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Sentenza

Cassazione. Cosa succede se il ricorrente non attesta la conformità all’original...
Cassazione. Cosa succede se il ricorrente non attesta la conformità all’originale della relata di notifica telematica della sentenza impugnata?
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
ricorso 26966-2015 proposto da:
A.P. S. P., elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA M. CLEMENTI 58, presso lo
studio dell'avvocato ALBA GIORDANO, che li
rappresenta e difende unitamente all'avvocato STEFANO
ALBERTO VILLATA giusta procura in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
P. V., elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA MARIA CRISTINA 8, presso lo studio
dell'avvocato GOFFREDO GOBBI, che lo rappresenta e
difende unitamente all'avvocato ANTONIO ZAZZERI
giusta procura in calce al controricorso;
Rep. Od. 26/10/2017 PU
Civile Ord. Sez. 3 Num. 30622 Anno 2017
Presidente: DI AMATO SERGIO
Relatore: ROSSI RAFFAELE
Data pubblicazione: 20/12/2017
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 3467/2015 della CORTE
D'APPELLO di MILANO, depositata il 01/09/2015;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/10/2017 dal Consigliere Dott. RAFFAELE
ROSSI;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore generale VITIELLO MAURO che ha concluso
per l'improcedibilità o rigetto del ricorso;
udito l'Avvocato STEFANO VILLATA;
udito l'Avvocato GOFFREDO GOBBI;
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
CONSIDERATO IN FATTO
V, P,  propose azione revocatoria ordinaria dell'atto di
costituzione di fondo patrimoniale su beni immobili stipulato dai
coniugi P. S. e P.A., quest'ultimo garante
dell'adempimento delle obbligazioni assunte dalla società Nizza s.r.l.
verso il P.i con tre contratti preliminari di vendita di immobili.
La domanda, disattesa in primo grado dal Tribunale di Lecco, è
stata accolta, a seguito di impugnazione, dalla Corte di Appello di
Milano con la sentenza n. 3467/2015 del 1 settembre 2015.
Premesso che in tema di negozio costitutivo di fondo patrimoniale
l'eventus damni è integrato dalla mera variazione qualitativa del
patrimonio del debitore (da cui discende il pericolo di danno
dell'eventuale infruttuosità di azioni esecutive) e per la scientia damni
è sufficiente la mera consapevolezza del pregiudizio arrecato agli
interessi dei creditori, la Corte meneghina ha, con riferimento al caso
concreto, dato rilievo all'epoca di costituzione del fondo (appena otto
giorni dopo la notifica all'A. di un decreto ingiuntivo di pagamento
di circa due milioni di euro), all'omessa allegazione di necessità
familiari giustificanti il negozio ed alla mancata prova dell'esistenza di
ulteriori beni dell'A. idonei a soddisfare le pretese creditorie.
Ricorrono per cassazione P. S. e P. A.,
affidandosi a tre motivi; resiste, con controricorso, V.P..
Ambedue le parti hanno depositato memoria illustrativa.
Alla pubblica udienza celebrata il 26 ottobre 2017, il Collegio ha
rilevato ex officio la questione della improcedibilità del ricorso per
omesso deposito nelle forme rituali della copia notificata della
sentenza impugnata e la ha sottoposta al contraddittorio delle parti;
esaurita la discussione, ha deliberato in Camera di consiglio il giorno
5 dicembre 2017, a seguito di riconvocazione.
RITENUTO IN DIRITTO
R.G. 26966.2015 
1. Nella memoria ex art. 378 cod. proc. civ., parte ricorrente ha
formulato istanza di riunione, per ragioni di connessione oggettiva
(specificamente, di pregiudizialità-dipendenza in senso tecnico), del
presente ricorso a quello iscritto al numero 26963 del R.G. dell'anno
2015, pendente innanzi altra sezione della Corte, avente ad oggetto
la decisione sull'esistenza del credito a tutela del quale è stata
esperita l'azione revocatoria in questa sede controversa.
La richiesta, peraltro palesemente infondata (cfr., ex plurimis,
Cass. 10/02/2016, n. 2673; Cass. 12/07/2015, n. 17257; Cass.
06/10/2005, n. 19492), resta al momento assorbita dalla natura
interlocutoria della presente ordinanza.
2. In via preliminare, va esaminata la questione - rilevata di
ufficio - dell'improcedibilità del ricorso ai sensi dell'art. 369, comma
2, num. 2, cod. proc. civ., per mancato deposito della «copia
autentica della sentenza o della decisione impugnata con la relazione
di notificazione, se questa è avvenuta».
Parte ricorrente ha espressamente dedotto che la sentenza
impugnata, pronunciata dalla Corte di Appello di Milano in data 1
settembre 2015 n. 3467/2015, le è stata notificata via posta
elettronica certificata il giorno 8 settembre 2015.
Agli atti del fascicolo, si rinviene (allegata dal ricorrente) copia
autentica di detta sentenza, rilasciata con attestazione di conformità
dalla Cancelleria dell'Ufficio giudiziario emittente.
Quanto alla relazione di notificazione, parte ricorrente ha prodotto
soltanto la copia stampata, priva di qualsivoglia attestazione di
conformità, di un messaggio di posta elettronica certificata datato
«07/09/2015 ore 17.21» - apparentemente proveniente dalla casella
p.e.c. dell'Avv. Anna Zazzeri (difensore di V. P. nel
giudizio di appello), diretto alle caselle p.e.c. dell'Avv. Giorgio
unginger e dell'Avv. Elisa ungiger (procuratori costituiti di P.A. e P.S. in grado di appello) ed avente ad oggetto
R.G. 26966.2015 
«notificazione ai sensi della legge n. 53 del 1994» - da cui risulta
l'inoltro di allegati (tra i quali il file denominato «relata.pdf.p7m») che
- si legge - «sono documenti firmati digitalmente dal mittente,
riconoscibili in quanto presentano il suffisso .p7m».
Non è stata aliunde acquisita la copia autentica della relazione di
notifica della gravata sentenza, non avendo il controricorrente
allegato tale documento né risultando lo stesso presente agli atti del
fascicolo di ufficio.
2.1. Orbene, in situazioni analoghe, il giudice di legittimità ha
affermato - con indirizzo ermeneutico recentemente espresso eppure
già più volte ribadito - che in tema di ricorso per cassazione, qualora
la notificazione della sentenza impugnata sia stata eseguita con
modalità telematica ai sensi dell'art. 3-bis della legge 21 gennaio
1994, n. 53, per soddisfare l'onere di deposito della copia autentica
della relazione di notificazione sancito, a pena di improcedibilità del
ricorso, dall'art. 369, comma 2, num. 2, cod. proc. civ., il difensore
del ricorrente, destinatario della notificazione, deve estrarre copie
cartacee del messaggio di posta elettronica certificata pervenutogli e
della relazione di notificazione redatta dal mittente ex art. 3-bis,
comma 5, della stessa legge n. 53 del 1994, attestare con propria
sottoscrizione autografa la conformità agli originali digitali delle copie
analogiche formate e depositare queste ultime presso la cancelleria
della Corte entro il termine stabilito dalla disposizione codicistica (in
tal senso, sulla scia di Cass. 14/07/2017, n. 17450, cfr. Cass.
10/10/2017, n. 23668; Cass. 16/10/2017, n. 24292; Cass.
16/10/2017, n. 24347; Cass. 17/10/2017, n. 24422; Cass.
26/10/2017, n. 25429; Cass. 09/11/2017, n. 26520; Cass.
09/11/2017, n. 26606; Cass. 09/11/2017, n. 26612; Cass.
09/11/2017, n. 26613).
2.2 Appare opportuno, per una migliore comprensione del
problema, ripercorrere in sintesi le principali argomentazioni poste a
R.G. 26966.2015 
fondamento dell'enunciato principio di diritto, diffusamente illustrate
nella sentenza capofila dell'orientamento, la citata Cass. 17450/2017.
Il ragionamento muove dall'individuazione della ratio sottesa alla
disposizione dettata dall'art. 369, comma 2, num. 2, c.p.c. (secondo
cui con il ricorso debbono essere depositate, a pena di improcedibilità
«copia autentica della sentenza o della decisione impugnata con la
relazione di notificazione, se questa è avvenuta») nell'esigenza - di
natura pubblicistica, in quanto correlata all'osservanza del vincolo
della cosa giudicata formale - di consentire alla Corte il controllo sulla
tempestività dell'esercizio del diritto di impugnazione, il quale, ove
avvenuta la notificazione della sentenza, può avvenire soltanto nel
rispetto del cd. termine breve stabilito dall'art. 325 c.p.c. (ex
plurimis, Cass. 10/12/2010, n. 25070; Cass. 16/04/2009, n. 9005;
Cass. 09/06/2008, n. 15232; Cass. 01/10/2004, n. 19654).
In quanto finalizzata ad una verifica officiosa, sottratta cioè alla
disponibilità delle parti, la produzione, nelle forme rituali, della
relazione di notificazione della sentenza non può trovare succedanei
in una condotta processuale serbata dai contraddittori, di non
contestazione oppure addirittura di esplicita ammissione: ai fini del
riscontro della tempestività del gravame, non riveste cioè alcuna
valenza la mancata proposizione di eccezione ad hoc da parte
controricorrente, né la conferma ad opera di quest'ultima della
avvenuta notificazione della sentenza nella data ex adverso indicata.
Coerente con l'enunciato scopo dell'art. 369 c.p.c., è, invece,
l'esclusione della comminatoria della sanzione dell'improcedibilità ove,
pur avendo il ricorrente omesso il prescritto deposito, la relazione di
notifica risulti comunque nella disponibilità del giudice perché il
documento sia stato tempestivamente prodotto dal controricorrente
oppure perché esso sia presente tra gli atti del fascicolo di ufficio,
trasmesso dal giudice a quo (Cass., Sez. U, 02/05/2017, n. 10648).
R.G. 26966.2015 
La omessa produzione della relazione di notifica della sentenza
gravata non sortisce poi effetti inficianti ove l'impugnazione innanzi il
giudice di legittimità appaia certamente tempestiva, il che si verifica
quando la notifica del ricorso per cassazione, dal lato del ricorrente, si
sia perfezionata entro il sessantesimo giorno dalla pubblicazione della
sentenza, risultando, in una evenienza del genere, il termine breve ex
art. 325 c.p.c. sicuramente rispettato (ex plurimis, Cass. 10/07/2013,
n. 17066; Cass. 22/09/2015, n. 18645).
2.3. Gli esposti enunciati, di tenore generale, sulla corretta
esegesi dell'art. 369 c.p.c. devono essere armonizzati, da un lato, con
la peculiare disciplina dettata per le notificazioni con modalità
telematica e, dall'altro, con le specificità del giudizio per cassazione.
Per un verso, la sequenza del procedimento notificatorio svolto
dagli avvocati con l'impiego dello strumento della posta elettronica
certificata - secondo le regole della legge n.53 del 1994 - si connota
per l'emissione da parte del gestore del servizio di posta elettronica di
due documenti in formato digitale, la ricevuta di accettazione e la
ricevuta di avvenuta consegna (ricevute che segnano il
perfezionamento della notificazione rispettivamente per il notificante
e per il notificato, alla stregua del principio della scissione degli
effetti: Cass., 07/10/2015, n. 20072), entrambi tuttavia inviati dal
server all'indirizzo dì posta elettronica del mittente: ne segue che la
dimostrazione della notifica (e del momento di essa) per il soggetto
destinatario non può che avvenire attraverso il messaggio di posta
elettronica ricevuto e la «relazione di notificazione [redatta] su
documento informatico separato, sottoscritto con firma digitale ed
allegato al messaggio di posta elettronica certificata» del mittente
(art. 3-bis, comma 5, legge n. 53 del 1994).
D'altro canto, occorre tener conto dell'attuale limitata applicabilità
nel giudizio di cassazione delle disposizioni sul processo civile
telematico (circoscritta alle sole comunicazioni e notificazioni da parte
R.G. 26966.2015 
delle cancelleria delle sezioni civili: art. 16, comma 10, d.l. 18 ottobre
2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre
2012, n. 221): se infatti presso le Corti di merito le parti possono
(anzi, devono) effettuare le loro produzioni con modalità telematiche
(cioè a dire con documenti in formato digitale), in sede di legittimità
la stessa attività postula, di necessità, la previa "conversione" dei
documenti digitali in formato analogico, e, quindi, qualora occorra dar
prova della tempestività del ricorso, esige il deposito di copie cartacee
del messaggio di posta elettronica certificata ricevuto e della
relazione di notifica ad esso allegata.
A disciplinare la descritta situazione ben si attaglia il combinato
disposto dei commi 1-bis ed 1-ter dell'art. 9 della legge n. 53 del
1994, norma che «in tutti i casi in cui l'avvocato debba fornire prova
della notificazione e non sia possibile fornirla con modalità
telematiche» abilita l'avvocato ad estrarre copia su supporto
analogico «del messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi
allegati e della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna» e ad
attestarne la conformità ai documenti informatici da cui le copie sono
tratte ai sensi dell'art. 23, comma 1, del D.Lgs. 7 marzo 2005, n.82.
Nella prospettiva del destinatario della notificazione telematica,
l'applicazione della trascritta disposizione impone, dunque, per
soddisfare l'onere di produzione stabilito dall'art. 369, comma 2,
num. 2, c.p.c., la estrazione di copie analogiche del messaggio di
posta elettronica certificata ricevuto e dei suoi allegati (tra i quali è
inclusa la relazione di notificazione), la redazione di un'attestazione,
sempre in forma cartacea, di conformità corredata da sottoscrizione
necessariamente autografa (e non digitale: Cass. 23/03/2017, n.
7443) e, infine, il deposito di tali documenti presso la cancelleria della
Corte entro il termine ad hoc fissato dal codice di rito.
3. Il principio di diritto di cui si è sin qui discorso, pienamente
condiviso dal Collegio, non appare scalfito nella sua correttezza dai
R.G. 26966.2015 rilievi sollevati dal ricorrente ed è altresì applicabile anche alla
peculiare vicenda controversa, in appresso meglio chiarita.
3.1. Non sembra in primo luogo giuridicamente apprezzabile
l'assunto del ricorrente secondo cui nel procedimento notificatorio
disegnato dalla legge n. 53 del 1994 il difensore può estrarre copie
analogiche ed attestare la conformità agli originali informatici
unicamente degli atti da lui formati oppure dei messaggi di posta
elettronica certificata dei quali sia mittente, e non anche di quelli di
cui sia destinatario.
Basti, al riguardo, evidenziare come il tenore testuale dei commi
1-bis ed 1-ter dell'art. 9 della legge n. 53 del 1994 (sopra riportati
nella loro integralità) non pone la prospettata limitazione al potere di
estrazione ed autentica dell'avvocato, il quale ha ad oggetto, in via
generale, i messaggi di posta elettronica ed i relativi allegati, senza
alcuna distinzione tra quelli inviati e quelli ricevuti; peraltro, con
riferimento ai sistemi di comunicazione a mezzo email, appare
inconferente l'evocata nozione di «atto formato» ove si consideri che
ogni messaggio di posta elettronica (anche quello di cui l'avvocato sia
mittente) è documento informatico generato dal server, ovvero dal
gestore del servizio di posta.
3.2. La necessità di documentare la notificazione della sentenza
impugnata per cassazione con le modalità anzidette non soffre poi
deroga nel caso (costituente l'elemento di peculiarità della fattispecie
in esame rispetto a quelle oggetto dei precedenti arresti di questa
Corte) in cui il patrocinio del ricorrente in sede di legittimità sia
espletato da un avvocato diverso da quello destinatario della notifica
telematica della pronuncia, siccome difensore costituito o anche
soltanto domiciliatario della parte nel pregresso grado di giudizio.
In siffatta ipotesi, grava sul difensore costituito o domiciliatario,
ancorchè sia stato revocato o abbia rinunciato al mandato, l'obbligo
non soltanto di informare la parte già rappresentata dell'avvenuta
notificazione della sentenza ma altresì di compiere, in maniera
tempestiva, le descritte attività (estrazione di copie analogiche del
messaggio p.e.c. e della relazione di notifica ad esso allegata ed
attestazione cartacea di conformità con sottoscrizione autografa) e
consegnare i relativi documenti al nuovo difensore ovvero (qualora
non edotto della nuova nomina) alla parte stessa.
Si tratta, a ben vedere, di un differente atteggiarsi del medesimo
obbligo del difensore destinatario della notificazione della sentenza in
forme tradizionali, tenuto a consegnare, in maniera completa ed utile
per l'esplicarsi della successiva -eventuale- attività processuale, gli
atti e documenti afferenti il mandato: in ambedue le eventualità della
notifica, una declinazione concreta, adeguata alle specificità della
vicenda, del più generale dovere di diligenza professionale che
l'avvocato, sotto pena della relativa responsabilità, deve serbare nei
confronti del proprio cliente, anche se per qualsivoglia ragione sia
cessato il mandato (sul tema, Cass. 12/10/2009, n. 21589).
3.3. Ai fini di una statuizione diversa dalla improcedibilità (avendo
parte ricorrente provveduto solo al deposito del messaggio di posta
elettronica certificata inviato dalla controparte in copia cartacea privo
dell'indispensabile attestazione di conformità all'originale ed omesso
la produzione della necessaria copia conforme della relazione di
notificazione della sentenza) ovvero di una rimessione in termini non
appare infine invocabile - come invece dedotto dal ricorrente - un
incolpevole affidamento dell'impugnante in applicazione del cd.
prospective overruling: il principio affermato da Cass. 17450/2017,
infatti, configura una decisione su una questione in precedenza non
esaminata, e non già un consapevole mutamento di una consolidata
interpretazione del giudice della nomofilachia di una norma
processuale (in cui si sostanzia invece l'overruling: tra tutte, Cass.
21/01/2016, n. 1101 e Cass. 23/11/2015, n. 23176).
4. Pur prestando convinta adesione all'univoco orientamento sul
tema affermatosi (di cui agli arresti menzionati analiticamente sopra
sub § 2.1.), ritiene il Collegio che la questione sulle modalità di
assolvimento dell'onere di produzione della relazione di notifica della
sentenza eseguita in via telematica esiga un pronunciamento della
Corte nella sua più tipica espressione di organo della nomofilachia: si
versa, invero, in questione di massima di particolare importanza, in
ragione degli assai incidenti (ed immediatamente percepibili) riverberi
di natura pratico-applicativa che da essa scaturiscono, della necessità
di un maggiormente sicuro affidamento delle parti e dei loro difensori
circa le condizioni di accesso alla ultima istanza di giustizia in ambito
nazionale, delle - ancora notevoli - incertezze interpretative che
circondano, sotto vari aspetti, il peculiare operare del processo civile
telematico nel giudizio di cassazione.
Ricorrono pertanto le condizioni per la rimessione del ricorso al
Primo Presidente perché valuti ex art. 374 c.p.c. l'opportunità di
un'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite.
P.Q.M.
La Corte dispone la rimessione degli atti al Primo Presidente per la
valutazione sull'opportunità della assegnazione del ricorso alle Sezioni
Unite per la risoluzione della questione di massima di particolare
importanza illustrata in motivazione.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza
Sezione Civile, il 26 ottobre 2017 e, a seguito di riconvocazione, il 5
dicembre 2017.
Avv. Antonino Sugamele

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