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Sentenza

Il danno non patrimoniale attiene all’intangibilità della sfera affettiva....
Il danno non patrimoniale attiene all’intangibilità della sfera affettiva.
Il danno non patrimoniale attiene all'intangibilità della sfera affettiva.
 Il danno non patrimoniale deve essere inteso come danno di interessi interenti la persona non connotati da rilevanza economica.
Ad essere risarcibile – e, dunque, a legittimare la costituzione di parte civile – è l'interesse all'intangibilità della sfera degli affetti. L'interesse protetto ha rilievo costituzionale suscettibile di riparazione ai sensi dell'art. 2059 c.c., in quanto non ha natura patrimoniale e si ricollega alle conseguenze derivanti dalla commissione di un reato. Le norme che presidiano la costituzione di parte civile non si riferiscono alla persona offesa di per sé, ma alla persona danneggiata dal reato (che non sempre coincide), in quanto frutto di una precisa scelta legislativa di scindere le due posizioni di persona offesa e di persona danneggiata – e i correlativi poteri e limiti – nel passaggio dalla fase delle indagini preliminari a quella del giudizio.

Necessaria la prova del legame affettivo: irrilevante il legame su social network. Nel caso in esame difetta la prova della presenza di un saldo e duraturo legame affettivo cui le Sezioni Unite ancorano la lesione atta a connotare l'ingiustizia del danno e a renderne risarcibili le conseguenze pregiudizievoli.
Per la Corte di Cassazione, i messaggi sms o i rapporti intrattenuti sul social network Facebook non sono idonei a provare la sussistenza di tale legame: ciò perché i rapporti virtuali caratteristici del social nulla hanno a che vedere con i concetti di “amicizia” e di stabile rapporto affettivo.
In altri termini, la Suprema Corte sottolinea come non possa prescindersi dalla dimostrazione dell'intensità della relazione esistente tra i congiunti e la vittima dell'illecito; un simile convincimento non viene scalfito dalla modernità e dalla constatazione di una vita “scandita” da nuovi strumenti di comunicazione.

Quale valore per la “convivenza” nel determinare il diritto al ristoro. La giurisprudenza individua nella convivenza il principale elemento di valutazione circa la sussistenza del diritto al ristoro da perdita parentale in capo a congiunti diversi da quelli appartenenti alla ristretta cerchia familiare.
La convivenza, però, è solo un indice molto importante ma non un requisito imprescindibile da intendersi in senso assoluto.
È stato precisato in giurisprudenza che la convivenza non deve intendersi necessariamente come coabitazione quanto come stabile legame tra due persone connotato da duratura e significativa comunanza di vita e di affetti. Il referente costituzionale è rappresentato dall'art. 2 Cost. che attribuisce rilevanza costituzionale alla sfera relazionale della persona in quanto tale.
Non basta allegare, bisogna provare. Colui che rivendica il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale deve allegare e dimostrare l'esistenza e la natura del rapporto, la sua stabilità (id est non occasionalità) e continuità nel tempo, tale da assumere rilevanza al momento della verificazione del fatto illecito.
L'onere della prova spetta al danneggiato che può fornirla con ogni mezzo, anche mediante presunzioni. Spetta invece al giudice di merito accertare l'apprezzabilità della relazione affettiva a fini risarcitori.
Avv. Antonino Sugamele

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