Se il cittadino straniero perpetra comportamenti violenti nei confronti della moglie, questo dato da solo non giustifica l’espulsione.
Corte di Cassazione Sez. Sesta Civ. - Ord. del 08.09.2011, n. 18482
Rileva
Il relatore designato nella relazione depositata ex art. 380 bis c.p.c. ha argomentato nel senso:
Che il Prefetto di Lodi con decreto 25.8. notificato il 31.10.2009 adottato ex art. 13 c. 2 lett. C del decreto_legislativo_286_1998 ebbe ad espellere il cittadino del (…) dallo Stato sul rilievo che il medesimo, arrestato il 16.12.2008, all'esito di ennesimo atto di violenza verso la moglie, dovesse ritenersi persona socialmente pericolosa; lo straniero propose opposizione avverso l'espulsione prospettando, in primo luogo, l'inesistenza della dedotta pericolosità e quindi eccependo profili di illegittimità formale dell'atto di espulsione; il Giudice di Pace di Lodi con decreto 13.4.2010 ha respinto tale ricorso, sia negando l'esistenza dei dedotti vizi formali, sia nel merito affermando la sussistenza della pericolosità sociale; Che per la cassazione di tale decisione il (…) ha proposto ricorso il 21.6.2010, al quale l'intimato Prefetto non ha opposto difese, lamentando sotto più profili la violazione di legge (art. 1 della legge 1423 del 1956 richiamato dall'art. 13 c. 2 lett. C del T.U. sull'immigrazione) avendo il GdP applicato la ipotesi della pericolosità sociale ad una vicenda di reato familiare e non avendo di converso scrutinato la sintomaticità della vicenda stessa ai fini della prognosi di attualità della pericolosità; l'istante ha anche chiesto l'urgente fissazione di udienza per la decisione del ricorso; Che la censura sui profili di merito della espulsione appare manifestamente fondata ed assorbente; Che in punto di diritto si ritiene di richiamare il costante indirizzo di questa Corte ribadito dalla recente decisione n. 17585 del 2010 così massimata:
In caso di ricorso avverso il decreto prefettizio con il quale sia stata disposta l'espulsione amministrativa dello straniero, ai sensi dell'art, 13, secondo comma, lett c), del d.Igs, n. 286 del 1998, il controllo giurisdizionale deve avere ad oggetto il riscontro della sussistenza dei presupposti dell'appartenenza dello straniero ad una delle categorie di persone pericolose indicate nell'art. 1 della legge n. 1423 dei 1956, come sostituito dall'art. 2 della legge_327_1988, ai fini del soddisfacimento della tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica, da un lato, e del rispetto dei diritti soggettivi delle persone coinvolte nella misura, dall'altro. Tale riscontro va condotto sulla base degli stessi criteri applicati dal giudice quando venga in rilievo una proposta di applicazione di una misura di prevenzione, e cioè tenendo presente: a) il carattere oggettivo degli elementi che giustificano sospetti e presunzioni; b) l'attualità della pericolosità; c); la necessità di un esame globale della personalità del soggetto. La verifica ai riguardo deve essere compiuta “ab extrinseco”, e cioè scrutinando la completezza, la logicità e la non contraddittorietà delle valutazioni operate dall'amministrazione; Che nella specie il Giudice del merito ha totalmente mancato di osservare tale principio: da un canto la automatica riconduzione del reato ascritto, qualificato con il nomen juris dei maltrattamenti in famiglia, alla ipotesi della pericolosità sociale conclamata, è operazione non consentita, se non si enuncia dalla imputazione (e dagli esiti processuali di sua verifica) un quadro di elementi che siano eloquenti della predetta pericolosità sociale; dall'altro canto la valutazione appare priva di valutazioni sulla concreta portata degli episodi e sulla personalità complessiva (sociale e lavorativa) dello straniero, regolarmente soggiornante nello Stato; Che, ove si condivida il testé formulato rilievo, il ricorso può essere trattato in camera di consiglio e accolto per manifesta fondatezza delle riportate censure.
Osserva
Il Collegio, che pienamente condivide la relazione sopra trascritta, ritiene di accogliere il ricorso e cassare il decreto per le esposte ragioni, con rinvio allo stesso Ufficio perché esamini l'opposizione facendo applicazione del principio sintetizzato nella massima di decisione sopra trascritta e non incorrendo negli errori dianzi rilevati (parte sottolineata della relazione). Il giudice del rinvio regolerà all'esito anche le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese, ai Giudice di Pace di Lodi in persona di altro magistrato.
Depositata in Cancelleria il 08.09.2011
14-09-2011 00:00
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