La RAI non è tenuta a corrispondere il contributo previdenziale relativo all’indennità di mobilità perché espresse norme legislative la esonerano
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 29 ottobre - 6 dicembre 2013, n. 27394
Presidente Roselli – Relatore Mancino
Svolgimento del processo
1. Con sentenza del 10 dicembre 2009, la Corte d'Appello di Roma, in parziale accoglimento del gravame svolto dall'Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani "Giovanni Amendola" (di seguito I.N.P.G.I.) avverso la sentenza impugnata, rigettava la domanda della RAI Radiotelevisione italiana s.p.a. (di seguito RAI) per la restituzione delle somme versate all'istituto di previdenza a titolo di contributo di mobilità ex art. 16, comma 3, L. n.223 del 1991, relativamente al periodo dal 1.8.1991 al 31.7.1999, oltre accessori, e per l'accertamento dell'insussistenza dell'obbligazione contributiva; dichiarava assorbito il gravame incidentale svolto dalla società appellata.
2. La Corte territoriale, per quanto qui rileva, precisava quanto segue:
- con sentenza del 23 febbraio 2002, n. 4822 il Tribunale di Roma aveva revocato, per quanto d'interesse nel presente giudizio, un decreto ingiuntivo emesso a carico della RAI e a favore dell'I.N.P.G.I., e aveva condannato la RAI a pagare una somma al predetto Istituto di previdenza a titolo di contributi omessi per il periodo 29 dicembre 1983 - 31 dicembre 1998, oltre le somme aggiuntive;
- il Tribunale aveva ritenuto che la società fosse tenuta a pagare il contributo di mobilità ex art. 16, comma 3, L. n.223 cit., giacché i giornalisti, dipendenti della stessa, potevano fruire dell'indennità di mobilità, ancorché fossero esclusi dal beneficio della cassa integrazione guadagni speciale;
- successivamente, con ricorso del 19 luglio 2002, la RAI aveva chiesto accertarsi l'insussistenza del debito contributivo per indennità di mobilità nonché la restituzione di quanto pagato all'I.N.P.G.I., dal 1.8.1991 al 31.7.1999 (Euro 2.944.033,00, corrispondente a quanto versato a tale titolo);
- la società, assumendo la qualità di impresa dello spettacolo non privata, aveva dedotto di non essere tenuta alla predetta obbligazione contributiva;
- l'I.N.P.G.I., costituendosi tardivamente in giudizio, eccepiva la violazione del principio del ne bis in idem;
- il primo giudice, con sentenza del 10 giugno 2004, aveva accolto la domanda e condannato l'I.N.P.G.I. al pagamento della somma sopra indicata, oltre accessori, a decorrere dal 19.7.2002 (data della domanda giudiziale); l'I.N.P.G.I. aveva proposto gravame lamentando l'erroneo rigetto dell'eccezione di giudicato;
- anche la RAI aveva proposto appello incidentale avverso l'erronea statuizione sulla decorrenza degli interessi.
3. La Corte territoriale, a sostegno del decisum e per quanto qui rileva, osservava che:
- la decisione resa dal Tribunale di Roma il 23 febbraio 2002, n. 4822 era pacificamente passata in giudicato, come risultava dalla dichiarazione di estinzione del relativo giudizio d'impugnazione, del 9 novembre 2005, e dall'attestazione di cancelleria prodotta dall'I.N.P.G.I.;
- la cosa giudicata valeva fino al 31 luglio 1999 mentre non valeva per il periodo successivo, trattandosi di rapporto obbligatorio di durata, da frazionare in tanti rapporti quanti erano i periodi contributivi, dei quali rimanevano coperti dall'efficacia di giudicato (art. 2909 c.c.) solo quelli anteriori alla relativa sentenza definitiva;
per il periodo successivo la società non era assoggettabile al contributo in questione poiché la RAI, impresa televisiva di natura pubblica in quanto società a partecipazione pubblica e concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo, non poteva fruire della cassa integrazione guadagni straordinaria (c.i.g.s.) onde i suoi dipendenti giornalisti non potevano percepire l'indennità di mobilità;
- in conclusione, l'insussistenza dell'obbligazione contributiva a carico della RAI risultava dagli artt. 7, comma 4, d.l. n. 148 del 1993, conv., in l. n. 236 del 1993, e dall'art. 2 d.l. n. 318 del 1996, conv. in l. n. 402 del 1996.
4. Avverso tale sentenza ricorrono per Cassazione la RAI, in via principale, e l'I.N.P.G.I. in via incidentale. Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione
5. Preliminarmente va disposta la riunione dei ricorsi, ex art. 335 c.p.c., perché proposti avverso la medesima sentenza.
6. Col primo motivo la ricorrente principale lamenta la violazione degli artt. 2909 c.c. e 324 c.p.c., negando che sulla sentenza n. 4822/2002 del Tribunale di Roma si sia formato il giudicato. Analoga doglianza viene svolta col secondo motivo, lamentando anche l'errata interpretazione del giudicato.
7. Le due connesse doglianze non sono fondate.
8. Osserva innanzitutto il Collegio che le censure non hanno ad oggetto l'estensione temporale del giudicato sicché questa Corte non deve pronunciarsi sull'esattezza della sentenza impugnata, nella parte in cui limita detta estensione al 31 luglio 1999 (ex multis, vedi Cass., ord. 28 gennaio 2013, n. 1847).
9. Quanto all'idoneità della sentenza del Tribunale n. 4822/2002 al passaggio in giudicato, essa non può essere posta in dubbio. La Corte d'appello rileva, senza che il rilievo sia ora contestato, che la sua definitività è stata attestata dalla Cancelleria, mentre dalla sua lettura risultano chiaramente la pronuncia sul petitum (accertamento dell'obbligo di pagare il contributo di cui all'art. 16 l. n. 223 del 1991) e sulla causa petendi (spettanza dell'indennità di mobilità ai giornalisti, compresi quelli dipendenti della RAI).
10. Né interessano ora le vicende processuali attraverso le quali il Tribunale pervenne alla decisione n. 4822 del 2002.
11. Con unico motivo l'Istituto ricorrente incidentale, deducendo la violazione degli artt. 16 cit., 35, 36, 37 legge n. 416 del 1981, nonché dell'art. 7, comma 4, 1. n. 263 del 1993, afferma la spettanza dell'indennità di mobilità a tutti i giornalisti, indipendentemente dalla collocabilità in c.i.g.s. e quindi l'assoggettamento di tutte le imprese giornalistiche, compresa la RAI, al contributo in questione.
12. La tesi non ha fondamento.
13. La decisione ora impugnata fonda la negazione dell'assoggettamento della RAI al contributo di cui all'art. 16 cit. sugli artt. 7, comma 4, d.l. n. 148 del 1993, conv., in l. n. 236 del 1993, e 2 d.l. n. 318 del 1996, conv. in l. n. 402 del 1996.
14. L'art. 16 cit. attribuisce un'indennità di mobilità, ossia un trattamento di disoccupazione, per i dipendenti delle "imprese, diverse da quelle edili, rientranti nel campo di applicazione della disciplina dell'intervento straordinario di integrazione salariale" (comma 1). Per la corresponsione del trattamento in questione i datori di lavoro sono tenuti a versare uno speciale contributo previdenziale (comma 2), di cui ora si controverte.
15. Il campo di applicazione dell'intervento straordinario di integrazione salariale, già previsto dall'art. 2 l. 12 agosto 1977, n. 675, venne esteso dall'art. 35, primo comma, l. 5 agosto 1981, n. 416 ai giornalisti professionisti dipendenti da "imprese editrici di giornali quotidiani e dalle agenzie di stampa a diffusione nazionale", vale a dire ai giornalisti della cosiddetta carta stampata.
16. I giornalisti e gli altri dipendenti delle imprese radiotelevisive rimasero esclusi dal beneficio previdenziale fino a che l'art. 7, comma 4, d.l. 20 maggio 1983, n. 148, conv. in l. 19 luglio 1993, n.236, estese l'applicabilità dell'art. 35 l. n. 416 del 1981 al "settore delle imprese radiotelevisive private", fino al 31 dicembre 1995; termine poi prorogato fino al 31 dicembre 1997 dall'art. 2 d.l. 14 giugno 1996, n. 318, conv. in l. 29 luglio 1996, n. 402.
17. Poiché è pacifico in causa che la RAI sia impresa radiotelevisiva pubblica, consegue che essa non rientra nel campo di applicazione dell'art. 16 l. n. 223 del 1991 e che perciò non sia assoggettabile al contributo previsto nel comma 2 sopra cit..
18. Estranea al tema attualmente disputato è la questione se l'indennità di mobilità sia indefettibilmente connessa al trattamento di cassa integrazione guadagni. In senso negativo si sono espresse, con sentenza 10 dicembre 2004 n.23078, le Sezioni unite di questa Corte, le quali hanno affermato la regola della connessione, con eccezioni di legge che qui non interessano (vedi Sez. un. n. 106 del 2001).
19. Parimenti estraneo all'attuale controversia è il tema dell'assoggettamento, in via generale, delle società industriali a partecipazione pubblica alla contribuzione previdenziale (Cass. 26 maggio 2004 n. 10155,10 marzo 2010 n. 5816).
20. In breve, la RAI s.p.a. non deve corrispondere all'I.N.P.G.I. il contributo in questione perché espresse norme legislative la esonerano, considerandola come impresa pubblica, malgrado che essa operi in forma di società commerciale. Questa sola ragione è sufficiente a sostenere la decisione impugnata, onde si rivelano ultronee le considerazioni del ricorrente incidentale sulla finalità del contributo.
21. In definitiva entrambi i ricorsi vanno rigettati.
22. Tenuto conto della peculiarità della fattispecie sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese del giudizio tra le parti.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta; spese compensate.
10-12-2013 22:36
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