L’affido condiviso è irretroattivo se i minori sono stati affidati ai nonni Cassazione civile , sez. I, sentenza 10.12.2010 n° 24996
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE I CIVILE
Sentenza 10 dicembre 2010, n. 24996
Svolgimento del processo
Il Tribunale di Agrigento, respinta con sentenza non definitiva del 17.01-22.02.2002, passata in giudicato, l'eccezione di litispendenza internazionale in rapporto ad analogo giudizio di separazione personale pendente in ****, con successiva sentenza definitiva del 3-14.07.2003, pronunciava la separazione personale dei coniugio A.G. ed Z.R.J.E., respingeva la domanda di quest'ultima di addebito della separazione al marito, affidava i due figli minorenni della coppia, C., nata il ****, e Ch., nato il ****, alla madre, imponendo al marito di versarle,per il mantenimento dei minori, il contributo mensile di Euro 350,00, annualmente rivalutabile, ed infine compensava le spese processuali.
L' A. impugnava, dinanzi alla Corte di appello di Palermo, la sentenza definitiva del Tribunale, censurando, con unico motivo, lo statuito regime di affidamento dei figli, da lui avversato in ragione delle condotte della moglie, per le quali "sin dall'esordio del giudizio di primo grado ...(aveva) rapito i figli, sottraendoli dal loro contesto di vita in ****", per condurli con sè in ****, allontanandoli dal padre, cui, "dopo avere avuto l'affidamento temporaneo (dei minori), non aveva mai consentito di esercitare il suo diritto di visita, nè in Italia nè in ****", condotte che sottolineava essere state stigmatizzate dal T.M. di Palermo, che aveva dichiarato la moglie decaduta dalla potestà genitoriale.
L'adita Corte di appello disponeva una consulenza psicologica d'ufficio sui minori, che veniva espletata in ****, a mezzo di rogatoria, in base alla Convenzione dell'Aja del 18 marzo 1970, sulla assunzione delle prove all'estero in materia civile e commerciale.
Con sentenza del 21.07-5.10.2005, la Corte di appello di Palermo, nel contraddittorio delle parti, in parziale riforma della sentenza di primo grado, affidava i due minori ai nonni materni, disponendo anche che a costoro fosse pagato il contributo già dovuto dall'appellante alla moglie per il loro mantenimento e che il padre potesse incontrare i figli in ****, in presenza di un familiare, il terzo sabato e la terza domenica di ogni mese, dalle ore 9 alle ore 21.
Preliminarmente la Corte territoriale respingeva sia l'eccezione di improcedibilità dell'impugnazione, proposta dalla Z.R. J., in ragione del dedotto difetto di giurisdizione del giudice italiano conseguente alla pronuncia di divorzio delle parti, resa nelle more dall'autorità giudiziaria danese (provvedimento del Tribunale di Lyngby, in data 28.10.2003) e sia l'istanza di sospensione del processo formulata ai sensi dell'art. 295 c.p.c., dalla medesima parte e fondata sulla pendenza, dinanzi al giudice nazionale, del gravame avverso l'ordinanza del 17-26.09.2003 (anch'essa successiva alla pubblicazione della sentenza di primo grado), con cui il Tribunale di Agrigento l'aveva dichiarata decaduta dalla potestà genitoriale.
Nel merito, la Corte territoriale, ritenuta in rito la tardività del rilievo di nullità per violazione del contraddittorio, della consulenza tecnica d'ufficio, rilievo formulato dall' A. solo nella comparsa conclusionale depositata il 24.06.2005 e non nella prima udienza successiva al deposito della relazione, tenutasi il 22.04.2005, osservava che l'indagine officiosa, accuratamente espletata, aveva evidenziato come i minori fossero pienamente inseriti in ****, dove grazie anche al supporto dei nonni materni, avevano avuto una crescita soddisfacente, essendosi rivelati efficienti sia intellettualmente che socialmente ed in grado di utilizzare appieno le loro capacità ed ancora che sarebbe stato dannoso per il loro benessere psicologico, un allontanamento dal loro attuale ambiente di vita.
Riteneva, conseguentemente, che l'esito di tale mezzo, oltre a rendere superflua l'assunzione delle prove orali chieste in prime cure dall'appellante, precludesse l'affidamento al padre dei figli, rivelatisi anche in rapporto problematico con lui, di tal che affidandoglieli si sarebbero avute ripercussioni negative sul loro sviluppo.
In particolare, la Corte riteneva nel preminente interesse dei minori, considerato anche che la madre era stata dichiarata decaduta dalla potestà genitoriale, sia di disporne allo stato l'affidamento ai nonni materni J.R.J. ed Z.E., che per l'affetto ed il sostegno che avevano costantemente offerto ai minori erano in grado di assicurare loro tutto ciò di cui necessitavano sia dal punto di vista morale che materiale, e sia di regolamentare il diritto paterno di frequentarli, secondo le modalità in precedenza evidenziate.
Infine sottolineava che ove si fosse verificato l'auspicato riavvicinamento dei figli al padre, i tempi dei loro incontri avrebbero potuto essere modificati ed ampliati con il ricorso al procedimento di revisione di cui all'art. 710 c.p.c..
Avverso questa sentenza l' A. ha proposto ricorso per cassazione notificato il 4.10.2006 ed affidato a sette motivi. La Z.R. J. ha resistito con controricorso notificato il 9.11.2006.
Motivi della decisione
A sostegno del ricorso l' A. denunzia:
"Violazione e falsa applicazione degli artt. 155, 155 bis e 155 sexies c.c. in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3".
Deduce:
che la nuova normativa in tema di affidamento dei minori, introdotta dalla L. n. 54 del 2006, costituente jus superveniens, impone, ai sensi dell'art. 4 di detta legge, la cassazione (automatica) della sentenza d'appello, con eventuale rinvio al giudice a quo ove si ritenessero necessari accertamenti di fatto che lo statuito affidamento dei suoi figli ai nonni materni si pone in contrasto con il vecchio ed il nuovo regime di affidamento dei figli legittimi minorenni che i minori avrebbero dovuto essere ascoltati.
2. "Violazione e falsa applicazione degli artt. 7 della Convenzione dell'Aja del 18 marzo 1970 ("sulla assunzione delle prove all'estero in materia civile e commerciale, resa esecutiva con L. 24 ottobre 1980, n. 745") e art. 90 disp. att. c.p.c. in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 4. Violazione e falsa applicazione dell'ari 157 c.p.c. in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4".
Deduce la radicale nullità, per violazione del contraddittorio, della consulenza tecnica d'ufficio disposta con ordinanza collegiale dell'11.06.2004, svoltasi tramite rogatoria alla competente autorità estera, e del cui espletamento non aveva ricevuto alcuna notizia, al pari del suo procuratore legale danese, avv.to Moli, e del suo consulente tecnico di parte, sottolineando anche che:
la Corte distrettuale, con provvedimento del 15.06.2004, aveva comunicato all'autorità centrale le regole da seguire, rimaste disattese si verte in ipotesi di nullità assoluta della CTU e che, conseguentemente, è nulla la sentenza che l'ha recepita solo il 4 maggio 2005 aveva avuto conoscenza della nullità della CTU, dal suo difensore: italiano, che a sua volta ne aveva avuto notizia dal collega straniero, avv.to Moli, e che l'aveva eccepita nella prima difesa successiva, posto anche che ad impossibilia nemo tenetur.
3. "Nullità assoluta della sentenza per violazione del contraddittorio. Violazione e falsa applicazione delle regole che presiedono alla distinzione tra nullità assolute, nullità relative ed inesistenza degli atti processuali (artt. 156, 157, 158 e 161 c.p.c.).
Nullità/inesistenza della consulenza tecnica d'ufficio e, per derivazione, della sentenza, in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4". 4. "Nullità assoluta della consulenza tecnica d'ufficio e della sentenza per violazione del principio del contraddittorio, in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4". 5. "Violazione e falsa applicazione dell'art. 155 c.c. e artt. 112 e 99 c.p.c. in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4. Applicazione dello ius superveniens".
Sostiene che non poteva essere disposto d'ufficio l'affidamento dei due figli ai nonni materni.
6. "Violazione e falsa applicazione dell'art. 710 c.p.c. e dei principi generali in tema di litispendenza e jus superveniens in relazione all'art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4".
Sostiene che dal richiamo attuato, all'art. 710 c.p.c., concernente le modalità di modifica del regime di affidamento dei figli, si evince che la Corte di merito non ha dato il giusto peso alla pronuncia di decadenza della moglie dalla potestà genitoriale ed alla sentenza penale di condanna pronunciata a carico della stessa, nel senso che detti accadimenti avrebbero dovuto legittimare in questa sede l'affidamento a sè dei minori, senza demandare l'adozione di tale diverso regime al procedimento di revisione delle condizioni della separazione.
7. "Violazione e falsa applicazione dell'art. 38 disp. att. c.c. e artt. 330 e 333 c.c. e delle regole di riparto di competenza fra Tribunale dei minorenni e giudice ordinario in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 2".
Sostiene che con l'affidamento dei suoi figli ai nonni materni, i giudici di merito hanno conculcato la sua potestà genitoriale, sostanzialmente eliminandola o comunque limitandola, così illegittimamente anche esorbitando dai limiti di competenza del giudice della separazione personale. Tutti i motivi del ricorso non meritano favorevole apprezzamento.
Occorre premettere: che l'esame delle censure contro lo statuito ed avversato regime di affidamento va effettuato soltanto in riferimento al minore Ch., nato il ****, essendo ormai cessata la materia del contendere in relazione all'altra figlia delle parti, C., nata il **** e divenuta nel frattempo maggiorenne.
In primo luogo devono essere disattesi il primo ed al quinto motivo d'impugnazione, esaminabili congiuntamente in ragione delle connesse questioni con essi poste. La L. n. 54 del 2006, art. 4, comma 1, stabilisce anche che nel caso in cui la sentenza di separazione giudiziale sia già stata emessa al momento della entrata in vigore della stessa legge, ciascuno dei coniugi possa richiedere nei modi previsti dall'art. 710 cod. proc. civ., l'applicazione delle nuove disposizioni della citata legge (in tema cfr. Cass. 200620256).
Legittimando, per effetto dell'entrata in vigore delle nuove norme (sostanziali) sull'affidamento dei figli, l'apertura del procedimento di modifica previsto dall'art. 710 c.p.c., il legislatore ha implicitamente ricondotto l'innovato regime all'ambito delle sopravvenienze valutabili, di tal che, secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata, le regole innovative devono ritenersi applicabili pure nel giudizio di separazione personale ancora in corso, oltre che nel menzionato procedimento di modifica, che presuppone il passaggio in giudicato dei provvedimenti riguardanti la prole, conseguenti alla separazione.
Tale conclusione, tuttavia, non può di per sè sola comportare la cassazione dell'impugnata sentenza. Le nuove disposizioni attengono espressamente all'affidamento del figlio ad entrambi i genitori o ad uno solo di loro, mentre, nella specie, i giudici d'appello, avuto riguardo al superiore interesse dei minori, desunto anche dall'esito dell'espletata CTU, hanno escluso la ricorrenza delle condizioni atte a consentire di affidare i due figli all'uno o all'altro dei genitori. In aderenza al dettato normativo, inoltre, i giudici d'appello hanno d'ufficio, ai sensi dall'art. 155 c.p.c., comma 7 (vecchio testo), e senza procedere direttamente all'audizione dei minori, solo successivamente prescritta dall'art. 155 sexies cod. civ., norma processuale priva di portata retroattiva (art. 11 disp. gen.), disposto l'affidamento della prole a terzi, avvalendosi della facoltà già prevista dall'art. 155 c.c., comma 6 (vecchio testo) e che non può ritenersi venuta meno a seguito dell'entrata in vigore dalla L. n. 54 del 2006, stante anche la riserva generale di cui all'art. 155 c.c., comma 2, nuovo testo ed il disposto della L. n. 898 del 1970, art. 6, comma 8, sullo scioglimento del matrimonio.
Del pari infondati si rivelano il secondo, il terzo ed il quarto motivo del ricorso, suscettibili anch'essi di esame congiunto, data la loro connessione. L'invocato inquadramento della nullità in questione nell'ambito di quelle assolute è contraddetto dal condiviso, costante orientamento di questa Corte (tra le altre, cfr. Cass. 201008347; 200622843; 200607243; 200505762) secondo cui la nullità della consulenza tecnica d'ufficio, dedotta per vizi procedurali inerenti alle operazioni peritali, quale quello derivante dalla mancata comunicazione alle parti della data d'inizio delle operazioni peritali, ha carattere relativo e resta sanata se non fatta valere nella prima istanza o difesa successiva al deposito, per tale intendendosi anche l'udienza successiva al deposito, nella quale il giudice abbia rinviato la causa per consentire l'esame della relazione, poichè la denuncia di detto inadempimento formale non richiede la conoscenza del contenuto della relazione.
D'altra parte, il fatto che la consulenza tecnica d'ufficio sia stata demandata, tramite rogatoria, all'autorità straniera, o ancora che il giudice nazionale abbia formulato la richiesta prevista dall'art. 7 della citata Convenzione del 1970, inerendo alle modalità di espletamento del mezzo, non costituiscono circostanze influenti sulla riferita riconduzione giuridica dei vizi procedurali nell'ambito delle nullità relative.
Inammissibili, infine, perchè nuovi si rivelano gli ulteriori profili di censura inerenti alla non imputabilità del ritardo nella proposizione dell'eccezione in questione. Privo di pregio, inoltre, si rivela il sesto motivo del ricorso, che, anche tramite una non condivisibile interpretazione della portata dell'impugnata sentenza sul punto in discussione, attinente a future sopravvenienze e non a passati accadimenti, sostanzialmente ed inammissibilmente appare volto ad ottenere un diverso ed in questa sede non consentito apprezzamento dei dati emersi, che si assumono trascurati e che, invece, risultano ineccepibilmente valutati.
Infondato è, infine, il settimo motivo del ricorso, posto che il disposto affidamento dei minori ai nonni materni non interferisce con le competenze ed i poteri sanzionatori connessi con l'abuso della potestà genitoriale, ma costituisce legittima espressione del potere dovere per legge devoluto al giudice della separazione personale di stabilire gli effetti suda prole, conseguenti alla compromissione del vincolo coniugale.
Conclusivamente il ricorso deve essere respinto, con compensazione integrale tra le parto delle spese del giudizio di legittimità in ragione della novità delle questioni controverse.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di cassazione.
27-01-2011 00:00
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