli 20 febbraio 2001, nonché sull'ammissibilità dell'intervento autonomo, Trib. Roma 16 febbraio 1996, oltre che adesivo, riconosciuto da Trib Roma 12 marzo 2001).
Pertanto, non appare condivisibile la prospettazione giuridica di parte resistente secondo cui nel procedimento possessorio sarebbe inammissibile l'intervento autonomo del terzo, possessore del bene, legittimato al solo intervento adesivo.
La massima richiamata da parte ricorrente (Cass. 3320 del 1987, secondo cui l'intervento in giudizio del possessore per sostenere le ragioni di colui che, affermando di detenere la cosa in suo nome, abbia promosso azione di spoglio contro un terzo, non è intervento adesivo dipendente, bensì un intervento principale, in quanto svolto a tutela del proprio possesso), non pare pertinente al caso in esame in cui il possesso del Comune non è contestato da alcuna delle parti.
Ne deriva che l'intervento adesivo del Comune deve ritenersi ammissibile non essendo volto alla tutela del proprio possesso (invero, incontestato) o del proprio diritto dominicale sui terreni (del pari incontestato), quanto piuttosto a sostegno delle ragione del ricorrente, avendo interesse al rispetto dell'iter amministrativo posto in essere.
2. Ancora in via preliminarmente occorre precisare che nel giudizio di reintegra nel possesso sono legittimati passivi, oltre l'autore materiale dello spoglio, anche l'autore
morale dello stesso, e l'azione può essere proposta indifferentemente contro l'uno o l'altro (Cass. 3941 del 1994); inoltre deve considerarsi autore morale dello spoglio non solo colui che lo abbia commissionato ovvero autorizzato, ma anche colui che ex post abbia utilizzato a proprio vantaggio il risultato dello spoglio, sostituendo il proprio possesso a quello dello spogliato, facendo propri gli effetti della lesione possessoria e traendone un vantaggio, senza che rilevi la mera adesione morale all'azione altrui (Cass. n. 96 del 1984).
Orbene, nel caso di specie, parte ricorrente ha agito nei confronti della Cooperativa Sociale Solidarietà e Lavoro a r.l., precedente concessionaria dei terreni per cui è causa, poiché più volte erano stati individuati alcuni dipendenti della cooperativa ad effettuare le operazioni di raccolta delle olive sui alcuni dei fondi oggetto del bando di gara e perché a seguito della diffida inoltrate la stessa non negava l'adozione di simili comportamenti ma dichiarava di essere l'unica avente titolo alla conduzione dei fondi rustici in oggetto.
La Cooperativa del resto ha dichiarato di essere ancora nel possesso dei beni e di aver interrotto le operazioni di raccolta dei frutti solo per ragioni di opportunità.
Pertanto, anche a ritenere che non abbia effettuato o commissionato l'asserito spoglio, resta il soggetto legittimato passivo all'azione di reintegra, in ragione della domanda restitutoria esperita e dell'opposizione alla medesima.
3. Nel merito il ricorso è parzialmente fondato e deve essere accolto nei limiti di seguito indicati.
3.1.Con riferimento ai fondi posti in Contrada “Macchite” la domanda deve essere respinta.
L'istruttoria espletata, nonché la documentazione in atti prodotta dalla stessa ricorrente, hanno evidenziato che la sbarra di ferro di accesso a questo specifico fondo in data 24.11.2015 presentava il lucchetto divelto e restava aperta.
Lo stesso legale rappresentante dell'Azienda Agricola D.F:, ascoltato all'udienza del 11 gennaio 2016, dichiarava che dal 24 novembre 2016 non poteva più accedere ai fondi in contrata “Parco del Conte” e “Piantata”, limitando, quindi, a detti fondi, l'impossibilità di accesso.
Anche la documentazione fotografica in atti rappresenta la sbarra aperta con possibilità, quindi, di accedere ai fondi.
Pertanto, la condotta illecita posta in essere (rottura del meccanismo di chiusura) certamente rappresenta una turbativa del possesso ma non uno spoglio, inteso quale sottrazione materiale, in tutto o in parte, della res (come è noto, la differenza tra spoglio e manutenzione si pone sul piano della natura dell'aggressione al possesso: lo spoglio,
infatti, incide direttamente sulla cosa che ne costituisce l'oggetto, sottraendola in tutto o in parte alla disponibilità del possessore, mentre la molestia si rivolge contro l'attività di godimento del possessore, disturbandone il pacifico esercizio o rendendolo scomodo o disagevole).
Poiché ciò di cui si duale parte ricorrente è l'impossibilità di accedere ai fondi, e, poiché con riferimento ai fondi in contrada “Macchite”, detto accesso non è precluso, evidentemente, con riferimento ai fondi in questione, la domanda proposta deve essere qualificata non quale reintegra nel possesso ai sensi dell'art. 1168 c.c. ma quale azione di manutenzione ai sensi dell'art. 1170 c.c.
Detta azione, così qualificata, è però preclusa alla società ricorrente in quanto la medesima agisce in giudizio in qualità di detentore qualificato dei fondi, soggetto non legittimato ad esperire l'azione di manutenzione secondo il dettato normativo, di cui all'art. 1170 c.c., appena richiamato.
3.2.Con riferimento ai fondi posti in contrada “Parco del Conte” e “Piantata” la domanda deve essere accolta.
In diritto, occorre premettere che, nell'ambito della tutela possessoria la posizione del possessore è distinta da quella del detentore, in quanto il detentore qualificato che agisce per la reintegrazione nel possesso deve provare il titolo dal quale trae origine tale detenzione, a differenza del semplice possessore al quale è sufficiente invocare il principio "possideo quia possideo" (cfr. Cass. sentenza n. 19931 del 25/09/2007).
In particolare il noto principio, secondo il quale l'eventuale titolo comprovante l'esistenza dello ius possedendi può essere allegato ed entro tale limite utilizzato dal giudice solo ad colorandum possessionem, essendo tenuto il ricorrente, invece, a provare l'esistenza degli atti materiali integranti la situazione di fatto di cui chiede il ripristino, dev'essere integralmente applicato in tema di azione esperita da chi assume di essere possessore in senso proprio ed applicato, al contrario, in termini diversi nell'azione esperita da chi allega di essere detentore qualificato della cosa.
Posto, infatti, che in tale ipotesi l'esistenza di un titolo giustificativo della detenzione costituisce presupposto essenziale della legittimazione, ne consegue che il ricorrente ha l'onere (ed ovviamente il potere) di provare che la detenzione di cui chiede la tutela ha avuto origine da un rapporto contrattuale comportante necessariamente la trasmissione della stessa e che questo preesisteva nel momento in cui è stato compiuto lo spoglio.
In altri termini, nel caso di tutela possessoria invocata dal detentore qualificato la relazione di fatto con la res non può prescindere dal titolo che ne concreta e delimita il fondamento, così che il giudice del merito, a fronte delle contestazioni del resistente, non può, ai fini del riconoscimento della tutela possessoria, esimersi dall'accertamento
del rapporto obbligatorio e dalla verifica che l'attività, contestata dal preteso autore dello spoglio, rientri nell'ambito della detenzione consentita da quel rapporto (in proposito, tra le tante, Cass. sentenza n. 8489 del 2000).
Orbene, nel caso in esame, la società ricorrente ha prodotto in atti il “contratto per l'affidamento in concessione di valorizzazione di terreni di proprietà comunale”, Rep. n. 3082, sottoscritto in data 13 novembre 2015, con l'ente comunale a seguito di gara pubblica (si veda all. 10 fascicolo di parte ricorrente), in forza del quale le veniva concessa la detenzione di alcuni terreni di proprietà comunale, tra cui i terreni in agro di Ruvo di Puglia alla Contrada “Parco del Conte”, in Catasto al Fg. 41 p.lla 5, di Ha. 10.42.90; Fg. 42 p.lla 7, di Ha.57.55.36; nonché il terreno in agro di Ruvo di Puglia alla Contrada “Piantata”, in Catasto al Fg. 35 p.lle 12, 17, 76, 77, 143, 117, 118, 144, 145, 150, 39, 78, 79, 89, 90, 91, 92, 93, 94, 96, 97, 99, 101, 102, 103, 104, 105, 106, 107, 108, 109, 110, 111, 113, 114, 115, 123, 125, 126, 127, 128, 129, 130, 131, 132, 133, 134, 135, 136, 138, 116, 137, 149, 122, 148, 147, 120, 146, 119, 124, 98, 95, 88, di Ha. 27.94.66.
L'istruttoria espletata e la documentazione in atti hanno confermato che la ricorrente aveva ottenuto la disponibilità dei suoli in contrada “Parco del Conte” e “Piantata” in data 23 novembre 2015 (cfr. dichiarazione rese dai sommari informatori A.N., V.M. e V. G., presenti al momento della ricognizione dei terreni, come risulta anche dalle fotografie in atti, doc. 13, fasc. ricorrente).
La circostanza è confermata anche dal verbale n. 6 di immissione in possesso del 23.11.2015 ( doc. 11 fasc. ricorrente), redatto da pubblici ufficiali e, pertanto, dotato di fede privilegiata. In detto documento i funzionari comunali dichiarano di essersi recati, in contraddittorio con il V., legale rappresentante della Azienda Agrituristica Villa Franca, sui terreni per cui è causa; di aver eseguito una ricognizione generale e perimetrica dei fondi che si presentavano liberi ed in stato di semiabbandono, compresa la superficie di alcuni ettari adibita a vigneto, mentre gli ulivi presentavano i frutti pendenti; che all'atto della consegna dei terreni erano apposti dei lucchetti a chiusura dei due varchi di accesso e le chiavi erano consegnate ai conduttori di altri fondi limitrofi al fine di consentire loro di accedervi.
Il giorno successivo alla materiale apprensione dei terreni da parte della ricorrente il lucchetto apposto al varco di accesso di contrada “Parco del Conte” e “Piantata” risultava divelto e sostituito da altro lucchetto (cfr. dichiarazioni di D.P.G., custode a cui era stato affidato l'incarico di effettuare il controllo sui terreni).
Il Presidente della cooperativa resistente, pur avendo escluso lo spoglio dei terreni in danno della resistente, affermando, con alcune contraddizioni, che il cancello era rotto
ed era stato riparato da alcuni affittuari, ha comunque confermato di avere le chiavi dell'attuale lucchetto, consegnate da altro affittuario dei terreni, tale S. (cfr. dichiarazioni rese dal presidente della Cooperativa, F.F. ).
Sulla scorta degli elementi indicati deve essere riconosciuta la reintegra nel possesso dei terreni posti in Contrada “Parco del Conte” e “Piantata” in favore della Azienda Agrituristica D.F: Di R.F. e V.D., s.n.c., mediante consegna da parte della Cooperativa Sociale Solidarietà e Lavoro delle chiavi del cancello di accesso, avendo la società ricorrente dimostrato di detenere, alla data dello spoglio, i terreni in contestazione in forza di un titolo valido ed efficace.
Esulano, invece, dal presente giudizio le eccezioni sollevate da parte resistente e relative all'inopponibilità nei propri confronti del titolo vantato dalla ricorrente ed all'illegittimità dell'iter amministrativo di revoca per scadenza del precedente affidamento in concessione in suo favore dei medesimi terreni.
In primo luogo, trattasi di profili relativi alla validità ed efficacia del titolo vantato dalla resistente, il cui esame presupporrebbe analoga domanda di reintegra nel possesso non esperita nel presente giudizio.
In secondo luogo, trattasi di questioni relative ad un rapporto di concessione estranee alla cognizione del giudice ordinario e per le quali già pendono due giudizi in sede amministrativo; giudizi durante i quali la richiesta di sospensiva degli atti impugnati, risulta rigettata, per ben quattro volte (cfr. ordinanza cautelare n. 341/2013 del T.A.R. Bari confermata dall'ordinanza del Consiglio di Stato n. 3882/2013; ed ordinanza cautelare n. 236/2014 del T.A.R. Bari confermata dall'ordinanza del Consiglio di Stato n. 3844/2014), sul rilievo dell'art. 2 della convenzione di affidamento in forza del quale “alla scadenza i terreni torneranno nella piena disponibilità del Comune, senza alcuna formalità o preavviso, nello stato in cui si verranno a trovare, senza alcun onere per il Comune”.
Del pari ininfluente la pretesa sussistenza di una perdurante relazione di fatto con il bene in capo alla resistente.
Infatti, l'azione di reitegra spetta al detentore in forza del titolo vantato, indipendentemente dal carattere continuo ed interrotto del possesso che rileva ai sensi della diversa fattispecie di cui all'art. 1170 c.c.
Residua la decisione sulle spese di lite che, liquidate come da dispositivo, secondo i parametri del D.M. 55 del 2014, sono compensate per un terzo in considerazione del parziale accoglimento della domanda, mentre i restanti due terzi sono posti a carico di parte resistente, soccombente nei confronti sia di parte ricorrente che del terzo
interventore (sulla estensione del principio di soccombenza all'interventore adesivo, si veda Cass. n. 11202 del 17/07/2003).
P.Q.M.
- in parziale accoglimento della domanda spiegata ordina alla Cooperativa Sociale Solidarietà e Lavoro, in persona del Presidente pro tempore F.F., di reintegrare l'Azienda Agrituristica D.F: Di R.F. e V.D., s.n.c., nel possesso dei terreni siti in Ruvo di Puglia, Contrada “Parco del Conte” e “Piantata”, mediante consegna delle chiavi del cancello di accesso a detti fondi, astenendosi da ogni comportamento di turbativa e molestia;
- condanna la Cooperativa Sociale Solidarietà e Lavoro alla refusione in favore dell'Azienda Agrituristica D.F: Di R.F. e V.D., s.n.c., dei due terzi delle spese di lite che si liquidano in euro 3.550,86, di cui euro 3.200,00 per compensi ed euro 350,86 per esborsi, oltre Iva, Cpa e spese forfettarie come per legge;
-condanna la Cooperativa Sociale Solidarietà e Lavoro alla refusione in favore del Comune di Ruvo di Puglia, dei due terzi delle spese di lite che si liquidano in euro 2.200,00 per compensi ed esborsi, oltre Iva, Cpa e spese forfettarie come per legge.
23-08-2016 08:48
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