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Sentenza

Inadempimento da parte dell'avvocato e conseguente responsabilità...
Inadempimento da parte dell'avvocato e conseguente responsabilità
Tribunale Ancona sez. II, 03/10/2022
REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO di ANCONA

SECONDA CIVILE

N. R.G. 1057/2021

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Sergio Casarella ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 1057/2021 promossa da:

G.C. (C.F. (omissis)), con il patrocinio dell'avv. BASSO ENRICO e dell'avv. BORIA ANDREA ((omissis)) VIA RAFFAELLO SANZIO 20/A 60035 JESI ITALIA; elettivamente domiciliato in Corso Giacomo Matteotti n° 37 60035 Jesi Italiapresso il difensore avv. BASSO ENRICO

S.P. (C.F. (omissis)), con il patrocinio dell'avv. BASSO ENRICO e dell'avv. BORIA ANDREA ((omissis)) VIA RAFFAELLO SANZIO 20/A 60035 JESI ITALIA; elettivamente domiciliato in Corso Giacomo Matteotti n° 37 60035 Jesi Italiapresso il difensore avv. BASSO ENRICO

ST.P. (C.F. (omissis)), con il patrocinio dell'avv. BASSO ENRICO e dell'avv. BORIA ANDREA ((omissis)) VIA RAFFAELLO SANZIO 20/A 60035 JESI ITALIA; elettivamente domiciliato in Corso Giacomo Matteotti n° 37 60035 Jesi Italiapresso il difensore avv. BASSO ENRICO

A.F. (C.F. (omissis)), con il patrocinio dell'avv. BORIA ANDREA e dell'avv. BASSO ENRICO ((omissis)) Corso Giacomo Matteotti n° 37 60035 Jesi Italia; elettivamente domiciliato in VIA RAFFAELLO SANZIO 20/A 60035 JESI ITALIA presso il difensore avv. BORIA ANDREA

D.P. (C.F. (omissis)), con il patrocinio dell'avv. BORIA ANDREA e dell'avv. BASSO ENRICO ((omissis)) Corso Giacomo Matteotti n° 37 60035 Jesi Italia; elettivamente domiciliato in VIA RAFFAELLO SANZIO 20/A 60035 JESI ITALIA presso il difensore avv. BORIA ANDREA

SA.P. (C.F. (omissis)), con il patrocinio dell'avv. BORIA ANDREA e dell'avv. BASSO ENRICO ((omissis)) Corso Giacomo Matteotti n° 37 60035 Jesi Italia; elettivamente domiciliato in VIA RAFFAELLO SANZIO 20/A 60035 JESI ITALIA presso il difensore avv. BORIA ANDREA

ATTORE/I

contro

AVV. C.A.Z. (C.F. (omissis)), con il patrocinio dell'avv. COLELLA ANTONIO e dell'avv. (omissis) elettivamente domiciliato in Via Flaminia n. 163/E null 47923 Rimini presso il difensore avv. COLELLA ANTONIO

OGGETTO: Responsabilità professionale

CONCLUSIONI

CONVENUTO/I

All'udienza del 3 maggio 2022, svoltasi nella forma della trattazione scritta, le parti costituite hanno concluso come da fogli di precisazione delle conclusioni in atti, da intendersi qui integralmente richiamati e ritrascritti.

Fatto

FATTO E SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione depositato in data 4 marzo 2021 G.C., S.P., ST.P., A.F., D.P. e SA.P. convenivano in giudizio l'Avv. C.A.Z. e, per quanto d'interesse, in sintesi esponevano che:

• la causa aveva ad oggetto la responsabilità professionale del convenuto per aver intentato e coltivato, con colpa grave, innanzi a questo Tribunale, la causa civile iscritta al n. 169/2015 RG Trib. (relativa alla colpa medica dei sanitari e delle strutture che avevano avuto in cura il defunto SAU.P.), definita in danno degli attori con sentenza irrevocabile n. 269/2020;

• quest'ultimo, nato a (omissis), era il figlio di ST.P. e G.C., il fratello di S.P., nonché il marito di A.F. ed il padre di D.P. e SA.P., tutti odierni attori;

• nel 2008 era stato diagnosticato a SAU.P. un sarcoma sinoviale bifasico che aveva determinato, in data 24 dicembre 2008, l'amputazione del braccio sinistro;

• ritenendo che vi fossero stati ritardi nella diagnosi e nel trattamento della malattia, lo stesso SAU.P. si era rivolto all'avv. C.A.Z., odierno convenuto, nel 2010, conferendogli il mandato ad agire in via stragiudiziale per richiedere un risarcimento del danno subito per un più lungo periodo di invalidità temporanea e per il maggior danno biologico subito;

• il convenuto accettava l'incarico e faceva commissionare al Prof. GI.F. una consulenza per redigere una relazione medico-legale, completata il 14 luglio 2010, sulla cui base venivano costituiti in mora i sanitari e l'ASUR Marche;

• nel frattempo, le condizioni fisiche di SAU.P. erano peggiorate per l'insorgere di un ulteriore tumore molto aggressivo (metastasi da teratocarcinoma) che lo conduceva a morte il 14 settembre 2011, neppure quarantenne;

• il 3 dicembre 2012 gli odierni attori si rivolgevano nuovamente all'Avv. C.A.Z. per essere assistiti, anche in sede giudiziale, nei confronti dei sanitari e delle strutture che avevano avuto in cura il congiunto;

• veniva quindi esperito il tentativo di mediazione che si concludeva negativamente il 16 settembre 2014;

• gli odierni attori consegnavano al Legale tutta la documentazione sanitaria formatasi successivamente alla relazione di consulenza predisposta dal Prof. GI.F., analiticamente descritta in citazione;

• in particolare, vi erano – tra detti documenti – due referti specialistici, uno ortopedico ed uno oncologico, in data 1° giugno 2010, da cui già emergeva la diagnosi del secondo tumore (il teratocarcinoma), di cui non vi era alcuna menzione nella relazione del Prof. GI.F.;

• il convenuto Avv. C.A.Z. non faceva presente ai suoi nuovi clienti la necessità di aggiornare la consulenza del Prof. GI.F., tenendo conto della nuova diagnosi e del sopravvenuto decesso del paziente, né provvedeva a trasmettere al Prof. GI.F. i documenti innanzi citati per averne un parere aggiornato;

• inoltre, il convenuto non li informava delle concrete possibilità di soccombenza né della possibilità di evocare in giudizio solo l'ASUR in modo da contenere l'eventuale danno da soccombenza; al contrario, insisteva per la citazione in giudizio anche di sette medici senza specificare quali specifici addebiti fossero imputabili a ciascuno di essi;

• su tali presupposti, il 12 dicembre 2014 veniva incardinato il giudizio iscritto al n. 169/2015 RG Trib. in cui venivano chiamati in causa anche gli Ospedali Riuniti di Ancona, l'Ospedale (omissis) di Bologna e le assicurazioni UnipolSai s.p.a. e AmTrust Europe ltd;

• la CTU espletata nel corso del giudizio escludeva qualsiasi responsabilità dei sanitari riconducendo il decesso al teratocarcinoma, cioè al secondo tumore, di cui non vi era alcuna traccia in citazione;

• il 6 febbraio 2018 il convenuto aveva avvisato i propri clienti dell'esito sfavorevole della CTU e questi, con mail del 29 marzo 2018 gli comunicavano la volontà di abbandonare il giudizio e rinunziare a tutte le domande;

• il giudizio non veniva abbandonato ed il Tribunale – con la sentenza n. 269/20 – respingeva le domande degli attori e li condannava al pagamento delle spese processuali in favore di ciascuna parte costituita per un ammontare complessivo di euro 326.739,33;

• nonostante detto esito e nonostante le valutazioni dello stesso consulente di parte Prof. GI.F., nell'incontro del 19 febbraio 2020, l'Avv. C.A.Z. rappresentava ai suoi clienti la necessità di proporre appello avverso la sentenza che riteneva palesemente errata già in punto di liquidazione delle spese;

• avendo perso fiducia nel Legale, gli attori pretendevano un secondo parere sull'opportunità di impugnare la sentenza e questa richiesta diventava un pretesto per l'Avv. C.A.Z. per rimettere il mandato;

• gli attori si rivolgevano agli attuali Procuratori che sconsigliavano decisamente l'impugnazione per le ragioni esposte in citazione, per cui la sentenza diveniva definitiva il 25 maggio 2020;

• era risultato vano ogni tentativo di conciliazione stragiudiziale, anche con l'assicurazione del legale.

Tanto premesso in fatto, svolte le considerazioni in diritto, gli attori concludevano chiedendo al giudice

adito di:

"- accertare e dichiarare l'inadempimento del convenuto rispetto al contratto di opera professionale stipulato in data 3 dicembre 2013 e confermato con procura alle liti 4 dicembre 2014, per le ragioni indicate in parte motiva e, per l'effetto,

-accertare e dichiarare che la condotta inadempiente del convenuto ha cagionato agli attori un danno complessivo di euro 326.739,33, siccome portato dalle statuizioni di condanna della sentenza n. 269/2020 del Tribunale di Ancona, oltre spese di registrazione della sentenza, ovvero della diversa somma risultante all'esito dell'istruttoria e per l'effetto

- condannare il convenuto a pagare, in favore di ciascun attore, la somma di euro 54.456,55 – pari alla quota di 1/6 del danno complessivo – ovvero della diversa somma risultante all'esito dell'istruttoria, oltre interessi come da art. 1284 comma IV c.c.

Con vittoria di spese ed onorari di causa …".

Si costituiva l'Avv. C.A.Z., contestando le avverse pretese sul presupposto che:

- non aveva ragione di dubitare dell'attualità della relazione del Prof. GI.F., avendogli gli attori taciuto la vara causa del decesso a loro certamente nota;

- era fondamentale evidenziare che la perizia del CTP Prof. GI.F. era stata completata in data 14/07/2010, a fronte di una visita effettuata in data 02/03/2010 e sulla base di documentazione le cui date si arrestavano al 30/12/2008; come però risultava dalla stessa CTU, l'infausta diagnosi di teratocarcinoma era stata formulata in data 24/05/2010 a seguito dell'esame istologico condotto sulle metastasi asportate con l'intervento chirurgico eseguito in data 03/05/2010;

- quindi, al momento della stesura della perizia del Prof. GI.F. la diagnosi di teratocarcinoma era già stata effettuata, ma il CTP non ne era stato informato;

- non era infatti revocabile in dubbio che l'onere di consegnare al CTP tutta la documentazione medico-sanitaria incombeva esclusivamente sul danneggiato (o sui suoi familiari) e non certamente sull'avvocato;

- gli attori erano stati sempre informati, anche dei rischi di soccombenza;

- circa la prosecuzione del giudizio, nonostante la volontà degli attori di abbandonarlo dopo l'esito della CTU, questi ultimi tacevano il fatto che essi volevano abbandonare la causa senza esborsi; sicché aveva avviato con le controparti una corrispondenza finalizzata all'abbandono del processo a spese compensate, ma nonostante gli sforzi, i convenuti non accettarono la proposta, tanto che, ad esempio, l'ASUR Marche comunicava che avrebbe accettato l'abbandono a patto che gli odierni attori le corrispondessero l'importo di € 35.000,00 a titolo di spese legali; gli attori, informati dall'Avv. C.A.Z. di tale circostanza, decisero di non accettare l'abbandono del processo con loro esposizione a qualsivoglia esborso.

Esposte le ragioni in diritto, così concludeva:

"- in via principale, respingere le domande formulate dagli attori nei confronti del convenuto poiché infondate in fatto ed in diritto, sia nell'an sia nel quantum, mandando conseguentemente assolto l'avv. C.A.Z. da qualsivoglia pretesa, anche ai sensi dell'art. 1227 co. 1 o 2 c.c.;

- in via subordinata, ma salvo gravame, rigettare sempre e comunque la domanda per come proposta; in caso di denegato accoglimento anche parziale delle domande formulate dagli attori nei confronti del convenuto, contenere la condanna di quest'ultimo entro i limiti del giusto e del provato, anche per effetto dell'art. 1227 co. 1 o 2 c.c.

Spese di lite come per legge"

Svolta l'istruttoria con l'acquisizione dei documenti prodotti dalle parti, all'udienza del 26 aprile 2022 la causa veniva trattenuta in decisione, con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle repliche.
Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

L'introduzione del giudizio iscritto al n. 169/2015 RG Trib

In diritto va premesso che (vds. Cass. n. 12127 del 22 giugno 2020) la responsabilità professionale dell'avvocato presuppone la violazione del dovere di diligenza richiesto dalla natura dell'attività esercitata (art. 1176, comma 2, c.c.), sicchè (vds. Cass. n. 8494 del 6 maggio 2020) l'avvocato è tenuto all'esecuzione del contratto di prestazione d'opera professionale secondo i canoni della diligenza qualificata, di cui al combinato disposto degli artt. 1176, comma 2, e 2236 c.c., e della buona fede oggettiva o correttezza la quale, oltre che regola di comportamento e di interpretazione del contratto, è criterio di determinazione della prestazione contrattuale, imponendo il compimento di quanto necessario o utile a salvaguardare gli interessi della controparte, nei limiti dell'apprezzabile sacrificio. In particolare, il professionista deve fornire le necessarie informazioni al cliente, anche per consentirgli di valutare i rischi insiti nell'iniziativa giudiziale, con la conseguenza che l'omessa comunicazione è fonte di responsabilità del difensore.

Detti principi sono pacifici e condivisi dal Tribunale.

Nel caso concreto, non è poi contestato che il convenuto abbia ricevuto regolare mandato dagli odierni attori per rappresentarne le ragioni in un giudizio avente ad oggetto una richiesta risarcitoria connessa alla supposta responsabilità dei sanitari che avevano avuto in cura SAU.P., loro congiunto deceduto il 14 settembre 2011.

In punto di fatto, ritiene il Tribunale che debba essere evidenziato quanto segue:

• fu lo stesso SAU.P., tramite l'odierno convenuto, già all'epoca suo Legale, a richiedere al Prof. GI.F. un parere medico-legale, sottoponendosi a visita medica da parte dello stesso consulente in data 2 marzo 2010, come risulta dalla relativa relazione;

• la documentazione sanitaria esaminata dal Prof. GI.F. risale – considerando l'ultimo documento elencato nella relazione – al 30 dicembre 2008;

• la relazione del Prof. GI.F. reca la data del 14 luglio 2010;

• l'atto di citazione predisposto dall'Avv. C.A.Z. reca la data del 12 dicembre 2014 ed è stato predisposto per conto degli eredi di SAU.P., odierni attori; esso è quindi riferito ad una domanda risarcitoria, in proprio, per danno da morte del congiunto per la perdita del rapporto parentale(rectius danno non patrimoniale da perdita parentale, come testualmente in citazione) e, iure hereditatis, per il danno patrimoniale per il periodo di malattia anteriore alla morte e per il lucro cessante in conseguenza dell'evento morte.

L'inadempimento del mandato difensivo sussiste e la domanda degli attori merita accoglimento per quanto di ragione.

E' evidente – a tacer di ogni altro aspetto già evidenziato dal giudice del merito e rammentato nella citazione oggetto dell'odierno giudizio – che la domanda risarcitoria degli eredi è stata proposta dal Legale in carenza di qualsiasi allegazione e prova del nesso di causa tra l'evento morte e la patologia documentata ed analizzata nella relazione del Prof. GI.F., su cui è stata fondata l'intera esposizione del fatto ritenuto dannoso e la supposta responsabilità dei sanitari (ne è prova evidente il fatto che le allegazioni in fatto nella citazione predisposta dall'Avv. C.A.Z. si fermano all'amputazione del braccio subita dal SAU.P. il 24 dicembre 2008 ed ai cicli chemioterapici conclusisi il 27 gennaio 2009, nonostante la morte sia sopravvenuta il 14 settembre 2011, cioè oltre due anni dopo).

Infatti, quel che qui rileva non è la vera causa del decesso (che pure è stata colpevolmente ignorata dal Legale), quanto soprattutto il fatto che la relazione medico-legale di parte, posta a base della citazione, era ovviamente riferita ad un soggetto in vita (lo stesso SAU.P.), tanto che si conclude apprezzando una perdita di chance di sopravvivenza, mentre la citazione è stata proposta dai suoi eredi per chiedere un risarcimento del danno da morte del congiunto, senza che in citazione sia stato allegato il nesso causale tra la condotta dei sanitari e la morte di SAU.P.

Infatti, la condotta dei sanitari era stata dal Prof. GI.F. valutata in relazione ad un evento diverso da quello oggetto del giudizio, cioè la tardiva diagnosi e la compromissione delle aspettative di sopravvivenza da parte di un soggetto che – all'epoca della relazione – era vivente ed il cui decesso è sopravvenuto quattro anni dopo.

Quindi, poiché il nesso causale è elemento costitutivo del danno, il Legale non poteva confidare nella "perdurante validità" della relazione del Prof. GI.F. per la semplice ragione che quella relazione nulla diceva e nulla poteva dire sulle cause della morte di SAU.P. che, poi, infatti, sono risultate diverse da quelle ipotizzate dagli eredi/attori nell'atto di citazione predisposto dal convenuto.

Non aver assolto all'onere di allegare e dimostrare il nesso di causa tra la supposta condotta negligente dei sanitari e l'evento morte, in una domanda risarcitoria da perdita del rapporto parentale, è una mancanza che integra certamente la responsabilità professionale dell'avvocato, il quale non può ignorare l'onere di allegazione e di prova dei fatti che, in relazione alla domanda introducenda, incombe alla parte da lui rappresentata.

Ne deriva che il Legale non ha certamente adempiuto al suo dovere di informare i propri assistiti dei rischi del giudizio visto che non è mai stato concretamente, ma colpevolmente, in condizione di farlo.

Infatti, la documentazione oggetto dell'analisi da parte del consulente risaliva al 2008, sicché quella formatasi fino al decesso, cioè fino al 14 settembre 2014, o non è stata sottoposta al parere dell'esperto o non è stata reperita, ma sicuramente non è stata valutata dal Legale che, pertanto, era del tutto disinformato sul suo contenuto e sulle effettive cause della morte.

Ne è prova evidente il contenuto dell'atto di citazione predisposto dall'Avv. C.A.Z. per conto degli eredi P., visto che la sussistenza di un nesso causale tra la prima assistenza sanitaria ricevuta dal SAU.P. (in ipotesi errata) e la morte di quest'ultimo è data semplicemente per scontata, tanto da non essere mai oggetto di specifica deduzione o osservazione o allegazione; non a caso l'indicazione del nesso di causa con la morte del paziente si risolve – in tutto l'atto di citazione – nella seguente unica frase: ". . .sia le ulteriori voci (di danno) correlate alla prematura scomparsa del de cuius che – in tutta evidenza - si correla con la condotta pesantemente colposa dei convenuti" (pag. 10 dell'atto di citazione – eppure, dell'importo complessivo del danno richiesto dagli attori, pari a di 1.721.335,81, ben 1.485.600,00 euro erano richiesti a titolo di danno non patrimoniale da perdita parentale, quindi per la morte del congiunto).

Non può quindi sottacersi che tutti i fatti allegati nella citazione – riferiti ad una persona vivente e, al più, ad una perdita di chances di sopravvivenza – non avrebbero potuto in alcun caso correlarsi, né logicamente né causalmente, all'evento morte, di per sé ulteriore e diverso rispetto alle conseguenze, valutate nella relazione del Prof. GI.F., del presunto errore diagnostico posto a fondamento della condotta ritenuta illecita, alla quale nessuno lo aveva ricondotto prima della citazione.

Il mancato abbandono del giudizio

Anche in questo caso sono pacifici i fatti allegati dagli attori che, una volta appreso l'esito per loro sfavorevole della CTU, comunicarono al Legale la volontà di abbandonare il giudizio.

Rispetto a detta circostanza non coglie nel segno l'osservazione del Legale secondo cui si trattava in realtà di una volontà condizionata alla compensazione delle spese, sia perché l'esistenza di detta condizione non risulta dalla comunicazione inoltrata all'Avv. C.A.Z. dai suoi assistiti (vds. doc. 10 di parte attrice), sia perché si sarebbe in ogni caso trattato di una pretesa inesigibile da parte dei suoi clienti (basti pensare che è la legge a prevedere che le spese gravino sul rinunziante in mancanza di diverso accordo – art. 306 c.p.c.), non suscettibile di un serio impegno o vincolo di patrocinio da parte del Legale, sia perché la prosecuzione del giudizio avrebbe certamente aggravato, in ogni caso, le spese stesse, sino a quel punto maturate, visto che si sarebbero inutilmente aggiunte quelle della fase decisionale.

Ne deriva che – in coerenza con l'esatto adempimento del mandato e anche laddove fosse stata effettivamente formulata la richiesta di ottenere la compensazione delle spese – il Legale avrebbe dovuto soltanto dare corso all'unica richiesta degli assistiti suscettibile di un rilievo e di un effetto processuale, cioè la loro volontà di abbandonare il giudizio.

Il danno risarcibile

Va in primo luogo escluso ogni rilevo della condotta degli attori, anche ai fini dell'art. 1227 c.c., sia perché neppure il convenuto nega di aver ricevuto tutta la documentazione sanitaria del defunto fino al momento del decesso, sia perché la negligenza verte esclusivamente sulle modalità di assolvimento dell'incarico da parte del Legale che, in relazione alla domanda risarcitoria posta al giudice, ha predisposto un atto di citazione "al buio", in cui ha omesso ogni allegazione di un requisito essenziale della pretesa azionata, cioè l'esistenza di un nesso causale tra la condotta dei sanitari e delle strutture sanitarie, convenuti in giudizio, e la morte del congiunto dei propri assistiti.

Era infatti suo dovere quello di istruire compiutamente i fatti che si accingeva ad esporre al giudice in tutti gli elementi costitutivi previsti dalla legge.

Il danno non può che coincidere con l'ammontare complessivo delle spese liquidate nella sentenza passata in giudicato e degli oneri connessi (ivi compresi quelli tributari di registrazione), ma ovviamente il suo ammontare dipende da quanto gli attori hanno già corrisposto o dovranno corrispondere alle altre parti in esecuzione della sentenza passata in giudicato, ivi compresi gli interessi maturati sulle somme dovute per effetto dei ritardi nel pagamento e le spese legali che dovranno rimborsare per le singole procedure esecutive che dovessero essere intraprese a loro carico dai singoli creditori; si tratta con ogni evidenza di accessori dell'unico danno determinato dalla condanna subita.

Quindi, poiché gli attori hanno chiesto al giudice di liquidare anche la "diversa somma risultante all'esito dell'istruttoria", ritiene il Tribunale che sia più aderente alla loro domanda l'indicazione di un criterio di determinazione agevole delle somme oggetto della pronunzia di condanna, cioè ponendo a carico del convenuto il rimborso a ciascuno degli attori delle somme già corrisposte o da corrispondere, anche per effetto della solidarietà tra loro, in esecuzione della sentenza n. 269/2020, passata in giudicato.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo; poiché gli attori sono assistititi da Legali diversi (uno per ciascuno dei due gruppi di tre attori), si provvede alla liquidazione di due distinti onorari tenendo conto della redazione congiunta del solo atto di citazione (con dimezzamento del valore del compenso per la fase introduttiva) e dello svolgimento solo documentale della fase istruttoria e/o di trattazione (con riduzione del relativo compenso), applicando i valori medi dei parametri tariffari corrispondenti al valore della causa.
PQM

P.Q.M.

definitivamente pronunziando nel giudizio iscritto al n. 1057/2021 RG Trib. ogni diversa domanda, eccezione o istanza respinta, così provvede:

• accoglie la domanda degli attori e, per l'effetto, condanna il convenuto Avv. C.A.Z. a rimborsare a ciascuno degli attori le somme già da questi corrisposte, nonché quelle che gli stessi saranno tenuti a corrispondere, anche per effetto della solidarietà tra loro, in esecuzione della sentenza n. 269/2020, passata in giudicato;

• condanna l'Avv. C.A.Z. al pagamento delle spese del presente giudizio in favore di G.C., ST.P. e S.P., in solido tra loro, che liquida in complessivi euro 15.300,00 per compenso, oltre esborsi documentati, rimborso spese generali, IVA e CPA, da distrarsi in favore del Procuratore dichiaratosene anticipatario;

• condanna l'Avv. C.A.Z. al pagamento delle spese del presente giudizio in favore di A.F., D.P. e SA.P., in solido tra loro, che liquida in complessivi euro 15.300,00 per compenso, oltre esborsi documentati, rimborso spese generali, IVA e CPA come per legge, da distrarsi in favore del Procuratore dichiaratosene anticipatario.

Ancona, 3 ottobre 2022
Avv. Antonino Sugamele

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