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Sentenza

Danni causati da animali randagi: il Comune è responsabile a titolo di colpa...
Danni causati da animali randagi: il Comune è responsabile a titolo di colpa
Corte di Cassazione, sez. III Civile, ordinanza n. 31957/18; depositata l'11 dicembre
ORDINANZA 
sul ricorso iscritto al n. 4594/2017 R.G. proposto da: 
COMUNE DI MELILLI, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso 
dall'Avv. Giuseppe Innocenti, con domicilio eletto in Siracusa, presso lo studio di 
quest'ultimo; 
- ricorrente -contro T.G. - intimato- 
nonché contro PROVINCIA REGIONALE DI SIRACUSA, oggi LIBERO CONSORZIO COMUNALE DI 
SIRACUSA - intimata - 
avverso la gentenza n_ 1400/2016 del Tribunale di Siracusa, depositata il 29 
giugno 2016. 
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 settembre 2018 dal 
Consigliere Marilena Gorgoni 
FATTI DI CAUSA 
It Comune di Melilli (SR) propone ricorso per cassazione avverso la sentenza 
del Tribunale di Siracusa n. 1400/2016, depositata il 29 giugno 2016, fondato 
su un solo motivo, illustrato da memoria. 
Nessuna attività difensiva è svolta da Giuseppe Triglia e dalla Provincia di 
Siracusa. 
A seguito dell'impatto dell'auto guidata da G.T.  con un cane 
randagio, parte di un branco, sulla strada provinciale 95, a circa 4 km dal centro 
abitato di Melilli, G.T. riportava danni fisici ed all'auto, dei quali 
chiedeva il risarcimento alla Provincia Regionale di Siracusa, convenuta in 
giudizio dinanzi al Giudice di Pace di Siracusa. Avendo la Provincia eccepito il 
proprio difetto di legittimazione passiva, l'attore veniva autorizzato a chiamare 
in causa il Comune di Melilli. Il Giudice di Pace rigettava la domanda attorea, 
ritenendo che sulla Provincia Regionale di Siracusa non gravasse l'obbligo di 
recintare le proprie strade e che il Comune di Melilli, ai sensi dell'art. 2043 c.c., 
dovesse considerarsi esente da responsabilità avendo provato di avere assolto 
l'obbligo di vigilanza sui cani randagi. 
L'attore proponeva appello dinanzi al Tribunale di Siracusa, il quale, con la 
sentenza qui impugnata, riteneva ricorrente la responsabilità del Comune, non 
avendo esso provato in maniera adeguata di avere adempiuto l'obbligo di 
repressione e prevenzione del randagismo, e lo condannava a risarcire i danni 
subiti da G.T. oltre alla refusione delle spese processuali. 
RAGIONI DELLA DECISIONE 
1. Con un unico motivo, 
ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., l'Amministrazione 
ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2051, 2043 c.c. 
nonché degli artt. 11 e 14 della ft Sicilia n. 15/2000. 
1.1. Il Comune deduce che: 
- sulla scorta del combinato disposto degli artt. 11 e 14 della LR Sicilia n. 
15/2000, sui Comuni e sulle Province è posto l'obbligo non di reprimere il 
randagismo, come affermato nella sentenza impugnata, ma di tutelare gli 
animali randagi e di prevenire il randagismo, attraverso l'istituzione dell'anagrafe 
canina; 
- non vi è un obbligo che imponga al Comune la repressione del randagismo 
né il conseguente controllo capillare dell'intero territorio comunale; 
- la norma applicabile alla fattispecie concreta, l'art. 2043 c.c., imponeva al 
danneggiato l'onere di provare la colpa del comune asseritamente danneggiante; 
- il Comune aveva provato di aver assolto gli obblighi imposti dalla 
legislazione regionale in materia di randagismo; 
- il comportamento tenuto dal Comune non era stato 
contra ius. 
2. Il motivo è fondato. 
2.1. La giurisprudenza di questa Corte in fattispecie analoghe ha preteso che 
il danneggiante si facesse carico dell'onere di individuare non in astratto, bensì 
in concreto, il comportamento colposo ascritto all'amministrazione comunale. 
Non basta, infatti, che la normativa regionale individui nel Comune il soggetto 
(o meglio: uno dei soggetti) avente(i) il compito di controllo e di gestione del 
fenomeno del randagismo e neanche quello più specifico di provvedere alla 
cattura ed alla custodia degli animali randagi (tra le più recenti cfr. Cass. 
28/06/2018, n. 17060; Cass. 14/05/2018, n. 11591; Cass. 31/07/2017, n. 
18954), occorrendo che chi si assume danneggiato, in base alle regole generali, 
alleghi e dimostri il contenuto della condotta obbligatoria esigibile dall'ente e la 
riconducibilità dell'evento dannoso al mancato adempimento di tale condotta 
obbligatoria, in base ai principi sulla causalità omissiva. 
2.2. L'applicazione dell'art. 2043 c.c., in luogo di quella di cui all'art. 2052 
c.c., quest'ultimo ritenuto invocabile nelle ipotesi in cui ricorre non tanto la 
proprietà (tant'è che in essa incorre anche il semplice utente) quanto il 
potere/dovere di custodia, ossia la concreta possibilità di vigilanza e controllo 
del comportamento degli animali (Cass. 25/11/2005, n.24895), impone, infatti, 
che la responsabilità dell'ente si affermi solo previa individuazione del concreto 
comportamento colposo ad esso ascrivibile e cioè che gli siano imputabili 
condotte, a seconda dei casi, genericamente o specificamente colpose che 
abbiano reso possibile il verificarsi dell'evento dannoso. 
2.3. Entro questo perimetro va verificato il tipo di comportamento esigibile 
volta per volta e in concreto dall'ente preposto dalla legge al controllo e alla 
gestione del fenomeno del randagismo, sì da dedurne la eventuale responsabilità 
sulla base dello scarto tra la condotta concreta e la condotta esigibile, 
quest'ultima individuata secondo i criteri della prevedibilità e della evitabilità e 
della mancata adozione di tutte le precauzioni idonee a mantenere entro l'alea 
normale il rischio connaturato al fenomeno del randagismo. 
2.4. Premessa la prevedibilità dell'attraversamento della strada da parte di 
un animale randagio, essendo esso un evento puramente naturale, la esistenza 
di un obbligo in capo all'ente comunale di impedirne il verificarsi avrebbe dovuto 
essere valutata secondo criteri di ragionevole esigibilità, tenendo conto che per 
imputare a titolo di colpa un evento dannoso non basta che esso sia prevedibile, 
ma occorre anche che esso sia evitabile in quel determinato momento ed in 
quella particolare situazione con uno sforzo proporzionato alle capacità 
dell'agente. Ebbene, pur considerando che nel caso di specie veniva chiesto alla 
P.A. di esercitare un controllo sugli animali randagi e, quindi, pur potendosi in 
astratto imputare alla stessa una colpa per l'evento dannoso occorso, quel che 
il giudice di merito non ha accertato - e dovrà accertare in sede di rinvio - è se, 
tenuto conto di tutte le circostanze del caso concreto, come allegate e provate 
dall'attore in responsabilità, esso fosse anche evitabile con uno sforzo 
ragionevole, essendo incontestato che l'impatto tra l'auto della vittima ed il cane 
avvenne assai fuori dal centro abitato. 
2.5. Non basta, invero, che un evento sia prevedibile per imputarne il 
verificarsi a titolo di colpa a chi, come nel caso di specie, ha un obbligo di 
controllo, occorrendo anche che esso sia evitabile, in considerazione delle
circostanze soggettive e oggettive del caso concreto. Ne deriva che è onere di 
colui che agisca facendo valere la responsabilità omissiva altrui quello di 
dimostrare o almeno di allegare la ricorrenza di una colpa non solo specifica — 
violazione del precetto — ma anche generica, in quanto postulante l'indagine 
circa le modalità concrete della condotta attraverso i criteri di prevedibilità ed 
evitabilità. Non a caso, in concreto, questa Corte ha ritenuto che per affermare 
la responsabilità dell'ente preposto sia necessaria la prova della esigibilità di uno 
specifico comportamento attivo idoneo, ove opportunamente adottato, ad 
evitare l'evento. Si è detto, esemplificando che il danneggiato avrebbe dovuto 
provare che era stata segnalata al comune la presenza abituale di animali 
randagi nel luogo dell'incidente, lontano dalle vie cittadine, ma rientrante nel 
territorio di competenza dell'ente preposto, ovvero che vi fossero state nella 
zona richieste d'intervento dei servizi di cattura e di ricovero, demandati alla ASL 
e al Comune, rimaste inevase. 
2.5. E tanto nell'ottica che, se bastasse, per invocarne la responsabilità, 
l'individuazione dell'ente preposto alla cattura dei randagi ed alta custodia degli 
stessi, la fattispecie cesserebbe di essere regolata dall'art. 2043 c.c. e finirebbe 
per essere del tutto disancorata dalla colpa, rendendo la responsabilità dell'ente 
una responsabilità sottoposta a principi analoghi se non addirittura più rigorosi 
di quelli previsti per le ipotesi di responsabilità oggettiva da custodia di cui agli 
artt. 2051, 2052 e 2053 c.c. 
3. 
Ne consegue l'accoglimento del ricorso. 
4. 
La sentenza viene cassata con rinvio. 
PQM 
La Corte accoglie il ricorso e rinvia la controversia al Tribunale di Siracusa in 
persona di altro giudice, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di 
legittimità. 
Così deciso il 27/09/2018 nella Camera di Consiglio della Terza Sezione civile 
della Corte di Cassazione.
Avv. Antonino Sugamele

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