Notizie, Sentenze, Articoli - Avvocato Civilista Trapani

Sentenza

Monterotondo. Medico di base scrive un libro rappresentando narrazioni e ed espr...
Monterotondo. Medico di base scrive un libro rappresentando narrazioni e ed espressioni che ledono la reputazione di alcuni soggetti.- Condannato a risarcire il danno.
Tribunale Tivoli, Sent., 06-09-2021
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI TIVOLI

Il Giudice

dott.ssa Francesca Coccoli

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al n. 917/2016 R.G.A.C., vertente

tra

M.A., nata a M. (R.) il (...); P.C., nata a M. (R.) il (...); P.S., nato a M. (R.) il (...);

rappresentati e difesi dall'avv. Marco Di Andrea

attori

e

A.A., nato a M. (R.) il (...);

rappresentato e difeso dall'avv. Daniele Russo

convenuto

OGGETTO: responsabilità extracontrattuale
Svolgimento del processo - Motivi della decisione

Con l'atto introduttivo del presente giudizio A.M., C.P. e S.P. convenivano in giudizio A.A. lamentando di aver patito una lesione alla propria reputazione personale dalle narrazioni ed espressioni contenute nel capitolo "Un disadattato" del libro "Il mio diario ... Storie e riflessioni di un medico di famiglia sul suo incredibile viaggio alla scoperta del miracolo della vita !", scritto dal dr. A.A., medico di base in Monterotondo, ex coniuge di R.M., sorella dell'attrice A.M..

Deducevano, in particolare, che nel capitolo intitolato "Un disadattato ", il dr. A., pur non rivelando le identità degli interessati, aveva narrato fatti palesemente riferibili ai membri della famiglia di A.M. e del suo defunto marito, F.P., offendendone profondamente l'onore e la reputazione ed inoltre rivelando segreti acquisiti nell'esercizio della professione medica.

Gli attori pertanto chiedevano il risarcimento del danno non patrimoniale patito in conseguenza del lamentato illecito. Instauratosi il contraddittorio, con la costituzione in giudizio il convenuto contestava le pretese attoree, eccependo in via preliminare l'intervenuta prescrizione del diritto e, nel merito, sia la individuabilità degli attori nei soggetti descritti nel capitolo del libro, sia la prova del danno in ipotesi dagli stessi subito.

All'udienza con trattazione scritta del 15 febbraio 2021 la causa è stata trattenuta in decisione con assegnazione alle parti del termine di sessanta giorni per comparse conclusionali e di ulteriori venti giorni per memorie di replica.

In via preliminare va dichiarata l'inammissibilità dell'eccezione di prescrizione sollevata da parte convenuta. Non essendo detta eccezione rilevabile d'ufficio, la proposizione della stessa da parte dell'A. nella comparsa di risposta depositata all'udienza di trattazione del 13 giugno 2016, ne ha infatti determinato la tardività, in ragione della decadenza prevista nell'art. 167 c.p.c.

Nel merito la domanda di parte attrice è fondata e merita accoglimento.

Il diritto all'onore ed alla reputazione, da intendersi quale il credito sociale, la considerazione, la stima di cui gode un soggetto nella società in cui vive, di cui gli attori hanno lamentato la violazione, rientra nell'alveo dei diritti della personalità (Cass. 12813/2016).

Deducono gli attori che i coniugi F.P. e A.M. ed i loro figli S. e C. erano noti e riconoscibili nella città di M., anche perché: "a. F., discendente di una nota famiglia di partigiani (Monterotondo è insignita della Medaglia al Valore Militare per la Resistenza e ad un antenato di F. -P.N.- è intitolata una Via della Città), si era suicidato impiccandosi il 4.09.2006; b. A., che aveva lavorato per la A., era stata eletta Consigliere del Comune di Monterotondo per due consigliature consecutive (in carica, dunque, per 10 anni dal 1999 al 2009); c. S. era stato titolare dal 1998 al 2003 di un distributore di benzina ubicato proprio al centro della cittadina e successivamente, con la sorella C., aveva avviato nell'anno 2009 un esercizio commerciale (bar) in Via dell'U., sempre in M..

Ed in effetti l'articolo pubblicato in data 12 settembre 2006 sul giornale Tiburno in occasione del suicidio di F.P. (doc. n. 10 di parte attrice), dal titolo "E' morto "Merennetta", operaio filosofo" - muratore 63 enne, ma con una sua cultura, militante comunista, si è lasciato vincere dalla depressione", rivela, in uno con la partecipazione della "Giunta comunale, picchetto d'onore e tutta la città giovedì 7 settembre ai funerali di F.P. al Duomo", la notorietà a livello locale di quest'ultimo e della moglie, A.M., consigliere comunale. Viene, invero, tratteggiata nell'articolo la descrizione di F.P., che "lascia la moglie A.M., 58 anni, consigliere comunale, i figli C. di 29 anni e S. 35 anni sposato con due bambini, e i tanti amici con i quali però negli ultimi mesi aveva ridotto i contatti". Segue la narrazione della vita del P., dalla nascita in un famiglia distintasi nella lotta partigiana, agli interessi culturali e politici, al matrimonio con A.M., all'epoca consigliere comunale, sino alla depressione e al suicidio, nonostante l'affetto e l'attenzione dei figli e della coniuge, pur separata da circa un anno.

Tali fatti non risultano puntualmente contestati dal convenuto e sono in ogni caso supportati probatoriamente (doc. da 1 a 10 depositata da parte attrice).

In tale contesto, le affermazioni contenute nel capitolo intitolato "Un disadattato", del libro "Il mio diario ... Storie e riflessioni di un medico di famiglia sul suo incredibile viaggio alla scoperta del miracolo della vita !", scritto dal Dr. A.A., medico di base in Monterotondo, ex coniuge di R.M., sorella dell'attrice A.M. (edito da E.M. - Associazione Onlus dell'anno 2011, in vendita presso edicole e librerie e leggibile via web sul sito G. L.) risultano sicuramente riconducibili agli attori e lesive del loro diritto all'onore e alla reputazione.

Oggetto del capitolo, in particolare, è la narrazione da parte dello scrittore, dr. A.A., delle vicende di un suo paziente "(...) con una sindrome ansioso - depressiva con vari spunti dissociativi (...)". Dopo averne rivelato la patologia, lo stesso scrittore descrive l'ambiente familiare del paziente: "È figlio unico, di una coppia molto particolare: lui un vecchio politicante fallito di mezza tacca, lei una madre molto sui generis, più propensa a pensare all'apparenza generale, a se stessa ed al proprio aspetto fisico, che al proprio figlio. Lui cresce così con un cognome molto famoso da queste parti, perché discendente di un probabile e molto noto membro della Resistenza locale (...)".

Lo scrittore continua riferendo dell'attività lavorativa del paziente, quale "muratore", che "(...) sposa una donna molto sui generis dalla quale ha due figli, un maschio e una femmina". Riferendosi poi, alla coniuge, l'autore del libro afferma: "Questa non solo non l'aiuterà, ma anzi sarà insieme con una suocera e le sue arroganti sorelle la causa della propria definitiva, catastrofica ed irreversibile rovina " poiché "(...) oppressiva, aggressiva, prepotente ed anche un bel po' becera (...) arrogante moglie che insieme con la sua sorella ne hanno sapute sempre una più del diavolo ".

Con riferimento alla famiglia della coniuge del P., il convenuto inoltre afferma:

"Se frugo bene tra i miei ricordi, anzi, rammento (...) le parole di un vecchio uomo morente che diceva di lei, delle sorelle e della perfida madre: state attenti a quelle.....!". Sempre con riferimento alla coniuge del paziente: " La moglie è una strana ed eccentrica donna, molto ignorante e perciò assolutamente incompetente quasi in tutto, dai modi parecchio bruschi con una personalità fastidiosa ed anche un po' volgare, che ha trovato comunque il modo di svolgere sfruttando i favori che riesce a realizzare alla gente sul lavoro e le conseguenti amicizie, che così carpisce un basso profilo dell'attività politica, come amministratrice nel consiglio Comunale".

Torna dunque, a parlare del paziente, scrivendo che "accerchiato ed abbandonato (...) iniziò ad isolarsi sempre di più ricorrendo abbastanza spesso alla bottiglia", aggiungendo di avergli consigliato di rivolgersi ai "centri deputati alla dissuefazione dall'alcool". "Nonostante tutti i miei sforzi -scrive il dr. A.- però non ho mai ottenuto nulla, anzi ad ogni intervento della moglie ne scaturiva una lite furibonda alla fine della quale lui (...) beveva ancora di più, mentre lei lo aggrediva ancora di più con le parole, e lo invitava pure urlando e con modi affatto femminili e cortesi a togliersi fisicamente di mezzo. Pian piano è pure dovuto ricorrere anche ad ansiolitici ma il colpo di grazia l'ha ricevuto quando la moglie insieme con la figlia sono andate via ad abitare in un'altra casa, senza dargli nessuna spiegazione ed abbandonandolo ipso facto".

Del paziente ha poi rivelato le più intime carenze fisiche: " In seguito a questa situazione perciò, è anche caduto in depressione, complice anche un problema fisico sopravvenuto ai suoi genitali (...)".

Quanto al resto della famiglia, si legge nel libro che "(...) il figlio abita al piano di sopra ma di fatto lo ignorava quasi completamente!".

Si legge infine, a piè di pagina 303, con riferimento al paziente, protagonista del capitolo: "Così, tra patimenti e dolori, dispiaceri e sconforti, proseguiva la sua misera vita di povero diavolo e nessuna più della sua famiglia s'accorgeva che esisteva, né chiedeva se stesse in casa, se fosse uscito o se fosse andato, come gli dicevano spesso pure ad impiccarsi ". " Sono le 15:00 del pomeriggio ed ho appena iniziato l'ambulatorio pomeridiano, mi chiamano i Carabinieri per chiedermi notizie sanitarie sul suo conto, poiché, ahimé, era stato appena trovato nella casa che aveva previsto per

la figlia... impiccato !". E ancora: "Non c'è molto altro da dire in merito a questa incredibile e triste vicenda, se non che la moglie ed il figlio lo invitassero ad impiccarsi, durante un alterco di poche ore prima, come mi hanno poi raccontato alcuni miei pazienti, (...). Invito, che (...) sconfitto dalla vita e dai suoi stessi familiari (...) deve aver raccolto e messo in atto".

Il convenuto narra, quindi, dei fatti accaduti all'indomani del suicidio: "È con mio massimo stupore però, che leggo nei giorni successivi (...) i suoi manifesti mortuari, ove si diceva...è mancato all'affetto dei suoi cari, eppure un articolo su un giornale dell'area tiberina ove campeggiava la foto della moglie tutta truccata, sorridente e ben pettinata, tanto che sembrava come una star televisiva, nel momento d'entrare in scena per le riprese di un film, ove si diceva...malgrado il grande apporto familiare e della moglie....!". Il capitolo termina con il seguente interrogativo: "(...) conoscendo come medico di famiglia tutte le vicende casalinghe una domanda sorge spontanea nella mia testa: ...ma lui non si è impiccato proprio per porre fine a quel dolore profondo, generato proprio dalla totale mancanza dell'affetto e delle cure della sua f amiglia? ".

L'autore conclude: "A proposito e tanto per concludere, adesso la figlia e la moglie sono pure tornate ad abitare in quella casa, che lui pensava di aver costruito per nessuno visto che erano spariti tutti e nella quale era stato senza alcun ritegno completamente abbandonato ... mah!" ( doc. n. 9 del fascicolo attoreo - estratto del libro "Il mio diario" contenente copertina, introduzioni, prefazioni e commenti oltre al capitolo dal titolo "Un Disadattato").

In dette descrizioni ed affermazioni risultano chiaramente individuabili F.P., la coniuge A.M. e i loro figli C. e S.P., dell'esistenza dei quali sono ripercorsi i fatti significativi (collocazione geografica, provenienza familiare, attività ed interessi del protagonista, matrimonio con la coniuge consigliere comunale, due figli, depressione, tragico suicidio); ne consegue che gli attori, pur non indicati nominavimente, sono agevolmente riconoscibili nel contesto di una piccola cittadina, di circa quarantamila abitanti, e in ragione della visibilità dell'attrice A.M., consigliere comunale per diverse consiliature, e della notorietà locale di F.P., deceduto tragicamente, e della sua famiglia d'origine, come emerge dal lungo articolo pubblicato sul Tiburno (giornale settimanale a diffusione regionale) in occasione del decesso di F.P. (doc. n. 10 di parte attrice).

Così verificato il requisito della riconoscibilità dei soggetti interessati (dei quali non occorre indicare il nome: "le semplici allusioni possono costituire diffamazione se il nome non è indicato ma è desumibile dal contenuto della frase .... Per poter parlare di diffamazione è necessario che l'identità della persona offesa sia determinata o determinabile in modo agevole" -Cassazione, sez. III Civile, ordinanza 12 settembre - 26 ottobre 2017, n. 25420-), le affermazioni contenute nel libro risultano sicuramente lesive del diritto all'onore e alla reputazione degli attori.

In primo luogo gli stessi vengono arbitrariamente ed espressamente indicati come responsabili dell'istigazione al suicidio del loro congiunto, coniuge di A.M. e padre di C. e S.P.. Inoltre la M. viene dipinta come colei che "sarà insieme con una suocera e le sue arroganti sorelle la causa della propria definitiva, catastrofica ed irreversibile rovina " poiché "(...) oppressiva, aggressiva, prepotente ed anche un bel po' becera (...) arrogante moglie che insieme con la sua sorella ne hanno sapute sempre una più del diavolo ". " La moglie è una strana ed eccentrica donna, molto ignorante e perciò assolutamente incompetente quasi in tutto, dai modi parecchio bruschi con una personalità fastidiosa ed anche un po' volgare, che ha trovato comunque il modo di svolgere sfruttando i favori che riesce a realizzare alla gente sul lavoro e le conseguenti amicizie, che così carpisce un basso profilo dell'attività politica, come amministratrice nel consiglio Comunale".

"È con mio massimo stupore però, che leggo nei giorni successivi (...) i suoi manifesti mortuari, ove si diceva...è mancato all'affetto dei suoi cari, eppure un articolo su un giornale dell'area tiberina ove campeggiava la foto della moglie tutta truccata, sorridente e ben pettinata, tanto che sembrava come una star televisiva, nel momento d'entrare in scena per le riprese di un film, ove si diceva...malgrado il grande apporto familiare e della moglie....!", con suggestiva, gratuita e del tutto infondata allusione alle fotografie della donna pubblicate dal Tiburno accanto all'articolo relativo alla morte di F.P., evidentemente estrapolate da altro contesto e prive di qualsisi collegamento con la cerimonia funebre.

Il convenuto, sul presupposto per cui ai fini della configurazione di un danno ingiusto non è sufficiente la mera lesione di un diritto del danneggiato, occorrendo altresì che questa possa essere qualificata come contra iure, ossia svincolata dall'esercizio di un diritto da parte del danneggiante, ha invocato l'esimente derivante dal riconoscimento del diritto di critica, espressione della libertà di pensiero riconosciuta dall'art. 21 della Costituzione.

Tanto premesso in fatto e in allegazione delle parti vale richiamare brevemente quali siano i criteri elaborati dalla giurisprudenza di legittimità per la sussistenza del reato di cui all'art. 595 c.p.

La normativa di riferimento (L. n. 47 del 1948) riconosce a ciascun soggetto il diritto di diffondere tramite la stampa notizie e commenti così come garantito dalla disposizioni di cui all'art. 21 comma 1 della Costituzione - il diritto di utilizzare ogni mezzo allo scopo di portare l'espressione del pensiero a conoscenza del massimo numero di persone (Corte costituzionale. n. 1/1956; n. 105/72; n. 225/74; n. 94/77; n. 1/181). Tale libertà è riconosciuta a livello sovranazionale dalla Convenzione Europea dei diritti dell'uomo (recepita con L. n. 848 del 1955) all'art. 10-1 comma (mutuato dall'art. 19 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo e ampliato dall'art. 19 del Patto Internazionale di New York relativamente ai diritti civili e politici, ratificato in Italia con L. n. 881 del 1977) che la consacra come uno tra i più importanti diritti dell'individuo.

La libertà di diffusione del pensiero non riguarda solo le informazioni e opinioni neutre o inoffensive ma anche quelle che possano colpire negativamente "essendo ciò richiesto dal pluralismo, dalla tolleranza e dallo spirito di apertura senza i quali non si ha una società democratica" (Corte Europea dei Diritti dell'uomo 8/7/1986 Lingens/Austria). Tale diritto, riconosciuto dalla CEDU e dalla normativa nazionale, costituisce ed integra una causa di giustificazione, nell'ambito di un equo bilanciamento con altri diritti parimenti inviolabili e potenzialmente in conflitto, quali quello alla tutela dell'onore e della reputazione altrui, purché ricorrano: a) la sussistenza di un interesse ai fatti narrati da parte dell'opinione pubblica (principio di pertinenza); b) la correttezza con cui i fatti vengono esposti con rispetto dei requisiti minimi di forma (principio di continenza); c) la corrispondenza tra i fatti accaduti e quelli narrati (principio di verità oggettiva) con la precisazione che può ritenersi sufficiente anche la sola verità putativa purché frutto di un serio e diligente lavoro di ricerca (Cass. 19/1/2007 n. 1205; cass. 22/3/2007 n. 6973).

Ancora più in particolare, in merito al rapporto tra diritto all'onore e diritto di critica, la Corte di Cassazione ha affermato che "posto che qualunque critica che concerna persone è idonea a incidere in qualche modo in senso negativo sulla reputazione di qualcuno, escludere il diritto di critica ogniqualvolta leda, sia pure in modo minimo, la reputazione di taluno significherebbe negare il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero.

Infatti, sostenere una tesi diversa significherebbe affermare che nel nostro ordinamento giuridico è previsto e tutelato il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero solo ed esclusivamente nel caso che questo consista in approvazioni e non in critiche.

Pertanto il diritto di critica può essere esercitato utilizzando espressioni di qualsiasi tipo anche lesive della reputazione altrui, purché siano strumentalmente collegate alla manifestazione di un dissenso ragionato dall'opinione o comportamento preso di mira e non si risolvano in un'aggressione gratuita e distruttiva dell'onore e della reputazione del soggetto interessato. Consegue che non è giuridicamente né logicamente corretto sostenere il prevalere del diritto all'onore ed alla reputazione sul diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero in chiave critica, anche in presenza di capacità lesive estremamente ridotte, tali, quindi, da non giustificare in nessun caso detta prevalenza" (Cass. 22.3.2012 n. 4545 e Cass. n. 12420/08).

Essendo stato richiamato dal convenuto anche il tono allusivo della pubblicazione vale altresì ricordare l'orientamento della Corte di Cassazione, secondo cui la critica, anche riferita a personaggi appartenenti al mondo politico, "diversamente dalla cronaca (essa) è sottratta al parametro della verità in quanto esprime mediante il paradosso e la metafora surreale un giudizio ironico su un fatto, ma rimane assoggettata al limite della continenza e della funzionalità delle espressioni usate rispetto allo scopo di denuncia sociale o politica perseguito" (Cass. 28.11.2008 n.28411 in senso conforme Cass. 8.11.2007 n. 23314). Il legittimo esercizio del diritto di cronaca deve invece, secondo consolidata giurisprudenza, rispettare i tre connotati fondamentali della verità dei fatti esposti, della continenza, dell'interesse pubblico (fra le tante 30.3.2010 n.7635; Cass. 4.2.2005 n. 2271).

Più recentemente la Corte ha affermato che "In tema di diffamazione a mezzo stampa, l'esercizio del diritto di critica, che, quale manifestazione della propria opinione, non può essere totalmente obiettivo e può manifestarsi anche con l'uso di un linguaggio colorito e pungente, è condizionato, al pari del diritto di cronaca, dal limite della continenza, sia sotto l'aspetto della correttezza formale dell'esposizione, sia sotto quello sostanziale della non eccedenza dei limiti di quanto strettamente necessario per il pubblico interesse, sicché deve essere accompagnato da congrua motivazione del giudizio di disvalore incidente sull'onore o la reputazione, e non può mai trascendere in affermazioni ingiuriose e denigratorie o in attacchi puramente offensivi della persona presa di mira". (Nella specie, la S.C. ha riconosciuto carattere diffamatorio all'uso del termine "spia" riferito ad un uomo politico, avuto riguardo anche al fatto che gli artt. 257 e 258 cod. pen. puniscono espressamente, fra i delitti contro la personalità dello Stato, condotte di spionaggio politico o militare o relativo a notizie di cui sia stata vietata la divulgazione).Cfr Cass. Sez. 3, Sentenza n. 1434 del 27/01/2015 (Rv. 634436).

Per costante insegnamento della Cassazione , che si condivide, il diritto di critica non soggiace al rigoroso vaglio circa la verità dei fatti, dei comportamenti e delle opinioni su cui essa si appunta, che è invece doveroso per l'esercizio della cronaca giornalistica: "in tema di diffamazione a mezzo stampa, il rispetto della verità del fatto assume in riferimento all'esercizio del diritto di critica politica un limitato rilievo, necessariamente affievolito rispetto alla diversa incidenza sul versante del diritto di cronaca, in quanto la critica, quale espressione di opinione meramente soggettiva, ha per sua natura carattere congetturale, che non può, per definizione, pretendersi rigorosamente obiettiva ed asettica; il limite immanente all'esercizio del diritto di critica è, pertanto, essenzialmente quello del rispetto della dignità altrui, non potendo lo stesso costituire mera occasione per gratuiti attacchi alla persona ed arbitrarie aggressioni al suo patrimonio morale, anche mediante l'utilizzo di "argumenta ad hominem"" (Cass. pen. 28/10/2010 n. 4938).

Tanto premesso, avuto riguardo al caso di specie si osserva nel breve scritto dell'Avellone il costante e gratuito superamento del limite della continenza, sia sotto l'aspetto della correttezza formale dell'esposizione - specie laddove si attribuiscono fatti palesemente non veri come la partecipazione della M. al funerale del marito "tutta truccata, sorridente e ben pettinata, tanto che sembrava come una star televisiva, nel momento d'entrare in scena per le riprese di un film.. ", con intento palesemente denigratorio e facendo uso consapevole della pubblicazione da parte del giornale di una fotografia estrapolata con evidenza da altro contesto-, sia sotto quello sostanziale della eccedenza dei limiti di quanto strettamente necessario per il pubblico interesse, senza che la narrazione sia accompagnata da congrua motivazione del giudizio di disvalore incidente sull'onore o la reputazione, anzi approfittando il narratore della veste di medico di base del P. per diffondere su quest'ultimo ipotesi, non supportate scientificamente, su tratti caratteriali, patologia depressiva, delicate patologie fisiche, nesso di causalità tra induzione, fino all'istigazione, da parte dei familiari ed ideazione ed attuazione del suicidio- "... ad ogni intervento della moglie ne scaturiva una lite furibonda alla fine della quale lui, probabilmente come reazione, beveva ancora di più. Mentre lei lo aggrediva ancora di più con le parole e lo invitava pure urlando e con modi affatto femminili e cortesi a "togliersi fisicamente di mezzo"... "... il colpo di grazia l'ha ricevuto quando la moglie insieme con la figlia sono andate via ad abitare in un'altra casa senza dargli nessuna spiegazione ed abbandonandolo "ipso facto" ... "Non c'è molto altro da dire in merito a quest'incredibile e triste vicenda, se non che la moglie ed il figlio lo invitassero ad "impiccarsi" durante un alterco di poche ore prima, come mi hanno poi raccontato alcuni miei pazienti vicini di casa ..... Invito, che ormai stanco e sfiduciato, sconfitto dalla vita e dai suoi stessi familiari deve aver molto a fatica e con l'animo avvilito e distrutto raccolto e messo in atto ...". Trascende, infine, in affermazioni ingiuriose e denigratorie o in attacchi puramente offensivi della persona presa di mira ("La moglie è una strana ed eccentrica donna, molto ignorante e perciò assolutamente incompetente quasi in tutto, dai modi parecchio bruschi con una personalità fastidiosa ed anche un po' volgare, che ha trovato comunque il modo disvolgere sfruttando i favori che riesce a realizzare alla gente sul lavoro e le conseguenti amicizie, così carpisce un basso profilo d'attività politica, come amministratrice del Consiglio Comunale".

In relazione alla pretesa risarcitoria il convenuto ha eccepito la mancata prova circa l'esistenza di un effettivo pregiudizio da ristorare.

In proposito è opportuno richiamare i principi enunciati dalla corte di cassazione (SS.UU. sentenze nn. 26972/08, 26973/08, 26974/08, 26975/08), secondo cui il danno non patrimoniale "anche quando sia determinato dalla lesione di diritti inviolabili della persona costituisce danno conseguenza (Cass. n. 8827 e 8828/03, n. 16004/03) che deve essere allegato e provato" e "attenendo il pregiudizio (non biologico) ad un bene immateriale, il ricorso alla prova presuntiva è destinato ad assumere particolare rilievo, e potrà costituire anche l'unica fonte per la formazione del convincimento del giudice, non trattandosi di mezzo di prova di rango inferiore agli altri".

In tempi recenti la Corte ha nuovamente affermato che: "Il danno da lesione di diritti assoluti della personalità costituzionalmente protetti, quale la reputazione, che sia derivato da condotta colpevole, può essere provato mediante presunzioni, ed è un danno conseguenza suscettibile di quantificazione in via equitativa. Il danno all'onore ed alla reputazione, di cui si invoca il risarcimento, non è in re ipsa, identificandosi il danno risarcibile non con la lesione dell'interesse tutelato dall'ordinamento ma con le conseguenze di tale lesione, sicché la sussistenza di siffatto danno non patrimoniale deve essere oggetto di allegazione e prova, anche attraverso presunzioni" (Cass. 9385/2018) e che "la prova del danno non patrimoniale può essere fornita con ricorso al notorio e tramite presunzioni, assumendo, come idonei parametri di riferimento, la diffusione dello scritto, la rilevanza dell'offesa e la posizione sociale della vittima, tenuto conto del suo inserimento in un determinato contesto sociale e professionale" (Cass. 13153/2017).

Pertanto se, da una lato, non può considerarsi il danno in re ipsa - nel senso che esso coincide con la lesione dell'interesse protetto - tuttavia è indubbio che la diffusione di notizie false e offensive incidenti negativamente sulla reputazione e l'onore di una persona o di un ente è causa - secondo ragionevoli canoni eziologici probabilistici - di un turbamento morale (ancorchè transeunte) e di una ripercussione negativa sulla vita di relazione e sociale.

Ciò premesso si ritiene che gli attori abbiano correttamente assolto all'onere della prova su di essi gravante allegando precise circostanze da cui è possibile desumere, sia tramite il ricorso a presunzioni semplici, sia attraverso la prova testimoniale articolata, la sussistenza di un effettivo pregiudizio patito in conseguenza dell'offesa arrecata.

In particolare hanno affermato che la diffusione locale e via web del libro ha arrecato loro un pregiudizio altamente lesivo, sul piano psicologico e relazionale, derivante soprattutto dalla circostanza per cui la notizia diffamatoria ha avuto ampia circolazione nella piccola cittadina in cui gli attori operano da tempo.

Pertanto le ricadute negative sulla reputazione, sull'onore e sull'immagine professionale degli attori, nonché il grado di disagio che ne consegue possono essere in primo luogo presunte, sulla base dei seguenti elementi: a) l'oggettiva portata diffamatoria del brano come sopra individuato; b) la gravità dell'offesa recata agli attori, in considerazione della professione dagli stessi esercitata (consigliere comunale la M., gestione di esercizio commerciale - bar -i figli; c) la diffusione a livello locale del libro.

A ciò si aggiunge la prova concreta offerta dagli attori sulla base delle risultanze delle testimonianze acquisite in giudizio.

In particolare, la teste L.M., sorella dell'attrice, ha confermato di aver avuto ".. occasione di intrattenere diverse conversazioni con conoscenti comuni aventi ad oggetto proprio il contenuto del capitolo "Un Disadattato" del libro del Dr A., anche noto per essere marito della sorella dell'attrice, ossia di M.R., e coloro che lo avevano letto avevano percepito che lo scrittore si riferisse alla famiglia M./P., ma nessuno..", eccetto L.L., aveva "ritenuto di riferirlo ai componenti di quest'ultima famiglia per timore di suscitare imbarazzo nel rievocare le tragiche circostanze in cui si era suicidato il loro congiunto". Ha aggiunto che "anche altre amiche sue avevano capito questo fatto, ma solo la L. è riuscita a dirlo a mia sorella. La L. ha riferito che anche le altre amiche avevano capito che era chiaro dai particolari che si riferisse a lei".

Ha confermato, inoltre, che "dal settembre dell'anno 2015, vale a dire da quando venivano a conoscenza per la prima volta del capitolo intitolato "Un disadattato" tratto dal libro del Dr. A. dal titolo "Il mio diario ... Storie e riflessioni di un medico di famiglia sul suo incredibile viaggio alla scoperta del miracolo della vita!", M.A., P.S. e P.C., individuabili in detto capitolo come istigatori del suicidio del loro congiunto P.F., evitano relazioni sociali con parenti, amici e conoscenti, che, prima, invece, intrattenevano quotidianamente, in virtù delle loro attività pubbliche", precisando quanto segue: "eravamo tornati dalle ferie, a settembre 2015. Mia sorella venne da me sconvolta, disperata perché era successo questa cosa. Poi l'abbiamo letto il libro ed era veramente sconvolgente. Questi ragazzi C. e S. avevano un bar, ma l'hanno anche dato via dopo un po', perché si vergognavano, non volevano più starci. Hanno evitato le relazioni sociali e con parenti, anche da me venivano poco perché questa cosa l'hanno presa veramente a male, disperati veramente. Mia sorella non usciva neanche più, peggio dei figli, non fa piacere sentirsi dire di essere la causa di una cosa del genere".

Sentita quale teste L.L., amica degli attori - "ci frequentavamo, adesso non più tanto perché io ho avuto dei problemi" - , ha riferito quanto segue: "Ho letto il libro del dr. A., ho capito che c'erano delle cose che interessavano la mia amica, gliel'ho detto, lei non lo sapeva. Questo è successo mi sembra a settembre del 2015, ero tornata dalle vacanze, lei è rimasta sconvolta prorio, anche perché è una persona conosciuta. Ha capito che si parlava di lei e del marito; io ho capito che si parlava di un muratore e della moglie assessore e le ho detto "A. sei te" e lei ha capito che era lei. Ne parlavamo anche con delle amiche, che avevano paura di dirlo a lei perché eran un po' sconvolte, io sono l'unica che avendo una certa amicizia gliel'ho detto, sono stata l'unica che ha avuto la faccia di farlo, lei è rimasta proprio sconvolta", confermando, inoltre, che dopo aver letto il libro gli attori "si sono ritrovati un po' isolati per dirla breve, si sono un po' vergognati. Prima facevano vita sociale, certamente, è una persona abbastanza conosciuta A.. Dopo le cose sono cambiate, abbastanza. E' stata abbastanza danneggiata. La stessa cosa per C. e S.P.".

Accertata la natura diffamatoria delle notizie, al diffamato deve essere riconosciuto il risarcimento dei danni non patrimoniali nella "forma della sofferenza soggettiva causata dall'ingiusta lesione del diritto inviolabile inerente alla dignità, immagine e reputazione della persona ex artt. 2 e 3 Cost." (Sezioni Unite, 11 novembre 2008, nn. 26972, 26973, 27974 e 26975).

Il danno è pertanto ravvisabile - e come tale deve essere risarcito - nella diminuzione della considerazione della persona da parte dei consociati in genere o di settori o categorie di essi con le quali quella stessa persona abbia ad interagire (cfr. Cassazione Civile, 27 aprile 2016, n. 8397).

Ai fini della liquidazione del risarcimento del danno, occorre valutare, sulla base dei principi ormai consolidati in materia (si veda Cass. S.U. n. 26972/2008) ed in applicazione di un legittimo procedimento presuntivo, la portata dell'obiettivo pregiudizio alla reputazione, personale e professionale, tenendo conto anche dell'autorevolezza, notorietà e diffusione dell'organo di informazione sui è apparsa la falsa notizia.

Rilevati, dunque, i profili di responsabilità del convenuto, occorre individuare il danno che si ricollega a tale fattispecie di responsabilità.

Ai fini della liquidazione, il danno, non potendo essere provato, e, comunque, quantificato nel suo preciso ammontare deve essere determinato in via equitativa, assumendo come parametri di riferimento la rilevanza dell'offesa, la posizione sociale della persona colpita, tenuto conto del suo inserimento in un determinato contesto professionale e sociale, sicché la ragione del ricorso a tali criteri è insita nella stessa natura del pregiudizio da ristorare (Tribunale di Roma, n. 15524/2016; Cassazione Civile, sez. III, 5 dicembre 2014, n. 25739; Cassazione Civile n. 13153/2017; Tribunale di Milano, n. 8706/2015).

L'Osservatorio sulla Giustizia Civile di Milano ha analizzato i parametri, utilizzati dalla giurisprudenza, di liquidazione del danno da diffamazione a mezzo stampa e con altri mezzi di comunicazione di massa e ha approvato criteri orientativi per la quantificazione equitativa di tale danno, basati su un livello crescente di intensità della lesione arrecata. In applicazione di detti criteri orientativi, il danno è pertanto collegato:

- all'oggettiva portata offensiva della notizia che è stata diffusa;

- alle ricadute negative sulla reputazione nell'ambito privato, professionale e sociale nonché al grado di disagio e sofferenza che inevitabilmente ne è conseguito per la carica ricoperta all'interno della società;

- al ruolo ed alla funzione ricoperta dal diffamato;

- alla risonanza mediatica suscitata dalle notizie diffamatorie;

- alla diffusione della notizia sul territorio nazionale;

- al mezzo con il quale è stata diffusa la notizia;

- alla verifica se ci sono state condotte reiterate.

Sulla scorta di tali parametri la diffamazione può ritenersi di media gravità quanto ad A.M., avuto riguardo alla diffusione locale della pubblicazione, alla carica pubblica dalla stessa rivestita e al presumibile pregiudizio per la carriera politica, ed essere liquidato equitativamente in Euro 25.000,00, e di modesta gravità, quanto a C.P. e S.P., i quali pur non rivestendo cariche pubbliche gestivano all'epoca un esercizio commerciale aperto al pubblico. Con riferimento a questi ultimi appare equa la liquidazione di Euro 15.000,00 in favore di ciascuno.

Si ordina, infine, l'oscuramento, nel libro "Il mio diario - Storie e riflessioni di un medico di famiglia sul suo incredibile viaggio alla scoperta del miracolo della vita !", del capitolo dal titolo "Un disadattato" e la pubblicazione, a cura e spese del convenuto, del dispositivo della presente sentenza sul settimanale Tiburno.

Le spese di giudizio sostenute da parte attrice seguono la soccombenza.
P.Q.M.

Il Tribunale di Tivoli, ogni diversa e contraria istanza, domanda ed eccezione respinta, definitivamente pronunciando, così provvede:

- in accoglimento delle domande avanzate dagli attori e per le causali di cui in premessa, condanna A.A. al pagamento in favore di M.A. della somma di Euro 25.000,00, e in favore di P.C. e di P.S. della somma di Euro 15.000,00 ciascuno, oltre interessi al tasso legale vigente dalla data della presente sentenza al saldo effettivo;

- ordina l'oscuramento, nel libro "Il mio diario - Storie e riflessioni di un medico di famiglia sul suo incredibile viaggio alla scoperta del miracolo della vita !", del capitolo dal titolo "Un disadattato";

- ordina la pubblicazione, a cura e spese del convenuto, del dispositivo della presente sentenza sul settimanale Tiburno;

- condanna il convenuto alla rifusione delle spese processuali che liquida, in favore degli attori in complessivi Euro 786,00 per esborsi ed Euro 13.430,00 per compensi, oltre il 15% di rimborso spese generali e I.V.A. e C.P.A. come per legge.

Così deciso in Tivoli, il 3 settembre 2021.

Depositata in Cancelleria il 6 settembre 2021.
Avv. Antonino Sugamele

Richiedi una Consulenza