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Sentenza

Le controversie in merito all'attribuzione del grado all'operatore di Po...
Le controversie in merito all'attribuzione del grado all'operatore di Polizia Locale sono devolute al giudice ordinario
Cons. Stato Sez. V, Sent., (ud. 14/05/2020) 26-05-2020, n. 3343

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello numero di registro generale 5487 del 2019, proposto dai signori:

F.A. ed altri, rappresentati e difesi dall'avvocato Ignazio Lagrotta, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso il suo studio in Roma, via Lovanio, n. 16, Sc. B;

contro

Comune di Bari, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Rosaria Basile e Mariangela Lioce, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell'avvocato Fabio Caiaffa in Roma, via Nizza, n. 53;

Regione Puglia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Maria Grimaldi, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso la Delegazione romana della Regione Puglia, in Roma, via Barberini, n. 36;

nei confronti

F.B. ed altri, rappresentati e difesi dall'avvocato Giuseppe Palumbo, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

G.N. ed altri, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, Sezione Prima, n. 00404/2019, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Bari, della Regione Puglia, nonché dei signori F.B. ed altri;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 105, comma 2 e 87, comma 3, cod. proc. amm.;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 14 maggio 2020 tenuta ai sensi e con le modalità dell'art. 84, commi 5 e 6, D.L. n. 18 del 2020, convertito con modificazioni dalla L. n. 27 del 2020, il Cons. Alberto Urso;
Svolgimento del processo - Motivi della decisione

1. Con la sentenza segnata in epigrafe il Tribunale amministrativo regionale per la Puglia ha declinato la giurisdizione del giudice amministrativo sul ricorso, integrato da due atti di motivi aggiunti, proposto dagli odierni appellanti per l'annullamento della determinazione del 17 ottobre 2017 del Comune di Bari - Ripartizione Corpo di Polizia Municipale e Protezione civile di conferimento dei distintivi di grado al personale della polizia locale, nonché del Regolamento regionale presupposto, degli atti correlati e consequenziali e di alcuni ordini di servizio di assegnazione delle attività.

La determinazione impugnata avrebbe illegittimamente conferito ai ricorrenti il grado di sovrintendenti anziché di ispettori, come invece ai controinteressati.

Dopo aver dichiarato con la sentenza n. 1140 del 2018 la cessata materia del contendere su istanza d'accesso ex art. 116 cod. proc. amm., nella resistenza del Comune di Bari, della Regione Puglia, nonché di alcuni controinteressati beneficiari dell'attribuzione del grado di ispettore, costituitisi ad opponendum, il Tribunale ha affermato che la controversia de qua appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario in quanto si verte in materia di atti di micro-organizzazione, rispetto ai quali l'amministrazione esercita i (soli) poteri del datore di lavoro, aggiungendo che anche gli ordini di servizio adottati nei confronti dei controinteressati, oggetto d'impugnativa, sono atti negoziali espressione del potere datoriale.

In definitiva il petitum sostanziale riguarderebbe diritti soggettivi e darebbe luogo a una mera controversia giuslavoristica, esorbitante dal perimetro della giurisdizione amministrativa.

2. Gli interessati hanno chiesto la riforma di tale sentenza deducendo:

I) error in iudicando: erroneità della sentenza per violazione degli artt. 24 e 111 Cost; erronea e non corretta applicazione dell'art. 7 cod. proc. amm.; erronea applicazione dell'art. 63 D.Lgs. n. 165 del 2001; erronea dichiarazione da parte del giudice di prime cure della insussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo in favore di quella del giudice ordinario; ingiustizia manifesta; travisamento dei fatti; illogicità ed irragionevolezza manifesta; erronea valutazione dei fatti; difetto di motivazione;

II) error in iudicando sotto altri profili di erroneità della sentenza per violazione degli artt. 24 e 111 Cost.; erronea e non corretta applicazione dell'art. 7 cod. proc. amm.; erronea applicazione dell'art. 63 D.Lgs. n. 165 del 2001; erronea dichiarazione da parte del giudice di prime cure della insussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo in favore di quella del giudice ordinario; ingiustizia manifesta; travisamento dei fatti; illogicità ed irragionevolezza manifesta; erronea valutazione dei fatti; difetto di motivazione;

III) error in iudicando: erroneità della sentenza sotto ulteriori profili di violazione dell'art. 24 e 111 Cost.; ingiustizia manifesta; travisamento dei fatti; illogicità ed irragionevolezza manifesta; erronea valutazione dei fatti; difetto di motivazione.

3. Resistono al gravame il Comune di Bari, la Regione Puglia, nonché i controinteressati indicati in epigrafe, chiedendo tutti la reiezione dell'appello.

4. Alla camera di consiglio del 14 maggio 2020 tenuta ai sensi e con le modalità dell'art. 84, commi 5 e 6, del D.L. n. 18 del 2020, convertito con modificazioni dalla L. n. 27 del 2020, la causa è stata trattenuta in decisione senza discussione orale, sulla base degli atti depositati.

5. L'appello è infondato.

5.1. Coi primi due motivi di gravame, che possono essere esaminati congiuntamente in ragione della loro connessione, si deduce che, diversamente da quanto ritenuto dal Tribunale non sarebbe stato impugnato alcun atto di micro-organizzazione, bensì l'atto di distribuzione dei distintivi di grado, espressione del potere amministrativo di conformazione interna del Corpo di polizia locale; d'altra parte, poiché i gradi hanno in realtà valore solo simbolico e non incidono sullo stato giuridico ed economico del personale, la controversia coinvolgerebbe interessi legittimi, giammai diritti soggettivi.

Anche a voler far riferimento alla dicotomia fra atti di macro e micro-organizzazione, il provvedimento di attribuzione dei gradi configurerebbe comunque un atto di macro-organizzazione rientrante nella giurisdizione amministrativa.

Inoltre gli ordini di servizio impugnati con motivi aggiunti non sarebbero attuativi dell'impugnato provvedimento di attribuzione dei gradi, ma sarebbero disposizioni di servizio precedenti che confermerebbero l'evidente irragionevolezza della ingiustificata disparità di trattamento fra i ricorrenti e i controinteressati.

Gli assunti non meritano favorevole considerazione.

5.1.1. A norma dell'art. 386 cod. proc. civ. la giurisdizione è determinata dall'oggetto della domanda in funzione della causa petendi come desumibile dal petitum sostanziale (inter multis, Cass, SS.UU., 14 gennaio 2020, n. 416; 31 ottobre 2019, n. 28211; 7 settembre 2018, n. 21928; 31 luglio 2018, n. 20350; 15 settembre 2017, n. 21522; 11 ottobre 2011, n. 20902; Cons. Stato, III, 24 marzo 2020, n. 2071; V, 11 marzo 2020, n. 1743; 21 maggio 2019, n. 3259; VI, 5 marzo 2020, n. 1625).

La controversia de qua verte sulla contestata legittimità della determinazione che ha attribuito ai ricorrenti, quali dipendenti appartenenti al personale del corpo di Polizia locale del Comune di Bari, il grado di sovrintendenti anziché quello di ispettori, attribuito invece ai controinteressati.

Secondo un consolidato indirizzo giurisprudenziale "sono devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie concernenti gli atti amministrativi adottati dalle Pubbliche Amministrazioni nell'esercizio del potere loro conferito dall'art. 2 del D.Lgs. n. 165 del 2001, aventi ad oggetto la fissazione delle linee e dei principi fondamentali della organizzazione degli uffici, nel cui quadro i rapporti di lavoro si costituiscono e si svolgono; spetta, invece, al giudice ordinario pronunciarsi sull'illegittimità e/o inefficacia di atti assunti dalle stesse Pubbliche Amministrazioni con la capacità e i poteri del datore di lavoro privato ai sensi dell'art. 5 dello stesso decreto, di fronte ai quali sono configurabili solo diritti soggettivi, restando irrilevante il fatto che venga in questione un atto amministrativo presupposto, che può essere disapplicato a tutela del diritto azionato" (cfr. Cass., Sez. Lav., 26 giugno 2019, n. 17140; SS.UU., 23 ottobre 2018, n. 26802; 15 dicembre 2016, n. 25840; 3 novembre 2011, n. 22733; 4 aprile 2007, n. 8363).

Nel caso di specie non viene in rilievo alcun atto di organizzazione dell'ufficio, né la fissazione delle linee fondamentali della relativa organizzazione ai sensi dell'art. 2, comma 1, D.Lgs. n. 165 del 2001, bensì il mero inquadramento funzionale dei singoli dipendenti, rientrante nell'ambito delle misure inerenti alla gestione del rapporto di lavoro ai sensi dell'art. 5, comma 2, D.Lgs. n. 165 del 2001.

Il Regolamento regionale n. 11 del 2017, recante "Caratteristiche delle uniformi, dei distintivi di grado, dei mezzi e degli strumenti in dotazione alla polizia locale" stabilisce al riguardo che "i simboli distintivi di grado hanno funzione simbolica e mirano a distinguere l'ordinazione dei ruoli e delle funzioni nella Polizia locale; non incidono sullo stato giuridico ed economico del personale addetto che è regolato esclusivamente dai contratti collettivi nazionali di lavoro e dalle altre disposizioni normative e regolamentari vigenti in materia" (art. 6, comma 1).

Pur non rilevando ai fini della posizione giuridica ed economica, i gradi mirano "a distinguere ruoli e funzioni", assumendo chiaro rilievo nell'inquadramento funzionale del personale; ciò si ricava anche dall'art. 6, comma 3, che articola le diverse funzioni - modulate sulla base della distinzione fra attività dirigenziali, di coordinamento, di controllo e di servizio, ai sensi dell'art. 6, comma 3, lett. c), L.R. n. 37 del 2011 - proprio in ragione dei distintivi di grado (nello stesso senso, cfr. anche l'art. 12, comma 1, lett. c), L.R. n. 37 del 2001, che demanda al regolamento l'individuazione dei simboli distintivi da attribuire "in relazione alla figura professionale e alle funzioni conferite").

Rientrano nei compiti dell'ispettore le "Attività di Coordinamento o di Controllo" (art. 9, lett. E) del Regolamento), mentre competono al sovrintendente (oltreché all'agente) le (funzionalmente subordinate) "Attività di Servizio" (art. 9, lett. F)); ai fini della prima applicazione di tale regime, l'art. 11 prevede poi una disciplina transitoria in forza della quale "si prende atto di situazioni e requisiti di professionalità e/o anzianità nel ruolo di operatori di Polizia Locale già maturati" secondo uno schema delineato dalla stessa disposizione.

5.1.2. L'attribuzione dei gradi attiene a un rilevante profilo del rapporto di lavoro, e cioè l'inquadramento funzionale e l'assegnazione delle attività e mansioni ai dipendenti.

Non può pertanto dubitarsi che la controversia incide sul rapporto di lavoro, risolvendosi nella contestazione dell'erroneo e pregiudizievole inquadramento funzionale riservato ai ricorrenti: il che dà luogo a un giudizio in materia di diritti soggettivi nell'ambito del rapporto di pubblico impiego contrattualizzato, devoluto alla giurisdizione ordinaria a norma dell'art. 63, comma 1, D.Lgs. n. 165 del 2001.

Nessun atto di conformazione degli uffici o definizione delle loro linee fondamentali (e, dunque, di cd. "macro-organizzazione"), né alcuna procedura concorsuale viene infatti in rilievo; né tanto meno si è al cospetto di "esercizio del potere pubblicistico contraddistinto dal requisito indefettibile dell'autoritatività (...) di fronte al quale il cittadino non può che vantare, dunque, una posizione d'interesse legittimo" (cfr. appello, pag. 14 s.): più semplicemente si verte in materia di attribuzione delle funzioni ai singoli dipendenti, nell'esercizio di poteri (meramente) datoriali nell'ambito del rapporto di pubblico impiego contrattualizzato.

5.1.3. La giurisdizione non può pertanto che spettare al giudice ordinario: ciò che rileva infatti a tali fini è la circostanza che l'attribuzione o meno di talune posizioni funzionali in favore dei singoli dipendenti rappresenta espressione tipica del potere di micro-organizzazione, cioè di quel complesso di poteri e facoltà che, ai sensi dell'articolo 5, comma 2, D.Lgs. n. 165 del 2001, si traduce nell'adozione di misure inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro (cfr. Cons. Stato, V, 6 ottobre 2018, n. 5751).

In tale prospettiva la stessa impugnazione del Regolamento riveste - anche nell'enunciazione degli appellanti - funzione meramente incidentale (i.e., "negli stretti limiti dell'interesse degli odierni appellanti, in via incidentale, ove necessario"), in relazione a un atto generale presupposto, del quale vengono censurati infatti non già contenuti organizzativi in sé, bensì profili di dedotta illegittimità sempre in relazione all'inquadramento funzionale dei dipendenti: il che ben rientra perciò nel potere di disapplicazione riconosciuto al giudice ordinario ex art. 63, comma 1, D.Lgs. n. 165 del 2001, senza incidere sul riparto di giurisdizione (cfr. Cons. Stato, V, 12 marzo 2018, n. 1550).

Né rileva che gli ordini di servizio impugnati siano risalenti nel tempo e anteriori alla determina gravata (e non già attuativi di essa), giacché rimane il fatto che si tratta di atti di natura negoziale che non solo si collocano in sé nel perimetro del rapporto di lavoro, ma vengono comunque qui in rilievo in relazione a una controversia squisitamente giuslavoristica.

5.2. Col terzo motivo di gravame gli appellanti censurano la sentenza laddove, pur declinando la giurisdizione, avrebbero affermato la legittimità dell'inquadramento funzionale contestato.

Anche tale doglianza non merita accoglimento.

5.2.1. Diversamente da quanto prospettato dagli appellanti la sentenza, nell'affermare che "i ricorrenti (...) lamentano l'invalidazione di atti incidenti sulla propria attività lavorativa, nella parte in cui non è stato riconosciuto, a loro dire, un segno distintivo correlato al proprio inquadramento, che tuttavia trova piena ed integrale giustificazione in relazione alla vicenda storica in forza della quale i diversi gruppi di operatori di Polizia Municipale entrarono in effettivo servizio, come peraltro sopra chiaramente evidenziato", si è limitata a riportare le tesi degli appellanti, a dire dei quali ("a loro dire") troverebbe "piena ed integrale giustificazione" il riconoscimento del "segno distintivo" loro illegittimamente denegato, senza prendere alcuna posizione sul merito della questione. Ciò del resto è coerente con quanto evidenziato nel periodo precedente ove, ponendo in risalto la natura della domanda proposta dai ricorrenti, il Tribunale aveva evidenziato che "con riferimento al caso di specie, il petitum sostanziale attiene alla tutela di diritti soggettivi derivanti dal rapporto di lavoro di matrice privatistica, atteso che i ricorrenti sostanzialmente si dolgono del trattamento loro riservato dal datore di lavoro pubblico", e cioè proprio del disconoscimento in loro pregiudizio d'un segno distintivo che troverebbe invece "piena ed integrale giustificazione in relazione alla vicenda storica".

5.2.2. In ogni caso il passaggio specificamente contestato (i.e., "che tuttavia trova piena ed integrale giustificazione in relazione alla vicenda storica...") costituisce un mero obiter dictum privo di valore tanto al fine di sorreggere la decisione assunta, quanto alla luce del contenuto di essa, che consiste nella sola declinatoria di giurisdizione che lascia per intero al giudice ad quem - in specie individuato nel giudice ordinario - la valutazione e decisione sul merito della controversia, sicché nessun interesse v'è per gli appellanti alla censura di siffatto capo.

6. In conclusione l'appello va respinto.

La particolarità della fattispecie giustifica eccezionalmente l'integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge;

Compensa integralmente fra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la pubblica amministrazione dia esecuzione alla presente decisione.

Così deciso nella camera di consiglio del giorno 14 maggio 2020, tenuta ai sensi dell'art. 84, comma 6, D.L. n. 18 del 2020, convertito con modificazioni dalla L. n. 27 del 2020, con l'intervento dei magistrati:

Carlo Saltelli, Presidente

Stefano Fantini, Consigliere

Alberto Urso, Consigliere, Estensore

Giuseppina Luciana Barreca, Consigliere

Anna Bottiglieri, Consigliere
Avv. Antonino Sugamele

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