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Sentenza

Tamponamento a catena e responsabilità. Negato il risarcimento....
Tamponamento a catena e responsabilità. Negato il risarcimento.
Tribunale Rovereto, 06/09/2016, ud. 06/09/2016 

                R E P U B B L I C A   I T A L I A N A                
                     IN NOME DEL POPOLO ITALIANO                     
                   TRIBUNALE ORDINARIO di ROVERETO                   
                     CONTENZIOSO ORDINARIO CIVILE                    
Il  Tribunale,  nella  persona  del  Giudice  dott.  Riccardo Dies ha
pronunciato la seguente                                              
                               SENTENZA                              
nella  causa  civile di I Grado iscritta al n. r.g. 587/2013 promossa
da:                                                                  
GEOROCCE  DI  To.  An. E F.LLI (C.F. ), con il patrocinio dell'avv. A
BECCARA  MASSIMO,  elettivamente  domiciliato in VIA ROSMINI 45 38100
TRENTO, presso il difensore.                                         
                                                               ATTORE
                                contro                               
ASSOCIAZIONE ITALIANA DELLA CROCE ROSSA - COMITATO CENTRALE (C.F. ) e
INA  ASSITALIA  (C.F. ), entrambi col patrocinio dell'avv. BALLARDINI
ENRICO, elettivamente domiciliato in CORSO ROSMINI, 18 38068 ROVERETO
presso il difensore.                                                 
                                                            CONVENUTI
Le parti hanno concluso come segue:                                  
per  l'attore: “voglia l'Ill.mo Tribunale adito, contrariis reiectis,
in  via principale, previo accertamento della responsabilità esclusiva
di  Ca.  Lu.  Ma., conducente del mezzo di proprietà della Croce Rossa
Italiana  e assicurato con INA Assitalia S.p.A., nella causazione del
sinistro  dd.  15.12.2011 descritto  in  narrativa,  in  cui è rimasto
danneggiato il veicolo di proprietà della Gerocce S.n.c. di To. An. e
F.lli,  condannare  i  convenuti  Ina Assitalia S.p.A. e Associazione
Italiana  della Croce Rossa, in solido tra loro o subordinatamente in
via  parziaria, a risarcire tutti i danni subiti dalla Gerocce S.n.c.,
quantificabili nella misura di e 50.721,00, o nella maggior e/o minore
somma  ritenuta  di giustizia, oltre interessi legali e rivalutazione
monetaria  dal  dì  del dovuto al sinistro. In ogni caso liquidare in
favore   della   società   attrice  la  somma  che  il  Giudice vorrà
determinare equitativamente ai sensi degli artt. 2056, comma 1 e 1226
c.c.;  spese  e  compensi di causa,. oltre accessori, nella misura di
legge rifusi”.                                                       
Per   i  convenuti:  “in  via  preliminare  istruttoria,  occorrendo,
ammettersi le circostanze di prova sub 1, 2, 3, 4 di cui alla memoria
istruttoria  autorizzata  dd.  31.10.2013  con  i testi ivi indicati,
ribadite  in  ogni caso le opposizioni all'accoglimento delle istanze
istruttorie  attoree,  per  le  ragioni  tutte  di  cui  alla memoria
istruttoria  di  replica dd. 11.11.2013; nel merito, come in comparsa
di  costituzione  e  risposta  dd. 24.06.2013, nonché come in memoria
autorizzata  ex  art. 183, comma 6 nr. 1 c.p.c. dd.07.10.2013 (voglia
il  Tribunale  di  Rovereto,   contrariis  reiectis, nel merito, dato
atto,  che,  con  atto  di  quietanza  16.07.2012,  la  convenuta GBS
Generali  Business Solutions S.c.p.A. quale mandataria e come tale in
rappresentanza di INA Assitalia S.p:A. ha provveduto a corrispondere a
parte  attrice  l'importo  di e 3.500,00 da questa trattenuto in mero
acconto  sulle  maggiori  somme  pretese,  ridurre a giustizia ogni e
qualsiasi  avversa  richiesta  risarcitoria,  detraendo  in ogni caso
dalla  somma  liquidata a titolo di risarcimento dei danni quanto già
corrisposto  in acconto. Spese e competenze del presente procedimento
oltre  ad  accessori  di  legge  integralmente  rifuse e/o in denegata
ipotesi compensate”.                                                 


Fatto
MOTIVI DELLA DECISIONE

La domanda dell'attore è infondata e va, pertanto, respinta.

L'attore agisce per ottenere l'integrale risarcimento dei danni patrimoniali conseguenti al sinistro stradale occorso in data 15.12.2011 nel Comune di Calliano, in via Brennero, quando il proprio veicolo VW Transporter, condotto da un dipendente, veniva tamponato da tergo da un veicolo in proprietà della Croce Rossa Italiana. Più nello specifico assume l'attore che si era fermato dietro un autocarro Mercedes che a sua volta si era fermato per consentire un attraversamento pedonale ma che il mezzo della Croce Rossa, un Fiat Scudo, che lo seguiva, lo tamponava violentemente sospingendolo contro il veicolo che lo precedeva. Nella specie, pertanto, si sarebbe realizzato un c.d. tamponamento a catena di veicoli fermi la cui responsabilità, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità, grava interamente sull'ultimo veicolo che ha innescato il tamponamento.

Secondo la difesa di parte attorea l'esclusiva responsabilità del conducente del veicolo della Croce Rossa è provata dal modulo di constatazione amichevole (c.d. CID) regolarmente compilato da entrambi i conducenti, oltre che dalla dichiarazione resa dal conducente del veicolo della Croce Rossa nel rapporto di sinistro interno alla Croce Rossa medesima, che devono ritenersi dichiarazioni di natura confessoria.

In ordine al petitum il danno patrimoniale subito, quantificato in oltre E 50 mila, si compone della somma di E 34 mila spesa per l'acquisto di un furgone nuovo, attesa la non economicità delle riparazioni necessarie (cfr. fattura sub doc. 11), di E 1.375,77 per l'allestimento del nuovo furgone quale officina mobile, con tutta l'attrezzatura necessaria, così come era utilizzato il vecchio furgone andato distrutto, di E 13.795,00 per la spesa sostenuta per noleggiare un veicolo sostitutivo nelle more dell'acquisto (per giorni 180), oltre la somma di E 5.000,00, equitativamente determinata, avendo dovuto rivolgersi a terzi per eseguire gli interventi di riparazione che avrebbe dovuto eseguire con l'officina mobile installata sul furgone andato distrutto.

A prescindere dalla palese infondatezza o esorbitanza di talune voci di danno quali, in particolare, quella per l'acquisto di un furgone mobile per E 34 mila, quando è la stessa parte ad allegare che le spese di riparazione, con un preventivo di E 19.533,80 (fr. doc. 5) sono risultate antieconomiche, con la conseguenza che il valore ante sinistro del veicolo distrutto non potrà mai essere superiore alla cifra indicata, ovvero la somma di E 13.795,00 per un noleggio di veicolo sostitutivo per ben 6 mesi, difficilmente giustificabile ai sensi dell'art. 1227, comma 1 c.c., come correttamente argomentato dalla difesa dei convenuti, va subito sottolineato come assai diversa è la dinamica del sinistro allegata da parte convenuta. Assumono, infatti, i convenuti che il mezzo di parte attorea ha autonomamente e violentemente tamponato il mezzo che lo precedeva, che si era fermato, mentre il mezzo della Croce Rossa ha tamponato il mezzo dell'attore solo in un successivo momento ed in modo assai meno violento, tanto da provocare solo minimi danni alla parte posteriore.

Si tratta quindi di stabilire quale sia la dinamica che può ritenersi provata, alla stregua dell'istruttoria svolta e, in caso di mancata prova, quale sia la parte gravata del relativo onere.

Ritiene questo giudice di dover ritenere maggiormente verosimile la dinamica allegata da parte convenuta, alla stregua del criterio di accertamento del fatto vigente nel processo civile, fondato sulla regola del più probabile che no.

Nel modulo c.d. CID, di constatazione amichevole, sottoscritto nell'occasione dai conducenti dei veicoli di parte attorea e convenuta, la dinamica del sinistro è così descritta: “il veicolo B tamponava il veicolo A che tamponava il veicolo C”. Dato atto che il veicolo B è quello della Croce Rossa, quello A è quello di parte attore e quello C è l'autocarro Mercedes e dato atto che la medesima dinamica è confermata dallo schizzo del sinistro, con i tre veicoli rappresentati in fila ed in contatto, appare però evidente che la sopra descritta dinamica del sinistro sia generica ed equivoca perché non chiarisce, anzitutto, se l'urto da tergo è intervenuto rispetto a veicoli in movimento o già fermi e, soprattutto, la sequenza temporale degli urti medesimi, senza perciò chiarire se l'urto tra il veicolo attoreo e quello precedente sia autonomo o causalmente riconducibile all'urto da tergo da parte del veicolo della Croce Rossa.

Già questo elemento sarebbe idoneo a rendere inapplicabile la presunzione prevista dall'art. 143, comma 2 cod. ass. secondo il quale, come è noto, “quando il modulo sia firmato congiuntamente da entrambi i conducenti coinvolti nel sinistro si presume, sino a prova contraria da parte dell'impresa di assicurazione, che il sinistro si sia verificato nelle circostanze, con le modalità e con le conseguenze risultanti dal modulo medesimo”. Infatti, nella specie, manca una chiara ed inequivoca dinamica del sinistro descritta nel modulo di constatazione amichevole, rispetto alla quale poter applicare l'indicata presunzione, perché da quanto emerge dal modulo medesimo entrambe le versioni potrebbero essere in astratto avvallate. Invero, non vi può essere dubbio alcuno che la norma presupponga logicamente che la dinamica del sinistro descritta nel modulo di constatazione amichevole sia chiara e non presenti possibilità di interpretazioni distinte.

Tuttavia, anche a voler ritenere nella specie applicabile la predetta presunzione, in favore dell'attrice, la soluzione non muterebbe, perché si dovrebbe ritenere comunque superata la presunzione per la prova contraria fornita dai convenuti.

Preliminarmente va osservato come l'art. 143, comma 2 cod. ass., che riproduce integralmente l'art. 5 legge n. 39 del 1977, sia stata norma da sempre di complessa interpretazione, perché difficilmente conciliabile coi principi generali in tema di prove e, in particolare, di confessione.

La norma certamente riconnette ad una uniforme e formalizzata versione dei fatti resa dai conducenti nel sinistro una particolar efficacia probatoria opponibile all'assicuratore, facendo gravare su quest'ultimo il rischio della mancanza di ulteriori prove al riguardo e ciò con una duplice finalità: da un punto di vista sostanziale, agevolare il risarcimento del danno in favore del danneggiato, al cui soddisfacimento l'intero sistema dell'assicurazione probatoria appare preordinato; da un punto di vista processuale, facilitare l'accertamento del diritto e le conciliazioni stragiudiziali, in un'ottica di deflazione processuale.

D'altra parte la possibilità per l'assicuratore di fornire la prova contraria risponde all'esigenza di garantirgli uno strumento di difesa contro possibili frodi processuali ai suoi danni. Analogamente anche ad un altro soggetto, pur non espressamente previsto dalla legge, occorre garantire analoga possibilità: il proprietario non conducente del veicolo, pena la violazione del suo diritto di difesa, costituzionalmente garantito (così Corte Cost., 31.03.1988, n. 392).

Nel tentativo non semplice di armonizzare la disposizione col sistema la giurisprudenza di legittimità ha da tempo ritenuto che il modulo di constatazione amichevole, ha valore probatorio di confessione stragiudiziale esclusivamente nei confronti del suo autore, mentre genera soltanto una presunzione iuris tantum nei confronti dell'assicuratore, come tale superabile con la prova contraria, con possibilità, quindi, che la responsabilità dell'assicurato venga affermata in base alla sua confessione, mentre l'azione diretta nei confronti dell'assicuratore venga respinta ove egli fornisca la prova contraria (cfr. da ultimo Cass., 22.03.2005, n. 6149, rv. 581732).

Una simile posizione, invero, appare avvalorata dal particolare assetto di interessi che la materia della responsabilità civile conseguente alla circolazione stradale presenta, coinvolgenti tre distinti rapporti processuali: quello fondato sull'illecito extracontrattuale tra assicurato-danneggiante e danneggiato, quello fondato sull'azione legale riconosciuta al danneggiato verso l'assicuratore r.c. auto del danneggiante (cfr. art. 18 legge n. 990 del 1969 e, ora, art. 144 cod. ass.), quello contrattuale, fondato sul contratto di assicurazione, tra assicurato ed assicuratore che può essere azionato in giudizio attraverso la domanda di garanzia impropria.

Al riguardo va, anzitutto, osservato come la responsabilità da illecito extracontrattuale del danneggiante-assicurato, si configuri come fatto costitutivo di tutte e tre le possibili domande relative ai tre distinti rapporti processuali sopra indicati. Infatti, non solo la domanda di risarcimento del danno ma anche quella fondata sull'azione diretta verso l'assicuratore r.c. auto di cui all'art. 144 cod. ass. e la stessa domanda di garanzia impropria, fondata sul contratto di assicurazione (art. 1917 c.c.), presuppongono l'accertamento della responsabilità del danneggiante da atto illecito.

Ma un altro rilievo consente di evidenziare la complessità della materia, perché la qualificazione in termini di confessione delle dichiarazioni rese dall'assicurato-danneggiante, eventualmente nella c.d. constatazione amichevole (c.d. modulo CID) può affermarsi esclusivamente con riferimento al primo rapporto, quello fondato sull'illecito extracontrattuale, perché solo con riferimento a detto rapporto può essere ravvisato l'elemento di identificazione principale delle dichiarazioni confessorie, ossia essere relative alla verità di fatti sfavorevoli al dichiarante e favorevoli alla controparte (cfr. art. 2730 c.c.), che costituisce un dato davvero essenziale ed irrinunziabile dell'istituto considerato, perché direttamente correlato al duplice fondamento, logico e tecnico, che lo giustifica: quello logico consiste nella regola empirica per cui, normalmente, nessuno ammette fatti sfavorevoli se questi non sono veri; quello tecnico consiste nel fatto che la confessione fa venire meno il contrasto tra le parti, tanto da risultare inutile, in piena aderenza al principio dispositivo, il controllo del giudice sulla verità del fatto confessato, il quale finisce col configurare un limite al potere decisorio del giudice.

Viceversa nei confronti degli altri due rapporti, pur attenendo le dichiarazioni in questione ad un elemento costitutivo di entrambe le domande, quelle stesse dichiarazioni non possono in alcun modo essere ritenute vera e propria confessione. Ciò è particolarmente evidente riguardo al rapporto contrattuale fondato sul contratto di assicurazione, perché quelle dichiarazioni sono sfavorevoli alla controparte (l'assicuratore) e favorevoli al dichiarante, dal momento che la verità dei fatti confessati costituisce titolo per l'accoglimento della domanda di garanzia impropria proposta dall'assicurato contro il proprio assicuratore. Viceversa riguardo al distinto rapporto tra danneggiato ed assicuratore r.c. auto, fondato sull'azione diretta riconosciuta al primo si tratta, a ben vedere, di dichiarazioni rese da un soggetto terzo rispetto a questo rapporto, dovendosi pertanto certamente escludere che possano assurgere al valore di prova legale nei confronti dell'assicuratore.

Anzi, ben si può dire che l'art. 144, comma 3 cod. ass. svolga proprio la funzione di rendere opponibile all'assicuratore r.c. auto quelle dichiarazioni che altrimenti non lo sarebbero, peraltro assicurando loro un valore probatorio, di mera presunzione di verità iuris tantum, superabile mediante prova contraria, certamente nettamente distinto rispetto alla prova legale propriamente detta.

Questa impostazione tradizionale, fondata sulla possibilità di decisioni contrastanti per il diverso valore probatorio da assegnare alle dichiarazioni confessorie rese dal conducente, era abbastanza coerente con la disciplina della confessione in caso di litisconsorzio facoltativo, essendo pacifico che la confessione resa solo da un litisconsorte valga come prova legale pienprobante solo nei confronti di costui e non anche per gli altri, come dimostrato dall'art. 1309 c.c. che, in tema di obbligazioni solidali, terreno privilegiato del litisconsorzio facoltativo, espressamente dispone che “il riconoscimento del debito fatto da uno dei debitori in solido non ha effetto riguardo agli altri”, essendo evidente che il confitente, non potendo disporre dei diritti altrui, non può pregiudicare situazioni nelle quali sono coinvolte altri soggetti.

Resta impregiudicato il problema di quale sia il valore che possa essere attribuito alle dichiarazioni confessorie rese solo da un litisconsorte facoltativo nei confronti degli altri che, nella materia in esame, è da un lato complicato dal rilievo che, nei confronti del rapporto contrattuale di assicurazione quelle dichiarazioni, come si è visto, non possono ritenersi confessorie, essendo favorevoli al dichiarante e non alla controparte e, dall'altro, sembra essere risolto, con riguardo al rapporto tra danneggiato ed assicuratore r.c. auto e nel caso in cui dette dichiarazioni siano state rese nella constatazione amichevole, appunto dall'art. 143, comma e cod. ass. I rilievi che precedono appiano riferibili, il primo, al caso in cui il conducente che abbia firmato la constatazione amichevole non sia anche proprietario del veicolo, essendo in tal caso un litisconsorte meramente facoltativo, non già necessario e, il secondo, al caso in cui siano proposte in giudizio solo le domande di risarcimento del danno e la chiamata in garanzia impropria verso l'assicuratore r.c. auto.

Sennonché questa interpretazione, del tutto consolidata sino al 2006, trascurava in modo evidente la presenza, in questa materia, di un caso di litisconsorzio necessario, previsto originariamente dall'art. 23 legge n. 990 del 1969 ed ora dall'art. 144, comma 3 cod. ass. e che, per comune interpretazione giurisprudenziale (criticata dalla dottrina), riguarda il solo proprietario del veicolo, non anche il conducente che non sia anche proprietario. Ebbene in caso di litisconsorzio necessario l'art. 2733, comma 3 c.c. dispone che “la confessione resa da alcuni soltanto dei litisconsorti è liberamente apprezzata dal giudice”, con la conseguenza che non ha valore di prova legale neppure nei confronti del confitente e ciò all'evidente scopo di garantire una decisione unitaria tra tutte le parti in causa, in particolare con riferimento a rapporti che originano una causa unica ad oggetto inscindibile, nei quali la decisione non può che intervenire “che in confronto di più parti” (cfr. art. 102 c.p.c.).

In buona sostanza l'interpretazione sopra riferita assimilava la disciplina della confessione nel litisconsorzio necessario previsto in materia di assicurazione r.c. auto a quella del litisconsorzio facoltativo, giustificando la non applicazione dell'art. 2733, comma 2 c.c. al caso di specie con la pretesa “natura processuale” del litisconsorzio in questione (cfr. ad es. Css., 12.02.1998, n. 1471, rv. 512544). Con ciò si intendeva dire che in questo particolare tipo di litisconsorzio necessario non appare logicamente impossibile pervenire a decisioni difformi riguardo ai diversi rapporti processuali, diversamente a quanto accade nei litisconsorzi necessari per ragioni di diritto sostanziale, nei quali la natura plurilaterale del rapporto che costituisce oggetto della causa rende addirittura inconcepibile una sentenza pronunziata nei confronti solo di alcuni degli interessati (si pensi al giudizio di divisione). Si tratta, però, di una posizione che non si sottrae alla critica di impropria delimitazione dell'art. 2733, comma 3 c.c. dal momento che la necessità di imporre una decisione uniforme sul fatto comune, ossia la fattispecie di responsabilità civile, potrebbe essere stata una delle ragioni che ha indotto il legislatore a prevedere un'ipotesi eccezionale di litisconsorzio necessario in materia di obbligazioni solidali.

Non a caso questa impostazione è stata definitivamente superata dalle Sezioni Unite, le quali da un particolarmente approfondito esame delle ragioni del litisconsorzio necessario in materia, ritenuto fondato non solo su ragioni processuali quanto piuttosto su ragioni sostanziali, ha tratto la conseguenza che l'accertamento della responsabilità dell'assicurato verso il danneggiato che è, al tempo stesso, elemento costitutivo sia dell'azione di responsabilità extracontrattuale verso l'autore dell'illecito, sia dell'azione legale c.d. diretta verso l'assicuratore r.c. auto, non possa che essere compiuto in modo uniforme tra tutti le parti necessarie in causa (cfr. Sez. Un.05.05.2006, n. 10311, rv. 588600). Insomma la responsabilità “una volta accertata o negata nel giudizio promosso dal danneggiato nei confronti dell'assicuratore, in contraddittorio con l'assicurato, è accertata o negata anche nei rapporti tra danneggiato e assicurato” (cfr. pg. 16 della motivazione). La norma che assicura questo effetto viene rinvenuta dalle Sezioni Unite appunto nell'art. 2733 c.c., comma 3 c.c.

Dopo l'intervento delle Sezioni Unite la successiva giurisprudenza di legittimità si è consolidata nel medesimo senso (cfr., da ultimo, Cass., 13.02.2013, n. 3567, rv. 625437 e Cass., 25,05.2007, n. 12257, rv. 598120).

Va però precisato come i principi sopra esposti sono stati affermati dalle Sezioni Unite nel solo caso in cui il firmatario del modulo di constatazione amichevole sia il conducente che sia, al tempo stesso, anche il proprietario del veicolo, espressamente affermando essere estranee alla decisione le questioni che attengono alla confessione resa dal conducente del veicolo, il quale non sia proprietario del mezzo (cfr. pg. 19 della motivazione).

Ciò precisato, nel caso di specie la pretesa dichiarazione confessorie è stata resa dal conducente non proprietario del veicolo e, per di più, non chiamato in causa.

Ne deriva, in tutta evidenza, che anche a volere ritenere che la constatazione amichevole abbia il contenuto dichiarativo affermato dall'attore, si deve tuttavia escludere radicalmente che sussistano nel presente giudizio dichiarazioni di natura confessoria, perché detta natura avrebbe potuto essere predicata unicamente nei confronti del conducente, quale litisconsorte facoltativo, che però non è stato chiamato in giudizio. Alla stregua della disciplina generale della confessione, invece, quella confessione non può essere, come sopra si è più diffusamente argomentato, opposta agli altri litisconsorti facoltativi e, in particolare, al proprietario del veicolo (con riferimento al rapporto fondato sulla responsabilità extracontrattuale) ovvero all'assicuratore r.c. auto (con riferimento all'azione diretta di natura legale), restando impregiudicato quale sia il preciso valore probatorio che a quelle dichiarazioni può essere assegnato rispetto a questi soggetti. Secondo l'orientamento interpretativo che prevale nella giurisprudenza di legittimità dette dichiarazioni possono essere liberamente apprezzate dal giudice (cfr. Cass., 07.05.2007, n. 10304, rv. 596443; Cass., 15.12.2011, n. 27024, rv. 620041 e Cass., 13.11.2014, n. 24187, rv. 633534).

Del resto lo stesso attore, a ben vedere, non invoca alcuna prova legale ma si limita a richiedere che a quelle dichiarazioni siano attribuite il diverso valore probatorio previsto dall'art. 143, comma 2 cod. ass.

Occorre, pertanto, ora valutare se la presunzione relativa prevista dalla citata norma sia stata nella specie superata.

Nel definire con la maggiore precisione possibile il contenuto della prova contraria imposta all'assicuratore va precisato come la norma citata non preveda, puramente e semplicemente, un'inversione dell'onere della prova, ma una presunzione legale relativa fondata su un diverso fatto, rappresentato dalla firma congiunta ed in ogni sua parte della constatazione amichevole.

La differenza, pur sottile, può incidere sul concreto contenuto dell'onere probatorio di cui è gravato l'assicuratore.

Infatti, in caso di pura inversione dell'onere della prova si potrebbe sostenere che l'assicuratore debba fornire la prova che fornisca in positivo la diversa dinamica del sinistro o le sue diverse conseguenze rispetto a quella risultante dalla constatazione amichevole, non essendo sufficiente quella che si limiti a far emergere elementi di inattendibilità o inverosimiglianza.

Invece, proprio dal fatto che la legge non prevede un'inversione pura e semplice dell'onere della prova, ma una presunzione relativa fondata su un diverso fatto costitutivo, rappresentato dalla constatazione amichevole, trae argomento la tradizionale posizione giurisprudenziale che traduce questi casi, di intrinseca inverosimiglianza della constatazione amichevole, in vizi formali idonei ad escludere la presunzione relativa prevista dall'art. 143, comma, così degradando il modello ad elemento meramente indiziario.

Si è così affermato che la presunzione legale presupponga che il modello “sia stato compilato in tute le sue parti, ivi compresa la dettagliata descrizione del sinistro con relativa rappresentazione grafica, che, ancorché grossolana, deve comunque consentire di individuare chiaramente la posizione dei mezzi coinvolti al momento dello scontro e la situazione dei luoghi in cui il sinistro si è verificato” (cfr. da ultimo, Cass., 31.05.2006, n. 13019, rv. 590636), che il modello sia stato trasmesso all'assicuratore prima del giudizio di risarcimento e non prodotto per la prima volta in giudizio (cfr. Cass., 07.05.2007, n. 10304, rv. 5964442; Cass., 16.04.1997, n. 3276, rv. 50037199) ovvero che vi sia conformità con le dichiarazioni in precedenza rese (cfr. Cass. 07.12.2005, n. 27005, rv. 587963).

A prescindere dalla rilevanza dei vizi formali del modello CID, va comunque affermato come la prova contraria possa essere fornita con qualsiasi mezzo probatorio, anche attraverso altra presunzione idonea a dimostrare che il sinistro si è verificato secondo modalità e con conseguenze diverse, senza che sia richiesto che l'assicuratore dia la prova positiva delle effettive modalità di svolgimento dell'incidente, in piena conformità con la giurisprudenza di legittimità del tutto consolidata sul punto (cfr. Cass., 27.02.2004, n. 4007, rv. 570637; Cass., 22.03.2005, n. 6149, rv. 581732; Cass., 12.07.2005, n. 14599, rv. 583448; analogamente la stessa sentenza delle Sez. Un. sopra citata a pg. 22 della motivazione).

Inoltre, si è affermato, in modo del tutto condivisibile, che “ogni valutazione sulla portata confessoria del modulo di constatazione amichevole d'incidente deve ritenersi superata dall'esistenza di un'accertata incompatibilità oggettiva tra il fatto come descritto in tale documento e le conseguenze del sinistro come accertate in giudizio” (cfr. Cass., 25.06.2013, n. 15881, rv. 626890, pronunziata in un caso in cui la dinamica del sinistro descritta nel modulo risultava logicamente incompatibile coi pacifici danni materiali riportati dai mezzi).

Proprio l'applicazione dei principi come sopra illustrati conduce in modo piano al rigetto della domanda.

Anzitutto, va ribadito che dalla constatazione amichevole non emerge con la dovuta chiarezza la dinamica del sinistro allegata da parte attorea, non essendo in alcun modo precisato né che il veicolo dell'attore era riuscito a fermarsi dietro al veicolo che lo precedeva né, soprattutto, che l'urto tra il veicolo dell'attore e quello che lo precedeva sia conseguenza dell'urto da tergo da parte del veicolo del convenuto. Insomma, non si può escludere, alla stregua della stessa descrizione contenuta nella constatazione amichevole, che il sinistro si sia verificato come allegato da parte convenuta, ossia con un primo tamponamento del furgone Mercedes da parte del veicolo dell'attore, seguito da un ulteriore tamponamento del veicolo del convenuto al veicolo dell'attore.

Ciò basterebbe già ad escludere il valore probatorio previsto dall'art. 143, comma 2 cod. ass., per la mancanza di una versione univoca nei confronti della quale applicare la presunzione legale.

Diverso è il tenore della descrizione del sinistro compiuta all'interno del rapporto del sinistro della Croce Rossa (cfr. doc. 3) in cui il conducente del veicolo convenuto, Ma. Ca., dichiara effettivamente di aver tamponato “il veicolo davanti a lui che di conseguenza tamponava il veicolo antecedente”, ma si tratta di un documento diverso e distinto dal modello CID, al quale pertanto non può essere attribuito il particolare valore probatorio di cui all'art. 143, comma 2 cod. ass. Anche a voler ritenere si tratti di una dichiarazione confessoria stragiudiziale sarebbe comunque liberamente apprezzabile, a norma dell'art. 2735 c.c. in quanto resa non alla controparte ma ad un terzo. Inoltre, secondo i principi sopra esposti, sarebbe opponibile solo al confitente, non chiamato in giudizio, non alle parti processuali del presente giudizio.

D'altra parte, questa dinamica appare inconciliabile coi pacifici danni materiali riportati dai mezzi coinvolti e provati per documenti con le foto prodotte da entrambe le parti in causa. Infatti, il veicolo di parte attorea presenta danni evidentissimi nella parte anteriore, con una grave lesione del paraurti e la deformazione importante del cofano che presenta addirittura uno squarcio, ma danni appena percepibili alla parte posteriore con una minima deformazione del portellone (cfr. doc. 4 att. e doc. 3 conv.). Si deve convenire, con la difesa dei convenuti, che non sia possibile che un urto tanto violento da tergo da sospingere il furgoncino dell'attore contro il camion che lo precedeva, causando danni tanto rilevanti alla parte anteriore, possa procurare danni tanto insignificanti alla parte posteriore. Si tratta di versione che contrasta in modo evidente con le più banali leggi della fisica.

Il tentativo di conciliare l'inconciliabile, compiuto dalla difesa attorea negli scritti conclusivi, fondato su una pretesa diversa resistenza agli urti delle parti danneggiate, è in tutta evidenza destituito di qualsiasi fondamento, perché anche nella parte anteriore si sono danneggiate ed in modo evidente parti metalliche e non solo plastiche e perché la differenza dei danni è così grande da non poter essere spiegata in tal modo. Non solo, ma è pure irrimediabilmente smentita dalla foto, prodotta dai convenuti, dei danni riportati alla parte anteriori dal veicolo Fiat Scudo, consistenti in una mera fessura al paraurti anteriore (cfr. doc. 4 conv.; cfr,. anche il preventivo per soli E 1.374,48 per le riparazioni sub doc. 5), in tutto compatibili coi minimi danni riportati alla parte posteriore dal veicolo attoreo ma, ancora una volta, incompatibili con un urto tanto violento da sospingere detto veicolo contro il veicolo che lo precedeva, con gli effetti devastanti alla sua parte anteriore raffigurate nelle foto in atti.

Lo stesso teste Gi. Se., perito assicurativo, ha dichiarato di aver visionato, su incarico dell'assicuratore convenuto, il mezzo dell'attore ed ha riconosciuto i danni raffigurati nelle foto, precisando di avere stimato le spese per la riparazioni, risultate non economiche, in complessivi E 17 mila (a fronte di un preventivo della concessionaria di E 19 mila) di cui circa solo E 2 mila relativi alla parte posteriore. Anche sotto il profilo strettamente economico, pertanto, la sperequazione tra i danni posteriori ed anteriori emerge con chiarezza.

Si deve, pertanto, concludere che anche a voler ritenere che il modello CID abbia il contenuto dichiarativo invocato dall'attore, questa dinamica del sinistro è radicalmente incompatibile coi danni riportati, alla parte posteriore ed anteriore del mezzo, così venendosi a realizzare una situazione corrispondente a quella decisa da Cass., 25.06.2013, n. 15881 cit. che, come si è visto, ha escluso qualsiasi valore probatorio in simili evenienze alla constatazione amichevole. In effetti quei danni sono univocamente indicativi del fatto che il veicolo dell'attore ha prima tamponato in piena autonomia ed in modo violento il veicolo che lo precedeva e poi ha subito un tamponamento, assai meno violento, dal veicolo che lo seguiva.

Del resto analoga conclusione è confortata dall'esame della constatazione amichevole sottoscritta tra i conducenti del veicolo attoreo e quello che lo procedeva che si è provveduto ad acquisire, su sollecitazione di parte convenuta, a norma dell'art. 210 c.p.c. Il documento, infatti, pur riportando nella rappresentazione grafica tutti e tre i veicoli e pur dando atto che il furgone Mercedes si era fermato per consentire un attraversamento pedonale riporta la seguente dichiarazione del conducente del veicolo attoreo: “tamponavo il veicolo targato DS57959 fermo al passaggio pedonale”, senza in alcun modo accennare al tamponamento subito da tergo dal veicolo del convenuto e cioè confermando la propria piena responsabilità per il primo tamponamento, evidentemente perché autonomo ed indipendente rispetto al secondo.

Alla luce della dinamica del sinistro come sopra accertata è evidente che i convenuti possono rispondere solo dei minimi danni riportati dal mezzo attoreo nella parte posteriore, che il teste Se. ha stimato essere di circa E 2 mila, mentre per i danni riportati alla parte anteriore unico responsabile è il conducente dello stesso veicolo attoreo. Ne deriva che l'acconto pacificamente (cfr. atto di citazione, pg. 3) pagato prima del giudizio in data 19.07.2012, pari ad E 3.450,00 (comprensivo di spese legali: cfr. doc. 2 conv.) deve ritenersi ampiamente satisfattivo dei danni effettivamente causati dal fatto illecito del conducente del veicolo della Croce Rossa. Nulla, pertanto, può essere ulteriormente riconosciuto e le domande di risarcimento dei danni devono essere respinti.

Alla soccombenza segue come per legge la condanna alla rifusione delle spese processuali, liquidate come da dispositivo.
PQM
P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando sulle domande proposta da Georocce S.n.c. di To. An. e fratelli contro Croce Rossa Italiana e Generali Italia S.p.A., ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:

* respinge tutte le domande proposte;

* condanna la Georocce S.n.c. di To. An. e fratelli al rimborso in favore dei convenuti Croce Rossa Italiana e Generali Italia S.p.A. delle spese processuali, che liquida in complessivi E 5.026,64 di cui E 5.000,00 per compensi ed E 26.64 per spese vive, oltre spese generali, IVA e CPA come per legge.

Rovereto, 6 settembre 2016.
Avv. Antonino Sugamele

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