Nell'azienda la Polizia giudiziaria può posizionare telecamere, nei limiti di legge, per riprendere ciò che ritener necessario per indagini.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 21 febbraio - 17 maggio 2013, n. 12091
Presidente Miani Canevari – Relatore Bronzini
Svolgimento del processo
Presupposto della presente controversia è la condanna (in via definitiva) in sede penale di alcuni dipendenti del Casinò municipale di Sanremo per furto aggravato; in sede civile nel presente processo si discute del risarcimento dei danni derivati da tale condotta al Casinò di Sanremo. Il Tribunale con sentenza del 8.11.2004 ha quantificato i danni risarcibili solo nelle somme accertate in sede penale per le quali era intervenuta la sottrazione.
La Corte di appello di Genova con sentenza del 16.5.2007, in parziale riforma della sentenza di primo grado ed in parziale accoglimento dell'appello proposto dalla Gestione stralcio del Casinò municipale di Sanremo, condannava l'A.S. ed il B.G. (ed un altro lavoratore non ricorrente, Bo.Lu. ) a corrispondere l'ulteriore somma di Euro 20.000 ciascuno a titolo di lesione dell'immagine e della reputazione del Casinò compromessa dalla diffusione di notizie circa furti ad opera di dipendenti del Casinò con perdita di credibilità della società, con particolare riferimento alla capacità organizzativa e gestionale del Casinò in relazione alla possibile alterazione delle regole del gioco da parte di dipendenti infedeli, ma selezionati dalla stessa società. Veniva rigettato l'appello incidentale dell'A. e del B. con il quale si chiedeva il rigetto in foto della domanda risarcitoria. Si osservava che la responsabilità era stata accertata in sede penale e che era applicabile alla fattispecie l'art. 651 c.p.p. che non limitava l'autorità del giudicato penale in sede civile ai casi in cui la legge civile non ponga limitazioni alla prova del diritto controverso. L'invocato articolo 654 c.p. - ha specificato la Corte territoriale - ha per oggetto l'efficacia del giudicato penale nei giudizi civili o amministrativi diversi da quelli in cui si richieda il risarcimento del danno conseguente ai fatti A oggetto del processo penale, ipotesi quest'ultima che è invece regolata dall'art. 651 c.p.c.. Pertanto non poteva opporsi che la prova fosse stata raggiunta violando l'art. 4 dello Statuto dei lavoratori attraverso telecamere che avevano sorpreso i dipendenti infedeli. In ogni caso l'art. 4 dello Statuto non opera per i controlli cosidetti difensivi alla luce dell'orientamento della giurisprudenza di legittimità e, comunque, non era stato il datore di lavoro a sistemare le telecamere, ma la polizia giudiziaria, nel corso dell'istruttoria penale. Il danno non patrimoniale veniva quindi liquidato in via equitativa, tenuto conto delle dimensioni del fatto, della sua risonanza mediatica, della notorietà del Casinò di Sanremo nella somma di Euro 20.000,00 per ciascun lavoratore.
Per la cassazione di tale decisione propongono ricorso i due lavoratori con tre motivi; resiste la Gestione stralcio del Casinò di Sanremo con controricorso. Le parti hanno depositato memorie difensive ex art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione
Con il primo motivo si allega la violazione e falsa applicazione di legge per irrazionale applicazione della valutazione equitativa e per la mancata considerazione del concorso del creditore alla produzione del danno ex artt. 1226 e 1227 c.c., nonché l'omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione per l'omissione dell'indicazione dei criteri seguiti nella propria determinazione equitativa nonché in ordine all'accertamento del preteso danno all'immagine del Casinò. Le somme presumibilmente sottratte erano di poche centinaia di Euro ed il danno semmai era stato provocato dal clamore dell'indagine sproporzionata rispetto ai fatti realmente accaduti. L'amministrazione aveva conciliato la controversia con gli altri croupiers che non avevano impugnato il licenziamento. Era stato lo stesso Casinò a concorrere alla determinazione del danno dando pubblicità all'indagine in corso.
Il motivo appare infondato. In primo luogo nel motivo non si ricostruisce quando e in che termini sia stata sollevata la questione del concorso di colpa del Casinò nel determinare un danno all'immagine ed alla reputazione della Casa di gioco, posto che nella sentenza impugnata non si accenna a tale prospettazione. Le allegazioni di cui al motivo ed al quesito (a pag. 11) circa la responsabilità da parte dello stesso Casinò nel rendere pubblica l'indagine appaiono privi di qualsiasi riferimento ad atti processuali e quindi sono del tutto generiche. Le indagini svolte appaiono clamorose di per sé, indipendentemente dal valore delle somma sottratte dai dipendenti, in quanto la regolarità del "gioco" e l'onestà e la rettitudine dei croupiers è, in piena evidenza, un elemento di base dell'affidamento della clientela di un Casinò: non sembra criticabile di certo l'Autorità giudiziaria per avere accertato la sussistenza di reati, né tantomeno il Casinò per avere cercato di chiarire l'accaduto, posto che dalla sentenza impugnata emerge la pluralità degli atti di sottrazione con carattere di sistematicità (pag. 11 della sentenza impugnata) coinvolgenti numerosi dipendenti appartenenti allo stesso reparto. Nel motivo non si indica neppure chiaramente (né comunque la fonte processuale dal quale questa circostanza risulterebbe) se la prima propalazione di notizie sulle indagini sia ascrivibile alle informazioni rese dallo stesso Casinò. Si deve quindi escludere che vi sia stato un concorso di colpa della parte intimata nel determinare il danno alla credibilità della società che gestiva il Casinò o che lo stesso sia da addebitare ad una indagine spropositata rispetto ai fatti commessi che appaiono invece di notevole gravità, soprattutto tenuto conto della specifica attività svolta dal datore di lavoro. Pertanto la sentenza appare congruamente e logicamente motivata in ordine all'idoneità dei fatti commessi a generare un danno non patrimoniale tenuto conto che l'accertamento di plurime e sistematiche appropriazioni di somme da parte di dipendenti infedeli è circostanza che non può che minare l'affidamento dei giocatori clienti di un Casinò sul rispetto delle regole e sulla correttezza dell'operato dei dipendenti che si presume siano stati selezionati soprattutto per la loro fedeltà ed onestà, tenuto conto del rischio che tutti i giocatori di per se sopportano in una attività proibita ai privati ed esercitata in regime autorizzatorio pubblicistico ed in forme "professionalizzate". Circa la doglianza per cui alcuni lavoratori sarebbero stati ammessi alla conciliazione della causa, si tratta di una scelta discrezionale da parte della società resistente, insindacabile in questa sede, che certamente non rimuove l'accertata responsabilità civile dei ricorrenti, oltre quella di natura penale. L'entità della somma concessa a titolo di risarcimento del danno patrimoniale appare congruamente motivata in rapporto ad obiettivi elementi fattuali.
Con il secondo motivo si allega la violazione, falsa applicazione dell'art. 651 c.p.p. e dell'art. 654 c.p.p. per avere ricondotto la fattispecie di danno contrattuale al danno extracontrattuale. La fattispecie era regolata dall'art. 654 c.p.p. che pone limiti all'utilizzabilità della prova raccolta in sede penale in sede civile.
Il motivo appare infondato. Si mira ad affermare, ex art. 654 c.p.p., la non utilizzabilità della prova emersa in sede penale anche in sede civile posto che l'art. 4 dello Statuto dei lavoratori precluderebbe al datore di lavoro di riprendere i dipendenti nell'attività di lavoro. Sul punto la Corte di appello ha già osservato che l'art. 4 dello Statuto dei lavoratori è rivolto al datore di lavoro, ma non alla polizia giudiziaria per iniziativa della quale sono state effettuate le riprese (pag. 15 della sentenza impugnata); inoltre per giurisprudenza costante (richiamata dai giudici di appello di questa Corte sono, comunque, ammissibili i controlli (ex art. 4 Statuto dei lavoratori) cosidetti difensivi e cioè rivolti a prevenire illeciti di natura penale o pregiudizi al patrimonio aziendale. Inoltre certamente il giudicato in sede penale fa stato in questa sede posto che emerge dalla sentenza impugnata (p. 12) che la sentenza penale di prime cure (poi confermata nei successivi gradi del giudizio) ha condannato gli attuali ricorrenti al risarcimento dei danni in favore della costituita parte civile (l'attuale resistente) da liquidarsi in separata sede, per cui nel presente procedimento non può che discutersi della sola entità dei danni provocati al Casinò di Sanremo, non della responsabilità dei ricorrenti.
Con il terzo motivo si allega l'omessa motivazione sul ricorso in appello riunito degli attuali ricorrenti in ordine alle circostanze ed ai capitoli di prova dedotti, alle circostanze ed ai capitoli di prova dedotti a confutazione dell'accertamento in sede penale.
Il motivo appare infondato. In primo luogo le circostanze ed i capitoli di prova non sono neppure richiamati e non è argomentata la loro decisività; in secondo luogo l'accertamento, come detto, della responsabilità degli attuali ricorrenti è stata effettuata in sede penale e fa stato anche nel presente procedimento civile in corso (cfr. quanto affermato supra in relazione al secondo motivo di ricorso).
Si deve quindi rigettare il proposto ricorso. Le spese di lite- liquidate come al dispositivo-seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte: Rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che si liquidano in Euro 50,00 per spese, nonché in Euro 3.500,00 per compensi oltre accessori.
20-05-2013 22:32
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