Bambina nasce affetta da una grave malformazione - I genitori non sono avvisati della malformazione del feto ma il ginecologo non è responsabile
Corte di Cassazione Sez. Terza Civ. - Sent. del 12.09.2011, n. 18643
Svolgimento del processo
I coniugi C. e V. P. convennero in giudizio dinanzi al tribunale di S. Maria Capua Vetere il ginecologo G. V., chiedendone la condanna al risarcimento dei danni da lui provocati alla figlia I. conseguenti alla mancata informazione pre-nascita di cui lo stesso si era reso responsabile circa la grave patologia da cui la piccola era risultata affetta.
Il giudice di primo grado respinse la domanda, ritenendo, quanto all'istanza risarcitoria proposta dai genitori nella qualità di esercenti potestà, che nessuna responsabilità potesse essere ascritta, nella specie, al sanitario, e, quanto alla domanda proposta in proprio dagli attori, che la stessa fosse ormai prescritta ai sensi dell'art. 2947 c. c.
La corte di appello di Napoli, investita del gravame proposto dai coniugi P., lo rigettò.
La sentenza é stata impugnata dagli appellanti con ricorso per cassazione articolato in 2 motivi.
La parte intimata non ha svolto in questa sede attività difensiva.
Motivi della decisione
Il ricorso è infondato, anche se la motivazione della sentenza impugnata deve essere corretta.
Con il primo motivo, si denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio.
Il motivo si conclude, in ossequio al disposto dell'art. 366 bis c.p.c., con la seguente sintesi del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa e/o insufficiente:
“La corte di appello di Napoli si limita a dire che la malformazione della bambina non può rappresentarsi come la conseguenza di una condotta riferibile al dott. V. (ginecologo che aveva seguito la gravidanza della sig.ra M. P.) o ad altri. Resta il fatto che la bambina è venuta in essere con una condizione di grave menomazione che, se conosciuta tempestivamente dai genitori, avrebbe potuto essere valutata in vista di una volontaria interruzione di gravidanza”.
Il ricorrente (del tutto ad abundantiam, non essendo la formulazione di un quesito di diritto richiesta dalla norma ex art. 366 bis quando il vizio denunciato appartenga alla species di cui all'art. 360 comma 3 n. 5 c.p.c.) formula, a conclusione dell'esposizione del motivo, il seguente quesito di diritto:
Dica la suprema corte di cassazione se il dott. G. V., in base alle indagini ecografiche, avrebbe potuto informare correttamente i sigg. P. della malformazione della nascitura.
In caso di risposta affermativa al suddetto quesito, dica la suprema corte di cassazione se è riscontrabile una responsabilità del medico che ha avuto la sig. M. in gravidanza.
Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione della responsabilità contrattuale.
Il motivo - che si conclude con il seguente quesito di diritto: “dica la Corte se il dott. G. V. ha instaurato un rapporto professionale di natura contrattuale con i coniugi oppure con la sola sig.ra M. P. e se il risarcimento dei danni richiesto dai coniugi ricada nella prescrizione decennale - è fondato in diritto, ma il suo accoglimento non può condurre alla auspicata riforma della sentenza impugnata.
Premessa la condivisibilità della censura mossa alla sentenza oggi impugnata in ordine alla natura della responsabilità del sanitario nel caso di specie, osserva la corte - in tal guisa modificando ed integrando la motivazione della sentenza impugnata, il cui dispositivo di rigetto della domanda risarcitoria risulta conforme a diritto - che, in limine, è mancato del tutto, da parte degli odierni ricorrenti, l'allegazione (e la dimostrazione, sia pur in via presuntiva) della circostanza per la quale, trascorsi i 90 giorni dalla data del concepimento (sulla premessa che l'indagine ecografica rivelatrice del danno alla salute della nascitura oggi lamentato avrebbe potuto essere eseguito soltanto al quinto mese), la signora P. si sarebbe determinata comunque all'interruzione della gravidanza (dimostrando la ricorrenza dei necessari presupposti) nonostante il divieto imposto dalla legge quoad tempus.
Trattasi di circostanza rilevabile ex officio, la cui rilevazione in questa sede impone, pertanto, il rigetto del ricorso.
Nessun provvedimento deve essere adottato in ordine alle spese del giudizio, non avendo la parte intimata svolto alcuna attività difensiva.
P.Q.M.
La corte rigetta il ricorso. Nulla spese.
Depositata in Cancelleria il 12.09.2011
18-09-2011 00:00
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