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Sentenza

In ordine alla distinzione tra il contratto di vendita di erbe e il contratto di...
In ordine alla distinzione tra il contratto di vendita di erbe e il contratto di affitto agrario, assume decisivo rilievo lo scopo perseguito dalle parti, che, nel primo caso è diretto solo all’alienazione dell’erba prodotta e considerata come bene distinto dal terreno con conseguente limitazione dell’attività dell’acquirente alla mera raccolta di essa, restando estranea all’economia del contratto la gestione produttiva del fondo; nel secondo caso (affitto di terreno pascolativo), invece, l’intento delle parti è diretto al godimento del terreno pascolativo, nel senso che il diritto dell’affittuario di far propria l’erba si inquadra in una gestione produttiva del fondo, che è libero di organizzane a suo piacimento, sicché l’uso del terreno costituisce il mezzo indispensabile per l’esercizio dell’attività produttiva.
Tribunale Caltagirone Civile Sentenza 18 gennaio 2024

Data udienza 18 gennaio 2024
La competenza funzionale della Sezione Specializzata Agraria

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI CALTAGIRONE

Sezione specializzata per le controversie agrarie

composto dai sigg. Magistrati:

dott.ssa Concetta Grillo Presidente

dott. Oriana Calvo Giudice

dott. Valeria Peritore Giudice rel. est.

per. agr. Aurelio D'Asta Esperto

per. agr. Giovanni Scollo Esperto

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

nella causa civile iscritta al numero 600 del ruolo generale degli Affari Contenziosi Civili dell'anno 2021;

TRA

(...), nato a (...), e (...), nato a Tortorici (ME) il (...), elettivamente domiciliati in Caltagirone, nella via (...), presso lo studio professionale dell'avv. (...), che li rappresenta e difende come da procura in atti;

RICORRENTI

CONTRO

(...), nato a (...), elettivamente domiciliato presso lo studio professionale dell'avv. (...), che lo rappresenta e difende giusta procura in atti;

RESISTENTE

OGGETTO: azione di rilascio di fondo rustico.

Conclusioni delle parti: come in atti.

IN FATTO E IN DIRITTO

Con ricorso per riassunzione, tempestivamente depositato il 10.5.2021, (...) e (...), riportandosi ai propri precedenti scritti difensivi, hanno chiesto dichiararsi in via preliminare: i) la competenza per materia di codesta Sezione Specializzata Agraria; ii) il difetto di legittimazione attiva del ricorrente originario (...); iii) il difetto di legittimazione passiva di (...); iv) la mancata integrazione del contraddittorio ex art. 102 c.p.c. nei confronti di (...).

Nel merito hanno chiesto: i) ricondursi il rapporto sussistente tra (...) e (...) nell'alveo dell'affitto agrario, ovvero qualificarlo diversamente; ii) dichiararsi, anche in via riconvenzionale, la nullità di tale subconcessione con conseguente subentro del subconduttore nella posizione giuridica dell'affittuario; iii) rigettarsi l'azione originariamente promossa da (...) con qualsivoglia statuizione.

I ricorrenti hanno infine chiesto la condanna del resistente al risarcimento dei danni per lite temeraria ai sensi dell'art. 96 comma I c.p.c.

A suffragio delle domande spiegate, hanno dedotto quanto segue:

- che, con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. del 17.1.2013, (...) aveva citato in giudizio gli odierni ricorrenti, chiedendo al Tribunale di Caltagirone, sezione distaccata di Grammichele, di affermare l'illegittima detenzione - da parte di (...) e (...) - del terreno sito in (...), censito al catasto del terreni di (...) al foglio 37, partt. 40, 41, 42, nonché al foglio 62, part. 22 e di ordinare loro, pertanto, il rilascio di detti fondi;

- che questi ultimi, costituiti con comparsa del 08.03.2013, si erano opposti a quanto dedotto e richiesto da controparte, formulando le medesime domande ed eccezioni ivi riproposte e deducendo in particolare di aver avuto la detenzione dei fondi di cui si tratta, in forza dei rapporti contrattuali intrattenuti con (...) nel 2006, 2008, 2009, dei quali avevano rilevato natura di affitto agrario;

- che, con sentenza n. 60/2018 del 19.1.2018, il Tribunale di Caltagirone aveva accolto la domanda di rilascio formulata dal (...) nei confronti di (...) e (...) e aveva condannato questi ultimi al rilascio dell'immobile de quo, oltre che alla rifusione delle spese legali sostenute da controparte;

- che in esecuzione di tale sentenza gli odierni ricorrenti avevano rilasciato il fondo;

- di avere proposto appello avverso la sentenza n. 60/2018, con atto di citazione del 23.5.2018 e che la Corte di Appello di Catania, con sentenza n.514 del 8.3.2021, in parziale accoglimento dell'appello proposto, ha annullato la sentenza impugnata, ha dichiarato l'incompetenza per materia del Tribunale Ordinario di Caltagirone in favore della Sezione Specializzata Agraria presso il medesimo Tribunale e ha assegnato a parte appellante termine di tre mesi dalla comunicazione del provvedimento per la riassunzione della causa.

In data 13.10.2021 si è costituto (...), il quale ha contestato tutto quanto dedotto da parte ricorrente e ha pertanto chiesto il rigetto delle domande ex adverso formulate, deducendo, in particolare:

- di essere proprietario del terreno sito in (...), censito al catasto dei terreni di Vizzini al foglio 37, partt. 40, 41,42, nonché al foglio 62, part. 22;

- che negli anni 2006, 2008 e 2009 (...), (fratello del resistente, il quale aveva ricevuto i fondi de quibus con contratti di locazione e di affitto agrario rispettivamente del 22.3.2004 e del 20.10.2005) e (...) avevano concluso contratti di vendita di veccia e che il rilascio dei fondi controversi era previsto per il mese di settembre 2010;

- che gli odierni ricorrenti, alla scadenza dei suddetti contratti, avevano iniziato ad occupare abusivamente i terreni di sua proprietà;

- che il resistente medesimo aveva sempre mantenuto il controllo dell'attività produttiva dei fondi de quibus e che questi ultimi sono sempre stati sottoposti al metodo di produzione biologico dei prodotti agricoli previsto dal Reg. CEE n. 2092/91 e ai relativi controlli periodici sulla produzione biologica;

- che l'adozione del sistema di agricoltura biologica aveva obbligato l'azienda, tra l'altro, alla rotazione colturale annuale.

Il Collegio, rigettate le richieste istruttorie formulate da parte ricorrente, ritenuta la causa matura per la decisione, ha rinviato all'udienza del 16 novembre 2023, concedendo termine fino a dieci giorni prima per il deposito di note conclusive e, successivamente, all'udienza del 18.1.2024.

All'udienza odierna, la causa è stata decisa con separato dispositivo.

Quanto alle eccezioni preliminari sollevate dalle parti, deve in primo luogo essere rigettata, in quando infondata, l'eccezione di parte resistente in ordine alla rilevata incompetenza per materia della Sezione Specializzata Agraria in favore del Tribunale Ordinario, atteso che - come pure rammentato Corte d'Appello di Catania in seno alla sentenza n. 514/2021, da cui origina il presente giudizio - "per radicare la competenza funzionale della Sezione Specializzata Agraria è necessario e sufficiente che la controversia implichi la necessità dell'accertamento, positivo o negativo, di uno dei rapporti soggetti alle speciali norme cogenti che disciplinano i contratti agrari. E ciò pur nella eventualità che il giudizio si risolva in una negazione della natura agraria della instaurata controversia, atteso che anche tale valutazione è di competenza esclusiva per materia della Sezione Specializzata Agraria". (Appello, Catania n. 514 del 2021; cfr. anche Cass. n. 15881 del 2014; Cass. n. 4595 del 2000, Cass. n. 6970 del 2000, Cass. n. 11080 del 2003, Cass. n. 447 del 2005).

Orbene, nel caso di specie, le questioni sollevate dai ricorrenti impongono la disamina del contenuto dei contratti di "vendita di veccia biologica per foraggio" sottoscritti, negli anni 2006, 2008 e 2009, da (...), nella sua qualità di affittuario/comodatario e (...), al fine di stabilire se detti accordi abbiano le caratteristiche previste dall'art. 56 della legge 203 del 1982 o se invece siano da ricondurre nell'alveo della disciplina speciale prevista dalla citata legge 203 del 1982, ai sensi dell'art. 27 della stessa.

Pertanto alla luce dei principi richiamati e in adesione a quanto stabilito dalla Corte di Appello, deve confermarsi la competenza per materia della Sezione Specializzata Agraria e deve pertanto essere rigettata l'eccezione proposta da parte resistente.

Devono parimenti essere rigettate le eccezioni preliminari di rito sollevate da parte ricorrente.

A tale riguardo, è opportuno evidenziare che (...), tramite l'azione originariamente proposta, ha chiesto la restituzione dei fondi, che erano stati oggetto degli accordi sottoscritti negli anni 2006, 2008 e 2009 da (...) e (...) e che, alla scadenza dei suddetti contratti, erano stati abusivamente occupati dai fratelli (...).

Si rileva altresì che risultano circostanze pacifiche e mai contestate tra le parti:

- che (...) è proprietario dei fondi controversi;

- che alla scadenza degli accordi di vendita di veccia, gli odierni ricorrenti, avevano rilasciato i fondi e che tuttavia, poco tempo dopo, gli stessi hanno posto in essere atti di sconfinamento sui fondi medesimi. Si evidenzia in proposito che i fratelli (...) non hanno mai contestato di avere occupato i fondi di proprietà di (...) ed hanno piuttosto addotto la legittimità della detenzione in ragione della dedotta sussistenza di un contratto di affitto agrario (cfr. pp. 17 ss. del ricorso in riassunzione);

- che i ricorrenti hanno in seguito rilasciato i fondi in esecuzione della sentenza n. 60/2018.

Tanto specificato, si osserva, in punto di diritto che, come pure confermato dalla consolidata giurisprudenza di legittimità, la domanda di restituzione di un bene, allorquando sia fondata sulla deduzione dell'arbitraria disponibilità materiale dello stesso da parte del convenuto e non accompagnata dalla contestuale richiesta di accertamento del diritto reale di proprietà, non può qualificarsi come rivendica e non integra un'azione reale, ma dev'essere qualificata come azione personale di rilascio o di restituzione e, qualora il convenuto contrapponga il suo diritto alla detenzione in base ad un titolo giuridico, la validità e persistenza di quest'ultimo diventa l'oggetto della controversia. (cfr., tra le tante, Cass., n. 23086 del 10/12/2004).

Ebbene, in applicazione di tali principi, la domanda originariamente formulata va qualificata quale azione di rilascio o restituzione, atteso che non risultano controverse né la proprietà del bene in capo a (...), né la arbitraria disponibilità materiale dello stesso da parte di (...) e (...).

Ed infatti la presente controversia si incentra sulla validità e persistenza del titolo giuridico opposto dai fratelli (...), ovvero gli accordi di "vendita di veccia biologica per foraggio" sottoscritti, negli anni 2006, 2008 e 2009, da (...), nella sua qualità di affittuario/comodatario e (...).

Alla luce delle notazioni svolte in punto di diritto, deve dunque concludersi per l'infondatezza delle eccezioni preliminari di rito sollevate dai ricorrenti in riassunzione.

In particolare, è priva di fondamento l'eccezione di difetto di legittimazione attiva di (...), essendo lo stesso incontestatamente proprietario dei fondi di cui si controverte.

Parimenti infondata si palesa l'eccezione relativa al preteso difetto di legittimazione passiva in capo a (...), fondata sul rilievo dell'estraneità dello stesso agli accordi di vendita di veccia, atteso che nella prospettazione fornita da (...), (e non contestata da controparte), l'occupazione abusiva dei fondi controversi è stata posta in essere sia da (...) sia da (...).

È appena il caso di rammentare, in proposito, il principio di diritto pacificamente espresso in giurisprudenza, alla stregua del quale "la legittimazione passiva sia nell'azione reale di rivendicazione, sia in quella personale di rilascio per detenzione senza titolo, compete al soggetto che, secondo la prospettazione attorea, sia di fatto ed illegittimamente nel possesso o nella detenzione del bene preteso" (per tutte cfr. Cass., n. 8363 del 25/5/2012).

È infine destituita di fondamento anche l'eccezione in ordine alla mancata integrazione del contraddittorio nei confronti di (...), fondata sulla circostanza per

cui gli accordi di vendita di veccia biologica per foraggio sono stati sottoscritti dallo stesso in qualità di affittuario/comodatario dei fondi controversi.

Non ricorre infatti alcuna ipotesi di litisconsorzio necessario, atteso che le domande oggetto del presente giudizio sono volte a regolare esclusivamente i rapporti tra (...) da una parte, e (...) e (...) dall'altra, e non incidono in alcun modo sulla sfera giuridica di (...).

A tutto concedere, la fattispecie in esame avrebbe potuto fondare una istanza di autorizzazione alla chiamata del terzo ex art. 106 c.p.c. (ammissibile anche nel giudizio riassunto - cfr. in proposito Cass., n. 1121 del 2022; Cass., n. 15753 del 2014), istanza che tuttavia parte ricorrente in riassunzione ha ritenuto di non formulare.

Nel merito la domanda di rilascio originariamente proposta da (...) deve ritenersi fondata per le ragioni di seguito esposte.

Come già sopra osservato, risulta circostanza inconstestata, oltre che documentalmente provata, che (...) è proprietario del terreno sito in (...), censito al catasto del terreni di Vizzini al foglio 37, partt. 40, 41,42, nonché al foglio 62, part. 22.

Risulta parimenti pacifico - ed oltretutto suffragato dalle risultanze dei procedimenti penali che hanno coinvolto le parti (cfr. sentenze del Tribunale Penale e della Corte d'Appello Penale, in atti) - che i fratelli (...), resistenti originari, hanno occupato i fondi controversi, sino al rilascio avvenuto in esecuzione alla sentenza n. 60/2018, emessa dall'intestato Tribunale il 19.1.2019.

Vale in proposito ribadire che costoro hanno in effetti ammesso tale circostanza, adducendo la legittimità della detenzione in ragione della dedotta sussistenza di un contratto di affitto agrario, nell'alveo del quale - secondo la prospettazione dei resistenti originari - andrebbero ricondotti, ex art. 27 legge 203 del 1982, gli accordi di "vendita di veccia biologica per foraggio" sottoscritti, negli anni 2006, 2008 e 2009, da (...) e (...).

Ulteriore circostanza non contestata tra le parti è che i fondi controversi venivano sottoposti al sistema della rotazione colturale annuale.

Tanto precisato, giova osservare in punto di diritto che - ai sensi dell'art. 56, l. n. 203, cit. - restano esclusi dalla disciplina dei contratti agrari, e quindi dai vincoli posti alla loro durata ex art. 2, per quanto qui più rileva, le vendite di erbe di durata inferiore ad un anno quando si tratta di terreni non destinati a pascolo permanente, per tali intendendosi i terreni i quali risultino effettivamente assoggettati a rotazione agraria. Tale elemento consiste nell'avvicendamento in stagioni diverse (cfr. Cass. n. 788 del 1992; Cass. n. 4049 del 1994).

Quanto poi alla distinzione tra il contratto di vendita di erbe e il contratto di affitto agrario, assume decisivo rilievo lo scopo perseguito dalle parti, che, nel primo caso (del pascipascolo) è diretto solo all'alienazione dell'erba prodotta e considerata come bene distinto dal terreno, con conseguente limitazione dell'attività dell'acquirente alla mera raccolta di essa, restando estranea all'economia del contratto la gestione produttiva del fondo; nel secondo caso (affitto di terreno pascolativo), invece, l'intento delle parti è diretto al godimento del terreno pascolativo, nel senso che il diritto dell'affittuario di far propria l'erba si inquadra in una gestione produttiva del fondo, che è libero di organizzare a suo piacimento, sicché l'uso del terreno costituisce il mezzo indispensabile per l'esercizio dell'attività produttiva. (Cass. n. 6706 del 1987; cfr. anche Cass. n. 28321 del 2011; Cass. n. 4958 del 2007; Cass. n. 8489 del 2000; Cass. n. 476 del 1983).

In proposito è stato altresì specificato che gli elementi che caratterizzano le vendite di erbe, differenziandole dai contratti d'affitto ed ostacolandone la trasformazione in affittanza agraria, sono l'assenza di qualsiasi attività produttiva, la breve durata della disponibilità del fondo e la destinazione precaria del terreno al pascolo (Cass. n. 4943 del 1997).

In applicazione dei principi sopra esposti, deve ritenersi che gli accordi di "vendita di veccia biologica per foraggio" sottoscritti, negli anni 2006, 2008 e 2009 tra (...) e (...), non siano riconducibili all'affitto agrario ai sensi dell'art. 27 della legge 203 del 1982, ma che gli stessi integrino piuttosto la fattispecie del contratto di vendita di erbe prevista dall'art. 56 della legge citata.

Ciò si desume in primo luogo dal tenore letterale degli accordi in esame, che individuano espressamente come oggetto del contratto la "veccia biologica per foraggio che nascerà e vegeterà" nei terreni "di pertinenza del venditore".

La qualificazione di detti accordi come vendita di erbe è altresì desumibile da ulteriori elementi quali la durata degli stessi che, essendo infrannuale, assicura ""soltanto una disponibilità precaria e di breve durata del fondo"" e la sottoposizione dei fondi cui l'accordo si riferisce al sistema della rotazione agraria.

Non si ravvisa inoltre, in capo all'acquirente delle erbe, la illimitata gestione produttiva dei fondi (per come individuata dalla giurisprudenza sopra richiamata), che invece è sempre rimasta di pertinenza della ditta venditrice. È infatti circostanza non specificamente contestata, oltre che documentalmente provata, che i fondi di cui si tratta sono sottoposti al metodo di produzione biologico dei prodotti agricoli previsto dal Reg. CEE n. 2092/91 e che la gestione degli stessi è sempre stata di pertinenza della famiglia Tiralosi (cfr. clausola contrattuale n. 3 di ciascuno degli accordi, in atti).

Dalla qualificazione degli accordi di cui sopra in termini di pascipascolo deriva, in primo luogo, la mancata riconduzione degli stessi sia alla disciplina dell'appalto, sia alle norme regolatrici dell'affitto dei fondi rustici ai sensi dell'art. 27 della legge 203 del 1982, e la conseguente esclusione della fattispecie in esame dalla disciplina contenuta nella legge 203 del 1982, ai sensi dell'art. 56 della legge medesima.

L'occupazione incontestatamente posta in essere dai resistenti originari non trova, dunque, alcun titolo legittimante negli accordi de quibus, che all'epoca dello sconfinamento erano già scaduti.

Alla luce di tutto quanto sin qui esposto deve in definitiva ritenersi fondata la domanda di rilascio originariamente proposta da (...), atteso che i convenuti originari - a fronte della prova dell'arbitraria disponibilità materiale dei fondi controversi da parte loro - non hanno fornito prova di essere legittimi detentori degli stessi, in base ad un titolo giuridico valido ed efficace.

Dalla natura degli accordi intercorsi tra le parti, deriva inoltre il rigetto delle domande riconvenzionali proposte dai resistenti originari, tese per un verso alla declaratoria della nullità della pretesa subconcessione conclusa tra (...) e (...), e, per altro verso, all'accertamento della natura simulata del contratto di vendita di erbe sottoscritto tra le parti in quanto dissimulante un contratto di affitto agrario.

Basti infatti rilevare, quanto al primo profilo, che - alla luce della qualificazione degli accordi in termini di pascipascolo - non ricorre nel caso di specie alcuna ipotesi di subconcessione dei fondi; e, quanto al secondo profilo, che i resistenti originari non hanno invero dedotto né provato alcunché in ordine alla pretesa natura simulata degli accordi, affermata soltanto labialmente.

Deve infine essere rigettata la domanda di risarcimento ex art. 96 c.p.c. formulata dai ricorrenti in riassunzione, difettando nel caso di specie il presupposto fondante tale

responsabilità e consistente nella soccombenza della controparte.

In ragione dell'esito della causa, le spese del presente procedimento vanno poste definitivamente a carico dei ricorrenti in riassunzione, in solido tra loro e si liquidano sulla base del DM 55/2014 - tenendo conto della natura e del valore della causa e dell'attività concretamente svolta dalle parti - in Euro 5.000,00 per compensi, oltre rimborso spese generali, IVA e CPA.

P.Q.M.

Il Tribunale di Caltagirone, sezione specializzata agraria, uditi i procuratori delle parti, definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda, istanza ed eccezione disattesa, così provvede:

DICHIARA fondata la domanda di rilascio proposta da (...) nei confronti di (...) e (...), avente ad oggetto il terreno sito in (...), censito al catasto del terreni di Vizzini al foglio 37, partt. 40, 41, 42, nonché al foglio 62, part. 22;

DISPONE il non luogo a provvedere sulla domanda di rilascio dei fondi sopra indicati;

RIGETTA le domande proposte in via riconvenzionale da (...) e (...);

RIGETTA la domanda di risarcimento ex art. 96 c.p.c. proposta da (...) e (...) nei confronti di (...);

CONDANNA (...) e (...), in solido tra loro, a rifondere, in favore di (...), le spese di lite che liquida in Euro 5.000,00 per compensi oltre IVA, CPA e rimborso delle spese generali pari al 15 per cento del compenso totale.

Così deciso in Caltagirone il 18 gennaio 2024.

Depositata in Cancelleria il 18 gennaio 2024.
Avv. Antonino Sugamele

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