Quando un atto è qualificabile politico? Gli atti politici sono gli atti posti in essere da un organo costituzionale nell'esercizio della funzione di governo, e quindi nell'attuazione dell'indirizzo politico (costituzionale o di maggioranza): non sono, quindi, espressione di una funzione amministrativa. Gli atti adottati nell'esercizio delle funzioni politiche del Governo sfuggono al sindacato giurisdizionale del giudice comune e attengono alla sfera della responsabilità politica del Governo. In ordine ad essi può essere promosso, se ve ne sono le condizioni, conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato davanti alla Corte costituzionale.
Corte di cassazione civile, sez. un., ord., 22 settembre 2023 n. 27177
Presidente De Chiara Carlo; Estensore Giusti Alberto; Ricorrente Omissis contro Omissis
Svolgimento del processo
1. - Con ricorso notificato il 16 dicembre 2020, AAA Associazione Adozioni Alfabeto, ente autorizzato allo svolgimento delle procedure di adozione internazionale della L. n. 184 del 1983, ex art. 39-ter, ha impugnato dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio il silenzio-inadempimento della Commissione adozioni internazionali (CAI) della Repubblica Italiana presso la Presidenza del Consiglio dei ministri conseguente al mancato rilascio della "lettera di garanzia", necessaria, ai sensi dell'art. 9 del Protocollo di collaborazione per le adozioni internazionali sottoscritto tra l'Italia e la Bielorussia, per procedere all'adozione di minori di nazionalità bielorussa.
Nel denunciare l'inadempimento agli obblighi contemplati dall'art. 9 del Protocollo di collaborazione tra la Commissione per le adozioni internazionali presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e il Ministero dell'istruzione della Repubblica di Belarus in materia di adozioni dei cittadini minorenni della Repubblica di Belarus da parte dei cittadini italiani, l'Associazione ha lamentato che la Commissione avrebbe omesso di trasmettere tempestivamente alla controparte bielorussa l'elenco aggiornato dei cittadini italiani che aspirano ad adottare i minori bielorussi, corredato della lettera di garanzia sul benessere dei minori adottandi diretta al Presidente della Repubblica di Belarus, firmata dai vertici della Repubblica Italiana.
Secondo la ricorrente, la risoluzione del Parlamento Europeo del 17 settembre 2020, con cui l'Unione Europea dichiarava di non riconoscere L.A. quale Presidente della (Omissis) a causa delle violazioni del diritto internazionale commesse in occasione delle elezioni presidenziali, non poteva essere addotta a giustificazione del predetto inadempimento.
Nel giudizio dinanzi al TAR Lazio si è costituita la Presidenza del Consiglio dei ministri, eccependo la natura di atto politico della lettera di garanzia di cui si lamentava il mancato rilascio.
2. - Il Tribunale amministrativo regionale, con sentenza del 23 marzo 2021, ha rigettato il ricorso, ravvisando il difetto assoluto di giurisdizione.
Il TAR ha rilevato che il mancato inoltro di tale lettera non configura un silenzio impugnabile in sede giurisdizionale, trattandosi di un atto ascrivibile al genus dell'atto politico in quanto imputabile ai vertici della Repubblica Italiana e diretto al Presidente della Repubblica di Bielorussia.
Secondo il Tribunale, l'adozione della lettera non si potrebbe qualificare alla stregua di un provvedimento amministrativo.
3. - Con sentenza pubblicata il 29 ottobre 2021, il Consiglio di Stato ha rigettato il gravame - in pendenza del quale, in data 28 aprile 2021, la lettera di garanzia era stata adottata - per difetto assoluto di giurisdizione.
Il giudice amministrativo d'appello ha ribadito la qualificazione in termini di atto politico della lettera di garanzia sul benessere dei minori adottandi diretta al Presidente della Repubblica di Belarus, non solo in ragione dei rapporti intercorrenti fra l'Unione Europea e la Repubblica di Bielorussia a seguito della risoluzione del Parlamento Europeo del 17 settembre 2020, ma anche in virtù della natura di trattato internazionale del Protocollo di collaborazione stipulato fra l'Italia e la Bielorussia in materia di adozioni internazionali. Tale Protocollo, ha sottolineato il Consiglio di Stato, essendo volto a regolamentare esclusivamente i rapporti tra le parti stipulanti sul piano dell'ordinamento internazionale, spiega i propri effetti unicamente nei confronti degli Stati coinvolti, unici destinatari delle sue disposizioni: in quanto tale, esso non si ap-palesa idoneo a dare vita, in capo ai privati, a posizioni giuridiche soggettive - di diritto soggettivo o di interesse legittimo pretensivo -, coercibili mediante l'intervento dell'autorità giurisdizionale.
Secondo il Consiglio di Stato, le norme pattizie volte a imporre un determinato contegno ad uno degli Stati parte del Protocollo (tra cui, appunto, l'art. 9 sull'adozione della lettera di garanzia) hanno quale unico effetto la creazione di obblighi sul piano internazionale, e non già l'ampliamento della sfera giuridica soggettiva dei privati comunque incisi dal contenuto del trattato.
4. - Per la cassazione della sentenza del Consiglio di Stato la AAA Associazione Adozioni Alfabeto ha interposto ricorso, con atto notificato il 22 aprile 2022, sulla base di un unico, articolato motivo.
La Presidenza del Consiglio dei ministri ha resistito con controricorso.
5. - Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale.
In prossimità della Camera di consiglio, il Pubblico Ministero ha depositato conclusioni scritte, chiedendo l'accoglimento del ricorso.
La Presidenza del Consiglio dei ministri ha depositato una memoria illustrativa.
Motivi della decisione
1. - Con il motivo di ricorso, l'Associazione Adozioni Alfabeto si duole che la sentenza impugnata abbia qualificato la lettera di garanzia di cui all'art. 9 del Protocollo di collaborazione tra l'Italia e la Bielorussia atto politico, come tale non giustiziabile, anzichè quale atto amministrativo, impugnabile ai sensi dell'art. 113 Cost. e art. 7 cod. proc. amm..
Ad avviso della ricorrente, gli spazi per il riconoscimento della natura politica di un atto si sarebbero progressivamente erosi in favore della necessità, discendente tanto dai vincoli costituzionali quanto dai condizionamenti del diritto unionale, di non limitare l'accesso alla tutela giurisdizionale. Là dove un atto, quand'anche connotato da ampi margini di discrezionalità in capo all'amministrazione, sia vincolato al rispetto di disposizioni di qualsiasi rango, esso, secondo l'Associazione ricorrente, sarebbe sempre sindacabile.
Sostiene la ricorrente che la lettera di garanzia sul benessere dei minori adottandi difetterebbe del requisito oggettivo dell'atto politico, perchè vi sarebbe una norma - l'art. 9 del Protocollo di collaborazione tra l'Italia e la Bielorussia - che ne detta la disciplina e che, pertanto, costituisce il parametro in base al quale valutarne, in sede giurisdizionale, la legittimità. Il Protocollo di intesa in materia di adozioni internazionali, infatti, scandirebbe l'iter di adozione, procedimentalizzando ogni fase di quest'ultimo, compresa, all'art. 9, quella relativa al rilascio della lettera di garanzia. Di conseguenza, essendo l'azione di governo plasmata da precisi vincoli posti da norme giuridiche, volte a dettare limiti e ad indirizzare l'esercizio del potere, quest'ultimo non sarebbe sottratto al sindacato giurisdizionale, essendo il rispetto di tali vincoli un presupposto di legittimità dell'atto stesso. La lettera di garanzia, formando oggetto di specifica previsione normativa (l'art. 9 del Protocollo) che, nel procedimentalizzarla, ne stabilisce l'obbligatorietà, perderebbe l'immunità giurisdizionale propria dell'atto politico, sussistente solo là dove la fonte normativa si astenga dal conformare le finalità dell'esercizio del potere. L'esistenza dell'art. 9 del Protocollo d'intesa, in definitiva, circoscrivendo la discrezionalità spettante alla Commissione per le adozioni internazionali della Repubblica Italiana nell'adot-tare la lettera di garanzia e predeterminando i modi di esercizio del relativo potere, sarebbe incompatibile con la natura politica dell'atto.
Ad avviso dell'Associazione ricorrente, si sarebbe, piuttosto, dinanzi ad un atto di alta amministrazione che, rientrando nel novero degli atti amministrativi, non eliderebbe l'obbligo della Presidenza del Consiglio dei ministri, per il tramite della CAI, di rilasciare la lettera di garanzia entro i termini stabiliti dal Protocollo.
A tale obbligo, in ragione dell'efficacia erga omnes delle norme contenute nei trattati internazionali, farebbe da contraltare l'esistenza, in capo al privato, del diritto di agire dinanzi al giudice per la tutela dei diritti fondamentali lesi dalla violazione delle disposizioni pattizie.
2. - Preliminarmente, deve essere esaminata l'eccezione di inammissibilità sollevata dalla controricorrente Presidenza del Consiglio dei ministri.
Secondo la difesa erariale, il ricorso sarebbe inammissibile per difetto di interesse conseguente alla cessazione della materia del contendere, giacchè il Ministro per le pari opportunità e la famiglia, ricevuta la delega dal Presidente del Consiglio dei ministri alle funzioni di indirizzo, di coordinamento e di promozione di iniziative nella materia delle adozioni, anche internazionali, ha inviato al Ministro dell'istruzione della Repubblica di Belarus, in data 28 aprile 2021, nella pendenza del giudizio di appello dinanzi al Consiglio di Stato, la lettera di garanzia sul benessere dei minori adottandi.
L'eccezione è infondata.
La mancanza di una condizione dell'azione, quale l'interesse ad agire, appartiene ai limiti interni della giurisdizione del giudice amministrativo, sicchè la sopravvenienza, nel corso del giudizio dinanzi al Consiglio di Stato, di una modifica della situazione di fatto - con il rilascio, da parte del Ministro competente, della lettera di garanzia, il cui mancato rilascio aveva in precedenza dato luogo all'insorgenza della controversia sul silenzio-inadempimento - non può essere surrogata da una pronuncia delle Sezioni Unite, che si risolverebbe in una statuizione, ora per allora, sul superamento di quei limiti interni.
La giurisprudenza di questa Corte è, del resto, ferma nel ribadire che, in sede di impugnazione per cassazione contro le decisioni del Consiglio di Stato per motivi attinenti alla giurisdizione, non può essere denunciato il mancato rilievo della cessazione della materia del contendere da parte del giudice speciale, in quanto l'accertamento e la valutazione dei fatti che avrebbero provocato la cessazione della materia del contendere non può mai dar luogo ad esorbitanza dai limiti del potere giurisdizionale, ma, al contrario, costituisce proprio esercizio di tale potere nella predetta materia (Cass., Sez. Un., 3 ottobre 1977, n. 4178; Cass., Sez. Un., 2 ottobre 1980, n. 5339; Cass. Sez. Un., 27 dicembre 2019, n. 34470).
3. - Passando al fondo del ricorso, la censura articolata dalla ricorrente è meritevole di accoglimento.
4. - Si tratta di stabilire se sia sindacabile da parte del giudice il mancato rilascio della lettera di garanzia sul benessere dei minori adottandi o se, al contrario, non vi sia spazio per un'azione diretta a far valere l'illegittimità del silenzio, essendosi in presenza di un atto politico, con conseguente difetto assoluto di giurisdizione.
5. - Con la sentenza impugnata, il Consiglio di Stato ha ravvisato il difetto assoluto di giurisdizione.
Alla ragione individuata dal TAR - correlata alla situazione venutasi a creare tra i Paesi membri dell'Unione Europea, da una parte, e la Repubblica di Bielorussia, dall'altra, in seguito alla risoluzione del Parlamento Europeo del 17 settembre 2020, che è pervenuto alla decisione di non riconoscere L.A. quale Presidente della (Omissis) - il Consiglio di Stato ne ha aggiunta un'altra.
Secondo il giudice amministrativo d'appello, l'attività cui la Repubblica Italiana sarebbe tenuta in base all'art. 9 del Protocollo costituisce un atto politico anche perchè destinata ad esaurire i suoi effetti diretti sul versante dei rapporti fra Stati e sul piano del solo ordinamento (di diritto) internazionale.
6. - Occorre premettere che il difetto assoluto di giurisdizione è configurabile quando manca nell'ordinamento una norma di diritto astrattamente idonea a tutelare l'interesse dedotto in giudizio, sicchè la domanda non risulta conoscibile da alcun giudice. In tale evenienza tutti i giudici sono tenuti ad arretrare, a farsi da parte rispetto ad una materia che non può formare oggetto di cognizione giurisdizionale (Cass., Sez. Un., 16 marzo 2022, n. 8600; Cass., Sez. Un., 1 giugno 2023, n. 15601).
Così, per rimanere ad alcuni esempi tratti dalla casistica giurisprudenziale, la proposizione, in sede civile, di un'azione risarcitoria diretta contro un magistrato per fatti commessi nell'esercizio delle funzioni giudiziarie, configura - ai sensi della L. n. 117 del 1988, art. 2, in forza del quale l'azione diretta di danno può essere proposta unicamente nei confronti dello Stato, salva l'ipotesi disciplinata dall'art. 13 della stessa legge - una fattispecie di improponibilità assoluta e definitiva della domanda, in quanto concernente un diritto non configurato in astratto a livello normativo dall'ordinamento (Cass., Sez. Un., 9 marzo 2020, n. 6690).
Del pari, non è giustiziabile la pretesa relativa alle modalità e ai contenuti dell'esercizio della funzione legislativa, che necessariamente esula dall'ambito della giurisdizione, in quanto al giudice non compete sindacare il modo in cui lo Stato esplica le proprie funzioni sovrane, funzioni in rapporto alle quali non è dato configurare una situazione di interesse protetto a che gli atti in cui esse si manifestano assumano o non assumano un determinato contenuto (Cass., Sez. Un., 29 maggio 2023, n. 15058).
Allo stesso modo, la domanda giudiziale volta a negare la sovranità dello Stato italiano su una porzione del proprio territorio, chiedendo al giudice ordinario di riconoscere l'esistenza di un'altra entità statuale, rientra nel perimetro del difetto assoluto di giurisdizione in quanto comporta, non già la delibazione di una posizione di diritto o di interesse legittimo, ma un sindacato sulla configurazione costituzionale dello Stato italiano, di cui viene messa in discussione, a monte, la stessa ridefinizione dei confini territoriali o, comunque, il loro assetto (Cass., Sez. Un., 16 marzo 2022, n. 8600, cit.).
Nel medesimo ordine di idee, si è statuito che la pretesa del cittadino rivolta ad ottenere una quota proporzionale del "signoraggio" monetario esula dall'ambito della giurisdizione, sia del giudice ordinario che del giudice amministrativo, in quanto al giudice non compete sindacare il modo in cui lo Stato esplica le proprie funzioni sovrane, tra le quali sono indiscutibilmente comprese quelle di politica monetaria, di adesione a trattati internazionali e di partecipazione ad organismi sovranazionali, funzioni in rapporto alle quali non è dato configurare una situazione di interesse protetto a che gli atti in cui esse si manifestano assumano o non assumano un determinato contenuto (Cass., Sez. Un., 21 luglio 2006, n. 16751).
Nella stessa prospettiva, si è dichiarato il difetto assoluto di giurisdizione sull'azione popolare promossa da alcuni cittadini elettori per ottenere la declaratoria di nullità della Delibera con la quale il consiglio comunale aveva conferito la cittadinanza onoraria all'allora presidente del (Omissis). La cittadinanza onoraria - conferita dal consiglio comunale nell'ambito di un'attività libera ed autonoma, non soggetta ad alcuna normazione e non vincolata ad un fine desumibile dal sistema - costituisce un titolo onorifico, con valenza meramente simbolica, e non conferisce alcuna posizione soggettiva in capo al destinatario; ne consegue che il cittadino elettore non ha una pretesa giustiziabile a far valere vizi di legittimità della relativa deliberazione di conferimento, neppure con l'azione popolare di cui all'art. 9 del T.U. delle leggi sugli enti locali (Cass., Sez. Un., 1 giugno 2023, n. 15601, cit.).
7. - Nella specie, il difetto assoluto di giurisdizione è stato dichiarato dalla sentenza impugnata sulla base della qualificazione come atto politico della lettera di garanzia sul benessere dei minori adottandi, prevista dall'art. 9 del Protocollo. La controversia avente ad oggetto l'accertamento del silenzio-inadempimento non avrebbe un giudice perchè sarebbe stata proposta contro un atto espressione dell'esercizio del potere politico.
8. - Il Collegio delle Sezioni Unite esclude che nel mancato rilascio della lettera di garanzia sul benessere dei minori ricorrano i tratti tipologici dell'atto politico.
9. - L'art. 7, comma 1, ultimo periodo, cod. proc. amm. - riprendendo una previsione già contenuta nell'art. 31 del T.U. delle leggi sul Consiglio di Stato (approvato con il R.D. n. 1054 del 1924), e, prima ancora, nell'art. 3, comma 2, della legge istitutiva della IV Sezione del Consiglio di Stato (L. n. 5992 del 1889) - esclude dall'ambito della giurisdizione del giudice amministrativo gli atti ed i provvedimenti emanati dal Governo nell'esercizio del potere politico.
Per qualificare un atto come politico, la giurisprudenza (Cons. Stato, Sez. IV, 7 giugno 2022, n. 4636) richiede due requisiti: sotto il profilo soggettivo, l'atto deve provenire da un organo preposto all'indirizzo e alla direzione della cosa pubblica al massimo livello; sotto il profilo oggettivo, l'atto deve essere libero nel fine perchè riconducibile a scelte supreme dettate da criteri politici, deve concernere, cioè, la costituzione, la salvaguardia o il funzionamento dei pubblici poteri nella loro organica struttura e nella loro coordinata applicazione.
E' ritenuto tale non l'atto amministrativo che sia stato emanato sulla base di valutazioni specificamente di ordine politico, ma solo l'atto che sia esercizio di un potere politico.
Gli atti politici sono gli atti posti in essere da un organo costituzionale nell'esercizio della funzione di governo, e quindi nell'attuazione dell'indirizzo politico (costituzionale o di maggioranza): non sono, quindi, espressione di una funzione amministrativa. Gli atti adottati nell'esercizio delle funzioni politiche del Governo sfuggono al sindacato giurisdizionale del giudice comune e attengono alla sfera della responsabilità politica del Governo. In ordine ad essi può essere promosso, se ve ne sono le condizioni, conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato davanti alla Corte costituzionale.
La nozione di atto politico è di stretta interpretazione e ha carattere eccezionale, perché altrimenti si svuoterebbe di contenuto la garanzia della tutela giurisdizionale, che la Costituzione assicura come indefettibile e con i caratteri della effettività e della accessibilità.
Il principio di giustiziabilita' degli atti del pubblico potere, di soggezione del potere alla legge ogni qualvolta esso entra in rapporto con i cittadini, costituisce un profilo basilare della Costituzione italiana.
L'impugnabilità dell'atto è la regola: una regola orientata ad offrire al cittadino una concreta protezione della propria sfera soggettiva individuale contro le molteplici espressioni di potere in cui si concreta l'azione della pubblica amministrazione.
Il diritto vivente conferma la recessività della nozione di atto politico, che coincide con gli atti che attengono alla direzione suprema generale dello Stato considerato nella sua unità e nelle sue istituzioni fondamentali.
L'esistenza di aree sottratte al sindacato giurisdizionale è confinata entro limiti rigorosi (Cass., Sez. Un., 2 maggio 2019, n. 11588, cit.). Non e', quindi, soggetto a controllo giurisdizionale solo un numero estremamente ristretto di atti in cui si realizzano scelte di specifico rilievo costituzionale e politico; atti che non sarebbe corretto qualificare come amministrativi e in ordine ai quali l'intervento del giudice determinerebbe un'interferenza del potere giudiziario nell'ambito di altri poteri (Cons. Stato, Sez. V, 27 luglio 2011, n. 4502).
E' questo il caso, per esempio, del provvedimento con il quale il Governo ha autorizzato l'ampliamento di una base militare U.S.A. nel nostro Paese (Cons. Stato, Sez. V, 29 luglio 2008, n. 3992) o del diniego del Consiglio dei ministri sull'istanza finalizzata all'avvio delle procedure per la conclusione di un'intesa ai sensi dell'art. 8 Cost. (Cons. Stato, Sez. IV, 7 giugno 2022, n. 4636, cit.); o, ancora, della determina con cui i Presidenti dei due rami del Parlamento hanno provveduto a nominare, ai sensi dell'art. 10 della L. n. 287 del 1990, il presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato (TAR Lazio, 16 luglio 2020, n. 8162). Rientra nella categoria dell'atto politico la decisione di concentrare in un'unica data le elezioni amministrative ed Europee (TAR Catania, 10 ottobre 2014, n. 2725), sulla base del rilievo che si tratta di una espressione della funzione di direzione e di indirizzo politico del Paese alla quale sono connesse pure esigenze di contenimento della spesa pubblica.
Per contro, in molteplici casi nei quali si è posto il problema di applicare l'art. 7 cod. proc. amm. (o il precedente art. 31 del T.U. sul Consiglio di Stato) sull'atto politico a fronte di atti produttivi di effetti che pure presentavano elementi di politicità, si è escluso detto carattere, affermandone la sindacabilità in sede giurisdizionale.
E' stata esclusa la natura di atto politico dell'atto di indizione delle elezioni regionali, venendo in rilievo un procedimento amministrativo caratterizzato dall'esercizio di potestà pubbliche vincolate sulla scorta di precetti legislativi puntuali relativi all'an e al quando dell'atto di indizione della procedura elettorale, in guisa da escludere il suum dell'atto politico, rappresentato dalla sussistenza di una libertà nel fine che impedisce, in ragione dell'assenza del necessario parametro giuridico, l'estrinsecazione del sindacato giurisdizionale (Cons. Stato, Sez. V, 27 novembre 2012, n. 6002).
Ha natura non di atto politico ma di atto amministrativo la direttiva del Ministro dell'economia e delle finanze al direttore generale del Dipartimento del tesoro finalizzata ad ottenere che il presidente del consiglio d'amministrazione della RAI, partecipata per il 99,56% dal Ministro dell'economia, convochi l'assemblea dei soci per deliberare la revoca di un consigliere d'amministrazione della società e procedere alla sua sostituzione con un nuovo amministratore (TAR Lazio, 16 novembre 2007, n. 11271); ancora, non costituisce atto politico la nomina del segretario generale del Consiglio regionale (Cass., Sez. lav., 7 ottobre 2022, n. 29206), e neppure il provvedimento di scioglimento di un'associazione politica e di confisca dei suoi beni (Cons. Stato, Sez. IV, 21 giugno 1974, n. 452).
A fronte dell'azione risarcitoria promossa da una società privata per l'inerzia dello Stato italiano nell'attivazione dei principi di reciprocità e difesa della marina mercantile nazionale (rispetto al collegamento marittimo Italia-Marocco), in ragione del mancato esercizio dei poteri di cui alla L. 3 marzo 1987, n. 69, art. 1 - volti a difendere la marina mercantile nazionale e a disciplinare i traffici commerciali marittimi per la tutela dell'interesse nazionale - la statuizione del giudice amministrativo secondo cui non sussisterebbe alcuna posizione giuridica tutelabile, poichè l'istituto della protezione diplomatica avrebbe natura di atto politico, come tale sottratto ad ogni sindacato giurisdizionale, si risolve - ha affermato Cass., Sez. Un., 19 ottobre 2011, n. 21581 - in un illegittimo diniego di giurisdizione. Infatti, i poteri previsti della L. n. 69 del 1987, citato art. 1, sono esercitati su proposta di una commissione tecnica e non di un organo politico, esulando, dunque, dal novero degli atti politici per rientrare in quelli di alta amministrazione, venendo così in rilievo inalienabili posizioni di interesse legittimo sulle quali il giudice amministrativo è tenuto ad esercitare la propria giurisdizione.
10. - Ai fini della giustiziabilita' dell'atto, accanto ai caratteri del provvedimento, occorre guardare alla dimensione sostanziale della legalità, la quale richiede che l'atto di esercizio del potere sia suscettibile di essere confrontato con le norme che lo disciplinano. Va inoltre valutata la presenza di interessi giuridicamente rilevanti: se mancano situazioni qualificate differenziate o si è in presenza di interessi di mero fatto, allora e' possibile parlare di atto non sindacabile proprio perchè non tocca direttamente situazioni giuridiche. Nel difetto di un interesse privato direttamente offeso manca la materia del giudizio, manca la persona cui possa riconoscersi l'azione per promuoverlo.
La chiave di volta ai fini del giudizio di insindacabilità di un atto del potere pubblico è costituita, in generale, dalla mancanza di specifici parametri giuridici protesi a riconoscere posizioni di vantaggio meritevoli di protezione.
Viene in rilievo, infatti, l'art. 101 Cost., comma 2, il quale, nel fissare il principio della soggezione dei giudici soltanto alla legge, individua nella legge il fondamento e la misura del sindacato ad opera del giudice.
Ciò significa che, in assenza di un parametro giuridico alla politica, il sindacato deve arrestarsi: per statuto costituzionale, il giudice non può essere chiamato a fare politica in luogo degli organi di rappresentanza. Lo preclude il principio ordinamentale della separazione tra i poteri. La "zona franca" è il riflesso della presenza di una politicità dell'atto che non si presta ad una rilettura giuridica. L'insindacabilità è il predicato di un atto non sottoposto dall'ordinamento a vincoli di natura giuridica.
Ove, viceversa, vi sia predeterminazione dei canoni di legalità, quello stesso sindacato si appalesa doveroso. Il giudice, quale che sia il plesso di appartenenza, è non solo rispettoso degli ambiti di attribuzione dei poteri, ma anche, sempre per statuto costituzionale, garante della legalita', e quindi non arretra là dove gli spazi della discrezionalità politica siano circoscritti da vincoli posti da norme che segnano i confini o indirizzano l'esercizio dell'azione di governo.
La giustiziabilita' dell'atto dipende dalla regolamentazione sostanziale del potere.
Se dunque esiste una norma che disciplina il potere, che ne stabilisce limiti o regole di esercizio, per quella parte l'atto è suscettibile di sindacato.
Si tratta di un approccio coerente con gli approdi della giurisprudenza costituzionale.
Con la sentenza n. 81 del 2012, la Corte costituzionale ha stabilito che gli spazi della discrezionalità politica trovano i loro confini nei principi di natura giuridica posti dall'ordinamento tanto a livello costituzionale quanto a livello legislativo; e quando il legislatore predetermina canoni di legalità, ad essi la politica deve attenersi in ossequio ai fondamentali principi dello Stato di diritto. Nella misura in cui l'ambito di estensione del potere discrezionale, anche quello amplissimo che connota un'azione di governo, è circoscritto da vincoli posti da norme giuridiche che ne segnano i confini o ne indirizzano l'esercizio, il rispetto di tali vincoli costituisce un requisito di legittimità e di validità dell'atto, sindacabile nelle sedi appropriate.
Il principio è stato ribadito nella successiva sentenza n. 52 del 2016, con la quale la Corte costituzionale ha sottolineato che la scelta di avviare le trattative con le confessioni religiose non e' oggetto di alcuna disciplina specifica che rechi una puntuale regolazione del procedimento di stipulazione delle intese e che, in mancanza di essa, la giustiziabilita' del diniego opposto all'avvio delle trattative costituirebbe un elemento dissonante. Da questa premessa la Corte ha fatto discendere l'insussistenza della configurabilità nel nostro ordinamento di una pretesa giustiziabile all'avvio delle trattative, risolvendo il conflitto in favore del Governo e affermando l'insindacabilità del diniego.
Questa prospettiva metodologica informa gli svolgimenti della giurisprudenza, del Consiglio di Stato e di questa Corte regolatrice.
Il giudice amministrativo è giunto alla conclusione che l'insindacabilità in sede giurisdizionale dell'atto va esclusa in presenza di una norma che predetermina le modalità di esercizio della discrezionalità politica o che comunque la circoscriva: è impugnabile l'atto, pur promanante dall'autorità amministrativa cui compete la funzione di indirizzo politico e di direzione al massimo livello della cosa pubblica, la cui fonte normativa riconosce l'esistenza di una situazione giuridica attiva protetta dall'ordinamento riferita ad un bene della vita oggetto della funzione svolta dall'amministrazione (Cons. Stato, Sez. I, 19 settembre 2019, n. 2483).
E queste Sezioni Unite (Cass., Sez. Un., 2 maggio 2019, n. 11588, cit.) hanno statuito che la richiesta di promovimento del conflitto di attribuzioni rivolta da un consigliere regionale alla Regione non è sorretta da un interesse protetto dall'ordinamento giuridico, attenendo tale conflitto alla delimitazione dei poteri costituzionalmente riservati all'ente, al quale soltanto spetta la decisione, contraddistinta da ampia discrezionalità e da connotati di politicità, di proporre il ricorso ex art. 134 Cost.; e ne hanno fatto derivare che la pretesa del terzo di ottenere l'esercizio di tale prerogativa non è azionabile in giudizio, senza che sia ravvisabile la lesione dell'art. 6 della Convenzione Europea dei diritti dell'uomo e dell'art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, dal momento che il diritto di accesso ad un tribunale postula l'esistenza di una posizione giuridica tutelata nell'ordinamento interno.
11. - Poste queste premesse di inquadramento, va escluso, diversamente da quanto ritenuto dalla sentenza impugnata, che la configurabilità come atto politico della lettera di garanzia sul benessere dei minori adottandi derivi dalla sua incidenza "sulle relazioni internazionali intrattenute dallo Stato Italiano nei confronti dello Stato della Bielorus-sia", e dal suo muoversi in "un ambito non giuridicamente predeterminato e libero nei fini".
Invero, il Protocollo di collaborazione tra la Commissione per le adozioni internazionali presso la Presidenza del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana e il Ministero dell'istruzione della Repubblica di Belarus in materia di adozione dei cittadini minorenni della Repubblica di Belarus da parte dei cittadini italiani ha una natura meramente operativa e attuativa.
Come esattamente sottolinea il Pubblico Ministero nella requisitoria, esso contiene mere disposizioni procedurali finalizzate a rendere fluida la comunicazione tra le autorità centrali dei due Paesi, rappresentando un atto nel quale si realizza quella funzione di collaborazione con le autorita' centrali che la L. n. 184 del 1983, art. 39, comma 1, lett. a), come modificata dalla L. n. 476 del 1998, di ratifica della Convenzione dell'Aja, e del D.P.R. n. 108 del 2007, art. 6, comma 1, lett. a), attribuiscono espressamente alla CAI.
L'assenza di una sostanziale innovazione alla normativa nazionale e internazionale vigente trova una conferma non solo nella finalità e nella funzione di collaborazione, le quali emergono fin dal titolo e dal preambolo, ma anche nella previsione (art. 1) secondo cui il Protocollo "si applica in conformità alla legislazione della Repubblica Italiana e della Repubblica di Belarus, ai principi fondamentali della Convenzione sulla protezione dei minori e sulla cooperazione internazionale del 29 maggio 1993, nel rispetto degli accordi internazionali in materia di diritti del fanciullo e sulla tratta degli esseri umani, al fine di prevenire ed escludere qualunque violazione dei diritti dei minori, nonchè degli obblighi derivanti dalla appartenenza dell'Italia all'Unione Europea".
12. - In quest'ambito si colloca l'art. 9 del Protocollo, ai cui sensi la Commissione per le adozioni internazionali presso la Presidenza del Consiglio dei ministri "trasmette ufficialmente alla Parte bielorussa l'elenco aggiornato dei cittadini della Repubblica Italiana che desiderano adottare i minori bielorussi (di seguito "l'elenco aggiornato"), corredato della lettera di garanzia sul benessere dei minori adottandi diretta al Presidente della Repubblica di Belarus, firmata dai vertici della Repubblica Italiana".
La lettera di garanzia è un atto necessario e concordato fra l'Italia e la Bielorussia per finalizzare l'adozione e dare ai bambini orfani o abbandonati un futuro migliore.
Con esso si attesta che i coniugi adottanti sono in possesso di tutti i requisiti prescritti per l'adozione internazionale dalle norme vigenti e sono in grado di garantire all'adottando un futuro stabile e carico d'amore e che l'inserimento del minore nella famiglia che lo ha accolto è conforme al suo superiore interesse.
La lettera di garanzia si inserisce - lo sottolinea il Pubblico Ministero nelle conclusioni scritte - nel contesto delle condizioni procedurali dell'adozione internazionale regolate dalla Convenzione dell'Aja. L'art. 15 della Convenzione, infatti, prevede che l'autorità centrale dello Stato di accoglienza, se ritiene che i richiedenti sono qualificati ed idonei per l'adozione, redige una relazione contenente informazioni sulla loro identità, capacità legale ed idoneità all'adozione, sulla loro situazione personale, familiare e sanitaria, sul loro ambiente sociale, sulle motivazioni che li determinano, sulla loro attitudine a farsi carico di un'ado-zione internazionale, nonchè sulle caratteristiche dei minori che essi sarebbero in grado di accogliere.
13. - La lettera di garanzia contemplata dal citato Protocollo di collaborazione tra la Commissione per le adozioni internazionali e il Ministero dell'istruzione della Repubblica di Belarus non costituisce un atto politico.
14. - Non lo è perché non rappresenta un atto libero nel fine, come tale riconducibile a scelte supreme dettate da criteri politici concernenti la costituzione, la salvaguardia o il funzionamento dei pubblici poteri nella loro organica struttura e nella loro coordinata applicazione.
Non si è di fronte, cioè, ad un atto che attiene alla direzione suprema generale dello Stato considerato nella sua unità e nelle sue istituzioni fondamentali.
Si è in presenza, piuttosto, di un atto che esprime una funzione procedurale di collaborazione, la quale si esplica nell'attestazione del possesso in capo ai coniugi adottanti di tutti i requisiti prescritti per l'adozione internazionale dalle norme vigenti, tra cui la disponibilità e l'idoneità all'accoglienza del minore, e nella certificazione che l'inserimento del fanciullo nella nuova famiglia è conforme ai principi fondamentali fissati dalla Convenzione sulla protezione dei minori e sulla cooperazione internazionale e idoneo ad assicurare il superiore interesse del bambino.
Una conferma di questa conclusione si trae dal contenuto della lettera sottoscritta, nel corso del giudizio di appello, in data 28 aprile 2021, dal Ministro competente e trasmessa all'autorità centrale della Bielorussia.
Il contenuto della lettera evidenzia l'assenza di riferimenti di natura politica e si limita alla trasmissione dei nominativi delle coppie italiane che, avendo stabilito ormai un sincero rapporto di affetto con i bimbi accolti durante i soggiorni di risanamento, hanno intrapreso il percorso mirato alla loro adozione. Seguono affermazioni quali l'apprezzamento per il raggiungimento di ottimi risultati nel delicato tema delle adozioni, la soddisfazione per la collaborazione dimostrata dalle autorità bielorusse e l'assicurazione del rilievo, centrale nel sistema italiano, del superiore interesse del minore, anche al fine di garantire all'adottando un futuro stabile e un ambiente affettivamente idoneo.
Dell'atto politico, nella lettera di garanzia sul benessere dei minori adottandi non si riscontra, pertanto, il requisito oggettivo. La funzione procedurale di collaborazione si innesta su una regolamentazione che a vari livelli, internazionale e nazionale, segna i confini e indirizza l'esercizio dei compiti amministrativi affidati, anche in ragione della sua composizione, alla Commissione per le adozioni internazionali. La mera sottoscrizione della lettera di garanzia da parte del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche della famiglia, che la presiedono, non vale a connotarla come atto politico, giacchè la certificazione della conformità dell'adozione al benessere del minore non attiene alla direzione suprema generale dello Stato, ma è atto rivolto alla assicurazione della tutela della persona dell'adottando e dei suoi diritti fondamentali nella situazione concreta, secondo i suoi bisogni e le sue esigenze e tenendo conto della relazione di affetto destinata a manifestarsi nell'accoglienza della nuova dimensione familiare. La lettera di garanzia sul benessere dei minori adottandi rappresenta un adempimento rivolto ad assicurare che il nuovo ambiente familiare è in grado di offrire un clima di serenità, di affetto e di comprensione per lo sviluppo senza ulteriori traumi della personalità del bambino orfano o abbandonato.
15. - D'altra parte, le motivazioni politiche alla base dell'adozione, o dell'inerzia nella emanazione, della lettera di garanzia sul benessere dei minori adottandi diretta al Presidente della Repubblica di Belarus non ne snaturano la qualificazione, non rendono, cioè, politico un atto che e', e resta, ontologicamente amministrativo.
Deve pertanto escludersi che le motivazioni della inerzia - correlate alla situazione venutasi a creare tra i Paesi membri dell'Unione Europea, da una parte, e la Repubblica di Bielorussia, dall'altra, in seguito alla risoluzione del Parlamento Europeo del 17 settembre 2020, che è pervenuto alla decisione di non riconoscere L. quale Presidente della (Omissis) - valgano a immutare la sostanza di un adempimento procedurale finalizzato alla collaborazione tra la Commissione per le adozioni internazionali e la Parte bielorussa, nel quadro dei principi fondamentali della Convenzione sulla protezione dei minori e sulla cooperazione internazionale.
16. - Diversamente da quanto statuito dalla sentenza impugnata, la non giustiziabilita' dell'inerzia non può neppure fondarsi sul rilievo che l'attività contemplata dall'art. 9 del Protocollo di collaborazione sarebbe destinata a riflettere ed esaurire i suoi effetti diretti sul versante dei rapporti tra Stati e sul piano del solo ordinamento di diritto internazionale, senza dare vita nell'ordinamento nazionale a diritti soggettivi o interessi legittimi coercibili mediante la proposizione di questa o quella azione giurisdizionale da parte dei singoli.
Ad avviso del Collegio, la previsione dell'art. 9 del Protocollo di collaborazione non produce soltanto obblighi internazionali per gli Stati, ma può essere invocata a proprio vantaggio da parte dei soggetti - coniugi aspiranti o enti autorizzati - portatori di interessi qualificati alla positiva e legittima conclusione delle procedure finalizzate alle adozioni internazionali; come tale, è suscettibile di essere applicata direttamente dal giudice interno e assistita da tutti gli strumenti di garanzia attraverso i quali l'ordinamento garantisce l'attuazione di norme interne.
Converge in questa direzione il rilievo, messo in luce anche nella requisitoria della Procura Generale, dell'esistenza di un reticolo di disposizioni e di principi fondamentali - dalla legislazione interna sull'adozione alla Convenzione dell'Aja sulla protezione dei minori e sulla cooperazione internazionale alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del minore - che, nel loro complesso, per un verso riconoscono che l'adozione internazionale può offrire l'opportunità di dare una famiglia stabile a quei minori per i quali non può essere trovata una famiglia idonea nel loro Stato di origine e, per l'altro verso, delineano una piattaforma di misure e di regole atte a garantire che le adozioni internazionali si facciano nell'interesse superiore del minore e nel rispetto dei suoi diritti fondamentali, e che siano evitate la sottrazione, la vendita e la tratta dei minori.
In questa prospettiva, centrale è il ruolo della Commissione per le adozioni internazionali, chiamata a cooperare con le autorità centrali degli altri Stati, competente ad autorizzare gli organismi ritenuti idonei a curare le pratiche di adozione internazionale e a vigilare sulla loro attività e con il compito di dichiarare che l'adozione curata dall'organismo autorizzato risponde al superiore interesse del minore e di certificare la conformità dell'adozione alla Convenzione.
Le condizioni procedurali dell'adozione internazionale fissate da tali norme consentono di individuare enti autorizzati e coniugi aspiranti titolari di posizioni giuridiche tutelate dall'ordinamento e portatori di interessi qualificati in vista della positiva conclusione dell'iter.
Tenuto conto del concreto contenuto delle sue previsioni, meramente integrative del quadro della legislazione esistente in una prospettiva procedurale di collaborazione, il Protocollo, là dove contempla la lettera di garanzia sul benessere dei minori adottanti, non ha bisogno di essere trasformato nel suo contenuto normativo attraverso corrispondenti norme interne per far sorgere posizioni soggettive nel caso si riscontrino inadempimenti o inerzie lesive di interessi qualificati.
17. - Poichè la situazione giuridica fatta valere in giudizio e' in astratto giustiziabile e non si è in presenza di un atto politico, ha errato il Consiglio di Stato a dichiarare il difetto assoluto di giurisdizione, ritraendosi dal conoscere la controversia avente ad oggetto l'accertamento del silenzio-inadempimento per la mancata adozione della lettera di garanzia, atto necessario per procedersi all'adozione internazionale di minori di nazionalità bielorussa.
18. - La sentenza impugnata è cassata.
La causa deve essere rinviata al Consiglio di Stato.
Le spese del giudizio di cassazione sono integralmente compensate tra le parti, stante la complessità e la novità delle questioni trattate.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa al Consiglio di Stato. Dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del giudizio di cassazione.
29-10-2023 11:49
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