Rapporti tra i soci di una società in nome collettivo.
Corte di cassazione - Sezione III civile - Sentenza 19 ottobre 2016 n. 21066
Nei rapporti tra i soci di una società in nome collettivo si deve escludere l'applicazione del principio della responsabilità solidale illimitata di ciascuno di essi per le obbligazioni sociali. L'articolo 2291 del c.c., infatti, enuncia un principio valido esclusivamente a tutela dei terzi estranei alla società. Sulla base di questo principio la Corte di cassazione, con la sentenza 19 ottobre 2016 n. 21066, ha accolto il ricorso di un socio di una Snc contro un decreto ingiuntivo di 15.490 euro ottenuto dall'altro socio sia nei confronti della società sia in suo danno (quale socio illimitatamente responsabile della stessa) per canoni di locazione relativi ad un immobile di cui erano comproprietari al 50%. I giudici di legittimità hanno così revocato nei confronti del ricorrente, ma non verso la società, il decreto emesso dal Tribunale di Como e confermato dalla Corte di appello di Milano.
La Suprema corte afferma che la limitazione di responsabilità tra soci trova ragione nella struttura stessa delle società di persone, a cui l'ordinamento riconosce una «mera soggettività, ma non personalità giuridica perfetta», cioè una autonomia patrimoniale limitata, sancita da regole che hanno il preciso scopo di garantire la tutela degli interessi dei terzi, e che, di conseguenza, non possono trovare applicazione nei rapporti tra i soci stessi. Un sistema peraltro già in vigore per le associazioni dove la responsabilità personale e solidale delle persone che hanno agito in nome e per conto dell'associazione, «si applica unicamente rispetto ai terzi estranei all'associazione e non può giovare agli associati creditori dell'associazione». In entrambi i casi, prosegue la sentenza, in mancanza del riconoscimento di personalità giuridica perfetta, l'ordinamento, «all'evidente scopo di agevolare l'attività dell'ente», prevede che «i terzi possano fare affidamento sul patrimonio personale degli associati e non solo su quello dell'ente, di consistenza difficile da valutare», in tal modo tenendoli anche «indenni da ogni questione attinente ai rapporti interni tra gli associati».
Tornando al caso concreto, la Cassazione premette che il ricorrente e la controricorrente sono gli unici soci illimitatamente responsabili della società che ha locato l'immobile di cui sono comproprietari con le stesse quote. Ciò nonostante il ricorrente è stato chiamato a rispondere dell'obbligazione in quanto socio illimitatamente responsabile. Tuttavia, prosegue la sentenza, «nei rapporti tra soci non opera il principio di illimitata responsabilità per le obbligazioni della società, ma deve esclusivamente tenersi conto dei reciproci obblighi di proporzionale contribuzione per gli oneri sociali». Dunque, laddove un socio eserciti un'azione nei confronti della società e pretenda di estenderla anche ad altro socio illimitatamente responsabile, «quest'ultimo risponde nei suoi confronti non illimitatamente, come avverrebbe laddove agisse un terzo estraneo alla società ma solo nei limiti dei reciproci obblighi di contribuzione per gli oneri sociali».
In altri termini, «l'estensione agli altri soci dell'azione promossa dal socio creditore contro la società è configurabile solo qualora sussista un effettivo squilibrio tra i soci stessi nei reciproci obblighi di contribuzione per il pagamento dei debiti sociali». Uno squilibrio che però nel caso non sussiste essendo entrambi unici proprietari dell'immobile locato.
20-10-2016 23:27
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