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Sentenza

Poste italiane. Per il tribunale di Trapani era nullo il termine apposto al cont...
Poste italiane. Per il tribunale di Trapani era nullo il termine apposto al contratto di lavoro subordinato per esigenze tecniche, organizzative e produttive anche di carattere straordinario, conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi ricomprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche, ovvero conseguenti all'introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi, nonchè all'attuazione delle previsioni di cui agli accordi del 17, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001, 11 gennaio 2002, 13 febbraio, 17 aprile 2002 congiuntamente alla necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie contrattualmente dovute a tutto il personale nel periodo estivo.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO 
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRONZINI Giuseppe - Presidente -
Dott. MANNA Antonio - rel. Consigliere -
Dott. BALESTRIERI Federico - Consigliere -
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni - Consigliere -
Dott. ESPOSITO Lucia - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 3392-2011 proposto da;
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. (OMISSIS) in persona del legale rappresentante pro tempore elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo studio dell'avvocato FIORILLO LUIGI, rappresentata e difesa dall'avvocato GRANOZZI GAETANO, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
S.V. C.F. (OMISSIS);
- intimato -
Nonchè da:
S.V. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO 172, presso lo studio dell'avvocato SERGIO GALLEANO, rappresentato e difeso dall'avvocato VINCENZO MESSINA, giusta delega in atti;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. (OMISSIS);
- intimata -
avverso la sentenza n. 2050/2009 della CORTE D'APPELLO di PALERMO, depositata il 28/01/2010 R.G.N. 208/2008.

Svolgimento del processo

che con sentenza pubblicata il 28.1.10 la Corte d'appello di Palermo rigettava il gravame di Poste Italiane S.p.A. contro la sentenza n. 59/07 con cui il Tribunale di Trapani , dichiarato nullo il termine apposto al contratto di lavoro subordinato stipulato con Vito S. per il periodo 18.7.02 - 30.9.02 per "esigenze tecniche, organizzative e produttive anche di carattere straordinario, conseguenti a processi di riorganizzazione, ivi ricomprendendo un più funzionale riposizionamento di risorse sul territorio, anche derivanti da innovazioni tecnologiche, ovvero conseguenti all'introduzione e/o sperimentazione di nuove tecnologie, prodotti o servizi, nonchè all'attuazione delle previsioni di cui agli accordi del 17, 18 e 23 ottobre, 11 dicembre 2001, 11 gennaio 2002, 13 febbraio, 17 aprile 2002 congiuntamente alla necessità di espletamento del servizio in concomitanza di assenze per ferie contrattualmente dovute a tutto il personale nel periodo estivo" con applicazione al CPO di  Trapani, aveva accertato la sussistenza d'un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato fra le parti, con condanna della società a pagare al lavoratore le retribuzioni maturate dal 21.7.04 sino alla riammissione in servizio, dedotto l'aliunde perceptum;
che per la cassazione della sentenza ricorre Poste Italiane S.p.A. affidandosi a sei motivi;
che l'intimato resiste con controricorso e spiega ricorso incidentale condizionato;
che l'udienza originariamente fissata per il 16.2.16 (per la quale la società ricorrente aveva depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ.) è stata rinviata a nuovo ruolo in attesa della decisione delle S.U. sulle ordinanze di rimessione n. 14340/15 e n. 15705/15;
che per l'odierna udienza Poste Italiane S.p.A. ha depositato memoria ex art. 380-bis cod. proc. civ.. 

Motivi della decisione

che i primi due motivi lamentano che la sentenza impugnata abbia negato la configurabilità d'un mutuo consenso inteso a risolvere il rapporto di lavoro, considerato il tempo trascorso fra la scadenza del termine e l'azione promossa dal lavoratore;
che tali motivi - da esaminarsi congiuntamente perchè connessi - sono infondati, dovendosi dare continuità alla giurisprudenza di questa S.C., ormai consolidata nello statuire che nel rapporto di lavoro a tempo determinato la mera inerzia del lavoratore dopo la scadenza del contratto a termine è di per sè insufficiente a far ritenere sussistente una risoluzione del rapporto per mutuo consenso;
che, infatti, affinchè possa configurarsi una tale risoluzione è necessario che sia accertata - sulla base del lasso di tempo trascorso dopo la conclusione dell'ultimo contratto a termine, nonchè del comportamento tenuto dalle parti e di eventuali circostanze significative - una chiara e certa volontà comune di porre fine ad ogni rapporto lavorativo, tenuto conto, altresì, del fatto che l'azione diretta a far valere l'illegittimità del termine apposto al contratto di lavoro, per violazione delle disposizioni che individuano le ipotesi in cui è consentita l'assunzione a tempo determinato, si configura come azione di nullità parziale del contratto per contrasto con norme imperative ex artt. 1418 e 1419 cpv. c.c., per sua natura imprescrittibile pur essendo soggetti a prescrizione i diritti che discendono dal rapporto a tempo indeterminato risultante dalla conversione ex lege del rapporto cui era stato apposto illegittimamente il termine (cfr., ex aliis, Cass. 15.11.2010 n. 23057; conf. Cass. 1.2.2010 n. 2279; cfr, ancora, Cass. n. 9583/2011, secondo cui grava sul datore di lavoro, che eccepisca la risoluzione per mutuo consenso, l'onere di provare le circostanze da cui ricavare la volontà chiara e certa delle parti far cessare definitivamente ogni rapporto di lavoro);
che con il terzo motivo la ricorrente si duole di omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, per non avere la Corte territoriale considerato che il tenore del ricorso introduttivo di lite era intrinsecamente contraddittorio nella parte in cui sosteneva che il termine non fosse stato pattuito per iscritto, pur riconoscendo lo S. di aver stipulato un contratto di lavoro a tempo determinato con Poste Italiane S.p.A. in data 17.7.02;
che il motivo va disatteso in quanto la circostanza della mancanza di prova della forma scritta del contratto è stata espressamente esaminata e ravvisata dai giudici d'appello, senza che in questa sede possa sollecitarsi una nuova e diversa valutazione nel merito del tenore dell'atto introduttivo di lite per scorgervi una qualche contraddittorietà, operazione estranea al giudizio di legittimità;
che il quarto motivo denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 421 e 437 cod. proc. civ., perchè, a fronte del deposito di copia del contratto effettuato dalla società, sarebbe stato compito dei giudici svolgere gli incombenti necessari - anche in via testimoniale volti ad accertare la verità dei fatti relativi alla dedotta mancata sottoscrizione del contratto di lavoro a termine; che il motivo è infondato vuoi perchè una prova testimoniale è inidonea a provare il rispetto d'una forma scritta prevista ad substantiam (come nel caso d'un contratto di lavoro a termine), vuoi perchè il motivo non chiarisce neppure quali altri mezzi istruttori la Corte avrebbe dovuto disporre d'ufficio, tralasciando, infine, che per costante giurisprudenza l'uso dei poteri istruttori d'ufficio ex art. 437 c.p.c., comma 2, è discrezionale e sottratto al sindacato di questa Corte Suprema;
che il quinto motivo deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 5, art. 12 preleggi, artt. 1362 e 1419 cod. civ., perchè, pur risultando la natura essenziale della clausola del termine, la Corte territoriale ha ritenuto comunque costituito un valido rapporto a tempo indeterminato senza rilevare la nullità dell'intero contratto;
che tale motivo è infondato: invero, quanto alla contestata conseguenza della conversione a tempo indeterminato del contratto a termine nullo concluso in violazione del D.Lgs. n. 368 del 2001, art. 1 questa Corte ha già avuto occasione di chiarire (Cass. n. 7244/14) che tale norma ha confermato il principio generale secondo cui il rapporto di lavoro subordinato è normalmente a tempo indeterminato, costituendo l'apposizione del termine un'ipotesi derogatoria anche nel sistema, del tutto nuovo, della previsione di una clausola generale legittimante l'apposizione del termine per ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo; ne deriva che, in caso di insussistenza delle ragioni giustificative, e pur in assenza di una norma che ne sanzioni espressamente la mancanza, in base ai principi generali in materia di nullità parziale del contratto e di eterointegrazione della disciplina contrattuale, all'illegittimità del termine e alla nullità della clausola di apposizione dello stesso consegue l'invalidità parziale relativa alla sola clausola (pur se eventualmente dichiarata essenziale) e l'instaurarsi di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato (in tal senso v. altresì Cass. n. 4760/15 e Cass. n. 12985/08);
che con il sesto motivo si chiede - sulle conseguenze economiche - l'applicazione dello ius superveniens di cui alla L. n. 183 del 2010, art. 32;
che tale motivo è fondato, dovendosi a riguardo seguire la sentenza n. 21691/16 delle S.U. di questa S.C., che ha statuito che una censura ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, può riguardare anche la violazione di disposizioni emanate dopo la pubblicazione della sentenza impugnata, ove retroattivamente applicabili anche ai giudizi in corso (come l'art. 32 cit.: cfr., per tutte, Cass. n. 6735/14), atteso che il ricorso per cassazione ha ad oggetto non l'operato del giudice, ma la conformità della decisione adottata all'ordinamento giuridico;
che, dunque, ben può chiedersi l'applicazione anche in sede di legittimità dello ius superveniens intervenuto, come nel caso di specie, dopo la sentenza impugnata e prima della proposizione del ricorso per cassazione, con l'unico limite, non verificatosi nel caso di specie, di intervenuto passaggio in giudicato della statuizione relativa alle conseguenze economiche dell'accertata nullità della clausola di apposizione del termine (passaggio in giudicato da escludersi al momento del ricorso per cassazione, essendo ancora sub iudice la questione relativa alla validità del termine);
che, in conclusione, accolto il sesto motivo e disattesi tutti gli altri, la sentenza va cassata in relazione al motivo accolto con rinvio, anche per le spese, alla Corte d'appello di Palermo in diversa composizione, che dovrà limitarsi a quantificare l'indennità spettante all'odierno intimato ex art. 32 cit. per il periodo compreso fra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento con il quale il giudice ha ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro (cfr., per tutte, Cass. n. 14461/15), con interessi e rivalutazione su detta indennità da calcolarsi a decorrere dalla data della pronuncia giudiziaria dichiarativa dell'illegittimità della clausola appositiva del termine al contratto di lavoro subordinato (cfr., per tutte, Cass. n. 3062/16). 

P.Q.M.

accoglie il motivo concernente l'applicazione della L. n. 183 del 2010, art. 32 rigetta gli altri, dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte d'appello di Palermo in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 8 marzo 2017.
Depositato in Cancelleria il 26 maggio 2017
Avv. Antonino Sugamele

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