Notizie, Sentenze, Articoli - Avvocato Civilista Trapani

Sentenza

Micropermanenti: tabella ministeriale anche per le lesioni non drivanti dalla ci...
Micropermanenti: tabella ministeriale anche per le lesioni non drivanti dalla circolazione auto Tribunale Macerata, sez. Civitanova, sentenza 14.06.2011
Tribunale di Macerata

Sezione distaccata di Civitanova

Sentenza 14 giugno 2011

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Macerata, sezione distaccata di Civitanova, in composizione monocratica, nella persona del Giudice Corrado Ascoli, richiamato il conte-nuto narrativo degli atti di causa, visti i documenti e le conclusioni rassegnate dalle parti,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa iscritta al n. xxx del Ruolo Generale degli Affari Civili dell'anno 2004 proposta da

Tizia, rappresenta e difesa, in forza di procura in calce all'atto di citazione, dagli Avv.ti Luca Corridoni e Monica Seri, ed elettivamente domiciliata pres-so lo studio di quest'ultima in Montecosaro, Via Aldo Moro 63.

- Attrice -

contro

Azienda Sanitaria U.S.L. n. X di XXX, in persona del Direttore Generale e legale rappresentante pro-tempore.

- Convenuta contumace -

Oggetto: responsabilità della struttura sanitaria per colpa medica.

Conclusioni delle parti. Per l'attrice: come da foglio costituente parte inte-grante del verbale di udienza di precisazione delle conclusioni del 25.3.2011.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L'attrice deduce che: il 7.3.2001 in regime di ricovero si sottoponeva ad intervento presso l'Unità di Chirugia Generale dell'Ospedale di XXX volto ad eliminare una cisti polidale fistollizzata in zona sacro-coccigea, peraltro senza previamente ricevere alcuna informazione specifica in ordine alla natura ed ai rischi ad esso connessi, tanto che non le veniva sottoposto neppure il modulo del consenso informato; non le veniva praticata idonea terapia di profilassi antibiotica e dopo soli tre giorni veniva dimessa dal nosocomio civitanovese, presso cui tornava con regolare cadenza onde sottoporsi ad una seria continua di medicazioni fino al 9.4.2001; il 9.7.2001, constatato il riacutizzarsi dell'affezione, veniva sottoposta ad un secondo intervento presso la Casa di Cura Dott. Caio; seguiva un nuovo lungo ciclo di medicazioni che non si concludevano con la guarigione ma con un terzo intervento il 17.9.2001 e relativo ciclo di medicazioni; la fistolizzazione della cisti rendeva necessario il 14.2.2002 un quarto intervento ben più invasivo, questa volta presso la Casa di Cura Villa Igea di Ancona, ove veniva praticata una metodica operatoria differente, che comportava un periodo di medicazioni ancora più lungo ma finalmente risolutivo; la paziente veniva dichiarata clinacamente guarita il 15.12.2002. Sulla scorta di tali premesse e sulla considerazione che l'intervento rutinario effettuato presso il nosocomio civitanovese era stato ca-ratterizzato da evidenti profili di negligenza (compiutamente illustrati nella consulenza di parte allegata alla citazione), l'attrice insta per il risarcimento del danno non patrimoniale e patrimoniale derivatole.

L'Azienda sanitaria n. X di XXX, ritualmente citata in giudizio, non si costituiva.

La domanda merita accoglimento.

L'attività istruttoria compendiatasi nella produzione documentale, l'escussione testimoniale e l'espletamento della CTU ha fornito la piena pro-va in ordine agli elementi di fondatezza della pretesa attorea. In particolare la relazione peritale ha evidenziato, all'esito di un percorso di analisi argomentativa esente da vizi logici e metodologici, che le prestazioni diagnostiche, tera-peutiche e chirurgiche del personale della ASL convenuta si presentavano di facile esecuzione e non richiedevano una notevole abilità né implicavano la soluzione di problemi tecnici particolari; che, ciononostante, non sono state eseguite nell'osservanza delle regole e degli accorgimenti che nel loro insieme all'epoca dei fatti la conoscenza della professione medica del settore. Nel dettaglio, il professionista incaricato sottolinea che, anche non dovesse già ravvisarsi un errore nella scelta diagnostica operata a monte presso l'Ospedale di XXX di intervenire con terapia chirurgica a cielo chiuso sulla guida del blu di metilene, con guarigione a prima intenzione, che è tecnica minoritaria nella pratica, certamente costituiva grave negligenza, proprio in considerazione che alla predetta tecnica corrisponde un margine di rischio significativo e ben più elevato di contaminazione batterica e di recidive: 1) l'omissione di adeguata profilassi antibiotica; 2) l'escissione troppo limitata, con il conseguente rischio di lasciare tessuto contaminato; 3) la dimissione troppo anticipata della paziente, pur in presenza di elevata secrezione del drenaggio, segno manifesto di cicatrizzazione ritardata, come del resto conferma-to dal lungo periodo successivo di medicazioni cui la paziente dovette sotto-porsi.

Il danno residuato all'attrice costituisce la risultante eziologicamente orientata di condotte colpose concorrenti poste in essere presso l'Ospedale di Civitano-va e la Casa di Cura di XXX ed ai sensi dell'art. 2055 c.c. la danneggiata può ottenere l'integrale ristoro da ognuno dei due obbligati in solido, rilevando la gravità delle rispettive colpe e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate soltanto ai fini del riparto interno nell'ambito di un'eventuale azione di regresso.

Ai predetti già evidenti profili di negligenza si aggiunge, quale elemento di imputazione di responsabilità per esito nefasto dell'intervento (ciò inteso nel senso che ad esso sono conseguiti esiti lesivi), l'inadempimento all'obbligo informativo da parte del personale medico, come emerso all'esito della prova orale e comprovato dalla mancanza del relativo modulo del consenso informato; informazione in ordine alle varie tecniche operatorie possibili (come illustrate dal CTU) e ai correlati rischi ed ai vantaggi, che avrebbero offerto all'attrice la reale possibilità di scegliere consapevolmente se, come e quando sottoporsi all'intervento, soppesando e valutando ogni elemento utile per addivenire ad una decisione consapevole ed autodeterminata.

In ordine alla questione dell'individuazione dei danni risarcibili occorre premettere che le cosiddette sentenze gemelle dell'11 novembre 2008 delle Sezioni Unite (nn.26972, 26973, 26974 e 26975) non hanno statuito l'irrisarcibilità dei pregiudizi non patrimoniali già individuati nelle categorie del danno morale e del danno esistenziale, bensì hanno negato autonomia ontologica alle ridette categorie, attribuendo loro mero valore descrittivo, nel senso di ricomprendere tali pregiudizi nell'ambito del danno non patrimoniale complessivamente inteso. E ciò al fine di evitare ingiuste automatiche duplicazioni delle voci di danno, demandando però al giudice di merito il compito di personalizzare ed individuare tutte le ripercussioni negative sul valore uomo che il fatto illecito ha nel caso concreto provocato al danneggiato. Pertanto è frutto di una lettura parziale la conclusione secondo cui i pregiudizi già chiamati con il nome di danno morale, danno estetico e danno esistenziale – ed ora intese quali categorie descrittive che individuano la concreta lesione della sfera non patrimoniale della persona umana - sarebbero senz'altro irrisarcibili.

V'è peraltro da rilevare che, ferma restando la non automatica ed astratta risarcibilità del danno da sofferenza morale, essendo necessaria una valutazione specifica e personalizzata del caso concreto, qualche incertezza suscitano le pronunce di novembre laddove affermano che il danno morale è ricompreso nel danno biologico. Se è vero infatti che tra le componenti del danno biologico figurano anche le conseguenze lesive normalmente e mediamente incidenti sugli aspetti dinamico – relazionali del soggetto, occorre notare che tale verifica deve essere svolta alla stregua di accertamento medico – legale (cfr. artt. 138 e 139 Cod. Ass.), ciò ponendosi in contraddizione ontologica con la natura del danno da sofferenza morale. Su tale linea interpretativa sembra porsi anche il Legislatore- intervenuto successivamente alle citate pronunce delle Sezioni Unite – che con il DPR 3 marzo 2009, n. 37 all'art. 5 ha indicato i criteri di quantificazione del danno morale in una misura fino ad un massi-mo dei due terzi del valore percentuale del danno biologico, con ciò evidenziando che il danno morale è un pregiudizio diverso dal danno biologico, come ulteriormente confermato altresì dal recente DPR 30 ottobre 2009, n. 181. 6

La ricomprensione del danno da sofferenza morale nel danno biologico si dimostra peraltro impossibile in tutti i casi in cui il danno biologico in senso stretto non c'è. Giova soggiungere, infine, che le stesse Sezioni Unite (sentenza n.3677 del 16 febbraio 2009) quando affermano che "il danno c.d. esistenziale, non costituendo una categoria autonoma di pregiudizio, ma rientrando nel danno morale, non può essere liquidato separatamente solo perché diversamente denominato. Il diritto al risarcimento del danno morale, in tutti i casi in cui è ritenuto risarcibile, non può prescindere dalla allegazione da parte del richiedente degli elementi di fatto dai quali desumere l'esistenza e l'entità del pregiudizio" sembra modificare l'assetto interpretativo delineato dalle sentenze di novembre 2008, per le quali, in presenza di lesioni e quindi di danno alla salute, il danno morale doveva intendersi ricompreso nella sfera del biologico (v. anche Cassazione civile, n. 479 del 13 gennaio 2009).

Per la liquidazione del danno ad avviso del Tribunale è necessario prendere a riferimento quale parametro di commisurazione equitativa, trattandosi nella fattispecie di lesioni all'integrità psicofisica non superiore al 9%, l'art. 139 Dlgs 209/2005 piuttosto che le tabelle elaborate ed adottate dal Tribunale di Milano. Tale scelta è improntata ad un esigenza di coerenza e di tenuta costituzionale del sistema normativo. Non appare infatti manifestamente irragionevole la scelta del legislatore di elaborare criteri liquidatori differenziati per le cosiddette lesioni micropermanenti, sulla base di una valutazione astratta di (qualitativamente) minore incidenza sul valore della persona che esse sono potenzialmente capaci di assumere; e ferma restando comunque l'ineludibile opera di personalizzazione del caso concreto demandato alla giurisdizione.

Appare invece manifestamente irragionevole ed in grado di vulnerare il principio fondamentale di uguaglianza che dalla medesima compromissione all'integrità psicofisica scaturisca un trattamento risarcitorio differenziato sulla scorta di un elemento del tutto estrinseco quale l'occasione nel cui contesto la lesione si è determinata (una cicatrice sulla coscia deve valere 100 in astratto – salvo poi la personalizzazione del caso concreto - sia che sia originata dall'urto di un autoveicolo, sia che trovi causa nello scivolamento su di un pavimento sdrucciolevole, sia che derivi dai morsi di un cane o da una caduta da cavallo) (cfr. Tribunale di Milano, 16.3.2009, n. 3575; 29.3.2007, n.92).

E' opportuno precisare, tuttavia, che mentre per i sinistri derivati dalla circolazione stradale l'applicazione dell'art. 139 cda avviene in via diretta, per il trattamento dei danni originati da altre cause viene adottato quale criterio equitativo di liquidazione (del resto, anche le Tabelle milanesi offrono un mero parametro risarcitorio equitativo e non sono disposizioni normative).

Il danno non patrimoniale biologico di cui all'art. 139 cda è riferito alla lesione permanente dell'integrità psicofisica della persona suscettibile di accertamento medico legale, sia nei risvolti anatomo-funzionali, sia in quelli dinamico- relazionali. E' individuata altresì la possibilità di aumentare fino ad un quinto l'ammontare del danno biologico in considerazione delle condizioni soggettive del danneggiato.

Tali quantificazioni si riferiscono a valori monetari medi, corrispondenti al caso di incidenza della lesione in termini statistici e basate su di una valutazione standard medico legale, valutazione quindi che prescinde dal caso concreto. Occorre pertanto procedere sia ad un'operazione di personalizzazione in base alle peculiari caratteristiche della fattispecie in esame per determinare la complessiva entità del danno biologico nei suoi rivolti funzionali e dinamico relazionali, sia per operare eventualmente un ulteriore adeguamento personalizzato con riferimento alla sofferenza morale patita dal soggetto danneggiato. Va adottata infatti un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 139 c.d.a., nel senso che il limite previsto dal comma terzo si riferisce al solo danno biologico personalizzato, ma non comprende il danno da sofferenza morale; una diversa interpretazione, nel senso di ritenere tale limite quale tetto assoluto e omnicomprensivo del danno non patrimoniale, a prescindere da ogni valutazione del caso concreto, si porrebbe in contrasto con l'ineludibile tutela dei valori fondamentali della persona umana previsto dalla Costituzione e del principio, anche comunitario, dell'integrale risarcimento del danno alla persona (cfr. nel medesimo senso Tribunale di Varese, 8.4.2010 e Tribunale Rovereto 2.3.2009, che attraverso tale ricostruzione disinnescano rilievi di costituzionalità della norma, che invece è stata fatta oggetto di ricorso innanzi alla Consulta dal Giudice di pace di Torino, sez. V, con ordinanza 30.11.2009, dichiarato manifestamente inammissibile dalla Consulta per insufficiente descrizione della fattispecie su cui il giudizio di co-stituzionalità si era innestato; si veda anche Cass. Civ., sez. III, n. 19816 del 17.9.2010). Peraltro pare opportuno ribadire che nel caso di specie, in cui i criteri liquidatori dell'art. 139 cda vengono attivati non in via di applicazione diretta ma soltanto quale parametro equitativo, il giudice non è comunque tenuto al rispetto del limite previsto dal comma terzo, anche se, per esigenze di coerenza sistematica e per evitare rilievi di costituzionalità per disparità di trattamento di situazioni identiche, è comunque opportuno precisare che il predetto limite non può essere ritenuto assoluto e omnicomprensivo neppure per i casi regolati in via diretta dalla norma in esame.

Mette conto soggiungere che della questione relativa alla possibilità di applicazione analogica dell'art. 139 Cod. Assic. a eventi lesivi conseguenti a fatti illeciti non determinati nel contesto di un sinistro stradale si è recentissimamente espressa in un obiter dictum di particolare importanza la Corte di Cassazione con la sentenza n. 12408 del 7 giugno 2011. Obiter dictum che, pur privo di valore nomofilattico, per l'autorevolezza che lo connota induce l'odierno giudicante ad esprimere motivato dissenso, sulla scorta delle seguenti considerazioni:

a) non pare venire in rilievo un'applicazione analogica dell'art. 139 cod. assic. a fattispecie da esso non contemplate, quanto, più semplicemente, l'assunzione, quale parametro di commisurazione equitativa del danno non patrimoniale, delle griglie e dei barème offerti dalla citata norma (come del resto ricorre anche nel caso di applicazione delle tabelle milanesi, che vengono appunto adottate quali criteri di liquidazione equitativa).

b) Quella che nella sentenza citata in nota viene definita come "terza linea di pensiero" con vocazione esplicativa del quesito se la liquidazione del danno possa essere commisurata sui criteri offerti dall'art. 139 cod. assic, in realtà attiene a diversa e parallela problematica (cioè se al giudice sia consentito riconoscere una somma a titolo di danno morale superiore rispetto al limite sta-bilito dal III comma dell'art. 139 cit.), eterogenea rispetto al punto qui controverso e che infatti si ripropone immutata qualunque sia la soluzione adottata per il primo quesito. Pertanto non ha alcuna incidenza esplicativa in ordine alla questione originaria.

c) Pertanto le due posizioni che si contendono il campo in riferimento alla problematica in oggetto sono soltanto la prima e la seconda "linea di pensiero" illustrate al paragrafo 3.2.4. della citata sentenza.

d) tra esse la Suprema Corte valida quella che esclude la possibilità di applicazione analogica dell'art. 139 cod. assic., sulla considerazione che la ratio legis è volta a dare una risposta settoriale al problema della liquidazione del danno biologico al fine del contenimento dei premi assicurativi. Epperò tale osservazione, pur corretta, non è esplicativa né esaustiva. Da un lato infatti si osserva che adottare in via equitativa i parametri liquidatori offerti dall'art. 139 cod. assic. (che, come detto, non significa applicare analogicamente l'art. 139 cit.) anche a fattispecie diverse dalla materia dell'infortunistica stradale non mina né compromette la ratio e la finalità della legge, atteso che non comporta alcun rischio di aumento dei premi assicurativi nel campo della RCA, ed anzi attribuisce a quei parametri valore applicativo in via equitativa tendenzialmente universale. D'altro lato e su di un piano sistematico non può mancarsi di sottolineare che tali esigenze di politica legislativa non possono comunque obliterare i diritti fondamentali della persona umana espressi dagli artt. 3 e 32 della Costituzione. Appare infatti manifestamente irragionevole e violativo del principio di uguaglianza applicare un trattamento risarcitorio differenziato al cospetto della medesima lesione all'integrità psico-fisica causata da un fatto illecito e fondare tale diversità su di un elemento esterno alla fattispecie dell'illecito ed ai suoi elementi essenziali e caratterizzanti, quale il contesto circostanziale ove il fatto è accaduto, che, al più, rappresenta mera occasione della sua verificazione.

Non si comprende (trasponendo in tema di micropermanenti il raffronto operato dalla Corte al paragrafo 3.2.1. della citata sentenza con riguardo al risar-cimento ai macrolesi, onde stigmatizzarne le differenze) perché ad un bambi-no di un anno che subisce lesioni pari al 9% nel corso di un incidente stradale debba essere attribuito un risarcimento di € 15.314,07 con possibilità di au-mento personalizzato fino al 20% (art. 139 cod. assic. come da DM aggiornato), mentre al suo compagno di asilo che si è procurato la medesima lesione cadendo dall'altalena va riconosciuto un risarcimento pari ad € 21.649,00 (il 30% in più) con possibilità di aumento personalizzato fino al 50% (fonte: tabelle milanesi aggiornate al 2011). Si tratta, come condivisibilmente afferma la Corte con riferimento alle lesioni macropermanenti, "di un fenomeno che, incidendo sui fondamentali diritti della persona, vulnera elementari principi di uguaglianza" (paragrafo 3.2.1.). L'adozione per il risarcimento delle lesioni micropermanenti di criteri liquidatori diversi rispetto alle lesioni più gravi non appare manifestamente irragionevole, sulla considerazione della normale ed astratta minore incidenza più che proporzionale rispetto alle lesioni di elevata entità. Per contro, il trattamento differenziato di situazioni astrattamente identiche, quali sono le lesioni micropermanenti originate da fatto illecito – e fatta salva comunque la necessaria successiva opera di personalizzazione del danno sul caso concreto, a prescindere dalla griglia equitativa prescelta - tale manifesta irragionevolezza, violativa del principio di uguaglianza, palesa.

Sulla scorta di tali premesse e tornando alla fattispecie oggetto del presente giudizio, ai fini di una disamina personalizzata del caso di specie si prendono in considerazione i seguenti elementi di fatto, tratti dagli atti depositati da parte attrice, dalla consulenza tecnica e dai documenti sanitari in atti:

- la danneggiata è stata sottoposta a ben quattro interventi chirurgici;

- il tempo di guarigione è stato eccezionalmente lungo (ben 640 giorni), in rapporto alla natura della patologia, e caratterizzato da plurisettimanali e afflittive medicazioni, nel corso del quale la paziente subiva una manifesta compromissione della sfera esistenziale (si vedano, inter alia, le risultanze della prova testimoniale, da cui emergono dettagli significativi);

- l'inattesa ritardata guarigione, le numerose recidive e i reiterati interventi chirurgici (con il carico di ansia, di paura e di prostrazione che inevitabilmente vi sono correlati) vanno considerati altamente afflittivi sul piano della sof-ferenza morale e della frustrazione, specialmente in rapporto alla giovane età dell'attrice.

In applicazione equitativa dei parametri di cui all'art. 139 cda, come integrati dal Decreto del Ministero Sviluppo economico del 27 maggio 2010, il danno non patrimoniale viene così determinato: danno biologico al 5% di soggetto ventitreenne; invalidità temporanea mediamente indicata – in assenza di specificazioni da parte del CTU - nel 50% per un totale di giorni 115 (riferibili esclusivamente al periodo successivo al primo intervento). Sommano: € 7.669,62. Adeguamento personalizzato complessivo: € 15.000,00. Tale risarcimento deve considerarsi già attualizzato, essendo stati adottati gli importi di cui all'ultimo DM.

Il danno patrimoniale risarcibile riguarda le spese mediche affrontate, ritenute congrue dal CTU, pari ad € 12.500,00 da rivalutarsi all'attualità, trattandosi di debito di valore (si assumerà come termine di decorrenza la data intermedia del 1.1.2002). Sommano € 15.050,65. Il totale del danno risarcibile, già attualizzato, ammonta conclusivamente ad € 30.050,65.

Sui predetti importi, in ragione della consistente dilazione con cui saranno corrisposti, spettano anche i c.d. interessi compensativi da ritardo, determinati in base ad un criterio equitativo e presuntivo, che può essere fissato in una misura pari all'interesse legale del periodo decorrente dalla data del fatto a quella odierna. Per il calcolo degli interessi occorre applicare il criterio indi-cato dalla giurisprudenza della Cassazione a Sezioni Unite (nn.1712/1995 e 557/2009), secondo il quale gli interessi vanno calcolati sulla cifra corrispondente al valore della somma al momento dell'illecito, via via rivalutata anno per anno sulla base degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati. Al fine del calcolo la somma come sopra determinata deve essere previamente devalutata in base ai detti indici fino alla data dell'intervento (7.3.2001) e sulla stessa, progressivamente rivalutata, devono calcolarsi gli interessi al tasso legale fino all'effettivo soddisfo.

Le spese di lite, parametrate sullo scaglione di riferimento del decisum, (e comprensive dei costi della CTU e del CTP, debitamente documentati) seguono la soccombenza e vengono liquidate come nel seguente dispositivo.

P.Q.M.

il Tribunale di Macerata, sezione distaccata di Civitanova Marche, definiti-vamente pronunciando nella causa promossa come in narrativa, ogni altra diversa domanda, istanza ed eccezione disattesa, così decide:

1) condanna la azienda sanitaria convenuta al pagamento in favore di Tizia della somma di € 30.050,65 oltre agli interessi nella misura legale da calcolarsi sulla somma sopra indicata previamente devalutata alla data del 7.3.2001 e rivalutata anno per anno secondo gli indici ISTAT fino al saldo effettivo;

2) pone definitivamente a carico della azienda sanitaria convenuta il costo della CTU, come già liquidato con decreto 24.3.2009, e la condanna altresì alla rifusione in favore di Tizia delle ulteriori spese di lite, che liquida in complessivi € 5.150,58, di cui € 1.409,58 per spese, € 2.641,00 per diritti ed € 3.500,00 per onorari, oltre a rimborso forfetario per spese generali, CPA e IVA come per legge.

Così deciso in Civitanova Marche il 14 giugno 2011.

Il Giudice
Corrado Ascoli
Avv. Antonino Sugamele

Richiedi una Consulenza