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Sentenza

La commissione di massimo scoperto è lecita se approvata espressamente dal clien...
La commissione di massimo scoperto è lecita se approvata espressamente dal cliente, altrimenti è usuraria.
Tribunale di Milano, sez. VI Civile, sentenza 27 marzo 2013
Giudice Antonio S. Stefani

Fatto e diritto

1. Gli attori L. s.r.l. e L.S. - rispettivamente titolare del c/c …omissis… presso la BANCA …omissis… e fideiussore - hanno avanzato una serie di censure relativamente alla tenuta del predetto conto, chiedendo il suo ricalcalo e la ripetizione delle somme pagate in eccedenza al dovuto.
In particolare sono state contestate l'applicazione della commissione di massimo scoperto, le valute dei versamenti, il tasso debitore, le spese e la periodicità di liquidazione degli interessi debitori.
2. Per quanto riguarda la commissione di massimo scoperto si rileva che nel contratto di c/c in questione, stipulato in data 14/11/2003 (v. doc. I di parte attrice, relativo alle condizioni economiche), tale onere è stato espressamente convenuto, precisandone anche la misura.
L'autonomia contrattuale riconosciuta alle parti dall'art. 1322 c.c. consente alle stesse di convenire il pagamento di una simile commissione, posto che la stessa è volta a remunerare l'onere della Banca di dover essere sempre in grado di fronteggiare una rapida espansione nell'utilizzo dello scoperto di conto (cfr. Istruzioni Banca d'Italia per rilevazione tassi usura, ed. 2002, par. C5) ed è quindi meritevole di tutela giuridica. Non sussiste, conseguentemente, la denunciata nullità del patto per difetto di causa.
A ciò si aggiunga che, successivamente alla stipula del contratto oggetto di causa, è intervenuto lo stesso legislatore a disciplinare la c.m.s., dapprima con l'art. 2-bis, decreto-legge n. 185/2008, conv. dalla legge 2/2009 e quindi con l'art. 117-bis TUB (introdotto con la legge n. 214/2011), il che attesta che anche l'ordinamento positivo ha riconosciuto la meritevolezza degli interessi perseguiti con la pattuizione della c.m.s.
2. Relativamente alle valute dei versamenti la censura di violazione delle condizioni contrattuali è generica, giacché parte attrice non ha indicato alcuna specifica operazione limitandosi a lare riferimento agli estratti conto al 31/5/2004, 30/6/2004, 31/7/2004, ecc.
Inoltre la parte ha lamentato, ad es., l'applicazione di una valuta tra 7 e 10 giorni per il versamento di assegni, senza tuttavia allegare di aver tenuto conto dei soli giorni lavorativi, come contrattualmente previsto (v. doc. 1 cit), né di aver tenuto conto delle variazioni via via intervenute Si noti ad esempio che proprio con l'estratto conto del 31/5/2004 (doc 2 di parte attrice) la Banca ha comunicato l'elevazione dei giorni di valuta per gli assegni bancari fuori piazza dai 4 inizialmente previsti a 5.
3. Circa il tasso debitore, parte attrice ha dato atto che è stato pattuito il tasso di sconfinamento nella misura del 13,750% (v. doc. 1) ed ha riconosciuto che essa è stata effettivamente applicata, ma ha affermato che il rapporto fosse affidato "come si evince anche dalla semplice visione degli estratti conto" e ha quindi ritenuto inapplicabile quel tasso all'interno del fido. In realtà gli estratti conto prodotti nulla dimostrano circa l'esistenza di un fido ed anzi nel riepilogo delle condizioni in essere è indicato un unico tasso debitore, pari appunto al 13,750% (v ad es. e/c al 30/6/2004, doc. 2). La parte onerata non ha quindi offerto la necessaria prova dell'esistenza di un fido con un diverso tasso debitore, di modo che la doglianza è infondata.
4. Parte attrice ha poi lamentato come indebita l'applicazione trimestrale a partire dal 31/3/2004 di spese nella misura di euro 21,39 per spese fisse di chiusura e di euro 8,76 quale importo forfettario. In realtà tali importi sono esattamente quelli comunicati dalla Banca, in variazione di quelli originari, già con l'estratto conto del 31/1/2004 (v. doc. 2), con la precisazione che l'importo di euro 8,76 era previsto fino a 19 movimenti nel trimestre.
5. Infondata è anche la doglianza relativa al fatto che non sarebbe stata espressamente prevista la pariteticità degli interessi attivi e passivi. Al riguardo si osserva, innanzitutto, che la parte non ha prodotto il contratto normativo di c/c, come era suo onere quale attore per l'indebito, al fine di dimostrare la violazione dell'art. 120 TUB. Ma anche nelle condizioni economiche prodotte sub 1 è chiaramente indicato che la capitalizzazione avrà periodicità trimestrale, senza alcuna distinzione tra interessi passivi ed attivi e ciò è sufficiente per ritenere non provata la doglianza.
6. Le censure sopra esposte sono state genericamente estese anche agli altri conti correnti intrattenuti dagli attori con BPM, In proposito, però, la parte ha prodotto solo alcuni estratti conto (docc. 3-10). In particolare non sono stati prodotti i contratti di c/c e le relative condizioni economiche, di modo che non è possibile accertare la fondatezza delle doglianze e ciò comporta il rigetto delle domande, atteso che sul punto l'onere gravava sulla parte attrice che doveva dimostrare gli indebiti
7 La L. ha inoltre dubitato dell'esistenza di una fideiussione rilasciata nell'interesse della s.r.l. L. a sua firma, affermando di non averne mai ricevuto copia, e ne ha comunque eccepito la nullità per indeterminatezza dell'oggetto ove priva di "indicazione alcuna del rapporto bancario oggetto della ... fideiussione" (v. citazione, pag. 18).
La Banca convenuta ha prodotto sub doc. 7 la fideiussione in questione e in relazione a tale documento nessuna contestazione è stata mossa dalla attrice Né sussiste l'eccepita nullità, atteso che ai sensi dell'art. 1938 c.c. è valida la fideiussione prestata anche per un'obbligazione futura - di modo che non è necessario che nella garanzia sia specificato il singolo rapporto contrattuale - a condizione della previsione dell'importo massimo garantito. Tale condizione è stata rispettata nel caso di specie, dal momento che la fideiussione prestata dalla L., aveva originariamente il limite di euro 60.000,00, via via aumentato fino ad euro 420.000,00 (v. doc. 7 di parte convenuta).
8. La Banca convenuta ha svolto domanda riconvenzionale di condanna al pagamento del saldo debitore relativo al c/c …omissis…, intrattenuto dalla s.r.l. L., per euro 675.276,10 alla data del 19/5/2008, nonché del saldo debitore relativo al c/c …omissis… intrattenuto dalla L., per euro 13.510,41 alla data del 21/5/2008. Al riguardo ha prodotto gli estratti conto certificati ai sensi dell'art. 50 TUB (v. docc. 8 e 9 di parte convenuta) e va rilevato che nessuna contestazione ha mosso la controparte, oltre a quelle implicitamente contenute nelle doglianze sopra già esaminate e disattese. La domanda riconvenzionale deve, quindi, essere accolta, con la precisazione che trattandosi di un debito di valuta non può essere riconosciuta la richiesta rivalutazione monetaria e che gli interessi applicabili sono quelli legali, in difetto di qualsiasi diversa allegazione della parte.
9. Nel caso di specie non vi è soccombenza reciproca, né ricorrono gravi ed eccezionali ragioni per derogare al principio sancito nell'art. 91 c.p. e per la liquidazione delle spese, operata in dispositivo, ai sensi del dm. n 140/2012, osservato che in forza del disposto degli artt. 9, comma 3, decreto-legge n. 1/2012, convertito da legge 27/2012, e 41 dm. citato, la previgente tariffa professionale non può essere applicata nel presente procedimento (cfr. Cass. s.u., n. 17406/2012). La liquidazione tiene conto della mancato svolgimento di una istruttoria, della redazione della sola comparsa conclusionale e della assenza di allegazione di spese.

P.Q.M.

il Tribunale di Milano
in composizione monocratica
VI sezione civile
definitivamente pronunciando, disattesa ogni altra domanda ed eccezione, così provvede:
1) rigetta le domande di parte attrice – L. s.r.l. e L.S.;
2) accoglie la domanda riconvenzionale svolta da parte convenuta – BANCA …omissis…;
3) per effetto condanna L. s.r.l. a pagare in favore di parte convenuta la somma di euro 675.276,10 oltre interessi legali dal 20/5/2008;
4) condanna altresì L.S. a pagare in favore di parte convenuta la somma di euro 13.510,41 oltre interessi legali dal 22/5/2008;
5) condanna parte attrice a rimborsare in favore di parte convenuta le spese di giudizio, che liquida in euro 10.000,00 per compensi oltre CPA e IVA.
Avv. Antonino Sugamele

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