Incompletezza della cartella clinica
Corte di Cassazione|Sezione 3|Civile|Ordinanza|30 maggio 2025| n. 14609
Data udienza 3 aprile 2025
REPUBBLICA ITALIANA
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SCRIMA Antonietta - Presidente
Dott. GRAZIOSI Chiara - Consigliere
Dott. VINCENTI Enzo - Consigliere Rel. Est.
Dott. CRICENTI Giuseppe - Consigliere
Dott. GORGONI Marilena - Consigliere
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25459/2022 R.G. proposto da:
Ma.Cr., Pe.Pa., rappresentati e difesi dagli avvocati CL.CO. ed EN.CO., con domiciliazione digitale ex lege;
- ricorrenti -
Contro
AZIENDA SANITARIA ULSS 3 SERENISSIMA (già AZIENDA ULSS N. 12 VENEZIANA), in persona del direttore generale pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato PI.VI., con domiciliazione digitale ex lege;
- controricorrente -
avverso la SENTENZA della CORTE D'APPELLO di VENEZIA n. 1869/2022, depositata il 24/08/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 3/04/2025 dal Consigliere ENZO VINCENTI.
FATTI DI CAUSA
1. - Con ricorso affidato a sei motivi, Pe.Pa. e Ma.Cr. hanno impugnato la sentenza della Corte di appello di Venezia, resa pubblica in 24 agosto 2022, che ne rigettava il gravame avverso la decisione del Tribunale della medesima Città che, a sua volta, ne aveva respinto la domanda, proposta contro l'Azienda ULSS 3 Serenissima (già ASL 12 Veneziana), al fine di ottenere il risarcimento di tutti i danni patiti per il decesso, in data 6 gennaio 2014, del proprio congiunto Ma.Ig. (marito della Pe.Pa. e padre di Ma.Cr.), assumendo essere responsabile la struttura sanitaria convenuta degli esiti letali dell'intervento chirurgico al quale lo stesso Ma.Ig. era stato sottoposto, presso l'Ospedale di M, per l'installazione di un defribillatore biventricolare in luogo del preesistente pace-maker bicamerale.
2. - La Corte territoriale, a fondamento della decisione (e per quanto rileva in questa sede), osservava che: a) il Tribunale, sulla scorta della CTU (del 23.12.2016) espletata da medico-legale (dr. Ni.) e del supplemento di CTU (del 6.11.2019) espletato dal primo consulente d'ufficio con l'ausiliario cardiologo (dr. Iu.), aveva accertato che la morte del paziente "è stata provocata con alto grado di probabilità dallo "scompenso cardiaco (determinato dalla necessaria e inevitabile rimozione del pace-maker sistema precedentemente innestato che si era infettato) irrimediabilmente complicatosi a causa di una infezione polmonare...evento in alcun modo prevenibile ed evitabile e, dunque, riconducibile a una specifica condotta inadeguata dei medici della struttura", là dove, invece, la parte appellante sosteneva ""l'origine settica della causa di morte, ritenuta altamente probabile dai CTU" che il Tribunale ha escluso "in assenza di qualunque riscontro contrario""; b) "l'indagine tecnica si è svolta senza l'imprescindibile elemento di giudizio rappresentato dall'autopsia, e questa situazione ha impedito all'ausiliare di formulare conclusioni certe"; c) la CTU del 23.12.2106 aveva individuato, "in via del tutto teorica", come cause della morte "A) shock cardiogeno in soggetto da anni cardiopatico con disfunzione ventricolare sinistra, affetto da comorbilità concorrenti quali broncopatia cronica ostruttiva e insufficienza renale cronica, colto nella fase terminale, da episodio ischemico foriero di infarto del miocardio; oppure B) shock settico conseguente a infezione della tasca su cui era stato alloggiato nel luglio 2013 defibrillatore biventricolare, infezione sostenuta da psudomonas aeruginosa e da stafilococco epidermidis"; d) con il supplemento di CTU del 6.11.2019 "il giudizio della prima consulenza viene corretto ..., nel senso che il decesso sarebbe stato provocato esclusivamente dallo scompenso cardiaco innescato dall'infezione ai polmoni"; d.1) a tal riguardo "l'ausiliario cardiologo" "è stato netto nel sottolineare che dall'esame della documentazione sanitaria "...quanto alla possibile complicanza infettiva del sito di inserzione dello stimolatore biventricolare, nel corso della visita cardiologica del 6 dicembre non viene descritta alcuna obiettività relativamente alla tasca cutanea, pregressa sede dell'elettrostimolatore, inducendo a ritenere che la ferita cutanea fosse ben cicatrizzata ed esente da fenomeni flogistici. Anche durante l'accesso al pronto soccorso non vengono rilevati elementi obiettivi tali da indurre a ritenere che lo scompenso cardiaco fosse sostenuto da un processo infettivo in atto a partenza dalla tasca cutanea infetta""; e) la "valutazione dello specialista cardiologo" doveva "essere anteposta a quella del medico-legale, secondo cui invece "...la causa da ritenere più probabile che non nel determinismo del decesso di Ma.Ig. è da ricondurre a polmonite bilaterale massiva, evento patologico da ricondurre a sepsi con sede di partenza da infezione della tasca sottocutanea su cui venne alloggiato, nel luglio 2013, defibrillatore biventricolare""; f) non era dirimente, poi, quanto affermato dal cardiologo sul fatto "che la sepsi o setticemìa resta la più frequente causa di morte non cardiaca nei pazienti con scompenso e, nel 70% dei casi, la stessa è sostenuta da una infezione delle vie respiratorie", poiché si trattava "all'evidenza di una osservazione di carattere generale, fondata sulla letteratura scientifica citata nella relazione, mentre per quanto attiene al caso concreto l'ausiliario ribadisce che "...la recidiva infettiva della tasca cutanea, per quanto possibile, è poco probabile in considerazione della storia clinica, dell'assenza di flogosi locale, dell'efficacia del trattamento chirurgico e antibiotico eseguito, dell'intervallo temporale fra gli eventi""; h) "(i)n conclusione, la Corte interpreta la fattispecie controversa nel senso che non vi sia evidenza sufficiente per individuare un trattamento colposo imputabile alla struttura sanitaria, sicché l'appello non può essere accolto".
3. - Ha resistito con controricorso l'Azienda Sanitaria ULSS 3 Serenissima (di seguito anche solo AUSSL 3).
4. - Entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell'art. 380-bis.1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. - Con il primo mezzo è denunciata "(v)iolazione dell'art. 2697 c.c. in relazione all'art. 1218 c.c. per aver (la Corte territoriale) escluso la responsabilità contrattuale dell'ospedale "per assenza di colpa"", assumendo che "non vi sia evidenza sufficiente per individuare un trattamento colposo imputabile alla struttura sanitaria", là dove la CTU aveva evidenziato la "mancanza di certezze in merito alla causa di morte" ed essendo l'imputabilità della causa che ha impedito l'adempimento tema di prova rimesso al debitore.
2. - Con il secondo mezzo è dedotta "(v)iolazione degli artt. 61 e 116 c.p.c. per erronea lettura della CTU deducente", non essendovi "conflitto tra la consulenza specialistica (cardiologo dr. Iu.) e la valutazione del CTU medico legale (dr. Ni.) circa l'eziologia del decesso", avendo la Corte territoriale travisatone le conclusioni concordanti circa: "1) ambiguità del sintomo dell'aumento della troponina quale caratteristica conseguenza dell'infarto del miocardio (i ctu sottolineano che tale sintomo è caratteristica di molte situazioni cliniche completamente diverse tra loro che essi stessi hanno elencato); 2) alta probabilità della causa settica circa la complicanza che ha determinato l'exitus (indicata nel 70% dei casi di malati analoghi); 3) colpevole assenza di diagnosi della situazione polmonare per non aver eseguito imaging toracico mirato; 4) colpevole omissione dell'autopsia clinica per documentare la causa di morte".
3. - Con il terzo mezzo è prospettata "(v)iolazione dell'art. 2697 c.c. e dell'art. 2729 c.c. quando la prova dell'inadempimento e del nesso eziologico è resa impossibile dall'inadeguata tenuta della cartella clinica", risultando dall'elaborato dello specialista cardiologo che il paziente "non è stato sottoposto ad imaging del torace durante il ricovero che ha preceduto il decesso (e neppure riscontro diagnostico)", né, in occasione del controllo del 6.12.2013, ad "alcun esame obiettivo", che "potesse affermare o escludere la flogosi della tasca" nella quale alloggiava il pace-maker.
4. - Con il quarto mezzo è denunciata "(v)iolazione dell'art. 374 c.p.c. e 2697 c.c. per l'inversione dell'onere della prova sul nesso causale basata su giurisprudenza contrastante con ss.uu. 577/08 senza che il problema fosse nuovamente sottoposto alle ss.uu. ex art. 374 c.p.c.".
I ricorrenti lamentano, anzitutto, che l'orientamento della più recente giurisprudenza di legittimità, in ordine alla prova del nesso causale in capo all'attore danneggiato, sia maturato in contrasto con la pronuncia n. 577/2008 delle Sezioni Unite civili (che richiedeva soltanto la "semplice allegazione di un valido nesso causale") senza che vi sia stata una rimessione della questione alle stesse Sezioni Unite ai sensi dell'art. 374 c.p.c. Ciò che, nel caso di specie, ha condotto la Corte territoriale ad onerare essi attori dell'anzidetta prova pur nell'impossibilità di darla "dal momento che essa non è stata contemplata nella cartella clinica incompleta per mancata esecuzione di esami diagnostici che i due periti richiamano come obbligatori, per la denunciata carenza dell'esame obiettivo da parte del curante e non solo per il mancato espletamento dell'autopsia".
5. - Con il quinto mezzo è dedotta, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., omessa pronuncia sul motivo subordinato della "mancata compensazione delle spese, che configura una violazione degli artt. 99 e 112 c.p.c.".
La Corte territoriale ha omesso di pronunciarsi sul motivo, subordinato, relativo alla compensazione delle spese di primo grado e tale motivo era da ritenersi fondato, poiché la domanda originaria era stata proposta nel 2015 e il giudice di primo grado ha "regolato il riparto dell'onere probatorio sulla base della sentenza della n. 18392/2017, che ha innovato i criteri di riparto dell'onere della prova sul nesso causale", in difformità all'orientamento della sentenza delle Sezioni Unite n. 577/2008 e senza previa rimessione della questione alle stesse Sezioni Unite.
5. - Con il sesto mezzo è prospettato, ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., omesso esame sul motivo subordinato della "mancata compensazione delle spese, per esservi stata un'evoluzione giurisprudenziale in corso di causa", nei termini illustrati con il quinto motivo.
La Corte territoriale non avrebbe "nemmeno menzionato" l'anzidetto motivo di appello, quale omissione denunciabile in base al n. 5 dell'art. 360 c.p.c.
6. - I primi quattro motivi - da potersi scrutinare congiuntamente in quanto strettamente connessi - sono in parte infondati e in parte inammissibili.
6.1. - Giova, anzitutto, rammentare, alla luce dell'orientamento ormai consolidato di questa Corte (per tutte: Cass. n. 18392/2017 e Cass. n. 28991/2019) che, in materia di riparto dell'onere probatorio in tema di inadempimento di obbligazioni di diligenza professionale sanitaria che abbiano comportato una lesione della salute, è onere del danneggiato provare, anche a mezzo di presunzioni, il nesso di causalità fra l'aggravamento della situazione patologica (o l'insorgenza di nuove patologie) e la condotta del sanitario, mentre è onere della parte debitrice provare, ove il creditore abbia assolto il proprio onere probatorio, la causa imprevedibile ed inevitabile dell'impossibilità dell'esatta esecuzione della prestazione.
Sempre in tema di responsabilità sanitaria, va, altresì, osservato che l'eventuale incompletezza della cartella clinica è circostanza di fatto che il giudice può utilizzare per ritenere dimostrata l'esistenza di un valido nesso causale tra l'operato del medico e il danno patito dal paziente soltanto quando proprio tale incompletezza abbia reso impossibile l'accertamento del relativo nesso eziologico ed il professionista abbia comunque posto in essere una condotta astrattamente idonea a provocare il danno (tra le altre: Cass. n. 16737/2024).
6.2. - La ratio decidendi che fonda la sentenza di appello è in conformità a quella che sta alla base della decisione del Tribunale (cfr. sintesi al par. 2 dei "Fatti di causa"; pp. 3/6 sentenza di appello) e con essa si viene a saldare, esitando nell'espresso convincimento, tratto dalle emergenze istruttorie (CTU e relativo supplemento), che la morte del paziente è originata dallo scompenso cardiaco poi "irrimediabilmente complicatosi a causa di una infezione polmonare" e, dunque, da un "evento in alcun modo prevenibile ed evitabile e, dunque, riconducibile a una specifica condotta inadeguata dei medici della struttura"; ciò che la stessa Corte territoriale ribadisce in termini di assenza di "evidenza sufficiente per individuare un trattamento colposo imputabile alla struttura sanitaria" (p. 6 sentenza di appello).
Sicché, l'accertamento dei giudici di merito in ordine all'eziologia del decesso per evento non prevenibile e inevitabile e, dunque, di una causa non imputabile al debitore che ha reso impossibile l'esecuzione esatta della prestazione è armonico rispetto ai principi della materia e dà evidenza - contrariamente a quanto opinato in ricorso - ad una corretta sussunzione della fattispecie materiale in quella normativa, effettuata in linea con il riparto degli oneri probatori delineato dall'art. 2697 c.c., avendo la Corte territoriale accertato, in base al principio di acquisizione probatoria, la causa non imputabile al debitore ai fini del relativo esonero da responsabilità (art. 1218 c.c.).
Di qui, peraltro, la non pertinenza rispetto al decisum del tema relativo all'accertamento del nesso causale in base alla tenuta difettosa della cartella clinica, là dove, peraltro, le censure di parte ricorrente tendono, piuttosto, ad una complessiva rivisitazione delle risultanze istruttorie e ad un diverso accertamento dei fatti; sicché, pur a voler qualificare le censure all'esame come proposte anche ai sensi dell'art. 360 n. 5 c.p.c., in presenza di una c.d. "doppia conforme" ex art. 348-ter, ultimo comma, c.p.c. - o, comunque, mancando, da parte dei ricorrenti, l'allegazione e prova circa la diversità delle ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e del rigetto dell'appello (tra le altre: Cass. n. 5947/2023) - le critiche in esame sono, comunque, inammissibili. Peraltro, la mancata esecuzione di esami diagnostici non rende la cartella incompleta, come invece affermato a p. 22 del ricorso.
L'inammissibilità, poi, è palese rispetto alla censura di mancata rimessione alle Sezioni Unite della questione del riparto dell'onere di prova sul nesso causale, di per sé eccentrica quale critica alla sentenza del giudice di appello, ancor prima di essere, come detto, non pertinente rispetto al decisum.
Così come è inammissibile la doglianza di travisamento della prova in relazione alla CTU ed al relativo supplemento e ciò anche se scrutinata nella sostanza della formulazione, sebbene sia stata erroneamente evocata la violazione della norma di cui all'art. 116 c.p.c. e non quella del n. 5 dell'art. 360 c.p.c., secondo quanto ritenuto da Cass., S.U., n. 5792/2024.
Essa, infatti, oltre ad essere prospettata in modo affatto generico, non è sussumibile nel paradigma del vizio di travisamento della prova, poiché tale vizio ricorre unicamente in caso di svista, avente carattere di decisività, concernente il fatto probatorio in sé e non di verifica logica della riconducibilità dell'informazione probatoria al fatto probatorio (così la citata Cass., S.U., n. 5792/2024), così da potersi prospettare soltanto là dove si venga ad escludere qualsiasi profilo di valutazione della prova da parte del giudice.
Ed è proprio quest'ultimo profilo che, invece, è denunciato dai ricorrenti, che non danno evidenza alcuna ad una mera "svista" da parte del giudice di merito in ordine alla lettura del dato probatorio.
7. - I motivi quinto e sesto, da esaminarsi congiuntamente, sono inammissibili.
Il sesto motivo è inammissibile in base alla stessa prospettazione dei ricorrenti, che assumono una totale pretermissione di esame del motivo di appello da parte della Corte territoriale, mentre il vizio di cui al vigente art. 360, primo comma, n., 5, c.p.c., a differenza dell'omessa pronuncia (art. 112 c.p.c.), presuppone che un esame della questione oggetto di doglianza vi sia stato, ma sia affetto dalla totale pretermissione di uno specifico fatto storico oppure si sia tradotto nella mancanza assoluta di motivazione, nella motivazione apparente, nella motivazione perplessa o incomprensibile o nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili (Cass. n. 27551/2024).
Il quinto motivo, con il quale si lamenta un'omessa pronuncia su motivo di appello in violazione dell'art. 112 c.p.c., è anch'esso inammissibile, giacché i ricorrenti non danno alcuna contezza in ricorso (e a tanto non può rimediarsi in sede di memoria che ha funzione meramente illustrativa) di aver proposto, con l'atto di citazione in appello, un motivo, finanche "subordinato", di compensazione delle spese per mutamento di giurisprudenza, ma tale richiesta affermano di averla avanzata solo con la comparsa conclusione di secondo grado (cfr. pp. 2 e 3 del ricorso) e, dunque, tardivamente;
8. - Il ricorso va, dunque, rigettato e i ricorrenti condannati, in solido tra loro, al pagamento delle spese delle spese del giudizio di legittimità, come liquidate in dispositivo.
9. - Va disposto che, in caso di utilizzazione del presente provvedimento in qualsiasi forma, sia omessa l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi di Ma.Ig., Pe.Pa., Ma.Cr. ivi riportati.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido tra loro, al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.300,00, per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell'art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall'art. 1, comma 17 della L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Dispone che, in caso di utilizzazione del presente provvedimento in qualsiasi forma, sia omessa l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi di Ma.Ig., Pe.Pa., Ma.Cr. ivi riportati.
ivi riportati.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 3 aprile 2025.
Depositato in Cancelleria il 30 maggio 2025.
25-08-2025 23:12
Richiedi una Consulenza