NAVE - Concessione di area demaniale e di spazio d'acqua antistante - Cessione a terzi del diritto di utilizzazione di un posto barca - Contratto di ormeggio - Configurabilità - Conseguenze - Operatività del divieto di cessione del diritto d'uso ex art. 1024 cod. civ. - Esclusione.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PICCIALLI Luigi - Presidente -
Dott. MAZZACANE Vincenzo - rel. Consigliere -
Dott. MIGLIUCCI Emilio - Consigliere -
Dott. PROTO Cesare Antonio - Consigliere -
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 10107-2007 proposto da:
LAVAGNA SVILUPPO SRL IN LIQUIDAZIONE (OMISSIS), elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 268-A, presso lo studio
dell'avvocato PETRETTI ALESSIO, che lo rappresenta e difende
unitamente all'avvocato ZERBA PAGELLA UMBERTO;
- ricorrente -
contro
P.G.L., Pe.Pi. e (Ndr: testo originale
non comprensibile), eredi di P.P., elettivamente
domiciliato in ROMA, VIALE GIUSEPPE MAZZINI 119, presso lo studio
dell'avvocato BISAZZA TERRACINI ORESTE, che rappresenta e difende;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 1208/2006 della CORTE D'APPELLO di GENOVA,
depositata il 02/12/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
28/05/2013 dal Consigliere Dott. VINCENZO MAZZACANE;
udito l'Avvocato PETRETTI Alessio, difensore del ricorrente che si
riporta agli atti depositati e ne chiede l'accoglimento;
udito l'Avvocato Anna Maria PITZOLU, con delega depositata in udienza
dell'Avvocato BISAZZA TERRACINI Oreste, difensore del resistente che
ha chiesto il rigetto del ricorso con condanna alle spese;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
RUSSO Rosario Giovanni che ha concluso per l'accoglimento del
ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 9-2-2002 la s.r.l. Lavagna Sviluppo in liquidazione conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Genova P.P. assumendo:
- la s.p.a. Cala dei Genovesi aveva ottenuto, con atto della Capitaneria di Porto del compartimento marittimo di Genova del 22-6- 1974 approvato con decreto del Ministro della Marina Mercantile del 13-7-1974, la concessione cinquantennale per l'occupazione e l'uso di una zona di arenile della superficie di mq. 23.000 e dell'antistante specchio acqueo per l'estensione di circa mq. 290.000 in corrispondenza dell'abitato di Lavagna per la realizzazione di un approdo turistico denominato Porto Turistico di Lavagna;
dopo che con sentenza del Tribunale di Milano del 3-4-1998 era stato dichiarato il in fallimento della società suddetta, il curatore del fallimento, autorizzato all'esercizio temporaneo dell'impresa, aveva affidato la gestione temporanea del porto alla società esponente, con la quale aveva all'uopo stipulato un contratto di affitto di azienda con scrittura privata del 22-4-1999;
- ai soggetti occupanti le strutture portuali, tra cui il P., era stato comunicato che i rapporti intercorsi tra gli stessi e la società fallita, in virtù dei quali essi si ritenevano legittimati alla utilizzazione degli ormeggi, non potevano considerarsi opponibili al fallimento, ed erano stati invitati a stipulare formali contratti di ormeggio assoggettati alla tariffe vigenti;
il convenuto aveva rifiutato l'invito, ed aveva continuato ad occupare il posto barca contraddistinto con il numero 46 del pontile O nel periodo dal 16 maggio al 15 novembre 1999 senza corrispondere il corrispettivo residuo alla stregua delle tariffe applicabili, che risultava dovuto nella somma di Euro 3.035,22.
La società attrice chiedeva quindi chiedeva dichiararsi il P. debitore nei confronti della esponente della somma suddetta quale compenso per aver utilizzato il servizio di ormeggio sopra specificato, o in subordine per arricchimento senza causa, e conseguentemente condannarsi il convenuto al pagamento del predetto importo.
Costituendosi in giudizio il P. assumeva che nessun rapporto aveva mai intrapreso con la società attrice che potesse giustificare la pretesa fatta valere nei propri confronti; aggiungeva che la società Cala dei Genovesi aveva provveduto ad assegnare i posti barca in rapporto alle azioni possedute da ciascun socio, e che tale assegnazione non aveva esaurito i posti barca del porto di Lavagna; i posti barca non assegnati erano stati locati a terzi, tra cui l'istante, e non costituivano parte dell'azienda affittata alla società attrice da parte Curatela, giacchè la società fallita, prima della dichiarazione di fallimento, ne aveva dismesso la disponibilità che la Curatela stessa non aveva mai recuperato;
pertanto, rilevato che la società Lavagna Sviluppo non poteva vantare alcun titolo a fondamento della sua pretesa, il P. chiedeva il rigetto della domanda attrice o, in subordine, la riduzione della somma dovuta in relazione alla sola occupazione del posto barca con esclusione del riferimento alla fruizione di ulteriori servizi accessori.
Il Tribunale di Genova con sentenza del 20-5-2005 condannava il P. al pagamento in favore della società attrice della somma di Euro 3.052,22 oltre interessi legali dalla domanda.
Proposto gravame da parte del P. cui resisteva la società Lavagna Sviluppo in liquidazione che proponeva appello incidentale la Corte di Appello di Genova con sentenza del 2-12-2006, in riforma della sentenza di primo grado, ha rigettato la domanda formulata dalla suddetta società nei confronti del P..
Avverso tale sentenza la s.r.l. Lavagna Sviluppo in liquidazione ha proposto un ricorso basato si di un unico motivo cui il P. ha resistito con controricorso.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l'unico motivo articolato la ricorrente, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 1024 c.c., sostiene che la Corte territoriale, ritenendo che tra la società Cala dei Genovesi ed il P., estraneo alla compagine sociale, era stato stipulato un contratto di ormeggio relativo al posto barca 46 del porto di Lavagna, contratto nel quale la società Lavagna sviluppo era subentrata quale affittuaria di ramo d'azienda, ed era conseguentemente tenuta a rispettarne il contenuto in favore dell'utente, non si è posta la domanda se il concessionario di un bene demaniale possa trasferire a terzi il diritto di uso, così come era avvenuto con il contratto del 22-6-1981 rogato dal notaio Moro;
infatti, non essendo stato provato che lo Stato avesse mai concesso alla società Cala dei Genovesi il potere di cedere a terzi il diritto di uso su singole porzioni del porto turistico oggetto della concessione demaniale, il suddetto contratto era nullo per violazione della norma imperativa di cui all'art. 1024 c.c..
La censura è infondata.
La sentenza impugnata ha affermato che il diritto esercitato dal P. era estraneo all'impegno della società Cala dei Genovesi di assegnare la facoltà di uso degli spazi e dei servizi portuali in via accessoria alla sottoscrizione di una partecipazione azionaria, trovando invece la sua fonte nell'atto a rogito notaio Moro del 22-6- 1981 con il quale la suddetta società, concessionaria in Lavagna di un tratto di suolo demaniale marittimo e di uno specchio d'acqua per la costruzione e la gestione di un approdo turistico asservito con atto della Capitaneria di porto di Genova del 22-6-1974, aveva assegnato al P. "il diritto di uso esclusivo, per diretta utilizzazione, per tutta la durata della concessione di cui in premessa, e cioè fino al 9 aprile 2024, dello specchio d'acqua esistente nel porto di Lavagna, con il conseguente diritto all'ormeggio, contrassegnato tale bene con il numero 46 del pontile O...".
La Corte territoriale ha quindi rilevato che in tal modo era stato costituito tra la società Cala dei Genovesi ed il P., estraneo alla compagine sociale, un rapporto giuridico nel quale era configurabile un contratto di ormeggio, caratterizzato dalla coesistenza di connotati del deposito e della locazione, contratto che, essendo inerente funzionalmente all'azienda affittata, era stato trasferito all'attuale ricorrente; infatti, in assenza di qualsiasi iniziativa della curatela dei Fallimento della società Cala dei Genovesi, la società Lavagna Sviluppo doveva ritenersi essere subentrata nella posizione contrattuale dell'originaria contraente, e conseguentemente obbligata a rispettarne il contenuto a favore dell'utente, anche con riguardo al mantenimento delle condizioni economiche pattuite; ha poi concluso che nel suddetto contratto non era ravvisabile alcuno dei profili di nullità eccepiti dalla Lavagna Sviluppo.
Tale convincimento è pienamente condivisibile e dunque immune dai profili di censura sollevati dalla ricorrente, invero incentrati sulla asserita qualificazione come diritto d'uso previsto dall'art. 1024 c.c. del diritto attribuito al P. in base al sopra menzionato contratto dalla società Cala dei Genovesi quale concessionaria di un tratto di suolo demaniale marittimo.
Infatti la qualificazione del diritto nascente in favore del P. dal suddetto contratto operata dalla sentenza impugnata trova il suo fondamento non solo nell'espresso riferimento nell'atto stesso al diritto di ormeggio, ma anche nell'effettivo contenuto di tale diritto, consistente nell'utilizzazione esclusiva per un certo periodo di tempo e per un determinato corrispettivo di un posto barca del pontile compreso nella suddetta concessione; è invero fenomeno notorio la sempre maggiore estensione dei porti turistici nei quali, fruendo della concessione dello Stato su beni demaniali, determinati soggetti predispongono strutture atte a consentire l'ormeggio e la sosta delle imbarcazioni da diporto; in tale contesto la giurisprudenza di questa Corte ha delineato da tempo la figura del contratto di ormeggio che, pur rientrando nella categoria dei contratti atipici, è sempre caratterizzato da una struttura minima essenziale, consistente nella semplice messa a disposizione ed utilizzazione di un delimitato e protetto spazio acqueo (Cass. 1-6- 2004 n. 10484; Cass. 13-2-2013 n. 3554), come appunto nella fattispecie.
Pertanto la diversa configurazione del contratto in questione come attribuzione al P. di un diritto d'uso ai sensi dell'art. 1024 c.c. è destituita di qualsiasi fondamento.
Il ricorso deve quindi essere rigettato; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
PQM
P.Q.M.
La Corte Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento di Euro 200,00 per esborsi e di Euro 2.500,00 per compensi.
Così deciso in Roma, il 28 maggio 2013.
Depositato in Cancelleria il 18 luglio 2013
25-04-2017 22:57
Richiedi una Consulenza