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Sentenza

Separazione tra coniugi. Addebito e obbligo di fedeltà....
Separazione tra coniugi. Addebito e obbligo di fedeltà.
Autorità:  Cassazione civile  sez. I
Data:  31 gennaio 2013
Numero:  n. 2312
Intestazione

                    LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE                   
                        SEZIONE PRIMA CIVILE                         
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:                            
Dott. CARNEVALE Corrado                             -  Presidente   -
Dott. BERRUTI   Giuseppe M.                         -  Consigliere  -
Dott. DI AMATO  Sergio                              -  Consigliere  -
Dott. DOGLIOTTI Massimo                        -  rel. Consigliere  -
Dott. CRISTIANO Magda                               -  Consigliere  -
ha pronunciato la seguente:                                          
                     sentenza                                        
sul ricorso 15839-2009 proposto da: 
             F.F. (c.f. (OMISSIS)), domiciliato  in  ROMA, 
PIAZZA   CAVOUR,  presso  la  CANCELLERIA  CIVILE  DELLA   CORTE   DI 
CASSAZIONE,  rappresentato e difeso dall'avvocato FALANGE GIANFAUSTO, 
giusta procura a margine del ricorso; 
                                                       - ricorrente - 
                               contro 
       P.P. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliata in 
ROMA,  VIALE  DEL  VIGNOLA 11, presso l'avvocato  ALBERTO  MARSAGLIA, 
rappresentata e difesa dall'avvocato PARENTE PAOLO, giusta procura in 
calce al controricorso; 
                                                 - controricorrente - 
avverso  la  sentenza n. 1135/2009 della corte D'APPELLO  di  NAPOLI, 
depositata il 31/03/2009; 
udita  la  relazione  della causa svolta nella pubblica  udienza  del 
13/12/2012 dal Consigliere Dott. MASSIMO DOGLIOTTI; 
udito  il  P.M., in persona del sostituto procuratore Generale  Dott. 
RUSSO Rosario Giovanni che ha concluso per l'accoglimento del primo e 
del secondo motivo, rigetto degli altri motivi del ricorso. 
                 

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza in data 24-6-2008 il Tribunale di Santa Maria Cupua Vetere pronunciava la separazione personale dei coniugi F. F. e P.P., con addebito al marito e sua condanna a corrispondere assegno mensile alla moglie per l'importo di Euro 1000,00.
Il F., con ricorso in data 11-11-2008, proponeva appello, in punto addebito di responsabilità e assegno per la moglie. Si costituiva la P. che ne chiedeva il rigetto.
La Corte d'Appello di Napoli, con sentenza in data 13/31-3-2009, rigettava l'appello. Ricorre per cassazione il F.. Resiste, con controricorso, la P..
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MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo e secondo motivo, il ricorrente lamenta vizio di motivazione e violazione dell'art. 156 c.c., in punto assegno per la moglie. Con il terzo, violazione dell'art. 255 c.p.c. nonchè vizio di motivazione circa la mancata escussione di un teste, figlio delle parti. Con il quarto, erronea applicazione dell'art. 151 c.c., per mancata considerazione del rapporto di causalità tra la violazione dell'obbligo matrimoniale e l'intollerabilità della convivenza.
Per ragioni sistematiche, va esaminato dapprima il terzo motivo relativo all'asserita nullità circa la mancata escussione testimoniale. Al riguardo, il ricorso non è autosufficiente, e pertanto il motivo va dichiarato inammissibile: esso omette di indicare capi di prova relativi all'escussione, e non precisa in che misura l'escussione avrebbe potuto incidere sulla decisione.
Quanto ai primi due motivi, relativi all'assegno di mantenimento, non si ravvisano violazioni di legge. Va precisato che anche l'assegno di separazione deve tendere a ricostituire il tenore di vita goduto in costanza di convivenza di matrimonio. Indice di tale tenore di vita può essere il divario reddituale attuale tra i coniugi (per tutte, Cass. n. 2156 del 2010).
Il ricorrente, in sostanza, propone, per gran parte, profili di fatto, insuscettibili di controllo in questa sede, a fronte di una sentenza caratterizzata da una motivazione adeguata e non illogica.
Esamina il giudice a quo la posizione delle parti:
condizione agiata del marito, titolare di notevoli redditi, anche derivanti da partecipazione societaria ad una rete televisiva, rete Capua S.r.l. di cui è presidente; la moglie, priva di reddito e, data la sua età avanzata, inidonea a procurarsi e svolgere attività lavorativa, proprietaria al 50% della casa, nella quale abita il figlio e per cui non percepisce reddito.
Il ricorrente afferma e documenta che la P. gode attualmente di una modesta pensione (ed è la stessa P. ad ammetterlo nelle sue difese, precisando di aver iniziato a percepirla dopo la sentenza di primo grado). Si deve peraltro affermare che, considerato il modesto importo di essa, il ricorrente avrebbe dovuto maggiormente argomentare al riguardo, chiarendo in che misura tale elemento di indubbia novità potesse incidere, in via generale, sui rapporti economici tra i coniugi, dando eventualmente luogo ad una riduzione dell'assegno per la moglie. Tale profilo pertanto appare viziato da inammissibilità.
Quanto infine alla pronuncia di addebito al marito, a seguito di violazione dell'obbligo di fedeltà, la dichiarazione di addebito nella separazione , anche in ordine a tale violazione, richiede la prova che l'irreversibile crisi coniugale sia ricollegabile al comportamento consapevole e volontario del coniuge, e che sussista un preciso nesso di causalità tra tale comportamento e l'intollerabilità della convivenza: il mancato raggiungimento della prova che tale comportamento sia causa efficiente di tale intollerabilità esclude dunque la pronuncia di addebito (al riguardo, Cass. 14042 del 2008; n. 17193 del 2011).
Nella specie, peraltro, la prova, come in sostanza chiarisce il Giudice a quo, è pienamente raggiunta, con la deposizione del figlio delle parti, W., che ha esposto la "triste vicenda" della relazione extramatrimoniale del padre e del suo abbandono della casa coniugale, ciò che si è configurato come unico fattore della crisi tra i suoi genitori. Va conclusivamente rigettato il ricorso. Le spese seguono la soccombenza.
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P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, che si liquidano in Euro 2000,00 per compensi, ed Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge.
In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere generalità ed atti identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52, in quanto imposto dalla legge.
Così deciso in Roma, il 13 dicembre 2012.
Depositato in Cancelleria il 31 gennaio 2013
Avv. Antonino Sugamele

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