La pericolosità sociale dello straniero, ai fini dell'espulsione che dispone il Prefetto, non può desumersi da una condanna di primo grado per maltrattamenti nei confronti della moglie.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile - 1, ordinanza 7 maggio - 24 settembre 2013, n. 21796
Presidente Ragonesi – Relatore Acierno
Fatto e diritto
Rilevato che è stata depositata la seguente relazione ex art. 380 bis cod. proc. civ., nel procedimento civile iscritto al R.G. 9813/2012:
“Nel provvedimento impugnato, il giudice di pace di Lodi, in sede di rinvio dalla cassazione di un suo precedente provvedimento del 13 aprile 2010, disposto con l'ordinanza di questa sezione n. 18482 del 2011, ha confermato il rigetto dell'opposizione all'espulsione, disposta dal Prefetto di Lodi ai sensi dell'art. 13, comma secondo, lettera c), per pericolosità sociale dell'espellendo, fondata sulla commissione del reato di maltrattamenti in famiglia in danno della moglie, accertato con sentenza di primo grado del Tribunale di Lodi del 27/2/09, preceduta dalla misura cautelare dell'allontanamento dalla casa familiare, la cui istanza di revoca veniva respinta con provvedimento dell'8/9/2009. A sostegno di quest'ultima decisione il giudice di pace, premesso che dalla Corte di Cassazione in sede di rinvio era stato richiesto il riesame dei seguenti profili: a) il carattere oggettivo degli elementi giustificativi del provvedimento; b) l'attualità della pericolosità; c) la necessità di un esame globale della personalità del ricorrente, ha sostenuto:
a) il carattere oggettivo della pericolosità, e l'appartenenza del cittadino straniero alla categoria di cui al n. 3 dell'art. 1 della l. n. 1423 del 1956 (coloro che, per i loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l'integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza e la tranquillità pubblica) è desumibile dalla gravità del reato accertato che ha esposto le figlie del cittadino straniero ad un danno morale di gravissima portata, in quanto testimoni delle violenze consumate nei confronti della madre.
b) l'attualità della pericolosità viene desunta dalla conferma della misura dell'allontanamento dalla casa familiare che conferma la natura abituale e non episodica della condotta violenta;
c) l'esame globale della personalità si evince dalla complessiva vicenda processuale che ha colpito l'espellendo sia sotto il profilo della gravità del reato punito con un anno e quattro mesi di reclusione sia in ordine alla conferma della misura cautelare che fa comprendere come non siano intervenuti fattori nuovi dai quali trarre una valutazione diversa della personalità del ricorrente ad oggi.
Avverso tale pronuncia ha proposto ricorso per cassazione il cittadino straniero affidandosi ai seguenti motivi:
a) nel primo motivo si censura sotto il profilo della violazione di legge il difetto di legittimazione della Questura di Lodi, costituitasi nel giudizio di rinvio mediante deposito di una memoria sottoscritta dal Primo dirigente della Polizia di Stato, essendo la legittimazione esclusivamente in capo al Prefetto. Al riguardo, secondo la parte ricorrente non produce alcuna efficacia sanante la delega della Prefettura di Lodi alla Questura depositata in cancelleria dopo la prima udienza al fine di consentire al predetto dirigente di rappresentare in giudizio la Prefettura. Deve in conclusione, ritenersi, inammissibile la costituzione in giudizio e il deposito di memorie e documenti da parte dell'autorità amministrativa;
b) nel secondo motivo si censura l'omessa ottemperanza ai criteri di valutazione della pericolosità dell'espellendo dettati dalla Corte di Cassazione in sede di rinvio, atteso che anche nell'ultimo provvedimento impugnato, la valutazione viene compiuta esclusivamente sulla base del reato di maltrattamenti in famiglia senza alcun esame della complessiva personalità del cittadino straniero anche in correlazione ad altri aspetti della sua estrinsecazione (sociale o lavorativa), nonostante le reiterate allegazioni e produzioni ed istanze istruttorie formulate al riguardo. Infine viene osservato che non sono stati accertati maltrattamenti nei confronti delle figlie minori e che la sentenza non è definitiva oltre che si tratta di un reato che non colpisce la collettività.
c) Nel terzo motivo si censura la violazione dell'art. 1 della l. n. 1423 del 1956 per aver ritenuto che l'espellendo possa essere ricompreso in una delle categorie di pericolosità (quella di cui al n. 3 del citato art. 1) indicate nella norma senza aver effettuato un vaglio rigoroso alla luce dei criteri dettati dalla Corte in sede di rinvio. In ordine all'oggettività degli elementi la pericolosità con riferimento ai minori viene desunta esclusivamente dalla possibile esposizione delle figlie alle condotte violente nei confronti della madre senza che vi sia alcuna altra obiettività in atti in ordine a danni psichici o fisici subiti dalle minori medesime. La stessa misura cautelare disposta evidenzia il riferimento del pericolo esclusivamente verso il nucleo familiare e non verso la collettività e ne esclude l'attualità. Quanto all'esame complessivo della personalità il giudice di pace l'ha del tutto omesso non avendo considerato le dichiarazioni testimoniali di sei colleghi di lavoro dell'espellendo né ritenendo di escuterli.
d) Nel quarto motivo viene censurato il mancato avviso ex art. 7 l. n. 241 del 1990 dell'avvio del procedimento espulsivo, già eccepito nel procedimento che ha dato luogo alla cassazione con rinvio, con particolare riferimento al rispetto della procedura di garanzia prevista per le misure di prevenzione;
e) Nel quinto motivo viene censurata la statuizione relativa alla compensazione integrale delle spese di lite attesa la netta prevalente soccombenza dell'autorità amministrativa nel complessivo procedimento.
La pronuncia di questa sezione che ha cassato il precedente provvedimento di rigetto dell'opposizione all'espulsione proposta dal ricorrente ha richiesto al giudice del rinvio di accertare: “a) il carattere oggettivo degli elementi, che giustificano sospetti e presunzioni; b) l'attualità della pericolosità; c) la necessità di un esame globale della personalità del soggetto, attraverso una verifica “ab estrinseco” effettuata in base alla completezza, logicità e non contraddittorietà delle valutazioni operate dall'Amministrazione”. Ha aggiunto l'ordinanza n. 18482 del 2011 “la commissione di atti di violenza familiare, qualificabili come maltrattamenti in famiglia, non possono essere automaticamente ricondotti ad ipotesi di pericolosità sociale conclamata, qualora non si enuclei, dall'imputazione e dai suoi esiti processuali, un quadro di elementi che siano eloquenti circa la predetta pericolosità, desumibili da valutazioni tratte dalla concretezza degli episodi e dalla personalità complessiva dello straniero.
Nel provvedimento impugnato l'esame della sussistenza della pericolosità sociale dello straniero sub specie tratta dall'art. 1 n. 3 della l. n. 1523 del 1956 (coloro che, per i loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l'integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza e la tranquillità pubblica) è stata compiuta, contrariamente a quanto imposto in sede di cassazione con rinvio esclusivamente sulla base della commissione del reato di maltrattamenti in famiglia, della pena in concreto inflitta e della misura cautelare dell'allontanamento dalla casa familiare, ovvero sulla base dei medesimi elementi di fatto sulla base dei quali era stato formulato il precedente giudizio cassato. Tutti e tre i criteri di valutazione della pericolosità imposti dall'ordinanza citata sono stati sostanzialmente elusi in quanto ritenuti sussistenti esclusivamente sulla base della predetta commissione del reato senza alcuna indicazione di episodi specifici, significativi di una tendenza più generale e non solo rivolta verso il coniuge, delle condotte violente, solo genericamente riferite e della misura cautelare, significativa secondo il provvedimento impugnato di un'abitualità che, tuttavia, rimane priva di qualsiasi giustificazione argomentativa, laddove si alimenta esclusivamente e tautologicamente dell'inflizione e conferma di una misura, anch'essa indice di un'esigenza di cautela verso un polo specifico ma esclusivo, quello familiare. Quanto al pericolo per l'integrità psico fisica dei minori, desunta dalla partecipazione ad un clima familiare violento a causa della condotta illecita dell'espellendo, nessun elemento concreto viene indicato al fine di valutarne l'esistenza e la gravità. Infine, l'esame globale della personalità del ricorrente del tutto omessa, traendosi, nel provvedimento impugnato, esclusivamente elementi dalla predetta commissione del reato di maltrattamenti in famiglia, cui nessun altro addebito o caratteristica individuale o comportamentale viene aggiunta al fine di tratteggiare un quadro di pericolosità sociale. La valutazione da compiere in sede di accertamento delle condizioni dell'espulsione disposta ai sensi dell'art. 13, comma secondo lettera c) non può essere svolta esclusivamente alla luce della gravità intrinseca dell'illecito penale ascrivibile al cittadino straniero e del suo livello di offensività verso i destinatari nella specie esclusivamente familiari) ma perché costituente un potenziale indicatore di pericolosità sociale intesa come rivolta verso la collettività. La natura del reato posto a base della predetta valutazione, nella specie, per la sua univoca direzione offensiva, di per sé, come espressamente indicato nell'ordinanza n. 18482 del 2011, non è idoneo a sostenere una valutazione di pericolosità sociale, essendo necessario indicare altri elementi di fatto, tratti non solo dalle concrete modalità di esecuzione dell'illecito, comunque del tutto omesse, ma soprattutto dal quadro complessivo ed attuale della personalità del cittadino straniero, desumibile dai comportamenti in ambito lavorativo e sociale. Poiché né il primo né il secondo dei profili indicati sono emersi nel provvedimento impugnato come fattori d'individuazione della dimensione non solo familiare dell'attitudine violenta contestata al cittadino straniero, devono essere accolti il secondo e terzo motivo di ricorso; assorbiti il primo ed il quarto. Non essendo necessari altri accertamenti di fatto, il provvedimento di espulsione deve essere annullato ai sensi dell'art. 384 secondo comma cod. proc. civ.. Gli altri motivi di ricorso devono ritenersi assorbiti. Le spese processuali dei due procedimenti non possono essere compensate (quinto motivo) in virtù dell'esclusiva soccombenza dell'autorità amministrativa.
Pertanto ove si condividano i predetti rilievi il ricorso deve essere accolto”;
Ritenuto che il Collegio condivide senza rilievi la relazione depositata, disponendo ai sensi dell'art. 383 cod. proc. civ., che la causa venga rinviata al giudice di pace di Milano anche per le spese del presente procedimento.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il ricorso. Cassa il provvedimento impugnato e rinvia la causa al giudice di pace di Milano anche per le spese del presente procedimento.
30-09-2013 17:14
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