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Sentenza

Se la Banca non informa adeguatamente il cliente dei rischi connessi all’investi...
Se la Banca non informa adeguatamente il cliente dei rischi connessi all’investimento, risponde delle perdite. Corte di Cassazione Sez. Prima Civ. - Sent. del 22.03.2012, n. 4564
Corte di Cassazione – Sentenza n. 4564/212
Svolgimento del processo
Su ricorso della Banca C. s.p.a il Tribunale di Milano emetteva in data 18.12.2003 decreto
ingiuntivo n. 32319/55961, notificato il 28.01.2004 nei confronti dei signori G.C. e Z.M. per il
pagamento dell'importo di €. 178.518,72 per scoperto di conto corrente, oltre interessi di mora al
tasso prime rate ABI più 50% dal 17.04.2003 al saldo e le spese liquidate in complessivi €.
1.898,47.
Con atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo secondo il rito ordinario, notificato in data
16.02.2004, gli attori opponenti - odierni ricorrenti - proponevano opposizione al predetto decreto
ingiuntivo, chiedendo: "dichiararsi nulli, ovvero annullarsi, ovvero dichiararsi risolti per fatto e colpa
della banca tutti i contratti di investimento e di finanziamento inter partes dall'agosto 1998;
dichiararsi inadempiente la banca agli obblighi di rendiconto in relazione agli investimenti finanziari
ed ai rapporti di conto corrente; dichiararsi nulli per difetto di forma i contratti di conto corrente 11.
46882 e 46906 e comunque illegittimi i prelevamenti effettuati dagli stessi per investimenti
finanziari; subordinatamente, dichiararsi non dovuti gli interessi debitori ultra legali addebitati sui
conti durante il rapporto, nonché gli interessi anatocistici compresi nella somma ingiunta;
dichiararsi infondata ed inesistente la pretesa creditoria azionata, con revoca del decreto
ingiuntivo; condannarsi la banca al risarcimento dei danni patrimoniali e non, con richiesta di
pagamento di una somma pari al controvalore all'agosto 1998 del titoli azionari trasferiti da D. a
Banca P. andati dispersi, nella misura orientativamente indicata in €250.000,00. o in quella
risultante in corso di causa, oltre interessi,
Si costituiva la Banca C. s.p.a. con comparsa con la quale resisteva all'opposizione chiedendone il
rigetto.
Con sentenza n. 967/2006, emessa il 18 gennaio 2006, depositata il 27 gennaio 2006, notificata
unitamente ad atto di precetto direttamente alla Banca in data 4.4.2006, il Tribunale, accertata la
nullità del contratto di negoziazione stipulato inter partes il 12.8.1998 e di tutti gli ordini
conseguenti, nonché dei negozi collegati connessi, per l'effetto revocava il decreto ingiuntivo
32319 emesso dal Tribunale di Milano 1/18/12/2003 e condannava la Banca C. s.p.a. a restituire
a G. C. e Z. M. la somma corrispondente al controvalore dei titoli O. e S., depositati presso l'istituto
di credito e costituiti in pegno all'epoca del deposito, risultante al momento della vendita, somma
maggiorata degli interessi legali fino al saldo effettivo, detraendo con data valuta al 24.12.98 per
euro 15.493,70 e al 29.1.99 per euro 10.948,88 le somme prelevate dai correntisti per complessivi
euro 26.44258. (
Avverso tale sentenza la Banca C. proponeva appello insistendo per l'accoglimento delle proprie
domande.
Gli appellati si costituivano chiedendo la conferma della sentenza emessa dal Tribunale di Milano.
La Corte d'Appello di Milano con sentenza n. 1291/2010, in totale riforma della sentenza n.
967/2006 del 18.1.2006 del Tribunale di Milano, respingeva l'opposizione proposta da G.C. e da
Z.M. contro il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Milano il 18.12.2003 col n. 32319/2003 in
favore di Banca C. spa; confermava tale decreto e respingeva le richieste di risarcimento danni
avanzate dal G.C. e da Z. M. nei confronti della Banca con condanna alla restituzione di quanto
ricevuto dalla Banca in esecuzione della sentenza di primo grado.
Avverso la detta sentenza ricorrono per cassazione il G. e la Z. sulla base di tredici motivi cui
resiste con controricorso la Banca C. spa.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
Motivi della decisione
Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti si dolgono del mancato accoglimento della eccezione di
inammissibilità dell'appello per mancanza di specificità dei motivi.
Il motivo è infondato.
La Corte d'appello ha rilevato che le censure della Banca, oltre ad eccezioni di rito, investivano, da
un lato, la qualificazione del contratto, ritenuto dal giudice di primo grado un contratto di
investimento invece che di deposito titoli, e, d'altro lato, la ritenuta nullità del contratto di conto
corrente discendente da quella del contratto di amministrazione e deposito titoli. Inoltre, la Banca
contestava i motivi di nullità del contratto di conto corrente dedotti dagli odierni ricorrenti e non
esaminati dal giudice di prime cure perché assorbite dalle precedenti determinazioni.
Va rammentato che la giurisprudenza di questa Corte ha, a più riprese, chiarito che, essendo
l'appello un mezzo di gravame con carattere devolutivo pieno, non limitato al controllo di vizi
specifici, ma rivolto ad ottenere il riesame della causa nel merito, il principio della necessaria
specificità dei motivi - previsto dall'art. 342, comma primo, cod. proc. civ. - prescinde da qualsiasi
particolare rigore di forme, essendo sufficiente che al giudice siano esposte, anche
sommariamente, le ragioni di fatto e di diritto su cui si fonda l'impugnazione, ovvero che, in
relazione al contenuto della sentenza appellata, siano indicati, oltre ai punti e ai capi formulati,
anche, seppure in forma succinta, le ragioni per cui è chiesta la riforma della pronuncia di primo
grado, con i rilievi posti a base dell'impugnazione, in modo tale che restino esattamente precisati il
contenuto e la portata delle relative censure, (ex plurimis Cass. 21745/06).
L'appello della Banca risulta corrispondere agli enunciati principi.
Per quanto concerne la qualificazione del contratto, ritenuto dal giudice di primo grado un contratto
di investimento invece che di deposito titoli, nonché la ritenuta nullità del contratto di conto corrente
discendente da quella del contratto di amministrazione e deposito titoli, l'atto di appello (v. pg. da
14 a l8) riporta, sia pure sinteticamente, quanto deciso dal tribunale di Milano ed avanza in
relazione a detta motivazione le proprie censure riportando poi, in aggiunta ad esse, quanto già
esposto in proposito nel giudizio di primo grado ( da pg 18 a 24) a titolo di ulteriore
argomentazione.
Infine l'atto in questione ribadisce nelle pagine successive le ragioni svolte nella prima fase di
giudizio in relazione alla questioni di nullità del contratto di conto corrente sollevate dagli odierni
ricorrenti e rimaste assorbite nel giudizio di primo grado.
I motivi di appello proposti dalla Banca su tali punti appaiono sufficientemente specifici e
rispondenti ai requisiti di cui all'art 342 cpc. come del resto, già correttamente ritenuto dalla stessa
Corte di merito.
Il motivo va quindi respinto.
Con il secondo articolato motivo i ricorrenti deducono violazione e/o falsa applicazione degli artt.
362 c.c., 23, 24 e 30 nn.6 e 7 D. Lgs. 58/98 in relazione alla qualificazione giuridica del rapporto
dedotto in causa e alla applicabilità al medesimo rapporto delle norme sull'offerta "fuori sede".
Con una prima doglianza deducono, anzitutto, che la Corte d appello avrebbe errato nel non
ritenere che il rapporto intercorso tra le parti dovesse inquadrarsi in quello di gestione di patrimonio
in quanto la banca avrebbe effettuato in modo autonomo la gestione dei titoli senza richiedere
alcuna autorizzazione ed avvalendosi di fogli firmati in bianco.
Con una seconda doglianza contestano la sentenza laddove ha ritenuto che ai contratti di
negoziazione per cui è causa, conclusi pacificamente fuori sede, non dovesse applicarsi a pena di
nullità l' indicazione della clausola di recesso, da effettuarsi entro una settimana dalla stipula del
contratto, poiché l'inserimento di detta clausola sarebbe previsto solo per i contratti di
collocamento di strumenti finanziari o di gestione di portafogli individuali, ma non per i contratti di
negoziazione titoli.
Il motivo è infondato.
Quanto alla prima doglianza, la Corte d'appello, dopo una attenta valutazione dei contratti in atti,
ha ritenuto che tra le parti fosse intercorso un accordo per la negoziazione di titoli mobiliari con
collegato un contratto accessorio di deposito dei titoli.
Ha peraltro escluso che tra le parti fosse intervenuto un contratto di gestione di portafoglio
ritenendo che tale circostanza fosse pacifica tra le parti non avendo gli odierni ricorrenti fatto
riferimento alcuno all'art 24 TUF.
Tale ratio decidendi non è specificamente censurata dai ricorrenti che avrebbero dovuto dedurre di
avere in sede di appello riproposto e sostenuto siffatta tesi.
La doglianza pertanto, che si riporta alle argomentazioni del giudice di primo grado sul punto, per
un verso non censura l' effettiva ratio decidendi relativa alla mancanza di controversia tra le parti
sul punto e, per altro verso, prospetta delle censure di merito proponendo una diversa
interpretazione delle risultanze processuali, in particolare ribadendo che la banca aveva invero
operato autonome scelte d'investimento come risulterebbe anche dall'uso a tal fine di fogli firmati
in bianco.
La censura è quindi inammissibile.
Venendo all'esame della seconda doglianza, la stessa si rivela infondata. La Corte d'appello ha
escluso che nei contratti di negoziazione, ricezione e trasmissione di ordini conclusi fuori sede
debba essere indicata a pena di nullità la facoltà di recesso nel termine di sette giorni prevista dall'
art 30 TUF.
La decisione è corretta. L'articolo 1 comma 5 TUF stabilisce che si intendono per servizi
d'investimento, quando hanno per oggetto strumenti finanziari, le attività di a) negoziazione per
conto proprio; b) negozi azione per conto altrui; c) collocamento, con o senza preventiva
sottoscrizione o acquisto a fermo, ovvero assunzione di garanzia nei confronti dell' emittente; d)
gestione su base individuale di portafogli d'investimento per conto terzi; e) ricezione e
trasmissione di ordini, oltre che mediazione. Ciascuno di detti servizi presenta delle caratteristiche
proprie e riceve, quindi, in alcuni casi nell'ambito del Testo unico Finanziario e del regolamento
Consob una disciplina differenziata rispetto a quella degli altri servizi.
In tal senso, il Regolamento Consob disciplina minuziosamente servizi d'investimento ed i servizi
di gestione collettiva del risparmio, stabilendo, per i primi, che qui interessano, una serie di
disposizioni di carattere generale (artt.26- 31), concernenti: regole generali di comportamento,
regole sul conflitti d'interesse; obblighi di informazioni; operazioni non adeguate e contratti con gli
investitori. A queste seguono le norme per la prestazione dei singoli servizi d'investimento, ripartiti
in: negoziazione su base individuale (art.32); ricezione e trasmissione di ordini e mediazione
(art.33 e 34); collocamento ed offerta fuori sede di strumenti finanziari (artt.35 e 26); gestione di
portafogli e concessioni di finanziamenti agli investitori.
Per quanto concerne, in particolare , la differenza tra la negoziazione ed il collocamento, la
comunicazione DAL/97006042 del 9.7.1997 della Consob chiarisce che il secondo "si caratterizza
per essere un accordo tra l'emittente (o offerente) e l'intermediario collocatore, finalizzato
all''offerta al pubblico da parte di quest 'ultimo degli strumenti finanziari emessi a condizioni di
prezzo e (frequentemente) di tempo predeterminate, mentre la negoziazione consiste nell'
esecuzione "di ordini di acquisto ricevuti dalla clientela stessa, a condizioni, quindi, diverse a
seconda dell 'acquirente e del momento dell'operazione".
La miglior dottrina ha avuto modo di osservare che" la prestazione del servizio di collocamento è
preceduta da un accordo tra l'emittente e l'intermediario collocatore, finalizzato appunto all'offerta
al pubblico da parte di quest 'ultimo degli strumenti finanziari a condizioni di prezzo e, talune volte,
anche di tempo definite. A differenza di quanto accade nei servizi di negoziazione e di esecuzioni
di ordini, nel collocamento l'offerta di strumenti finanziari avviene a condizioni standardizzate nell'
ambito dello svolgimento di un 'operazione di massa. Si parla di sottoscrizione quando gli
strumenti finanziari sono di nuova emissione, vengono collocati per la prima volta sul mercato,
mentre si tratta di collocamento, quando è riferito a strumenti finanziari già emessi che vengono
successivamente venduti. Il servizio di sottoscrizione e/o collocamento può essere avvenire con
garanzia quando l'intermediario garantisce a chi offre gli strumenti finanziari il collocamento degli
stessi, oppure, li sottoscrive esso stesso e poi li vende al pubblico, senza garanzia quando
l'intermediario si limita a collocare presso il pubblico gli strumenti finanziari. Il rischio della riuscita
dell'operazione rimane solo all'emittente.
Il problema che ora si pone, ed in relazione al quale sussiste un rilevante contrasto nella
giurisprudenza di merito, è se le disposizioni contenute neII'art 30, commi 6 e 7 TUF, che
stabiliscono che nei moduli o formulari consegnati all'investitore deve essere indicata, a pena di
nullità, la possibilità per l'investitore di recedere dal contratto di collocamento di strumenti finanziari
o di gestione di portafogli individuali conclusi fuori sede nel termine di sette giorni dalla
sottoscrizione e che entro detto termine l' efficacia dei detti contratti rimane sospesa, trovano
applicazione solo in riferimento ai contratti di collocamento di strumenti finanziari o di gestione di
portafogli individuali ovvero si applicano indistintamente a tutti i contratti relativi a servizi di
investimento, ivi compresa la negoziazione di titoli.
La risposta non può che essere nel primo senso.
Una volta chiarito che i servizi d'investimento di cui all'art 1 comma 5 TUF dianzi elencati
costituiscono delle singole species rientranti in un unico genus che usufruiscono di una disciplina
tra loro comune ma anche a volte diversificata in relazione al particolare tipo di servizio
d'investimento, deve, in applicazione del criterio di interpretazione letterale, ritenersi che laddove
l'art 30 , comma 6, TUF si riferisce esclusivamente ai contratti di collocamento di strumenti
finanziari o di gestione di portafogli individuali intenda dettare una disciplina peculiare limitata a
siffatte tipologie di contratti con esclusione degli altri elencati alI' art 1 comma 5 TUF.
Una prima conferma in via interpretativa la si ricava dal fatto che l'art 30 comma 6 TUF prende in
considerazione non la sola ipotesi di collocamento di servizi finanziari, che isolatamente presa
potrebbe dare adito a dubbi circa un suo significato atecnico e generico sinonimo di piazzamento
di titoli , ma anche l'ipotesi della gestione di portafogli individuali; il che sta a significare che il
legislatore aveva l'intenzione ben precisa di limitare l'ipotesi della indicazione della clausola di
recesso esclusivamente a tali due tipi di contratto con esclusione degli altri contratti elencato
nell'art. 1comma 5 tra cui quelli di investimento.
Una seconda conferma di ciò la si ricava daIl' esame di altre disposizioni normative contenute nel
regolamento della Consob ove per il collocamento di strumenti finanziari è prevista - come già
accennato - un disciplina diversa e peculiare rispetto a quella degli altri contratti regolati del TUF.
Ad esempio, l'art 30 comma 3 del regolamento Consob prevede che non si applicano alla
prestazione di servizi di collocamento, ivi compresi quelli di offerta fuori sede, le disposizioni
contenute nei primi due commi dello stesso articolo che si riferiscono alla necessità che gli
intermediari autorizzati debbono fornire i propri servizi esclusivamente sulla base di un contratto
scritto, una copia del quale deve essere rilasciata all'investitore, e che stabiliscono il contenuto che
i detti contratti devono avere.
Lo stesso deve dirsi per quanto concerne l'art 61 del regolamento Consob che, mentre prevede
al primo comma che nella prestazione dei servizi di negoziazione, gli intermediari autorizzati
inviano al domicilio dell'investitore per ogni operazione eseguita, entro il settimo giorno lavorativo
successivo a quello di esecuzione, una nota relativa all'operazione stessa in cui sono
distintamente riportate una serie di informazioni (tra cui : il tipo di operazione, lo strumento
finanziario e le quantità oggetto dell' operazione, il prezzo praticato, unitario e totale etc), al
secondo comma prevede, invece, in relazione alla prestazione del servizio di collocamento, che la
nota relativa all' operazione debba essere effettuata entro il settimo giorno lavorativo successivo
alla conclusione dell' operazione di collocamento.
Da tale articolo si deduce che, anche sotto il profilo dei tempi di attuazione, esiste una discrepanza
tra il servizio di collocamento degli strumenti finanziari e quello di investimento. Il primo infatti si
svolge, come già esaminato, a condizioni di prezzo e sovente anche di tempo definite per cui ,
stante la stabilità del quadro di riferimento dell' investi mento, l'investitore può utilmente riflettere
nell' arco di sette giorni sulla opportunità della sua scelta optando eventualmente nel recesso.
Altrettanto non può dirsi nel caso di contratti di investimento in cui il valore dei titoli mobiliari è
soggetto a costante mutamento ed in cui, quindi, il prezzo effettivo di acquisto da parte
dell'intermediario non avverrà mai di regola al prezzo indicato nel contratto di investimento perché
nel lasso di tempo intercorso tra la stipula di questo e l'acquisto il prezzo sarà certamente variato.
Tutto ciò rende meno significativa la previsione della possibilità di recesso in relazione ai contratti
d'investimento e giustifica l'esclusione per questi ultimi operata dall'art 30 comma 6 TUF. Riscontro
di ciò lo si rinviene al livello interpretativo dal d.lgs 190 del 2005 che, in attuazione della direttiva
2002/65/CE, disciplina in generale la commercializzazione a distanza dei servizi finanziari e che
quindi si integra con la disciplina dell 'art 30 TUF che regolamenta l'offerta fuori sede di servizi e
prodotti finanziari. In particolare, l'art Il del citato decreto legislativo 190/2005, che disciplina il
diritto di recesso, stabilisce espressamente al quinto comma che lo stesso non si applichi "ai
servizi finanziari, diverso dal servizio di gestione su base individuale di portafogli di investimento se
gli investimenti non sono stati già avviati, il cui prezzo dipende da fluttuazioni del mercato
finanziario che il fornitore non è in grado di controIl re e che possono aver luogo durante il periodo
di recesso, quali ad esempio i servizi riguardanti: 2) strumenti del mercato monetario, 3) valori
mobiliari '.
Il parallelismo tra la normativa del testo unico finanziario e quella del decreto legislativo citato che
disciplinano la medesima materia, sia pure in ragione delle diverse condizioni in cui avvengono gli
investimenti. costituisce dunque un ulteriore elemento che conferma l'orientamento interpretativo
dianzi sostenuto.
Detto orientamento non è smentito dal fatto che l'art 30, comma l, del TUF stabilisce che “per
offerta fuori sede si intendono la promozione e il collocamento presso il pubblico: a) di strumenti
finanziari in luogo diverso dalla sede legale o dalle dipendenze dell'emittente, del proponente
l'investimento o del soggetto incaricato della promozione o del collocamento;b) di servizi di
investimento in luogo diverso dalla sede legale o dalle dipendenze di chi presta, promuove o
colloca il servizio ". In questo caso infatti, è di tutta evidenza che i termini promozione e
collocamento sono usati in senso atecnico riferito indistintamente agli strumenti finanziari ed ai
servizi d investimento e che gli stessi risultano equivalenti a sollecitazione all'acquisto e
piazzamento. Ciò è dimostrato anche dalla circostanza che l'art 36 del regolamento Consob
prevede che nell'attività di offerta fuori sede di strumenti finanziari di servizi di investimento e di
prodotti finanziari disciplinati dall'articolo 30 del Testo Unico, gli intermediari autorizzati si
avvalgono dei promotori finanziari al fine di … “ . In questo caso la norma non usa
l'espressione promozione e collocamento presso il pubblico utilizzata dall'art 30 TUF ma quella di
offerta di strumenti finanziari di servizi d'investimento e di prodotti finanziari, il che sta
necessariamente a significare che in entrambi i casi la terminologia viene usata in senso atecnico
e descrittivo.
Non costituisce infine, neppure elemento idoneo a contrastare quanto fin qui detto il fatto che l'art
36, comma 1, lett c del regolamento Consob preveda che gli intermediari finanziari si avvalgono
dei promotori, tra l'altro, al fine di : c) illustrare agli investi/ori: - prima della sottoscrizione del
documento di acquisto o sottoscrizione degli strumenti finanziari e degli altri prodotti finanziari
ovvero dei documenti contrattuali per la fornitura dei servizi di investimento, gli elementi essenziali
dell'operazione, del servizio o del prodotto, con particolare riguardo ai relativi costi e rischi
patrimoniali; la facoltà prevista dall'articolo 30. comma 6, del Testo Unico; “
In tale contesto infatti, in cui sono disciplinate contestualmente le varie ipotesi di servizi finanziari
previsti dall'art. 1, comma 5, del TUF, è evidente che l'indicazione della facoltà di recesso prevista
dall'art 30 comma 6 TUF si riferisce a quelle fattispecie in cui tale ultima norma può trovare
applicazione e non alle altre.
Non assume poi alcuna rilevanza il fatto che l'art 30, comma 2, Tuf specifichi che non costituisce
offerta fuori sede quella effettuata nei confronti di investitori professionali.
L'esclusione di tali investitori costituisce una limitazione del campo soggettivo di applicazione della
legge nel caso di offerte fuori sede che si giustifica con la ratio della normativa di creare una serie
di garanzie a tutela del pubblico degli investitori che potrebbero per mancanza di conoscenza e di
esperienza non essere consapevoli del tipo di investimento effettuato e del rischio e delle
conseguenze che potrebbe comportare; garanzie che ovvia mente non avrebbe senso prevedere
nei confronti degli investitori professionali.
Il motivo va in conclusione respinto.
Con il terzo ed il quarto motivo i ricorrenti lamentano rispettivamente sotto il profilo, da un lato,
della violazione e/o falsa applicazione degli artt. 23 comma 1 del D. Lgs 59/98, 30 e 47 del
Regolamento Consob n. 11522/98 e, dall'altro lato, della insufficienza di motivazione, l'erroneità
della decisione impugnata in relazione alla eccezione di nullità del contratto di finanziamento
all'investitore e dei contratti collegati per inosservanza dell'obbligo di forma prescritto.
La Corte d'appello ha fornito sul punto la seguente motivazione "Gli appellanti incidentali
sostengono che, poiché le operazioni di investimento sono state poste in essere utilizzando
provvista messa a disposizione dalla Banca mediante apertura di credito garantita da titoli costituiti
in pegno, il contratto avrebbe dovuto indicare "i tipi di finanziamento previsti, il tasso di interesse e
ogni altra condizione praticata. Il rilievo è inconferente. Sono in atti il contratto di negoziazione
(doc. 14 appellati), le linee di credito per scoperto di c/c (doc. no 13 appellante), il contratto di
apertura di c/c (doc. 4 appellante), gli estratti conto trimestrali (doc. n. 5 appellante). Da questo
complesso documentale risultano gli obblighi pattuiti a carico delle rispettive parti e in particolare le
condizioni per il finanziamento e per il rilascio delle garanzie. Non è evidenziata dagli appellanti
incidentali l'assenza di indicazioni pregiudizievoli ai loro interessi ".
Tale motivazione appare idonea e conforme al dato normativo .
Quanto a quest'ultimo, va rammentato che l' art. 23 TUF prevede quanto segue: "1. i contratti
relativi alla prestazione dei servizi di investimento e accessori sono redatti per iscritto e un
esemplare è consegnato ai clienti. La CONSOB, sentita la Banca può prevedere con regolamento
che, per motivate ragioni tecniche o in relazione alla natura professionale dei contraenti, particolari
tipi di contratto possano o debbano essere stipulati in altra forma.
Nei casi di inosservanza della forma prescritta, il contratto è nullo.
2 . È nulla ogni pattuizione di rinvio agli usi per la determinazione del corrispettivo dovuto dal
cliente e di ogni altro onere a suo carico. In tal casi nulla è dovuto '.
A sua volta l'art 30 del regolamento Consob prevede quanto segue: " Gli intermediari autorizzati
non possono fornire i propri servizi se non sulla base di un apposito contratto scritto: una copia di
tale contratto è consegnata all'investitore.
2. Il contratto con l'investitore deve: a) specificare i servizi forniti e le loro caratteristiche; b) stabilire
il periodo di validità e le modalità di rinnovo del contratto, nonché le modalità da adottare per le
modificazioni del contratto stesso; c) indicare le modalità attraverso cui l'investitore può impartire
ordini e istruzioni; d) prevedere la frequenza, il tipo e i contenuti della documentazione
da fornire all'investitore a rendiconto dell'attività svolta' e) indicare e disciplinare, nei rapporti di
negoziazione e ricezione e trasmissione di ordini, le modalità di costituzione e ricostituzione della
provvista o garanzia delle operazioni disposte, specificando separatamente i mezzi costituiti per
l'esecuzione delle operazioni aventi ad oggetto strumenti finanziari derivati e warrant; j) indicare le
altre condizioni contrattuali eventualmente convenute con l'investitore per la prestazione del
servizio.
3. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano alla prestazione dei servizi: a) di
collocamento, ivi compresi quelli di offerta fuori sede e di promozione e collocamento a distanza;
b) accessori, fatta eccezione per quelli di concessione di finanziamenti agli investitori e di
consulenza in materia di investimenti in strumenti finanziari.
Da tale articolo si evince ( in particolare dal comma 3) che anche ai servizi accessori concernenti
la concessioni di finanziamenti agli investitori si applicano le disposizioni di cui all'articolo
medesimo.
In aggiunta ciò, l'art 47 Consob , proprio per il caso specifico della concessione di finanziamenti
agli investitori, prevede quanto segue: “l. In aggiunta a quanto previsto dall'articolo 30, il contratto
con gli investitori deve indicare i tipi di finanziamento previsti, il tasso di interesse e ogni altro
prezzo e condizione praticati o i criteri oggettivi per la loro determinazione, nonché gli eventuali
maggiori oneri applicabili in caso di mora; la possibilità di variare in senso sfavorevole
all'investitore il lasso di interesse e ogni altro prezzo e condizione deve essere espressamente
indicata nel contratto con clausola spectficamente approvata dall'investitore.
2. Configura concessione di finanziamenti l'effettuazione di operazioni di pronti contro termine, di
riporto, di prestito titoli e di ogni altra analoga operazione finalizzata all'acquisizione da parte
dell'investitore a titolo di provvista di somme di denaro o strumenti finanziari contro pagamento di
un interesse: a) il cui ricavato sia destinato all'esecuzione di operazioni relative a strumenti
finanziari nelle quali interviene l'intermediario; b) in cui l'intermediario acquisisca dall'investitore, a
fronte del finanziamento concesso, adeguate garanzie; di regola, gli strumenti finanziari costituiti in
garanzia sono gli stessi oggetto delle operazioni di cui alla lettera a). Il valore degli strumerui
fìnanziari acquisiti in garanzia deve risultare congruo rispetto ali/importo del finanziamento
concesso ".
Nel caso di specie, come esattamente osservato dalla Corte d'appello, il contratto di finanziamento
è stato stipulato non già all' interno del contratto di prestazione di servizi di investimento ma tramite
un negozio collegato di apertura di credito su un contratto di conto corrente fino ad un ammontare
di 500 mila euro garantiti da un pegno di titoli azionari depositati presso la banca.
3. In tale tipo di contratto non può richiedersi l'indicazione degli elementi di cui all'art 30 del
regolamento che si riferiscono in via esclusiva ai servizi di investimento ( servizi forniti, periodo di
validità del contratto, modalità di impartire ordini e istruzioni da parte dell'investitore etc) e che
sarebbero inconferenti in ordine ad un distinto contratto di conto corrente con apertura di
credito.
A quest'ultimo devono peraltro applicarsi le condizioni previste espressamente dall'art 47 del
regolamento Consob poiché non è dubbio che l'apertura di credito su conto corrente costituisca
una operazione di finanziamento che rientra nella ipotesi di “ogni altra analoga operazione
finalizzata all'acquisizione da parte dell'investitore a titolo di provvista di somme di denaro o
strumenti finanziari contro pagamento di un interesse” prevista dal citato art. 47 comma , del
regolamento in esame.
A tal fine nei contratti di cui si discute dovevano essere contenute le indicazioni
relative a " i tipi di finanziamento previsti, il tasso di interesse e ogni altro prezzo e condizione
praticati o i criteri oggettivi per la loro determinazione, nonché gli eventuali maggiori oneri
applicabili in caso di mora".
Nel caso di specie, il tipo di finanziamento previsto risulta dalla apertura di credito e, per quanto
concerne i tassi d'interesse, non espressamente citati nella sentenza, deve ritenersi che, come
normalmente avviene, questi siano indicati nel contratto di conto corrente espressamente citato
dalla sentenza stessa ( doc 4 )
In ordine al quale i due motivi in esame ( che pur riportano in gran parte il dato testuale di altri
documenti presi in esame dalla corte d'appello) non fanno alcun riferimento.
I motivi devono pertanto ritenersi sotto tale profilo carenti di adeguata censura poiché avrebbero
dovuto riportare anche il contenuto del contratto di conto corrente per contestare anche in detto
contratto la mancanza di indicazione del tasso di interesse.
Le altre voci indicate nell' art 47 del regolamento Consob, in quanto eventuali ( ogni altro prezzo o
condizione praticati, eventuali maggiori oneri) non possono dar luogo, in assenza di specifica
censura, a esame da parte dì questa Corte.
I motivi vanno dunque dichiarati inammissibili.
Con il quinto motivo i ricorrenti deducono la nullità della sentenza per violazione degli art. 99, 112
e 324 cpc in relazione alla mancata impugnazione, da parte della banca appellante, del capo della
sentenza di primo grado che ha dichiarato la mancanza e la nullità di tutti gli ordini di borsa. Il
motivo è infondato. Invero nell‘atto di appello ( terzo motivo) viene diffusamente contestata la
nullità dei contratti di investimento successivi e conseguenti a quello di negoziazione,
sottoscrizione e raccolta di ordini affermata dalla sentenza di primo grado e tale contestazione già
investe l'intera questione della nullità dei detti negozi successivi censurando così il capo della
sentenza sul punto. Questa Corte ha già avuto occasione di chiarire a tale proposito che la
censura deve ritenersi proposta nell'ipotesi in cui, con riferimento ad un autonomo capo di
sentenza, l'appellante, pur non procedendo all'esplicito esame dei passaggi argomentativi della
sentenza, svolga il motivo di appello in modo incompatibile con la complessiva argomentazione
della decisione impugnata sul punto, posto che l'esame dei singoli passaggi della stessa è inutile,
una volta che l'appellante abbia esposto argomentazioni incompatibili con le stesse premesse del
ragionamento della sentenza impugnata. (Cass 9803/99;Cass 15936/03;Cas 17013/10).
Deve peraltro aggiungersi che nell'atto di appello si rinvengono altresì censure specifiche in ordine
ai contratti di compravendita degli strumenti finanziari laddove venivano contestate le deduzioni
avversarie circa la sottoscrizione di titoli in bianco per le operazioni in titoli e ave veniva ribadito
che gli ordini di compravendita erano stati regolarmente impartiti per iscritto. Il motivo va in
conclusione respinto.
Con il sesto motivo i ricorrenti lamentano violazione e la falsa applicazione degli artt. 23 D. Lgs. 5
8/98, 2697, 1832 cc in relazione alla mancanza degli ordini e agli addebiti operati sul conto
corrente in conseguenza degli investimenti di causa assumendo che la motivazione della sentenza
sarebbe viziata dalla violazione delle norme indicate in quanto la Corte di Appello ha di alcuni
ordini di investimento presumibilmente riferito a quei documenti che, ritenuto infondato l'addebito
genericamente formulato dagli stessi della assenza pur non risultando firmati dagli investitori erano
stati eseguiti senza alcuna tempestiva informazione, ed ha ritenuto giustificati gli addebiti operati
dalla banca sul conto per effetto della mancata contestazione degli estratti conto, comunicati
quantomeno trimestralmente, contenenti gli addebiti.
Il motivo è fondato.
In ordine alla ritenuta genericità della contestazione circa l'assenza di alcuni ordini di investimento,
si osserva che, essendo risultati i ricorrenti vittoriosi in primo grado, gli stessi erano tenuti soltanto
a riproporre le eccezioni a suo tempo formulate in quel giudizio e che comunque, come risulta dalla
comparsa di costituzione in secondo grado e appello incidentale, riportate per quanto interessa nel
ricorso in osservanza del principio di autosufficienza, i ricorrenti avevano specificatamente indicato
che mancavano gli ordini relativi agli investimenti in azioni T., B., nonché in relazione a numerose
operazioni su covered warrant risultanti dagli estratti conto in atti.
Tale eccezione risulta sufficiente articolata e la Corte d'appello doveva dunque esaminarla negli
aspetti dedotti.
Del resto la stessa Corte d'appello ha accertato l'esistenza di documenti che pur non risultando
firmati sono stati eseguiti senza alcuna tempestiva contestazione e ciò avrebbe dovuta indurla a
procedere ad una più approfondita valutazione delle circostanze in esame.
Va aggiunto che l'art. 23, ultimo comma, del decreto legislativo n. 58 del 1998 prevede che nei
giudizi di risarcimento dei danni cagionati al cliente nello svolgimento dei servizi di investimento e
di quelli accessori, spetta ai soggetti abilitati l'onere della prova di aver agito con la specifica
diligenza richiesta e certamente il primo requisito in tal senso è quello di provare di avere agito
sulla base di ordini impartiti dall'investitore.
Nel caso di specie, dunque, a fronte della specifica contestazione dei ricorrenti relativa alle
operazioni di acquisto prive di ordine, era la banca a dover provare di avere agito in presenza di
apposito ordine.
Erronea è poi l'affermazione contenuta nella sentenza secondo cui gli ordini privi di sottoscrizione
sono stati eseguiti senza alcuna tempestiva contestazione.
Posto, infatti, che l'esecuzione dei detti investimenti sarebbe risultata dagli estratti del conto
corrente, va rammentata la costante giurisprudenza di questa corte che ha affermato che ai sensi
dell'art. 1832 cod. civ., la mancata contestazione dell'estratto conto e la connessa implicita
approvazione delle operazioni in esso annotate riguardano gli accrediti e gli addebiti considerati
nella loro realtà effettuale, nonché la verità contabile, storica e di fatto delle operazioni annotate,
ma non impediscono la formulazione di censure concernenti la validità ed efficacia dei rapporti
obbligatori sottostanti.( ex plurimis da ultimo Cass. 11626/11).
Va a tale proposito rilevato che l'art. 23 TU prevede che i contratti relativi alla prestazione dei
servizi d'investimento. tra cui rientrano gli ordini di acquisto di valori mobiliari ai sensi dell'art. 1
comma 5 lett e) del TUF, devono essere effettuati in forma scritta salvo che la Consob con il
regolamento non prescriva una forma diversa, ma che, in ogni caso, la mancanza della forma
prescritta comporta la nullità del contratto. Ne consegue che i ricorrenti ben potevano contestare la
validità delle operazioni effettuate dalla banca sottostanti agli addebiti in conto corrente.
E' ben vero che questa Corte ha altresì ritenuto che dedotta l'inefficacia della registrazione di
un'operazione di giroconto, in quanto derivante da un atto dispositivo compiuto in difetto o contro la
volontà del correntista, ben può il giudice accertare che il cliente abbia avuto tempestiva
comunicazione del giroconto e abbia dato consapevole approvazione all'operazione negoziale
sottostante, e ritenere, quindi, tardive le sue contestazioni, non però a causa della decadenza dal
termine fissato dalla norma bancaria, quanto per la ragione sostanziale che l'operazione di
giroconto sia stata consapevolmente ratificata dal medesimo. (Cass 11626/11). Ma allora, qualora
nel caso di specie si fosse trattato della ipotesi descritta, la Corte d'appello avrebbe dovuto dare
ragione del proprio convincimento con adeguata motivazione, mentre nulla di tutto ciò è
avvenuto.
Il motivo va pertanto accolto.
Con il settimo motivo i ricorrenti lamentano l'omessa pronunzia in relazione alla contestata
violazione degli artt. 21 comma l lett. B) D. Lgs. 58/98 e 28, 4 comma l, lett. A) e b) Regolamento
Consob n. 11522/98 sostenendo che la sentenza impugnata non conterrebbe alcuna pronuncia in
ordine alla eccepita mancata consegna del documento sui rischi generali dell‘investimento ed alla
eccepita mancata richiesta di informazioni ecc.
Il motivo è fondato.
Invero , risulta che i ricorrenti hanno formulato specifiche censure circa la mancata consegna del
documento sui rischi generali degli investimenti previsto dall'art 28 regolamento Consob ma che su
tale questione non vi è stata alcuna pronuncia da parte della Corte d'appello.
Il motivo va pertanto accolto.
Con l'ottavo motivo i ricorrenti lamentano la violazione elo falsa applicazione degli artt. 21, comma
l, lett. B), 23, ultimo comma, D. Lgs. 58/98 e 28 comma 2 Reg. Consob 11522/98 in relazione
all'adempimento degli obblighi informativi specifici, in particolare censurano la motivazione sul
punto della sentenza impugnata, sostenendo che la stessa non ha considerato che la banca non
ha neppure tentato di provare di aver fornito le informazioni sulla natura, i rischi e le implicazioni
degli investimenti posti in essere e che gli estratti del conto corrente non recano alcuna indicazione
circa la natura del titoli oggetto delle diverse e numerosissime operazioni.
Sul tale questione la Corte d'appello ha motivato che "nel caso in esame non viene precisato per
quali dei numerosissimi contratti conclusi nei cinque anni di durata del rapporto con la Banca C.
non siano state fornite informazioni e soprattutto se l'assenza di informazioni abbia causato un
danno, non avendo evidenziato un rischio che l'investitore non avrebbe voluto affrontare. Va sul
punto sottolineato che le operazioni documentale riguardano quasi esclusivamente acquisti I
vendite di titoli sul mercato regolamentato, in relazione ai quali si può ritenere che le informazioni
rilevanti fossero già in possesso di risparmiatori abituati ad investire in prodotti finanziari.
L'argomentazione della Corte di mento non può trovare consenso.
Come già in precedenza ricordato, l'art 23, ultimo comma, del decreto legislativo n. 58 del 1998
prevede che nei giudizi di risarcimento dei danni cagionati al cliente nello svolgimento dei servizi di
investimento e di quelli accessori, spetta ai soggetti abilitati l'onere della prova di aver agito con la
specifica diligenza richiesta (Cass. 3774/09; Cass. 22147/10). Tra gli obblighi che gravano sugli
intermediari di particolare rilevanza si rivela quello relativo all'obbligo di informazione, che è
espressamente previsto dall'art 2l del TUF( che tra i doveri generali degli intermediari prevede
quello dì operare in modo che gli investitori siano sempre adeguatamente informati), e che ha una
funzione centrale nel garantire che l'investitore sia il più possibile informato sull' investimento che
intende effettuare e sui rischi sulle possibili conseguenze che da esso potrebbero derivare.
A tale proposito l'art 28 comma 2,del regolamento Consob espressamente stabilisce che" gli
intermediari autorizzati non possono effettuare o consigliare operazioni o prestare il servizio di
gestione se non dopo aver fornito all' investitore informazioni adeguate sulla natura, sui rischi e
sulle implicazioni della specifica operazione o del servizio, la cui conoscenza sia necessaria per
effettuare consapevoli scelte di investimento o disinvestimento".
A fronte dunque della contestazione specifica dei ricorrenti di avere subito la perdita non solo del
proprio capitale messo a disposizione dell'investimento ma anche di avere subito perdite
aggiuntive e quindi di aver subito un danno ( che è suo onere provare) (Cass. 3774/09; Cass.
22147/10) e, al contempo, di non avere ricevuto alcuna informazione sulle operazioni effettuate
dalla banca, era quest'ultima che doveva provare di avere di volta in volta fornito le informazioni
del caso sulI'investimento che si intendeva effettuare.
A tal fine non rileva che le operazioni siano state compiute su mercati regolamentati e che doveva
.quindi, ritenersi che le informazioni fossero già in possesso dei ricorrenti abituati ad investire in
prodotti finanziari. Questa Corte ha infatti già avuto modo di affermare che l'obbligo d'informazione
non viene meno per il fatto che il cliente abitualmente investa in titoli finanziari perché ciò non
basta a renderlo investitore qualificato.( Cass 22147 Il O,Cass 17340/08).
Con il nono motivo i ricorrenti deducono la violazione e/o falsa applicazione degli artt.21 , comma l,
letto A) D. Lgs. 58/98 e 29 Reg. Consob n. 11522/98 in relazione alla inadeguatezza delle
operazioni. In particolare lamentano che la 4 motivazione sarebbe viziata perchè Corte di Appello
avrebbe certamente dovuto ritenere “inadeguatezza degli investimenti di causa e la sussistenza
dell ‘inadempimento. da parte della Banca. al fondamentale obbligo di cui all ‘art. 29 del
Regolamento Consob.
Il motivo è infondato.
La Corte d'appello ha rilevato che l'inadeguatezza delle operazioni non poteva desumersi dall'esito
negativo costituito dalle perdite registrate. Tale argomentazione non risulta scalfita dalle censure
mosse dai ricorrenti. Invero , va osservato che l'adeguatezza delle operazioni di investimento va
effettuata caso per caso e non può, pertanto, effettuarsi una valutazione globale di un complesso
di numerose operazioni effettuate nell'arco di anni.
Nel caso di specie, i ricorrenti avrebbero dovuto individuare le singole operazioni che sarebbero
state condotte in modo inadeguato.
Sul punto l'art 29 del regolamento Consob precisa che “ gli intermediari autorizzati si astengono
dall'effettuare con o per conto degli investitori operazioni non adeguate per tipologia. oggetto.
frequenza o dimensione” dovendo a tal fine tenere conto” delle informazioni di cui all'articolo 28 e
di ogni altra informazione disponibile in relazione ai servizi prestati. “
Era dunque onere dei ricorrenti indicare le singole operazioni ritenute inadeguate in ragione della
loro tipologia, oggetto, frequenza o dimensione, in assenza di tale specificazione del tutto
correttamente la Corte d'appello ha escluso di potere effettuare una valutazione complessiva
dell'intera serie di operazioni intraprese nel corso degli anni.
Con il decimo motivo i ricorrenti sostengono la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 117,
commi 1 c 3, del D. Lgs. N. 3 85/93 in relazione alla nullità del rapporto di c/c n. 46882-7 (oggetto
dell' ingiunzione) per inosservanza dell'obbligo di forma nella stipulazione dei relativi contratti
Assumono in particolare che il contratto risulterebbe sottoscritto solo da essi ricorrenti e non dalla
banca e che, comunque, non di contratto si tratterebbe ma di una loro dichiarazione unilaterale
non comprovante la conclusione del contratto per iscritto. Il motivo è infondato. Quanto alla prima
doglianza, è pacifico, e gli stessi ricorrenti ne danno atto, che la banca ha depositato in giudizio
analoga copia del contratto di conto corrente prodotta dai ricorrenti sostenendo che la copia in
possesso di questi ultimi conteneva la firma della banca e che quindi il negozio si era regolarmente
concluso nel rispetto della forma scritta; è altresì pacifico che il contratto di conto corrente ha avuto
esecuzione e che in relazione alle operazioni effettuate sul detto conto vi è stata una attività
contrattuale tra le parti in relazione agli ordini di investimento nonché la comunicazione degli
estratti conto. La giurisprudenza di questa Corte ha affermato che l'accertamento della avvenuta
sottoscrizione di un contratto costituisce accertamento di merito non sindacabile in sede di
legittimità se correttamente motivato.
Nel caso di specie la corte d'appello ha ritenuto che il contratto sarebbe stato firmato anche dalla
banca perché, essendosi il negozio concluso per corrispondenza, la copia firmata dalla banca non
poteva che essere in mani dei ricorrenti.
Tale accertamento appare ragionevolmente argomentato ave si tenga conto che nel contratto
stesso , per come riportato dai ricorrenti nel ricorso, è dato atto da parte di questi che un
esemplare del presente contratto ci è stato da voi consegnato”; il che rende ragionevole affermare
che il detto esemplare fosse quello sottoscritto dalla banca e consegnato ai ricorrenti.
A prescindere da ciò va .peraltro, rilevato che la giurisprudenza costante di questa Corte,
premesso che, nei contratti per cui è richiesta la forma scritta “ad substantiam” non è necessaria la
simultaneità delle sottoscrizioni dei contraenti, ha ritenuto che sia la produzione in giudizio della
scrittura da parte di chi non l'ha sottoscritta, sia qualsiasi manifestazione di volontà del contraente
che non abbia firmato, risultante da uno scritto diretto alla controparte e dalla quale emerga
l'intento di avvalersi del contratto, realizzano un valido equivalente della sottoscrizione mancante,
purché la parte che ha sottoscritto non abbia in precedenza revocato il proprio consenso ovvero
non sia deceduta (cfr., tra le tante.Cass . 16.10.1969 n. 3338; Cass. 22.5.1979 n. 2952; Cass.
18.1-983 n. 469; Cass. 5868/94; Cass. 2826/00; Cass. 9543/02 ; Cass. 22223/06).
Anche quindi a voler ritenere che non risulti una copia firmata del contratto da parte della banca,
l'intento di questa di avvalersi del contratto risulterebbe comunque .oltre che dal deposito del
documento in giudizio, dalle manifestazioni di volontà da questa esternate ai ricorrenti nel corso
del rapporto di conto corrente da cui si evidenziava la volontà di avvalersi del contratto ( bastano a
tal fine le comunicazione degli estratti conto) con conseguenze perfezionamento dello stesso.
Con l'undicesimo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 117,
comma 4, del D. Lgs. 385/93 e dell'art. l832 c.c. in relazione alla eccepita illegittimità degli interessi
debitori ultralegali applicati dalla Banca sul c/c n. 46882-7.
Il motivo è fondato.
La Corte d'appello ha respinto tale motivo di appello rilevando che per l'intera durata del rapporto i
ricorrenti non avevano sollevato eccezione sull'ammontare degli addebiti risultanti dagli estratti
conto. Tale assunto è erroneo alla luce dell'orientamento giurisprudenziale espresso a più riprese
da questa Corte secondo cui la mancata contestazione degli estratti conto inviati al cliente dalla
banca, oggetto dì tacita approvazione in difetto di contestazione ai sensi dell'art. 1832 cod. civ.,
non vale a superare la nullità della clausola relativa agli interessi ultralegali, perché l'unilaterale
comunicazione del tasso d'interesse non può supplire al difetto originario di valido accordo scritto
in deroga alle condizioni di legge, richiesto dall'art. 1284 cod. civ. ( Cass. 17679/09; Cass.
23971/10) Con il dodicesimo motivo i ricorrenti contestano la nullità del1a sentenza per violazione
degli art. 90, 110, 112, 156 cpc in relazione alla contestata applicazione da parte della Banca, di
interessi anatocistici trimestrali sul c/c n. 46882 -7. Sul punto la Corte d'appello ha motivato
ritenendo che la censura fosse del tutto indeterminata. Tale assunto è erroneo. Questa Corte ha
già avuto occasione di ribadire in svariate occasioni che la nullità della clausola anatocistica di
capitalizzazione trimestrale degli interessi sui saldi passivi, inserita nel contratto di conto corrente
bancario da cui deriva il credito azionato in giudizio, è rilevabile d'ufficio dal giudice anche in grado
di appello rimanendo irrilevante, a tal fine, l'assenza di una deduzione (o di una tempestiva
deduzione) del profilo di invalidità ad opera dell'interessato, la quale rappresenta una mera difesa
inidonea a condizionare, in senso positivo o negativo, l'esercizio del potere di rilievo officioso della
nullità del contratto (art. 1421 cod. civ.). (Cass. 19982/05; Cass. 4853/07). ln presenza dunque di
una contestazione sugli interessi anatocistici da parte dei ricorrenti la Corte d'appello avrebbe
dovuto pronunciarsi sul merito della questione.
Il motivo va quindi accolto.
Con il tredicesimo motivo i ricorrenti deducono la violazione dell'art. 1283 c.c. in relazione
all'anatocismo trimestrale applicato dalla banca al c/c n. 46882-7 e alla impossibilità di sostituirlo
con anatocismo di diversa periodicità anch'esso illegittimo.
La Corte d'appello ha apoditticamente affermato l'erroneità della tesi della illegittimità della
capitalizzazione annuale degli interessi. Tale assunto è erroneo.
Le Sezioni unite di questa Corte hanno già avuto modo di ritenere erronea la tesi secondo cui le
ragioni di nullità individuate dalla giurisprudenza di questa corte per le clausole di capitalizzazione
degli interessi debitori registrati in conto corrente investirebbero solo il profilo della loro
periodizzazione trimestrale.
Detta giurisprudenza, ha infatti escluso di poter ravvisare un uso normativo atto a giustificare, nel
settore bancario, una deroga ai limiti posti all'anatocismo dall'art. 1283 c.c. per difetto del requisito
della “normatività” di tale pratica. Ne discende che è erroneo trarre la conseguenza che, nel
negare l'esistenza di usi normativi di capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori, quella
medesima giurisprudenza avrebbe riconosciuto (implicitamente o esplicitamente) la presenza di
usi normativi di capitalizzazione annuale a cui invece vanno applicati gli stessi principi in tema di
capitalizzazione trimestrale (Cass. sez. un. 24418110) .
Il motivo va pertanto accolto.
Il ricorso va, pertanto, accolto nei termini di cui in motivazione. La sentenza impugnata va di
conseguenza cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio alla Corte d'appello di Milano, in
diversa composizione che si atterrà nel decidere ai principi di diritto dianzi enunciati e che
provvederà anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M .
Accoglie il sesto, il settimo, l'ottavo, l'undicesimo, il dodicesimo ed il tredicesimo motivo del ricorso,
rigetta gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia anche per le
spese aIla Corte d'appello di Milano in diversa composizione
Avv. Antonino Sugamele

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