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Sentenza

Una minore durante una passeggiata a cavallo in un villaggio turistico, cade al ...
Una minore durante una passeggiata a cavallo in un villaggio turistico, cade al suolo a causa dell'improvviso imbizzarrimento del cavallo adulto su cui era stata posta dall'istruttore.
Tribunale di Palermo - Sezione III civile - Sentenza 10 maggio 2016 n. 2605
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Palermo - Terza Sezione Civile
in composizione monocratica, nella persona del giudice onorario Dott.ssa Francesca
Taormina, all'esito della discussione orale, ha pronunciato e pubblicato mediante lettura di
dispositivo e contestuale motivazione, ai sensi dell'art. 281 sexies c.p.c., la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. 1375 del Ruolo Generale degli Affari Contenziosi Civili dell'anno 2013
TRA
VI.AL. e TA.TI.. n. q. di genitori della minore AU.VI., (Avv. Sa.Sp.)
attori
E
LO.FR. (Avv. Na.Fe. c/o Avv. Le.Ra.)
convenuto
E
IP. S.P.A., in persona del legale rappresentante pro - tempore,
convenuta contumace
Oggetto: Domanda di risarcimento di danni.
IL TRIBUNALE DI PALERMO - TERZA SEZIONE CIVILE
in persona del giudice onorario, ogni contraria istanza ed eccezione respinta e definitivamente
pronunziando nella contumacia della Ip. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro -
tempore, così provvede:
In accoglimento delle domande spiegate da Al.Vi. e Ti.Ta., n. q. di genitori della minore Au.Vi.,
con atto di citazione del 25/30.01.13, condanna la società Ip. S.p.A., in persona del legale
rappresentante pro - tempore, e Fr.Lo., sotto il vincolo della solidarietà, al pagamento in
favore degli attori n. q. della somma, liquidata all'attualità, di Euro 31.215,00, oltre interessi al
saggio legale dal fatto al soddisfo;
Condanna i convenuti, in solido tra loro, alla rifusione nei confronti degli attori n. q. delle
spese di giudizio, liquidate, in proporzione alla condanna, in complessivi Euro 4.121,00, oltre
Iva e Cpa come per legge e spese generali nella misura del 15% del compenso totale della 
prestazione, oltre a quelle relative alle espletate cc.tt.uu., liquidate come da decreti in atti e
poste provvisoriamente a carico di parte attrice.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Al.Vi. e Ti.Ta., nella qualità di genitori esercenti la potestà genitoriale sulla figlia minore Au.,
hanno agito in giudizio per ottenere, previa declaratoria della responsabilità dei convenuti Ip.
S.p.A. e Fr.Lo., ex art. 2050 c.c., il ristoro dei danni fisici e psichici sofferti dalla minore in
conseguenza di un sinistro asseritamente verificatosi in data 27.06.12, allorquando,
trovandosi con la famiglia presso il villaggio turistico (...) di Catanzaro, di proprietà della
società convenuta, al fine di trascorrere una settimana di vacanza, durante una passeggiata a
cavallo, rovinava al suolo a causa dell'improvviso imbizzarrimento del cavallo adulto su cui
era stata posta dall'istruttore, Fr.Lo., il quale si era astenuto dal l'utilizzare ogni tipo di
precauzione per evitare l'evento ed i danni.
Ciò posto, precede per ragioni di ordine logico la disamina dell'eccezione di incompetenza per
territorio tempestivamente sollevata dal convenuto Lo. nella comparsa di costituzione.
Secondo detto convenuto, competente a decidere la presente controversia sarebbe il
Tribunale di Catanzaro, sezione distaccata di Chiaravalle Centrale, nella cui circoscrizione è
compreso sia il Comune di Isca sullo Ionio - luogo di residenza del Lo. e di adempimento
dell'obbligazione - sia quello di Sant'Andrea Apostolo dello Ionio - luogo in cui il sinistro si è
verificato. Detta eccezione va respinta.
Sul punto, basti osservare che, ai fini della determinazione della competenza territoriale, ai
sensi del combinato disposto degli artt. 20 c.p.c. e 1182 c.c., il forum destinatele solutionis,
previsto dal III comma di tale ultima disposizione, è applicabile in tutte le cause aventi ad
oggetto una somma di denaro qualora, facendo riferimento alla domanda formulata
dall'attore, questi abbia richiesto il pagamento di una somma determinata, non incidendo
sull'individuazione della competenza territoriale la maggiore o minore complessità
dell'indagine sull'ammontare effettivo del credito, la quale attiene esclusivamente alla
successiva fase di merito (Cass. Civ., sez. III, ord. n. 12455/10). Ben attagliandosi il superiore
principio al caso di specie, non può non rilevarsi che in concreto parte attrice ha instato per la
condanna dei convenuti al pagamento della somma di Euro 40.000,00 a titolo di risarcimento
dei danni nell'interesse esclusivo della minore nonché al pagamento della somma di Euro
10.000,00 a titolo di risarcimento dei danni patrimoniali e non subiti dai genitori della minore
a seguito del sinistro, chiedendo, quindi, il pagamento di una somma "determinata", senza
neppure rimettere la quantificazione del chiesto ristoro alla valutazione del nominando ctu e
senza, peraltro, che l'eventuale complessità dell'indagine da compiere sull'ammontare
effettivo del credito possa - secondo il principio appena affermato - incidere
sull'individuazione della competenza per territorio.
Ed allora, posto che, a mente del III co. dell'art. 1182 c.c., l'obbligazione avente per oggetto una
somma di danaro deve essere adempiuta al domicilio che il creditore ha al tempo della
scadenza, deve opinarsi che sia in concreto applicabile il forum destinatae solutionis di cui al 
richiamato comma, con conseguente radicamento della competenza presso il foro di Palermo,
adito dagli attori.
Sgombrato il campo dalla superiore eccezione preliminare, passando al merito, le peculiarità
del caso di specie, afferente al risarcimento dei danni a seguito di una caduta da cavallo
durante lo svolgimento di un'attività equestre, inducono a ritenere che la fattispecie vada
sussunta nell'alveo applicativo dell'art. 2050 c.c. (relativo ai danni conseguenti all'esercizio di
attività pericolose), a mente del quale chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di
un'attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al
risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno.
In proposito ed in linea di principio, deve affermarsi che non sempre l'attività equestre può
considerarsi pericolosa, ma può diventarla se ricorrano determinate circostanze: secondo la
Suprema Corte, essa potrà considerarsi pericolosa quando è esercitata da principianti ovvero
allievi giovanissimi e inesperti che non possiedono la capacità di controllo delle imprevedibili
reazioni dell'animale (Cass. Civ., sez. III, n. 16637/08). E così, il gestore del maneggio risponde
quale esercente di attività pericolosa, ai sensi dell'art. 2050 c.c., dei danni riportati dai soggetti
partecipanti alle lezioni di equitazione, qualora gli allievi siano principianti, del tutto ignari di
ogni regola di equitazione, ovvero giovanissimi; nel caso di allievi più esperti, l'attività
equestre è soggetta, invece, alla presunzione di responsabilità di cui all'art. 2052 c.c., con la
conseguenza che spetta al proprietario od all'utilizzatore dell'animale che ha causato il danno
di fornire non soltanto la prova della propria assenza di colpa, ma anche quella che il danno è
stato causato da un evento fortuito.
Secondo il disposto dell'art. 2052 c.c., invero, il proprietario di un animale o chi se ne serve
per il tempo in cui lo ha in uso, è responsabile dei danni cagionati dall'animale, sia che fosse
sotto la sua custodia, sia che fosse smarrito o fuggito, salvo che provi il caso fortuito.
Nel caso che ci occupa, è pacifico che la piccola Au.Vi., che all'epoca aveva appena sette anni, è
rimasta vittima del sinistro per cui è lite e che la bambina è stata posta in groppa ad un cavallo
adulto - come mai neppure contestato dall'unico convenuto costituito -, forse per la prima
volta nella sua vita, soltanto per fare un giro a cavallo (come è emerso nel corso del giudizio) -
il che consente di ritenere che la bambina, oltre che giovanissima, fosse anche una cavallerizza
del tutto inesperta e priva di capacità di controllo dell'animale.
L'art. 2050 c.c. pone, peraltro, una presunzione di responsabilità a carico di chi esercita
l'attività pericolosa, superabile solo nel caso venga fornita da questi la prova positiva di aver
predisposto ogni misura idonea a prevenire l'evento dannoso, di modo che il comportamento
del danneggiato o del terzo costituisca solo una causa concorrente al verificarsi dell'evento
lesivo; viceversa, al danneggiato spetterà di provare il nesso causale tra l'attività svolta e il
danno subito.
In buona sostanza, secondo la giurisprudenza di legittimità, in tema di responsabilità per
esercizio di attività pericolosa, la presunzione di colpa a carico del danneggiante, posta
dall'art. 2050 c.c., presuppone il previo accertamento dell'esistenza del nesso eziologico, la cui
prova incombe al danneggiato, tra l'esercizio dell'attività e l'evento dannoso, non potendo il 
soggetto agente essere investito da una presunzione di responsabilità rispetto ad un evento
che non è ad esso riconducibile in alcun modo; resta, poi, a carico del danneggiante l'onere di
provare di aver adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno (Cass. Civ., sez. III, n.
19449/08).
In ogni caso, non può prescindersi dall'accertamento della sussistenza del nesso eziologico tra
il lamentato danno ed il comportamento che si pretende averlo provocato, ovvero, in
concreto, l'esercizio dell'attività pericolosa da parte dei soggetti in questa sede convenuti in
giudizio dagli attori (id est la società proprietaria del villaggio turistico, all'interno della cui
struttura si trovava il maneggio, e l'istruttore che aveva in uso il cavallo al momento del fatto).
Poste le superiori premesse in diritto, deve opinarsi in punto di fatto che la domanda attorea
debba trovare accoglimento e vada accolta, in quanto l'istruttoria espletata ha consentito la
formazione di una prova idonea a convincere il Tribunale della sua fondatezza sia sotto il
profilo soggettivo dell'individuazione dei responsabili dell'evento sia sotto il profilo della
sussistenza del nesso di causalità tra l'esercizio dell'attività pericolosa e l'evento dannoso
lamentato in atto di citazione.
Addotto a testimoniare dagli attori ed escusso all'udienza del 29.05.14, Gi.Sa., premettendo di
non conoscere gli attori prima del fatto e di avervi assistito, trovandosi presso il villaggio
turistico Sant'Andrea Apostolo dello Ionio di Catanzaro con la propria famiglia e, in
particolare, avendo accompagnato il figlioletto presso il maneggio per fargli fare la
passeggiata a cavallo - circostanze, queste, che consentono di attribuire alla deposizione in
parola un elevato grado di attendibilità, vista l'indifferenza del teste e la prospettiva
privilegiata da cui lo stesso assistette al sinistro -, ha anzitutto dichiarato che "all'interno del
residence erano apposti alcuni cartelloni che invitavano i clienti a far partecipare i propri figli
all'attività sportiva in questione, ossia a fare un giro a cavallo con l'assistenza di una persona
adulta all'uopo destinata"; siffatta circostanza smentisce quanto affermato dal Lo. nella
comparsa responsiva, allorché il convenuto afferma che la piccola si trovava in groppo al
cavallo soltanto per scattare una fotografia ricordo (cfr. pg. 4 comparsa).
Peraltro - e detto dato non appare di poco conto, anche al fine di corroborare gli assunti del
testimone oculare -, dalla ricevuta datata 27.06.12 e rilasciata dallo stesso Lo., che l'ha pure
sottoscritta, con sottoscrizione mai disconosciuta, si evince che i genitori della piccola Au.
pagarono la somma di Euro 6,00 per "n. 3 giretti a cavallo dentro il recinto" (cfr. ali. 2
memoria istruttoria attorea) ma non piuttosto per far fare alla bambina una mera foto ricordo
in groppa ad un cavallo.
Il teste ha, ancora più significativamente, raccontato nel dettaglio che "il giorno in questione
Au. fu issata su un cavallo adulto dall'istruttore, che nell'occasione era scalzo e senza
attrezzature né abbigliamenti idonei, senza che le fossero forniti né il kap né il corpetto
imbottito per proteggere la cassa toracica e le spalle; per i primi venti minuti l'istruttore, che
era un "viddano", ha fatto circolare i bambini attorno alla grande piazzola destinata a ciò uno
alla volta, trattenendo il cavallo per le redini; poi, dato che i bambini erano tanti, ha iniziato a
far fare il giro a due bambini alla volta, ciascuno su un cavallo diverso, tenendo le redini di
entrambi i cavalli. Se non ricordo male, Au. ha fatto il suo giro per seconda dopo che 
l'istruttore aveva cambiato il suo modus operandi. Ma in questo caso l'istruttore anziché
procedere guardando in avanti, ha iniziato a camminare all'indietro, tirando i cavalli per le
redini. In questo modo i musi dei due cavalli si sono scontrati ed uno dei due - quello su cui si
trovava Au. - si è imbizzarrito e ha disarcionato la bambina che prima è volata per aria e poi è
caduta a terra, finendo sotto i due cavalli, che fortunatamente sono rimasti fermi... l'istruttore
ha avuto la prontezza quantomeno di tirare verso di sé i cavalli per evitare che colpissero Au.".
La svolta prova orale con il teste Sa. offre, dunque, la dimostrazione della sussistenza del
nesso causale tra lo svolgimento dell'attività pericolosa e l'evento dannoso, ben potendo
vieppiù reputarsi dimostrato l'imprudente comportamento di Fr.Lo., la cui trentennale
esperienza come istruttore veniva pubblicizzata all'interno della struttura turistica di
proprietà della Ip. (cfr. all. B alla memoria n. 1 degli attori), avendo lo stesso, per l'urgenza di
fronteggiare la richiesta di un numero sempre maggiore di clienti ("i bambini erano tanti", ha
riferito il Sa.), omesso qualsivoglia cautela nello svolgimento dell'attività equestre, sia sotto il
profilo della superficialità della decisione (alquanto azzardata, a dire il vero) di condurre per
le redini ben due cavalli per volta con in groppa due giovanissimi ospiti del villaggio, inesperti
e privi di sostegni ad eccezione della criniera del cavallo, senza munirsi peraltro egli stesso di
un abbigliamento che gli avrebbe verosimilmente consentito di opporre più forza in caso di
agitazione degli animali (il Sa. ha, invero, dedotto che il Lo. era scalzo), sia sotto il profilo della
mancata fornitura ai piccoli ospiti di qualsivoglia dispositivo di protezione (quali un caschetto
da equitazione o un corpetto protettivo per il torace, come correttamente fatto rilevare dal
Sa.).
In buona sostanza, non soltanto i due convenuti non hanno offerto - come era loro onere - la
prova di avere adottato tutte le misure idonee ad impedire il danno, essendo la Ip. rimasta
contumace ed essendosi il Lo. astenuto dall'articolare mezzi di prova e non essendo comparso,
senza giustificato motivo, neppure a rendere l'interrogatorio formale deferitogli dagli attori -
ben potendosi, dunque, in applicazione del disposto di cui all'art. 232, 1 co. c.p.c., reputare
ammesse le circostanze sulle quali lo stesso interrogatorio verteva, alla luce di ogni altro
elemento probatorio in atti -, ma dall'espletata attività istruttoria, assunta su impulso dei soli
attori, è emerso l'esatto contrario, potendosi piuttosto ritenere che l'avventato
comportamento dell'istruttore, a cui i bambini erano affidati durante le passeggiate, abbia
creato l'occasione di un evento dannoso, che, secondo quanto dichiarato dal testimone
oculare, avrebbe potuto verosimilmente avere conseguenze ben più disastrose (la piccola Au.
è, infatti, rimasta, dopo la caduta, sotto i due cavalli che avrebbero potuto schiacciarla se la
prontezza del Lo. nel tirare a sé gli animali non avesse evitato il peggio).
Tutto ciò posto, spetta agli attori n. q. il ristoro dei danni subiti dalla figlia minore in
connessione causale con il sinistro de quo: sul punto, vanno accolte e condivise le conclusioni
cui sono pervenuti, all'esito di indagini coerenti e lineari, condotte sulla base di precise
risultanze dell'esame obiettivo, avvalorate dal tenore dei documenti clinici in atti e sorrette da
argomentazioni coerenti ed immuni da errori logici e scientifici atte a renderle attendibili e
rilevanti anche in punto di nesso eziologico tra l'evento e le lesioni, entrambi i consulenti
d'ufficio nominati in relazione al rispettivo ambito di competenza: secondo quanto concluso
dal Ctu, dr.ssa Gi.Bo., Au.Vi. "a causa della caduta accidentale da cavallo occorsole il 27.6.2012 
riportò trauma contusivo lombo - sacrale e trauma minore del rachide cervicale. Le predette
lesioni possono ritenersi causalmente riconducibili all'evento traumatico descritto in
anamnesi: caduta posteriore da cavallo con urto al suolo della regione lombare e sacrale".
Secondo le conclusioni del primo Ctu, a detti traumi non sono residuati postumi permanenti;
mentre, in punto di quantificazione della durata del periodo di inabilità temporanea procurata
alla minore da quelle lesioni, il Ctu ha concluso nel senso che "all'evento traumatico è
conseguito un periodo di ITA di 11 giorni; ITP al 75% di 7 giorni; ITP al 50% di 30 giorni e al
25% di giorni 60".
Quanto alla valutazione dei danni psichici riportati dalla minore, è opportuno fare riferimento
alle conclusioni cui è pervenuto il Ctu all'uopo nominato all'udienza del 20.11.14 per
approfondire esclusivamente le indagini di natura psicologica, la cui specifica competenza
professionale consente di ritenere maggiormente affidabili le conclusioni medesime.
Il Ctu ha ritenuto residuati - a carico di Au.Vi. ed in connessione eziologica con le lesioni a suo
tempo provocate dall'incidente - postumi quantificati con la percentuale del 10%.
In buona sostanza, posto che i danni riportati dalla minore si sono rivelati di natura quasi
esclusivamente psichica - come si è appurato a seguito della prima ctu svolta sulla stessa dal
perito medico - legale inizialmente nominato ma privo di specifica competenza nella materia
in parola -, è bene in concreto farsi riferimento, quanto alle valutazioni psicologiche, alle
conclusioni cui è pervenuta, secondo la metodologia della psicologia clinica e della
psicodiagnostica e con l'ausilio di esami diagnostici e strumenti testologici standardizzati (che
hanno coinvolto sia la minore che i familiari e che non sono stati compiuti dal primo Ctu), che
ben resistono alle critiche mosse dal convenuto - a cui il Ctu ha dato esaustivo riscontro
nell'elaborato suppletivo -, la dr.ssa Eleonora Gagliardi, la cui specifica competenza nel campo
di interesse, come attestata dall'elaborato offerto al Decidente, appare ben confacente al caso
di specie.
Il Ctu, precisando che "gli esiti psicologici dell'evento incidentale occorso alla minore periziata
sono evidenziati dalla presenza di sintomi nelle seguenti aree: 1) Area dell'assetto psicologico.
La modificazione dell'assetto psicologico nel suo adattamento, nei suoi stati emotivi, nella sua
autonomia, nella sua autostima e nella percezione della propria immagine psichica è
valutabile per Au.Vi. in termini di un danno lieve... 2) Area delle relazioni familiari ed affettive
sociali. In tale area si manifesta un danno lieve, emerso dalla difficoltà nel chiedere sostegno ",
ha concluso nel senso che Au.Vi. ha riportato, in connessione causale con l'evento dannoso per
cui è lite, un "disturbo post traumatico da stress cronico", intendendosi per "cronico" un
disturbo la durata dei cui sintomi sia superiore ai 3 mesi (cfr. pg. 33 relazione peritale in atti).
Detto pregiudizio, secondo il Ctu, "è da considerarsi appartenente alla II classe in quanto lieve
pregiudizio compatibile solo con l'esecuzione di alcune delle attività quotidiane, con un
comportamento sociale non adeguato, ed una compromissione delle capacità di
concentrazione e di adattamento" (cfr. pg. 36).
Peraltro, le valutazioni del Ctu corroborano e sono a loro volta corroborate dalla svolta
attività istruttoria con i testi An.Sc. e Lu.Di., entrambe insegnanti di Au. prima e dopo l'evento
del 27.06.12, le quali hanno, con dichiarazioni univoche e concordanti, affermato che "prima
del settembre 2012 Au. era un'alunna modello, sempre solare, attenta e partecipe; mentre
dall'inizio dell'anno scolastico 2012/2013 tutti noi insegnanti abbiamo constatato che Au. era
diventata distratta, introversa, poco partecipe ed eravamo costretti a richiamarla, cosa che
prima non era mai successo; ricordo che Au. si estraniava spesso dall'attività scolastica...
conoscendo la bambina, sempre attenta e diligente prima di allora, evitavo di rimproverarla
perché era insolito questo suo atteggiamento triste e depresso... il comportamento e la
personalità di Au. erano completamente cambiati; anche nei rapporti con i compagni Au. si è
isolata" (così ha detto il teste Sc.) e che "ho notato che dall'inizio della terza elementare
l'atteggiamento e l'umore di Au. erano radicalmente cambiati: mentre prima era solare,
attenta e studiosissima, all'inizio della terza elementare Au. era diventata distratta e con la
testa tra le nuvole. Io richiamavo la sua attenzione e notavo che aveva un'aria triste ed uno
sguardo spento; era diventata un'altra... il rendimento di Au. è peggiorato" (tanto da riferito la
Di.).
Le prove orali comprovano, pertanto, che successivamente all'evento traumatico del 27.06.12
il comportamento della piccola Au. si modificò completamente, con ripercussioni finanche sul
rendimento scolastico, a causa della compromissione della capacità di concentrazione e di
adattamento di cui il Ctu ha parlato; secondo la Sc., poi, "quando chiesi ad Au. quale fosse il
suo problema, la bambina mi disse che aveva avuto problemi con un cavallo in un agriturismo
e mentre raccontava il fatto era impaurita". Passando alla quantificazione del danno non
patrimoniale, mette conto premettere che, recentemente intervenuta sulla questione, la
Suprema Corte ha ribadito il principio secondo cui, in tema di liquidazione del danno, la
fattispecie del danno morale, da intendersi come "voce" integrante la più ampia categoria del
danno non patrimoniale, trova rinnovata espressione in recenti interventi normativi (e,
segnatamente, nel D.P.R. 3 marzo 2009, n. 37 e nel D.P.R. 30 ottobre 2009, n. 181), che
distinguono, concettualmente, ancor prima che giuridicamente, tra la "voce" di danno c.d.
biologico, da un canto, e la "voce" di danno morale, dall'altro, con la conseguenza che di
siffatta distinzione, in quanto recata da fonte abilitata a produrre diritto, il giudice del merito
non può prescindere nella liquidazione del danno non patrimoniale (Cass. Civ., sez. III, n.
18641/11).
Secondo l'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c. offerta dal Supremo
Collegio, nella sua più autorevole composizione (Cass. Civ., S.U., nn. 26972 - 26975/2008),
invero, il danno non patrimoniale costituisce una categoria generale unitaria, non suscettibile
di suddivisione in sottocategorie, tipicamente configurabile, oltre che nei casi espressamente
previsti dalla legge, anche nei casi di lesione di interessi o valori della persona di rilievo
costituzionale non suscettibili di valutazione economica, e cioè in presenza di un'ingiustizia
costituzionalmente qualificata. E così, merita certamente ristoro il danno c.d. biologico, inteso
quale pregiudizio del diritto inviolabile e costituzionalmente protetto (art. 32 Cost.) alla salute
o integrità psicofisica della persona in sé considerata, suscettibile di accertamento medico -
legale e che esplica un'incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico
relazionali della vita del danneggiato indipendenti da eventuali ripercussioni sulla capacità 
reddituale, e, dunque, nella sua accezione pluridimensionale, comprensivo, anche in accordo
alle argomentazioni delle succitate Sezioni Unite, degli aspetti esistenziali e dinamico -
relazionali della vita della persona danneggiata, al fine di evitare duplicazioni risarcitorie.
Poste dette premesse in diritto, con riferimento al danno biologico permanente, considerata
l'esigenza di una liquidazione unitaria del danno non patrimoniale biologico e di ogni altro
danno non patrimoniale connesso alla lesione della salute, conseguente all'indirizzo
giurisprudenziale di cui alle citate sentenze del novembre 2008 delle Sezioni Unite, questo
Decidente ritiene di doversi conformare ad un criterio equitativo e di prendere, per la sua
liquidazione, a parametro i valori elaborati in base alla liquidazione fatta dall'Osservatorio
sulla giustizia civile del Tribunale di Milano, facendo applicazione delle tabelle milanesi, in
ossequio al principio di recente consacrato dalla III sezione della Corte di Cassazione nella
pronuncia del 7 giugno 2011 n. 12408: con la statuizione in parola, infatti, il Supremo
Consesso ha affermato che nella liquidazione del danno biologico, quando manchino criteri
stabiliti dalla legge, l'adozione della regola equitativa di cui all'art. 1226 c.c. deve garantire
non solo un'adeguata valutazione delle circostanze del caso concreto, ma anche l'uniformità di
giudizio a fronte di casi analoghi, essendo intollerabile e non rispondente ad equità che danni
identici possano essere liquidati in misura diversa sol perché esaminati da differenti uffici
giudiziari, aggiungendo che tale uniformità di trattamento viene garantita dal criterio di
liquidazione predisposto dal Tribunale di Milano, essendo esso già ampiamente diffuso sul
territorio nazionale e rispetto al quale la Cassazione medesima, in applicazione dell'art. 3
Cost., riconosce la valenza, in linea generale, di parametro di conformità della valutazione
equitativa del danno biologico alle disposizioni di cui agli artt. 1226 e 2056 c.c., salvo che non
sussistano in concreto circostanze idonee a giustificarne l'abbandono.
In particolare, secondo la Corte, il principio di diritto cui attenersi è quello secondo cui, poiché
l'equità va intesa anche come parità di trattamento, la liquidazione del danno non
patrimoniale alla persona da lesione dell'integrità psico - fisica presuppone l'adozione da
parte di tutti i giudici di merito di parametri di valutazione uniformi che, in difetto di
previsioni normative (come l'art. 139 del codice delle assicurazioni private, per le lesioni di
lieve entità conseguenti alla sola circolazione dei veicoli a motore e dei natanti), vanno
individuati in quelli tabellari elaborati presso il tribunale di Milano, da modularsi a seconda
delle circostanze del caso concreto (Cass. Civ., sez. III, n. 12408/11).
Ed allora, alla luce delle chiare indicazioni contenute nella recente sentenza della Cassazione
n. 12408/2011 - che esclude, peraltro, in caso di lesioni micro - permanenti, per sinistri non
connessi alla circolazione stradale, la possibilità di ricorrere, in via analogica, ai valori dettati
dal codice delle assicurazioni per i sinistri stradali -, il danno non patrimoniale da lesione del
diritto inviolabile alla salute, c.d. danno biologico, va liquidato secondo il "sistema tabellare",
con particolare riferimento alle tabelle elaborate ed in uso presso il Tribunale di Milano, che
ricomprendono e liquidano congiuntamente al biologico anche il c.d. danno morale soggettivo,
ossia le sofferenze psichiche, la sofferenza morale determinata dal non poter fare quelle
attività, la frazione c.d. morale del danno biologico, del quale ogni sofferenza, fisica o psichica,
per sua natura intrinseca costituisce componente (Cass. Civ., S.U., n. 26972/08).
E così, in concreto, tenuto conto dei postumi permanenti accertati (10%), sulla base del valore
- punto adeguato all'età (7 anni) del soggetto all'epoca del fatto ed al livello dell'invalidità, si
liquida a parte attrice la somma, riconosciuta all'attualità, di Euro 26.775,00 a titolo di danno
non patrimoniale da invalidità permanente.
Quanto al danno derivante dall'inabilità temporanea, alla luce dei su richiamati criteri ed in
considerazione della quantificazione operata nelle citate tabelle del Tribunale di Milano
(recentemente aggiornate e riferite all'anno 2014) in una forbice giornaliera da un minimo di
Euro 96,00 ad un massimo di Euro 145,00, non sussistendo circostanze particolari, appare
equa una quantificazione giornaliera corrispondente all'importo minimo di Euro 96,00:
spetta, dunque, agli attori n. q. a ristoro di tale profilo di danno il complessivo importo di Euro
4.440,00 (di cui Euro 1.056,00 per I.T.T., Euro 504,00 per I.T.P. al 75%, Euro 1.440,00 per
I.T.P. al 50% ed Euro 1.440,00 per I.T.P. al 25%), sempre con valutazione all'attualità. Non
sono stati chiesti, invece, né tantomeno dimostrati esborsi per la cura e la diagnosi delle
patologie riportate in occasione del sinistro ed in correlazione causale con l'incidente
medesimo, di guisa che nulla può essere riconosciuto a detto titolo.
Conclusivamente, la somma dovuta agli attori n. q., liquidata all'attualità, ascende ad Euro
31.215,00, sulla quale vanno poi calcolati, al tasso legale e con decorrenza dalla data del
sinistro (27.06.12), commisurandoli alla somma medesima rivalutata di anno in anno, gli
interessi compensativi, a ristoro del c.d. "danno da ritardo".
Non può trovare accoglimento, infine, la domanda di condanna dei convenuti al pagamento
della somma di Euro 10.000,00 "a titolo di risarcimento danni patrimoniali e non, subiti dai
genitori Vi. - Ta., a seguito del sinistro oggetto di causa" (cfr. pg. 7 atto citazione), se solo si
consideri che gli attori hanno agito in giudizio nella qualità di genitori esercenti la potestà
sulla figlia minore ma non anche (o piuttosto) in proprio, di guisa che nulla può essere loro
riconosciuto a titolo di danno personale.
Le spese seguono la soccombenza e liquidate, in proporzione alla condanna, sulla base dei
parametri introdotti (in attuazione dell'art. 13, VI co., L. 247/12) dal D.M. 55/14 ed applicabili
a tutte le liquidazioni successive alla data di entrata in vigore (03.04.14), in complessivi Euro
4.121,00,00, di cui Euro 494,00 per spese, oltre Iva e Cpa come per legge e spese generali nella
misura del 15% del compenso totale della prestazione, vanno poste in solido a carico di
entrambi i convenuti, che dovranno rifondere a parte attrice anche le spese relative alle due
espletate cc.tt.uu., liquidate come da decreti in atti e poste provvisoriamente a carico della
stessa.
Così deciso in Palermo il 10 maggio 2016.
Depositata in Cancelleria il 10 maggio 2016
Avv. Antonino Sugamele

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